CANTO SETTIMO

Rodamonte fa strage dei cristiani. Bradamante lo affronta con efficacia, ma lui uccide Ansuardo di Lorena e poi ammazza il cavallo della guerriera, che resta bloccata sotto il cadavere dell’animale (1-11). Il saraceno prosegue il massacro e abbatte i più valorosi tra gli avversari, finché non si accorge che i suoi sono a malpartito contro i Longobardi di Desiderio. I soldati cristiani riescono addirittura a far cadere lo stendardo di Rodamonte, sul quale è ritratta la sua amata, e aumentano così la sua furia (12-31). Si torna a Orlando, che è in cammino con Falerina. I due giungono in vista del ponte presso il quale il gigante aveva trascinato in fondo al lago Rinaldo e i suoi compagni. Si era loro aggiunto Dudone, partito in cerca dei paladini più valorosi per ordine di Carlo Magno. Il gigante, che si chiama Aridano, ha poi appeso agli alberi circostanti le armi dei cavalieri catturati, comprese quelle di Rinaldo (32-39). Falerina capisce dove è arrivata: spaventatissima, implora Orlando di cambiare strada. Gli racconta la storia del luogo: la fata Morgana ha dato poteri magici al gigante per permettergli di far sprofondare nel lago chiunque passi di lì. Lo ha fatto perché è certa che, prima o poi, toccherà al cavaliere che ha superato la prova dei tori, del drago e dei soldati che nascono dai denti di quest’ultimo. Era stata infatti proprio Morgana a creare quell’incantesimo e non può sopportare che qualcuno l’abbia infranto. Ovviamente Falerina non sa che è proprio Orlando quel campione (39-47). Il cavaliere si lascia quasi convincere ad allontanarsi, ma poi vede le armi di Rinaldo ed è preso da un grandissimo dolore pensando che sia morto. La presunta morte del cugino lo affligge quanto il rimorso per avere litigato e duellato con lui. Disperato, supera il ponte per fare vendetta e comincia una terribile zuffa con Aridano, mentre Falerina fugge terrorizzata. Il gigante riesce a trascinare il paladino in fondo al lago (48-63).

1.
Non fo, signor, contato più giamai
Bataglia sì diversa e tanto oribile,
Perché (comme di sopra io vi contai)
Rodamonte di Sarza, quel teribile,
Contra di Naimo ch’avìa gente assai
Sol è affrontato: ch’è cosa incredibile,
Ma Turpin, che dal ver non se diparte,
Per fato certo il scrise ale sue carte.

2.
Né sciò s’el fo piacer del Ciel eterno
Donar tanta prodecia ad un pagano,
O se ’l demonio ussito delo ’nferno
Combattesse per lui quel giorno al piano:
E’ pose nostra gente in tal squaderno
Che non fo data, al ricordar umano,
Cotal sconfita a nostra gente santa
Qual in quel giorno che ’l mio dir vi canta.

3.
Tute le schiere (comme io v’ho contato)
Giù dela costa son calate al basso;
Dal’altra parte Rodamonte armato
Ha fésa la bataglia a gran fracasso.
La nostra gente comme erba di prato
Taglia a traverso e manda morta al bàso;
Pedoni e cavalier, debili e forti,
L’un sopra al’altri van spezati e morti.

4.
Sempre ferendo va questo Africante,
Driti e roversi, e cridando minaza:
Egli ha i nemici di detro e davante,
Ma lui col brando ben se fa far piaza.
Ecco gionto ala zuffa Bradiamante:
Quela dongela ch’è di bona raza
Come folgor del ciel over saeta
Ver Rodamonte la sua lanza asseta.

5.
Dal lato manco il gionse nel traverso,
Passoli ’l scudo questa dama ardita
E quasi a tera lo mandò riverso:
Benché non fece a quel colpo ferita,
Ché ’l saracin, che fo tanto diverso
E avea forza orribil e infenita,
Portava sempre ala bataglia indosso
Un còr di serpe megio palmo grosso.

6.
Ma nondimanco pur fo per cadere
(Come io ve disse) per quela incontrata,
Quando la dama ch’ha tanto potere
Lo ferì al fianco con lanza arestata.
Tuta la gente che l’ebbe a vedere
Levò gran crido e voce smisurata:
Né già per questo al pagan s’avicina,
Ma sol cridando aiuta la fantina.

7.
Lei già rivolto ha il suo destrier coperto
E torna adosso a quel saracin crudo.
Or fuor de schier ussì il conte Roberto
E ferì Rodamonte sopra il scudo;
E Ansuardo, de bataglia esperto,
E’ gli sprona anco adosso a brando nudo,
Onde la gente, ch’ha ripreso core,
Tuta se mosse insieme a gran furore,

8.
«Adosso! Adosso!» ciascadun cridando,
Con saxi e lanze e dardi oltra misura.
Rideva el saracin questo mirando,
Come colui che fu sanza paura;
Mena a traverso il forïoso brando
E gionse proprio al loco di cintura
Quel’Ansuardo, conte di Lorena,
E morto a terra il pose con gran pena.

9.
Megio ala terra e megio nel’arzone
Rimase il busto di quel paladino:
Non fo mai vista tal destrucïone!
A Bradiamante mena il saracino:
Lei non accolse, ma gionse il ronzone
Ch’era coperto de usbergo azarino;
Non giova usbergo, né piastra, né malia
Che colo e spale a quel colpo li taglia,

10.
Onde rimase a tera la dongela,
Ché ’l suo destrier è in dui pecci partito.
Adosso al’altri il saracin martella;
Roberto il conte de Asti ebe cernito:
D’un colpo il fende insin in sula sela.
Alor fo ciascaduno sbigotito,
Mirando il colpo de tanta tempesta:
Chi può fugir, in quel campo non resta.

11.
Romase (come io dico) Bradiamante
Col destrier morto adosso in sul’arena
Tra quele gente occise, ch’eran tante,
Che più morta che viva era con pena.
E Rodamonte, busto di gigante,
Col brando tuto il resto a morte mena;
Sempre ala folta in mezo è il gran pagano
E manda peci da ogni banda al piano.

12.
Pezi d’omini armati e de distrieri
Da ciascun canto in sula tera manda.
Contarvi e colpi non vi fa mestieri,
Né quanto sangue per tera si spanda:
Vanno a fracasso e nostri cavalieri,
Ciascun fugendo a Dio se ricomanda;
E a dir presto e ben la cosa intriera,
Tutta a roina è già la prima schiera

13.
E gionto è quel pagan ala seconda.
E rinovata è qui l’aspra bataglia,
Ché gente sopra a gente più ve abonda
E fato ha intorno al saracin seraglia;
Ma lui col brando tuti li profonda
E men gli stima che un covon de paglia.
Il duca Naimo che ogni cosa vede
Per la gran doglia de morir se crede.

