Paragone tra la corte di Artù e quella di Carlo Magno: solo Amore può dare gloria e onore agli uomini (1-3). Orlando e Brandimarte si dirigono ad Albracà, Sacripante si incammina verso la Sericana. I due cavalieri cristiani giungono alla rocca, eludono la sorveglianza degli assedianti e sono amorevolmente accolti da Angelica. Quando la dama apprende che Rinaldo è partito per la Francia, subito convince Orlando a lasciare Albracà e a portarla con sé. Con il favore delle tenebre il drappello dei sopravvissuti all’assedio e i due nuovi arrivati escono da Albracà e si allontanano. All’alba il gruppo si scioglie per meglio sottrarsi all’inseguimento (3-15). Orlando, Brandimarte, Angelica e Fiordelisa viaggiano insieme ma, accortisi dell’arrivo degli assedianti, decidono di separarsi: Brandimarte affronterà gli inseguitori e Orlando porterà in salvo le due dame (16-21). Brandimarte fa strage di nemici e, inseguendo il Caramano, si perde in un bosco mentre calano le tenebre. Decide allora di fermarsi lì e si addormenta, ma il suo sonno è interrotto da grida femminili (22-33). La narrazione torna a Orlando e alle due dame, che arrivano nella valle dei cannibali Lestrigoni comandati dal re Antropofago. Ignorando le abitudini di quel popolo, i tre chiedono ospitalità per la cena. I Lestrigoni si fingono cortesi ma in realtà vogliono divorarli. Il re, infatti, colpisce a tradimento Orlando e lo tramortisce. Le due donne fuggono in direzioni diverse e i cannibali si apprestano a mangiare Orlando, che tuttavia si sveglia e, afferrata la spada, li massacra. Poi, non vedendo più Angelica, si dispera (33-52). Si inoltra dunque nella vicina selva e, all’alba, ritrova Angelica inseguita da un gruppo di Lestrigoni. Subito la salva sbaragliandoli (34-56). Fiordelisa è invece fuggita nella direzione opposta: sono sue le grida che svegliano Brandimarte. Il cavaliere sale a cavallo immediatamente e uccide tutti i Lestrigoni che le danno la caccia. La ragazza spaventata racconta al suo salvatore di avere visto Orlando a terra morto; Brandimarte si dirige allora dove pensa di trovare l’amico (57-63).
1.
Fo glorïosa Bertagna la grande
Una stagion, per l’arme e per l’amore
(Onde ancor oggi il nome suo si spande
Sì ch’al re Artuse fa portar onore),
Quando e bon cavalieri a quele bande
Mostrarno in più batalie il suo valore,
Andando con lor dame in aventura,
E or sua fama al nostro tempo dura.
2.
Re Carlo in Franza poi tienne gran corte,
Ma a quela prima non fo somiliante,
Benché assai fosse ancor robusto e forte
E avesse Renaldo e ’l sir d’Anglante:
Perché tiéne ad Amor chiuse le porte
E sol se dete ale bataglie sante,
Non fo di quel valor o quela estima
Qual fo quel’altra ch’io contava in prima;
3.
Però ch’Amor è quel che dà la gloria
E che fa l’omo degno e onorato;
Amor è quel che dona la vitoria,
E dona ardir al cavalier armato:
Onde mi piace di seguir la istoria,
Qual comenciai, de Orlando inamorato,
Tornando ov’io il lassai con Sacripante,
Comm’io vi disse nel cantar avante.
4.
Dapoï el conte intese dove andava
Re Sacripante, e ove era venuto,
E come in tema Angelica si stava
Non aspetando d’altra parte aiuto;
Il franco cavalier ben sospirava
E tuto se cambiò nel viso arguto;
E sanza far al ponte altro pensiero,
Calidora lasciò con Isoliero.
5.
E Sacripante prese la schiavina
E la tasca e ’l capel e ’l suo bordone:
Al re Gradasso via drito camina.
Ma torno adesso al figlio di Melone
Che cavalcando gionse una matina
Con Brandimarte ad Albracà il girone;
Ma non sciàn come far quivi l’intrata,
Cotanta gente intorno era acampata.