14.
«Signor del Ciel,» dicea «se alcun peccato
Contra di noi la tua iusticia inchina,
Non dar l’onor a questo rinegato
Che così straza tua gente mischina!»
Questo dicendo, un méso ebe mandato
Che racontasse a Carlo la roina
Ch’era incontrata, e dimandasse aiuto,
Benché se tenga ormai morto e perduto,

15.
Poiché ’l pagano ha sì franca persona
Che non trova riparo a sua possanza.
Ecco scontrato ha Bovo de Dozona
E tuto fesso l’ha fin nela panza;
Sua gente morto in tera lo abandona,
E ciascadun ch’avìa prima baldanza
Vegendo ’l colpo orendo oltra ’l dovere,
Volta le spale e fuge a più potere.

16.
Ma sempre a lor è in mezo il pagan fiero,
Tuti li occidi sanza alcun riguardo.
Che fuge a piede e che fuge a destriero,
Ma ’vanti al saracin ciascun è tardo,
Ché Rodamonte è sì presto e legero
Ch’al corso avìa più volte gionto un pardo.
Non vi giova fugir e non diffesa,
Tuti li manda morti ala distesa.

17.
Come al decembre, e al vento che s’invoglia
Quando comencia prima la fredura,
L’arbor se sfronda e non vi roman foglia,
Cossì van spessi e morti ala pianura.
Ecco Amerigo, il duca di Savoglia,
Ch’è rivoltato, in sua mala ventura:
E’ gionse a megio ’l peto lo Africano,
Roppe sua lama e fo quel colpo vano,

18.
Ché a lui ferì il pagan sopra la testa
E tuto ’l parte insin soto al galone.
Or fuge ciascaduno e non s’aresta:
Mai non se vide tal confusïone!
Il duca Namo una grossa asta aresta
E move la sua schiera, il bon vechione,
E sieco ha quatro figli, ognon più fiero,
Avino, Avorio, Otton e Belengero.

19.
Cresce la zuffa e ’l crido se rinova,
E lèvassi il romor e ’l gran polvino.
Primeramente Avorio il pagan trova
E ben roppe sua lanza, el paladino;
Ma Rodamonte sta fermo ala provaz
E non se piega, el forte saracino;
E simelmente nel colpir de Ottone
Stete in dui piedi saldo al parangone.

20.
L’un doppo l’altro, Avino e Belenzero
A lui ferìano adosso arditamente;
E scontrò Naimo ancor, il bon guirero,
Ma come l’altri pur fece nïente.
Al quinto colpo quel saracin fiero
Alciò la facia a guisa de serpente;
Crolando il capo, disse: «Via, canaglia,
Che tutti non valeti un fil di paglia!».

21.
Né più parole, ma del brando mena
E gionse nela testa al franco Otone:
Come a Dio piacque e sua Matre serena
Voltasse il brando e colse de piatone,
E fo quel colpo di cotanta pena
Che tramortito ’l trasse del’arzone;
Né sopra a questo il saracin se aresta
Ma dà tra l’altri e mena gran tempesta.

22.
E’ messe a terra dui de quei gagliardi:
Avorio e Belenger ferìte a morte.
E l’altri tutti, e nobil e codardi,
Sarìan occisi da quel pagan forte,
Se Desiderio e ’ soi franchi Lombardi
Non avesse turbata quella sorte,
Perché a quel tempo, con sua gente scorta,
La ria canaglia avìa sconfita e morta.

23.
E’ gionto era ale spale al saracino
Che roinando l’altri avanti caza,
E già per tera avìa disteso Avino,
Ferito crudelmente nela faza.
Come un gran vento nel lito marino
Leva l’arena e ’l campo avanti spaza,
Cossì quel crudo con la spada in mano
Tutta la gente manda morta al piano.

24.
Per l’aria van balzando maglie e scudi
Ed elmi pien di teste, e braze armate;
Ma benché taglia come corpi nudi
Sbergi e lameri e le piastre ferrate,
Pur rivoltava spéso li ochi crudi
Alle sue gente rotte e dissipate,
E tuttavia mirando alla sua schiera
Facea bataglia avanti orrenda e fiera.

25.
Quale il forte leon alla foresta,
Che sente alle sue spalle il caciatore,
Squassando e crini e torcendo la testa
Mostra le zanne e ruge con terrore,
Tal Rodamonte, odendo la tempesta
Che facean e Lombardi, e ’l gran furore
Dela sua gente rotta e posta in cacia,
Voltava adetro la soperba facia.

26.
Sua gente fuge e che più pò sperona:
Beato se tenìa che era il primero!
Re Desiderio mai non li abandona,
Anci li cacia per streto sentiero.
A lui davanti è il conte di Cremona
Qual fo suo figlio, e fo bon cavaliero,
Dico Arcibaldo; e sieco a man a mano
Vien Rigonzone, el forte Parmesano.

27.
Era costui feroce oltra misura,
Ma liger di cervel come una paglia:
Over guarnito o senza l’armatura,
Batendo li ochi intrava ala bataglia;
Né dela vita né de onor se cura,
Ché sua balestra non avìa seraglia
(Dico perché scoccava al primo trato);
A dir in soma, el fo gagliardo e mato.

28.
Or questi dui la gente saracina
(Dico Arcibaldo insieme e Rigonzone)
Cacian in rota con molta roina.
Del re di Sarza in tera è ’l confallone,
Ch’era vermiglio, e dentro una regina
Qual avea posto il freno ad un leone:
Questa era Doralice di Granata,
Da Rodamonte più che il cor amata.

29.
Però ritrata nela sua bandera
La portava quel re cotanto attroce
Sì natural, e proprio come ella era,
Che altro non li mancava che la voce;
E lei mirando, alla bataglia fiera
Più ritornava ardito e più feroce,
Ché per tal guardo sua vertù fioriva
Come l’avesse avante agli ochi viva.

30.
Quando la vide alla terra caduta
Mai fo nela sua vita più dolente:
La fiera facia di color si muta,
Or bianca ne vien tuta, or foco ardente.
Se Dio per sua pietate non ce aiuta,
Perduto è Desiderio e la sua gente,
Perché ’l pagano ha furia sì diversa
Che nostra gesta fia sconfita e persa.

31.
Questa bataglia tanto sterminata
Tutta per ponto vi virró contando;
Ma più non ne vuò dir in questa fiata,
Perché tornar convien al conte Orlando
Qual era gionto al Fiume dela Fata,
Sì come io vi lasciai alora quando
Con Falerina si pose a camino,
Poi che disfato fo quel bel giardino.

32.
Quel bel giardino ove era guardïano
Il drago, il tor e l’asinel armato,
E quel gigante ch’era occiso invano,
Come di sopra vi fo racontato.
Tutto ’l disfece el senator romano,
Benché per arte fosse fabricato
E alla dama poi dete perdono
Per trar dal ponte quei che presi fòno:

33.
Quei cavalier che presi erano al ponte
Del vechio ingannator (come io contai);
Quivi n’andava dritamente el conte
Per trar cotanta gente di tal guai.
Via caminando per pian e per monte,
Con sieco è Fallerina sempremai,
A piede come lui, né più né meno,
Che non avìan distrier né palafreno.

34.
Perduto avëa il conte Brigliadoro
(Come sapite), e insieme e Durindana.
Or cossì andando a piè ciascun di loro,
Gionsero un giorno sopra ala fiumana
Ove la falsa fata del Tesoro
Avea ordinata quela cosa strana,
Più strana e più crudel ch’avese il mondo,
Perché ’l fior de’ baron andasse al fondo.

35.
Fu profondato quivi el fio d’Amone
(Come di sopra odiste racontare),
E sieco Iroldo e l’altro compagnone,
Ch’ancora mi fa piéta aricordare;
Ní molto doppo vi gionse Dudone
Il qual venìa quest’altri a ricercare,
Ché comandato li avea Carlo Mano
Ch’el trovi Orlando e ’l sir de Montealbano.

36.
Caminando, il baron sanza paura
Cercato ha quasi il mondo tuto quanto,
E, come volse sua mala ventura,
Gionse a quel lago fato per incanto,
Ove Aridano, orenda creatura,
Cotanta gente avea conduta in pianto,
Perché ogni cavalier e damigella
Geta nel lago, la persona fela.

37.
Cossì fu preso e nel lago getato
Dudon il franco, e non vi ebe difesa,
Perché Aridano in tal modo è fatato
Che ciascadun ch’avìa sieco contesa
Sei volte era di forza superchiato:
Onde venïa ogni persona presa,
Perché se alcun baron ha ben possanza,
E lui sei tanta di poter lo avanza.

38.
Tanta forteza avea quel disperato
Che, come spéso se potea vedere,
Natava per quel lago tuto armato
E tornava dal fondo a suo piacere;
E, quando alcun avesse profondato,
Giù se callava sanza altro temere
E poi natando per quela aqua scura
Di lor portava a soma l’armatura.

39.
E tanto era superbo e arogante
Che dele gente ocise e da lui prese
L’arme ch’avea spogliate, tute quante
A sé d’intorno le tenea sospese;
Ma a tute l’altre se vedea davante
Sopra a un cipresso, ben alte e palese,
La sopravesta e l’arme de Renaldo
Ch’avea spogliato il saracin ribaldo.

40.
Or (come io disse) in su questa rivera
Giongëa il conte caminando a piede,
E Falerina sempre a canto e’ gli era.
Ma quando quela dama il ponte vede,
Tuta se turba e cangia nela cera,
Biastemando Macon e che li crede;
Poi dice: «Cavalier, con duol amaro
Tuti siàn morti e più non c’è riparo.

41.
Questo voluto ha il perfido Appolino
(Cossì poss’el cader dal ciel al basso!)
Che ce ha guidato per questo camino
Per roinarci a quel dolente passo.
Or, perché intende, quivi è un malandrino
Che già robava ogni om a gran fracasso,
Crudel, omicidial e inumano,
E fo il suo nome, ed è ancor, Aridano.

42.
Ma non avìa possanza e non ardire,
Ch’è de rio sangue e de iesta vilana;
Or tanto è forte, e ’l perché ti vuò dire,
Che cosa non fu mai cotanto strana.
Dentro a quel lago che vede apparire
Have una fata che ha nome Morgana,
Qual per mal’arte fabricò già un corno
Ch’avria disfato il mondo tuto intorno,

43.
Perché qualunque il bel corno sonava,
Era conduto ala morte palese.
Sì longa istoria dirti ora mi grava,
Come le gente fosser morte o prese;
In poco tempo un baron arivava
(Il nome suo non sciò, né ’l so paese):
Lui vinse e tori, el drago e la gran guera
Di quella gente ussita dela tera.

44.
Quel cavalier, persona valorosa,
Cossì disfece il tenebroso incanto,
Onde la Fata vien sì desdignosa
Che mai potesse alcun darsi tal vanto,
E fiè questa opra sì maravigliosa
Che, ricercando il mondo tuto quanto,
Non sarrà cavalier de tanto ardire
Qual non convenga al ponte perire.

45.
Ella si pensa che quel campïone
Che sonò il corno, quindi abia a passare,
Over che per ardir, come è ragione,
Venga questa aventura a·rritrovare:
Cossì l’averà morto over pregione,
Ché omo del mondo non porìa durare.
Per far perir quel cavalier, Morgana
Fato ha quel lago, il ponte e la fiumana.

46.
E ricercando tutte le contrate
D’un om crudel, malvagio e traditore,
Trovò Aridano sanza pïetate,
Che già la terra non avìa pegiore;
E ben guarnito l’ha d’arme affattate
E d’una maraviglia ancor magiore:
Che qualunque baron sieco s’affronta
Sei tanta forza a lui vien sempre agionta.

47.
Ond’io mi stimo il ver, anci son certa
Che a tal impresa non porrai durare;
E io con tieco, misera diserta,
Dentro a quel’aqua me vedo affogare,
Ché noi siàn gionti troppo ala scoperta
E non c’è tempo o modo di campare.
Non è remedio: ormai noi siàn perduti
Come Aridano il fier ce abia veduti!».

48.
Il conte, sorridendo a tal parole,
Disse alla dama, ragionando basso:
«Tutta la gente dove scalda el sole
Non mi farìan tornar adreto un passo.
Sassel Idio de te quanto me duole,
Poiché soletta in tal loco te lasso;
Ma sta pur salda e non aver temanza:
Il fero è il mezo al’om ch’ha gran possanza».

49.
La dama ancor piangendo pur dicìa:
«Fuge, per Dio, baron! Campa la morte!
Ché ’l conte Orlando qua non valerìa,
Né Carlo Mano e tutta la sua corte.
Lasciar m’incresie assai la vita mia,
Ma dela morte tua mi duol più forte,
Ch’io son da poco e son femina ville:
Tu, prodo, ardito, e cavalier gentille!».