6.
Torindo, il re de’ Turchi e ’l Caramano
Quivi era in campo, e ’l re di Satalìa,
E Menadarbo, il qual era soldano
Che tiene Egipto e tuta la Sorìa.
Coperto era a trabache e tende il piano
Non se vide giamai tanta ginìa!
Sol adunata è quela gente fella
Per donar pena e morte a una dongela.
7.
Ma chi per una e chi per altra iniuria
Intorno a quella dama era atendato:
Torindo il Turco menava tal furia
Per Trufaldin, il qual fo spregionato;
E Menadarbo, quel soldan, l’alturia
Però che fo gran tempo inamorato
D’Angelica la bella, e sempremai
Ebe repulsa e beffe e scorni assai:
8.
Onde l’amor avea in odio rivolto
E sol per disertarla venuto era.
Vegendo Orlando il gran populo acolto
Ch’avea coperto il pian e la costera,
Bench’egli ardisse e disiasse molto
Di far bataglia più che voluntiera,
Tanto veder Angelica li piace
Che provar volse di passar in pace.
9.
Però s’ascose in un bosco vicino
E là si stette insin a note scura;
Poi come quel che ben sapea il camino,
Intrò dentro ala roca ala sicura.
Quando la dama vide il paladino,
Di tuto ’l mondo ormai non ha più cura!
Non dimandati se ella ebe conforto,
Perché certo credea ch’el fosse morto.
10.
Molte fòr le careze e l’accoglienza
Che Angelica li fece a quel ritorno.
El conte di narrarli indi comencia
Poscia che se partìte il primo giorno
Insin ch’è gionto nela sua presenza;
Come trovò Marfisa e perse il corno;
E de Origilla quele beffe tante,
Sinché in pregion lo pose Manodante;
11.
Come Renaldo quindi era partito
Per gir in Franza, e Astolfo e Dudone;
E ciò che prima e poscia era seguito
Li disse Orlando a ponto per ragione.
La dama, benché el tuto avesse odito,
Pur ascoltando che ’l figlio d’Amone
Era tornato in Franza, il suo paese,
De rivederlo ancor tutta s’accese.
12.
Onde comenciò il conte a confortare
Mostrando a lui per diverse cagione
Come dovëa in Franza ritornare;
E che ormai più dentro a quel girone
Non è vivanda che possa durare,
Sì che star non vi può longa stagione
Ed è bisogno aritrovar remedio
Onde si campi fuor di quel’assedio;
13.
E che ella sieco ne volea venire
Ove ad esso piacesse, in ogni loco.
Or quivi non fo già molto che dire,
Né ’l conte vi pensò troppo né poco,
Ma quela notte s’eber a partire
E nela roca in molte parte il foco
Lassarno, che ale torre e ne’ merli arda
Per dimostrar ancor vi sia la guarda.
14.
E poi per l’aria scura e tenebrosa
Tutto passarno senza impacio il campo.
Ma possa ch’ogni stella fo nascosa
E del giorno vermiglio apparbe il lampo,
Non gli coprendo ormai la note ombrosa,
Pigliàr remedio e ordine al suo scampo.
Tutta lor compagnia forse è da venti,
Tra dame e cavalier e lor sargenti;
15.
E questa alora tutta se disparte,
Chi qua, chi là, ciascun a suo comando.
Rimase Fiordelisa e Brandimarte
E Angelica bella e ’l conte Orlando.
Or questi quatro se trasse da parte,
E tutto ’l giorno apresso, cavalcando,
N’andarno insin al’ora dela nona
Senza trovar impazo da persona.
16.
Essendo alor il giorno riscaldato,
Ciascadun d’essi del destrier discese
Sotto l’umbra d’un pin, ad un bel prato,
Ma non che se spogliasse alcun arnese.
E stando il conte e Brandimarte armato,
Né temendo ormai più d’altre offese,
Stavano ad agio parlando d’amore,
Quando a sue spale odirno un gran romore.
17.