50.
Il franco conte a quel dolce parlare
A poco a poco si venìa piegando
E destinava adietro ritornare.
Oltra quel ponto d’intorno guardando
L’arme cognobe che solìa portare
Il suo cugin Ranaldo; e lacrimando
«Chi m’ha fatto» dicea «cotanto torto?
O fior d’ogni baron, chi te m’ha morto?

51.
A tradimento qua sei stato occiso
Dal falso malandrin sopra quel ponte!
Ché tutto ’l mondo non t’avrìa conquiso
Se tieco avesse combatuto a fronte!
Ascoltemi, baron, dal Paradiso
Ove or tu dimori, odi ’l tuo conte
Qual tanto amavi già, bench’uno erore
Comesse a torto per soperchio amore!

52.
Io te chiedo mercé, dame perdono
Se io te offese mai, dolce germano!
Ch’io foi pur sempre tüo, come or sono,
Benché falso sospeto e amor vano
A bataglia ce trasse in abandono
E l’arme gelosia ce pose in mano;
Ma pur sempre te amaï e ancor amo:
Torto ebe tieco, e or tuto mel chiamo.

53.
Che fo quel traditor lupo rapace
Qual ce ha vetato insieme aritornare
Alla dolce concordia e dolce pace,
Ai dolci basi, al dolce lacrimare?
Questo è l’aspro dolor che mi disface,
Ch’io non posso con tieco ragionare
E chiederti perdon prima ch’io mora:
Questo è l’affanno e doglia che m’acora!».

54.
Cossì dicendo, Orlando con gran pianto
Trà fuor la spata e ’l forte scudo imbracia:
La spada a cui non val arme né incanto,
Ma sempre dove gionge il camin spacia.
(Il fato già vi contai tuto quanto,
Sì che non credo che mistier vi facia
Tornarvi a mente con qual arte e quando
Da Falerina fosse fato il brando.)

55.
Il conte d’ira e de doglia avampato
Salta nel ponte con quel brando in mano;
Specia il seraglio e via passa nel prato,
Ove iacéa il perfido Aridano.
Soto al cipresso stava il renegato,
Quele arme del signor de Montealbano
Ch’erano al tronco d’intorno mirando,
Quando li gionse sopra il conte Orlando.

56.
Smarisse alquanto il malandrin in viso
Quando se avide sopra quel barone,
Però che adosso li gionse improviso;
Pur saltò in piede e prese il suo bastone,
E poi dicea: «Se tuto il Paradiso
Te volesse aiutar, e idio Macone,
E’ non avrìan possanza e non ardire,
Che in ogni modo ti convien morire!».

57.
Al fin dele parole un colpo lassa
Con quel baston di fero, il can felone:
Gionse nel scudo e tuto lo fracassa
E càde Orlando in tera in ginochione.
A bracia aperte il saracin s’abassa,
Credendolo portar soto al galone
Come portar queï altri era sempre uso,
E poi nel lago profondarli giuso;

58.
Ma il conte cossì presto non si rese:
Benché cadesse, e’ non fo spaventato;
Per il traverso un gran colpo distese
E gionse a megio del scudo affatato.
A tera ne menò quanto ne prese,
E càde il brando nel galon armato
Rompendo piastre e ’l sbergo tutto quanto,
Che a quela spada non vi val incanto.

59.
E se non era il saracin chinato,
Che ben non gionse quela spata apieno,
Tuto l’avrebe per mezo tagliato
Come un pecio di late, più né meno;
Pur fo Aridano alquanto vulnerato,
Onde li crebbe al cor alto veleno
E mena del baston in molta freta:
Ma ’l conte l’ha assagiato e non l’aspetta.

60.
Getosse Orlando in salto de traverso
E mena il brando per le gambe al basso:
E a quel tempo il saracin perverso
Calava il suo baston a gran fracasso.
Tirando l’un e l’altro di roverso,
Ben se gionsero insieme al contrapasso:
Ma el brando che non cura fatasone
Dui palmi e più tagliò di quel bastone.

61.
Mosse Aridano un crido bestïale
E salta adosso al conte d’ira acceso:
Nulla diffesa al franco Orlando vale,
Con tanta furia l’ha quel pagan preso.
E’ vien correndo come avesse l’ale;
Ala rivera nel porta di peso
E cossì sieco come era, abraciato,
Giù nel gran lago se profonda armato.

62.
Dal’alta rippa con molta roina
Caderno insieme per quela aqua scura.
Quivi più non aspeta Falerina,
Ma via fugendo su per la pianura
Giva tremando come una tapina,
Guardando spesso adetro con paura,
E ciò che sente e vede di lontano
Sempre ale spale aver crede Aridano.

63.
Ma lui bon tempo stete a ritornare,
Ché gionse con Orlando insino al fondo.
Più nel presente non voglio cantare,
Ch’al tanto dir parole me confondo.
Piacivi al’altro canto ritornare,
Che la più strana cosa ch’abia il mondo
E la più deletosa e più verace
Vi conterò, se Dio ce dona pace.

1. L’ottava riprende il tema dell’evento senza precedenti, in particolare la battaglia di Rodamonte contro i difensori della costa provenzale, in stretto contatto con la conclusione del canto sesto. 1. fo… contato: ‘fu raccontato’. Participio non concordato o “neutro”, attestato nel romanzo e nelle lettere di Boiardo (MATARRESE 2004, p. 96). 2. sì diversa e tanto oribile: frammentazione di una coppia sinonimica formulare (cfr. p. es. I, v, 69, 8). 5-6. Contra di NaimoSol è affrontato: ‘affronta da solo Namo’. 5. avìa: ‘aveva’. 7. Turpin: per l’auctoritas cfr. I, i, 3, 2. non se diparte: ‘non si allontana’. Forse è qui riformulato Inf. XXVIII, 12: «come Livïo scrive, che non erra». 8. ‘lo scrisse nelle sue carte come un fatto certo’.

2. 1. ‘E non so se piacque al Cielo eterno’. 2. Donar tanta prodecia: ‘dare tanto valore’. 3. ussito: ‘uscito’. 4. per lui: ‘al posto suo’. al piano: ‘sulla pianura, in campo’; formulare. 5. squaderno: ‘sconquasso’. 6. fo data: ‘fu inflitta’. al ricordar umano: ‘a memoria d’uomo’. 8. dir: ‘racconto’.

3. 2. Giù dela costa: ‘lungo la costa del monte’. 4. ‘si è aperto un varco tra i nemici con grande strage’. 6. a traverso: ‘di traverso’. al bàso: ‘a terra’. 7. Pedoni: ‘fanti’. 8. spezati: ‘fatti a pezzi’.

4. 1. ferendo: ‘vibrando colpi’. Africante: ‘Africano’. 2. Driti e roversi: ‘di dritto e di rovescio’. minaza: ‘minaccia’. 4. ‘ma lui si fa largo con la spada’. 5. gionto: sarà forse da emendare in gionta, come leggono i testimoni diversi da P. 6. di bona raza: ‘di stirpe valorosa’. 7. folgor del ciel over saeta: sinonimi per ‘fulmine’. 8. ‘punta la sua lancia verso Rodamonte’.

5. 1. ‘Lo colpì di traverso dal lato sinistro’. 2. Passoli ’l scudo: ‘gli perforò lo scudo’. 4. ‘benché non lo ferisse con quel colpo’. 5. che fo tanto diverso: ‘che fu tanto straordinario’. 6. infenita: ‘infinita, sconfinata’. 8. ‘una pelle di drago spessa mezzo palmo’; còr: ‘cuoio’. Per questo tipo di protezione cfr. I, iv, 42, 2.

6. 1. ‘Ma nondimeno fu lì lì per cadere’. 2. per quela incontrata: ‘per quello scontro’. 3. tanto potere: ‘tanta forza’. 4. ferì: ‘colpì’. arestata: ‘posta in orizzontale’ (cfr. I, i, 70, 6). 5. l’ebbe a vedere: ‘la vide’. 6. Chiasmo. 8. aiuta la fantina: ‘sostiene la ragazza’, cioè Bradamante.

7. 1. rivolto ha: ‘ha rivoltato, fatto girare’. coperto: ‘rivestito con la maglia di ferro’ (TROLLI 2003, p. 121). 2. adosso: ‘contro’. crudo: ‘crudele’. 3. de schier: ‘dalla schiera’. 4. sopra il: ‘sullo’. 6. a brando nudo: ‘a spada sguainata’. 7. Onde: ‘perciò’. la gente:i cristiani. core: ‘coraggio’. 8. a gran furore: formulare.

8. 2. saxi: ‘sassi’. oltra misura: ‘in modo smisurato’. 3. questo mirando: ‘guardando questa scena’. 5. ‘vibra di traverso la spada furiosa’. Ipallage: la furia è di Rodamonte. 6. ‘e colpì alla cintura’. 8. a terra il pose: ‘lo fece cadere a terra’.

9. 1-2. ‘Il corpo di quel paladino rimase per metà a terra e per metà in sella’. 3. tal destrucïone: ‘un tale scempio’. 4-5. ‘Il saraceno colpisce Bradamante: non la raggiunse ma colpì il cavallo’. 6. de usbergo azarino: ‘da una corazza d’acciaio’. 7. Non giova: ‘non servono’. né piastra, né malia: cfr. I, ii, 1, 5. 8. a: ‘con’

10. Espediente non inedito nei romanzi cavallereschi: un cavaliere di grande valore resta immobilizzato sotto il cadavere del suo cavallo e così non può partecipare allo scontro in corso. Qui l’incidente evita il proseguimento della zuffa tra Bradamante e Rodamonte, permettendo a quest’ultimo di fare strage di cristiani. 2. in dui pecci partito: ‘tagliato in due pezzi’. 3. martella: ‘continua a colpire’. 4. ebe cernito: ‘vide’. 5. ‘con un colpo lo taglia fino alla sella’. 7. tempesta: ‘violenza’.

11. 1. Romase: ‘rimase’. 2. in sul’arena: ‘a terra’. 6. ‘uccide tutto il resto dell’esercito cristiano’. 7. ala folta in mezo: ‘in mezzo alla mischia’. 8. ‘e fa cadere a terra pezzi (di nemici) da ogni parte’.

12. 1-2. Ripresa e amplificazione dell’ultimo verso dell’ottava precedente. 2. Da ciascun canto: ‘da ogni parte’. 3. Contarvi… non vi fa mestieri: ‘non serve raccontarvi’. 5. ‘i nostri cavalieri sono massacrati’. 6. se ricomanda: ‘si raccomanda’. 7. la cosa intriera: ‘la cosa per intero’. Questa è l’unica attestazione di intriera nel poema ed è forma del solo P contro intiera degli altri testimoni: potrebbe dunque trattarsi di un errore. La Tissoni Benvenuti la mantiene, pur dubitativamente, pensando a un’influenza del dialettale intriego (se ne trovano attestazioni anche in TRENTI 2008, p. 300). 8. a roina: ‘in rotta’.

13. 4. ‘e fa barriera, si accalca intorno al saraceno’. 5. profonda: ‘li abbatte’ (TROLLI 2003, p. 231). 6. gli: ‘li’. 8. Per la gran doglia: ‘per il gran dolore’.

14. 1-3. ‘se qualche peccato fa sì che la tua giusta punizione si volga verso di noi, non permettere che questo infedele abbia la vittoria’. 4. straza: ‘fa a pezzi’. mischina: ‘sventurata’. 5. un méso ebe mandato: ‘mandò un messo’. 6-7. la roina Ch’era incontrata: ‘il disastro che era accaduto’. 8. se tenga: ‘si consideri’.

15. 1. ha sì franca persona: ‘è così valoroso’. 2. ‘che non trova ostacolo alla sua forza’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 3. scontrato ha: ‘si è scontrato con’. 4. ‘e l’ha tagliato tutto fino alla pancia’. 6. baldanza: ‘coraggio’. 7. Vegendo: ‘vedendo’. oltra ’l dovere: ‘oltre misura’. 8. a più potere: ‘il più velocemente possibile’.

16. 2. occidi: ‘uccide’; con desinenza dialettale. 3. Che… che: ‘chi… chi’. 4. ’vanti: ‘davanti’. è tardo: ‘è lento’. 5. presto: ‘veloce’. 6. ‘che nella corsa aveva raggiunto un leopardo più volte’. 7. Non vi giova: ‘non serve’. 8. ala distesa: ‘senza scampo’ (TROLLI 2003, p. 137).

17. Similitudine letteraria molto sfruttata, come hanno osservato gli esegeti, e che si ripropone simile a II, xi, 52. Sono noti da tempo i rinvii a Virgilio (Aen. VI, 309-310) e Dante (Inf. III, 112-114); e ZAMPESE 1994, p. 179 segnala anche Ovidio (Met. III, 729-730). 1. al decembre: ‘in dicembre’. s’invoglia: ‘si avvolge in vortici, turbina’; voce dialettale: alle attestazioni raccolte da TROLLI 2003, p. 178 si può aggiungere TRENTI 2008, p. 301. 3. L’arbor: ‘l’albero’. roman: ‘rimane’. 4. ‘così i morti cadono fitti a terra’. 6-7. ‘che si è voltato (per attaccare Rodamonte), per sua sfortuna: egli colpì l’Africano in mezzo al petto’. 8. Roppe: ‘ruppe’. vano: ‘inutile’. Ottava aperta.