Onde levati, un poco di lontano
Videro una gran gente a bele schiere,
Che via ne vien disteso per el piano
E ha spiegate al vento le bandiere.
Questo era Menadarbo, il gran soldano,
E ’l re de’ Turchi e l’altre gente fiere
Ch’avean assedio a quela roca intorno;
Anci, l’han presa e arsa pur quel giorno,
18.
Perché essendo aveduti la matina
Che più persona non era in quel luoco,
Intrarno tuti dentro con roina:
La bela roca abandonarno in foco.
Poi Menadarbo al tuto se destina
Aver la dama e di farli un mal gioco;
E Torindo gli è detro, e ’l Caramano,
E tuti gli altri poi de man in mano.
19.
Quando s’accorse Orlando dela gente
Che ratta ne venìa per la pianura,
Turbosse fuor di modo nela mente
Però che dele dame avìa paura;
Ma Brandimarte se cura nïente,
Anci diceva al conte: «Or t’asicura,
Che piacendoti far quel ch’io te dico,
Quela canaglia non estimo un fico.
20.
Io ho, come tu vedi, un bon destriero
Quanto alcun altro che n’abia il Levante,
E non è tra costor già cavaliero
Che ad un per un io non li sia bastante.
Quivi voglio arestarmi in sul sentiero
Tu con le dame passeraï avante,
Io con parole e fati sì faragio
Che prenderaï andando alcun vantagio».
21.
Abenché ’l conte conoscesse a pieno
Che quel è vero e bon provedimento
Qual dicea Brandimarte, nondimeno
L’abandonarlo parìa mancamento.
Ma pur rivolse nela fin il freno
Per far di questo quel baron contento:
In megio ale doe dame avanti passa
E Brandimarte in su quel prato lassa.
22.
La gente sterminata ne venìa
Per la campagna sanza alcun riguardo,
Secondo che ’l destrier ciascun avìa,
Chi giongëa più presto e chi più tardo;
Ma avanti agli altri il re di Satalìa
Venìa brocando un gran ronzon leardo:
Sopra la briglia già non se ritienne,
Più d’una arcata avanti agli altri vienne.
23.
Sembrava proprio al corso una saetta,
Quel re ch’era appelato Marigoto;
E Brandimarte stava ala vedeta:
Come lo scorse «Ben!» disse di boto
«Costui ha di morir una gran freta,
Ch’avanti agli altri vòl pagar il scoto!».
Cossì dicendo, e crolando la testa,
Sprona il destrier e la sua lanza aresta.
24.
E Marigoto fece il simigliante:
Verso di questo viene e l’asta abassa.
Ma Brandimarte che ’l gionse davante,
Doppo ale spale con la lanza il passa;
E d’urto, poi, gionse quel’afferante
E con roina a tera lo fracassa:
Là dove Marigoto e ’l suo ronzone
Ne andarno in fasso a gran destrutïone.
25.
Già Brandimarte avìa sua spada trata,
E dà tra gli altri sanza alcun riparo.
Oh come ben intorno se sbarata,
Facendo de lor peci de beccaro!
Onde ala gente che venìa sì ratta
Comenciava il tereno a parer caro,
E non mostrano ormai cotanta freta,
Che più che volontier l’un l’altro aspeta.
26.
Ma Menadarbo vi gionse, adirato
Ch’un sol baron aresti tanta gente;
E stringendo la lanza al destro lato,
Ne vien spronando il suo destrier corente.
E’ colse Brandimarte nel costato,
Ma de arzon il piegò poco o nïente;
La lanza rota in pezi cade a terra
E Brandimarte adosso a lui si serra.
27.
Levando alto a do man il brando nudo,
Mena con furia al megio dela testa;
Or lui coperto avea l’elmo col scudo:
Né l’un né l’altro quel gran colpo aresta,
Che ’l scudo e l’elmo rope el brando crudo
E cadde Menadarbo ala foresta,
Partito dala fronte insin ai denti.
Or vi sciò dir che gli altri avìan spaventi!
28.
Ma nondimanco gli stavano intorno,
E chi lancia da longi e chi menaza;
Poco gli stima il cavalier adorno,
E ora questi e or quel’altri caza.