18. 1-2. ‘perché il saraceno lo colpì sulla testa e lo taglia tutto fino a sotto il fianco’. 3. non s’aresta: ‘non si ferma’. 18. 5. una grossa asta aresta: ‘mette in resta una grossa lancia’ (cfr. 6, 4). 6. il bon vechione: ‘il valoroso vecchio’. 7. sieco: ‘con sé’. ognon più fiero: ‘uno più coraggioso dell’altro’. 8. Cfr. II, vi, 63, 8.

19. 2. lèvassi: ‘si leva, si alza’. ’l gran polvino: ‘la gran nube di polvere’. 3. Primeramente: ‘dapprima’. trova: ‘incontra’. 8. ‘allo scontro rimase saldo sui due piedi’; per parangone cfr. I, v, 51, 3.

20. 2. A lui ferìano: ‘lo colpivano’. 3. il bon guirero: ‘il valoroso guerriero’. 6. ‘alzò la testa come un serpente’ (o forse un drago, per la nota equivalenza dei due sostantivi, ma qui pare che si alluda alla rapidità del movimento e dunque il serpente sembrerebbe più appropriato). 7. Crolando: ‘scrollando’. 8. non valeti: ‘non valete’.

21. 1. ‘E non disse altro, ma muove la spada’. 2. franco: ‘valoroso’. 4. ‘la spada si gira e colpì di piatto’. Se avesse colpito di taglio avrebbe fatto a pezzi la testa del cavaliere. 6. ‘che lo fece cadere tramortito dalla sella’. 8. : ‘colpisce’. mena gran tempesta: ‘combatte furiosamente’ (TROLLI 2003, p. 288).

22. 1. messe: ‘mise’. dui: ‘due’. 2. ferìte: ‘ferì’. 4. Sarìan occisi: ‘sarebbero uccisi’. 6. ‘non fossero intervenuti cambiando l’esito dello scontro’. 7. scorta: ‘esperta nel combattimento’.

23. 2. ‘che attaccando furiosamente spinge gli altri avanti’. 4. faza: ‘faccia’. 5. nel lito marino: ‘sulla riva del mare’. 6. ‘alza la sabbia e spazza il campo davanti’.

24. 2. elmi pien di teste: cioè teste tagliate dentro gli elmi. braze: ‘braccia’. 3. taglia: ‘tagli’; solito indicativo in luogo del congiuntivo. 4. Sbergi e lameri: ‘corazze e lamine metalliche’. 5. spéso: ‘spesso’. 6. rotte e dissipate: ‘sbaragliate’. 7. mirando alla: ‘guardando la’.

25. Si ripropone qui l’immagine già vista a I, xi, 44. 3. Squassando e crini: ‘scuotendo la criniera’. 4. ruge con terrore: ‘ruggisce provocando terrore’. 5. Tal: da mettere in relazione con quale al v. 1. 6. e Lombardi: ‘i Longobardi’. 7. posta in cacia: ‘messa in fuga’.

26. 1-2. ‘Sprona i cavalli a più non posso: chi era il primo si considerava beato’. 4. Anci: ‘anzi’. 6. Qual: ‘il quale’. 7. sieco: ‘con loro’. a man a mano: ‘subito’ (cfr. I, i, 49, 5). 8. Rigonzone da Parma sembra invenzione boiardesca e forse sfrutta una certa rivalità cittadina con Cremona per creare un effetto comico (TISSONI BENVENUTI 1999). Come si vedrà subito dopo, il personaggio ha qualche aspetto burlesco.

27. 1. feroce: ‘animoso’. 2. liger: ‘leggero’. 3. ‘con l’armatura o senza’. 4. Batendo li ochi: segno consueto di parossismo dei guerrieri boiardeschi. 5. se cura: ‘si preoccupa’. 6-8. Boiardo si serve di una metafora bellica: Rigonzone era come una balestra senza sicura, che spara subito (TISSONI BENVENUTI 1999). 6. seraglia: ‘sicura’. Non sembrano note altre occorrenze del termine con questo significato (TROLLI 2003, p. 266). 8. A dir in soma: ‘per dirla in breve’.

28. 3. ‘mettono in rotta con molta furia’. 4. ’l confallone: ‘il gonfalone, lo stendardo’. 5-8. Lo stendardo di Rodamonte era rosso e vi era raffigurata Doralice di Granata con un leone al guinzaglio. Boiardo leggeva nell’Aspramonte di Andrea da Barberino che lo stendardo di Ulieno, padre di Rodamonte, recava l’immagine di Calindes, fanciulla di cui Ulieno era innamorato, che teneva un drago alla catena (FRANCESCHETTI 1975, p. 237). Il ricordo sembra riverberarsi sulla bandiera qui descritta. 8. più che il cor amata: ‘amata più del suo stesso cuore’.

29. 1. Però: ‘perciò’. ritrata: ‘ritratta, raffigurata’. 2. attroce: ‘feroce’. 4. li: ‘le’. 5. lei mirando: ‘guardandola’. 7. ‘perché a quella visione il suo valore si rinnovava’.

30. 2. Verso formulare. dolente: ‘addolorato’. 4. Rodamonte alterna il pallore a un rossore violento. 8. ‘che i cristiani saranno sconfitti definitivamente’.

31. 1. sterminata: ‘enorme’. 2-3. ‘ve la narrerò tutta nei dettagli, ma non ne voglio più raccontare ora’. 4. convien: ‘bisogna’. 6. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha alhor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. Per gli eventi narrati cfr. II, v, 24. 7. si pose a camino: ‘si mise in cammino’. 8. Poi che disfato fo: ‘dopo che fu distrutto’.

32. Caso di ottave “a telescopio” (cfr. I, iii, 33, 1): in questo caso l’espediente serve per un riassunto delle precedenti avventure di Orlando. 1. ove era guardïano: ‘dove erano guardiani’. 3. ch’era occiso invano: ‘che era ucciso inutilmente’, perché dal suo sangue nascevano altri giganti moltiplicati nel numero. 5. el senator romano: Orlando (cfr. I, v, 83, 3). 6. per arte: ‘per magia’. 7. dete: cioè dette ‘diede’. 8. ‘per liberare dalla prigione del ponte quelli che erano stati catturati’.

33. 3. dritamente: ‘speditamente’. 4. di tal guai: ‘da tale pena’. 6. sempremai: ‘sempre’; forma rafforzata. 8. Non avevano nessuna cavalcatura, né veloce né lenta. Per palafreno cfr. I, ii, 55, 2.

34. 1-2. Origille aveva sottratto cavallo e spada a Orlando (II, iv, 12-13). 4. sopra ala fiumana: ‘presso al fiume’. 5. falsa: ‘ingannatrice’. fata del Tesoro: Morgana. 6. ‘aveva creato quella cosa straordinaria’. 7. ch’avese il mondo: ‘che vi fosse al mondo’. 8. ’l fior de’ baron: ‘i migliori tra i cavalieri’.

35. 1. ‘Qui sprofondò Rinaldo’. 2. odiste: ‘sentiste’. 3. sieco: ‘con lui’. l’altro compagnone: Prasildo. 4. mi fa piéta: ‘mi addolora’. 5-8. Come osserva TISSONI BENVENUTI 1999, qui prevale la «totale indifferenza cronologica interna». Orlando ha distrutto il giardino di Falerina nel mese di maggio e, da allora, è passato poco tempo, ma Dudone si muove dopo il consiglio di Agramante che decide l’invasione della Francia (21-22 giugno) e, inoltre, dovrebbe impiegare un bel po’ per arrivare qui da Parigi (cfr. 36, 1-2). 5. : ‘né’. 7. li: ‘gli’. 8. ’l sir de Montealbano: Rinaldo.

36. 1. Caminando: ‘viaggiando’. 2. Cercato ha: ‘ha perlustrato’. 3. ‘e, come volle la sua sfortuna’. 4. per incanto: ‘per magia’. 6. avea conduta in pianto: ‘aveva fatto piangere’. 8. la persona fela: ‘quel malvagio’.

37. 2. e non vi ebe difesa: ‘non poté opporsi’. 3. fatato: ‘incantato’. 4. ch’avìa sieco contesa: ‘che lottava con lui’. 5. ‘era soverchiato da una forza che moltiplicava per sei volte la sua’. 8. ‘lui lo supera di sei volte’; costruzione paraipotattica.

38. 1. disperato: ‘malvagio’ (TROLLI 2003, p. 134). 3. Natava: ‘nuotava’. 5. ‘e, se faceva affondare qualcuno’. 8. ‘riportava in superficie l’armatura di chi aveva trascinato al fondo’. Credo che a soma vada inteso come a som(m)o ‘a galla’ (TROLLI 2003, p. 271); TISSONI BENVENUTI 1999, pur non escludendo questa interpretazione, preferisce ‘come soma’, cioè ‘sulle spalle’.

39. 3. ch’avea spogliate: ‘che aveva sottratte’. 4. ‘le teneva appese intorno a sé’. 6. palese: ‘visibili’. 7. sopravesta: cfr. I, ii, 35, 4. 8. ribaldo: ‘scellerato’.

40. 1. in su questa rivera: ‘presso questo fiume’. 3. a canto e’ gli era: ‘gli stava al fianco’. 5. cangia nela cera: ‘cambia aspetto in viso’. 6. ‘maledicendo Maometto e chi crede in lui’. Per Macon cfr. I, ii, 4, 7. 7. duol: ‘dolore’. 8. ‘siamo tutti morti e non c’è più scampo’.

41. 1. Appolino: Apollo, presunta divinità mussulmana (cfr. I, xiv, 53, 1). 4. ‘per farci perire in quel passaggio che provoca sofferenza ai viandanti’. 5. perché intende: ‘affinché tu capisca’. malandrino: ‘brigante’. 6. ‘che in passato derubava tutti con violenza’. 7. omicidial: ‘assassino’.

42. 2. ‘perché è di sangue malvagio e di stirpe ignobile’. 5. vede: ‘vedi’. Have: ‘c’è’. 7. per mal’arte: ‘con i suoi poteri magici maligni’ (TROLLI 2003, p. 91). 8. È il corno di cui si è letto tra i canti XXIV e XXV del primo libro. Ottava aperta.

43. 1. qualunque: ‘chiunque’. 2. ‘era condotto a morte certa’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha hor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. mi grava: ‘mi pesa, non posso’. 5. In: ‘dopo’. un baron: Orlando. Falerina ignora che si tratta dello stesso cavaliere che ha distrutto il suo giardino. 6. ‘(non so come si chiamasse né da dove venisse)’. 7. e tori: ‘i tori’. 8. I soldati nati dai denti del drago (I, xxiv, 54-58).

44. 2. il tenebroso incanto: ‘la magia maligna’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha vien desdignosa; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 3-4. ‘si infuria perché qualcuno è riuscito nell’impresa’. 5. fiè: ‘fece’. maravigliosa: ‘straordinaria’. 6-8. ‘che, in tutto il mondo, non ci sarà un cavaliere di tanto ardimento che non dovrà morire al ponte’.

45. Il motivo per cui Morgana ha costruito la sua trappola magica richiama quello che ha spinto Falerina a edificare l’insidioso giardino ora distrutto, sebbene non siano state specificate le precise ragioni del suo rancore verso Origille e Ariante (II, v, 19). In entrambi i casi l’incantesimo serve a punire un bersaglio designato che, prima o poi, passerà di lì, con assoluta indifferenza per gli incolpevoli che vi incapperanno prima. 2. quindi abia a passare: ‘debba passare di qui’. 3-4. ‘o che per coraggio, come è giusto, venga ad affrontare questa avventura’. Per a·rritrovare cfr. I, iii, 17, 7. 5. pregione: ‘prigioniero’. 6. non porìa durare: ‘non potrebbe resistere’.

46. 1-2. ‘E cercando in tutti i luoghi un uomo crudele, malvagio e traditore’. 4. ‘che la terra non ne aveva uno peggiore’. 5. guarnito: ‘armato’. affattate: ‘incantate’. 6. d’una maraviglia: ‘di un prodigio’. 7. sieco s’affronta: ‘lo affronti in combattimento’. 8. Cfr. 37, 3-8.

47. 1. mi stimo il ver: ‘penso’. 2. non porrai durare: ‘non potrai resistere’. 3. con tieco: ‘con te’. misera diserta: sinonimi per ‘infelice’. 5. ala scoperta: ‘scopertamente’. 6. campare: ‘salvarci’. 7. è: ‘c’è’. 8. Come: ‘appena’.

48. 2. ragionando basso: ‘parlando a bassa voce’. 3. dove scalda el sole: cioè di tutto il mondo. 4. farìan: ‘farebbero’. adreto: ‘indietro’. 5. ‘Lo sa Dio quanto mi spiace per te’. 6. soletta: ‘sola’. 7. salda: ‘sicura’. temanza: ‘paura’. 8. ‘il ferro (delle armi) è lo strumento dell’uomo forte’.

49. 1. pur dicìa: ‘continuava a dire’. 2. Fuge: ‘fuggi’. Campa: ‘evita’. 3. non valerìa: ‘non potrebbe fare nulla’. 5-8. L’altruismo di Falerina sembra dimostrare una sua redenzione. 5. m’incresie: ‘mi rincresce, mi spiace’. 7. ville: cioè vile, sinonimo di da poco. 8. prodo: ‘prode’ (cfr. I, xvi, 63, 7). gentille: ‘nobile’.

50. 2. si venìa piegando: ‘stava cedendo’. 3. destinava: ‘decideva’. 4. ponto: ‘ponte’. 5. cognobe: ‘riconobbe’. solìa: ‘soleva’. 8. chi te m’ha morto?: ‘chi ti ha ucciso?’. Il pronome di prima pers. sing. esprime partecipazione emotiva (cfr. I, xvii, 18, 5).

51. 3-4. ‘perché il mondo intero non ti avrebbe sconfitto se ti avesse combattuto faccia a faccia, lealmente’. 5. Ascoltemi: ‘ascoltami’. 6. Dialefe tra Ove e or. odi: ‘ascolta’. 7-8. ‘benché egli per troppo amore commettesse a torto un errore’. L’errore è lo scontro con Rinaldo (I, xxvi-xxviii) causato dall’amore per Angelica.

52. 1. mercé: ‘pietà’. 2. Dialefe tra Se e io. germano: ‘cugino’ (GDLI, s. v., con attestazioni a partire da Torquato Tasso). 3. foi: ‘fui’. 4-5. ‘benché il sospetto ingannevole e l’amore privo di valore ci facessero combattere con impeto’. 4. Le cause dell’inimicizia tra i due paladini sono disposte in un chiasmo. 8. ‘ebbi torto nei tuoi confronti e ora lo confesso pienamente’ (TISSONI BENVENUTI 1999).

53. 1. Che: ‘chi’. 2. Qual ce ha vetato: ‘che ci ha impedito’; sottinteso ‘uccidendoti’. 5. mi disface: ‘mi distrugge’. 6. con tieco ragionare: ‘parlare con te’. 7. prima ch’io mora: ‘prima di morire’. 8. Variatio del v. 5. l’affanno e doglia: sinonimi per ‘dolore’. m’acora: ‘mi affligge’. Il verbo, in posizione forte a fine verso, è dantesco e poi reimpiegato da Petrarca. Boiardo lo usa, ancora in rima, nelle egloghe in volgare (CANOVA 2008, pp. 63-64).

54. 2. Trà fuor: ‘estrae’. 3. a cui non val: ‘contro cui non servono’. Falerina l’aveva fabbricata in modo che tagliasse ogni oggetto fatato (cfr. II, iv, 6-8). 4. il camin spacia: ‘libera il cammino’. 6-7. che mistier vi facia Tornarvi a mente: ‘che vi serva richiamarvi alla memoria’.

55. 1. avampato: ‘infiammato’. 3. Specia il seraglio: ‘spezza la chiusura’; l’inferriata descritta a II, ii, 14, 3-6. 4. iacéa: ‘giaceva’. 7. mirando: ‘guardando’. 8. sopra: ‘addosso’.

56. 1. Smarisse: ‘si smarrì’. 2. se avide sopra: ‘si vide addosso’. 3. Però che: ‘perché’. improviso: ‘improvvisamente’; probabilmente è avv. (TROLLI 2003, p. 171). 4. il suo bastone: ‘la sua mazza’. 7. ‘non avrebbero forza e coraggio (sufficienti)’. 8. ti convien: ‘devi’.

57. 1. lassa: ‘sferra’. 2. felone: ‘malvagio’. 4. càde: ‘cadde’. in ginochione: ‘in ginocchio’. 6. ‘credendo di portarselo via al fianco’. 7. uso: ‘abituato’. 8. profondarli giuso: ‘farli sprofondare giù’.

58. 1. non si rese: ‘non si arrese’. 3. distese: ‘vibrò’. 4. a megio: ‘nel mezzo’. 5. ‘fece cadere a terra la parte che raggiunse con la spada’. La costruzione del verso è formulare (cfr. Falconetto 1483, pp. 35-36). 6. nel galon armato: ‘nel fianco (del gigante) coperto di armatura’.

59. 1. se non era: per il verbo cfr. II, v, 2, 5. 2. ‘che quella spada non lo colpì in pieno’. 4. Come un pecio di late: ‘come un pezzo di latte cagliato’. 5. vulnerato: ‘ferito’ (cfr. I, xiv, 21, 3). 6. ‘perciò gli aumentò la rabbia nel cuore’. 7. in molta freta: ‘molto velocemente’. 8. l’ha assagiato: ‘ha sperimentato la sua forza’.

60. 1. Getosse: ‘si gettò’. 2-3. ‘e muove la spada in basso verso le gambe (di Aridano): e allo stesso tempo il malvagio saraceno’. 5-6. ‘Entrambi colpendo di rovescio, si scontrarono al contrappasso’. Contrapasso è un probabile tecnicismo della scherma, ma il suo esatto significato non è noto ai commentatori. TISSONI BENVENUTI 1999, facendo riferimento al lessico della danza, propone ‘nel momento in cui si trovarono vicini’. TROLLI 2003, p. 119, esaminando altri lemmi relativi al combattimento quali contrappassare e contrappassata, che indicano la risposta offensiva esercitata contro una precedente azione offensiva, opta cautamente per ‘all’avvicendarsi delle azioni, allo scambio dei colpi’. 7. che non cura fatasone: ‘che non teme gli incantesimi’.

61. 1. Mosse: ‘lanciò’. 5. come avesse l’ale: cfr. II, iii, 2, 6. 6-8. ‘se lo porta di peso al fiume e con lui, così come era, abbracciato, si butta nel gran lago tutto armato’.

62. 1-2. ‘Dall’alta riva rovinosamente caddero insieme in quell’acqua scura’. 5. Giva: ‘andava’. tapina: ‘sventurata’. 7-8. Anacoluto. Falerina crede che tutto ciò che sente o vede in lontananza sia Aridano che la insegue.

63. 1. ‘Ma lui impiegò un bel pezzo a tornare’. Il verso lascia in sospeso la fine dell’episodio, ma è anche ironico perché Aridano sarà ucciso da Orlando. 4. Sorridente immedesimazione con il canterino: Boiardo teme che la memoria lo tradisca se il racconto si prolunga troppo. 5. Piacivi: ‘vi piaccia’; formula abituale (cfr. II, vi, 65, 1). La desinenza del verbo è presente anche in altre opere di Boiardo. 7. più deletosa e più verace: ‘più piacevole e più vera’.