Cossì gran parte è passata del giorno,
Perché la gente che seguìa la traza
Crescendo ne venìa di man in mano:
Ecco gionto è Torindo e ’l Caramano.
29.
Prima gionse Torindo a gran baldanza:
Con l’asta bassa Brandimarte imbroca
E spezò sopra al scudo la sua lanza;
Ma Brandimarte ad una spala il toca
E quasi lo partì insin ala panza
E de l’arzon a terra lo trabocca.
Vegendo quel gran colpo, il Caramano
Volta il destrier e fuge per il piano.
30.
Ma quel fugir avrìa poco giovato
Se non avesse avuto a volar piume!
Venne la notte, el giorno era passato,
Né per quel luoco si vedea più lume.
El Caramano avanti era campato,
Natando per paura un grosso fiume,
Poi molte miglia per le selve ombrose
Andò fugendo, e al fin se nascose.
31.
E Brandimarte che l’avìa seguito,
Caciando a tuta briglia il suo destriero,
Dapoi che vide ch’egli era fogito
E ch’a pigliarlo non era mestiero,
Guardando al prato dove era partito,
Non vi scià più tornar, il cavaliero,
Perché la note ch’ha scaciato il giorno
Avìa oscurato per tutto d’intorno.
32.
Intrato adunque per la selva alquanto
E non sapendo mai di quella ussire,
Smontò di sela, e trassese da un canto;
Sopra ale fronde se pose a dormire.
Ma roto li fo il sonno d’un gran pianto
Qual quindi presso le parbe d’udire,
E sembrava la voce d’una dama
Che a Dio mercede lacrimando chiama.
33.
Chi sia la dama qual mena tal guai,
Poï oderiti, stando ad ascoltare.
Ma sia de Brandimarte dito assai,
Ch’al conte Orlando mi convien tornare:
Il qual, partito (com’io vi contai),
Verso Ponente prese a caminare,
Né passato era avanti oltra a sei milia
Ch’ebe travaglia e pena a maraviglia.
34.
Però che intrato essendo in doi valoni,
Chinandosi già il sol inver la sera,
Trovò sopra a que’ saxi e Lestrigóni,
Gente crudele, dispietata e fiera.
Costor han denti e unge de leoni,
Poi son come gli altri omini ala cera:
Grandi e barbuti, e con naso di spana,
Bevon il sangue, e mangian carne umana.
35.
Il conte, intrato, gli vede asedere
Ad una mensa ch’è posta tra loro,
E sopra quela da manzar e bere
Con gran piati d’argento e cope d’oro.
Come ciò scorse Orlando, a più potere
Sprona il ronzon per gionger a costoro,
E ben seguito lo tenean le dame,
Ché l’una più che l’altra ha sete e fame.
36.
Via van trotando per gionger a cena:
Ma prestamente fia ciascuna sacia!
Or vanne il conte, e con facia serena
A que’ ribaldi disse: «Pro vi facia!
Poi che Fortuna a tal ora mi mena
In questo luoco, prego che vi piacia,
Per li nostri danari o in cortesia,
Che siamo a cena vosco in compagnia».
37.
Il re de’ Listrigón, Antropofàgo,
Odendo le parole levò il muso:
Questo avìa gli ochi rossi com’un drago
E tuto di gran barba il viso chiuso.
De veder gente occisa è tropo vago,
Come colui che tuto ’l tempo era uso,
Matina e sera, di farni morire
Per divorarli e ’l suo sangue sorbire.
38.
Quando costuï odì il conte parlare,
Vegendol a destrier e ben armato,
Dubitò forsi nol poter pigliare,
Onde li fece luoco a sé da lato,
Pregando che volesse dismontare;
Ma el conte havëa già deliberato,
Se lo invitasse, d’accetar l’invito,
Se non, pigliar da cena a ogni partito.
39.
Onde dissese del destrier al basso,
Ma non s’asseta, le dame aspetando,
Le qual venìan però più che di passo.
Or odì il conte lor, che mormorando
Dicevan l’un al’altro: «Egli è ben grasso!»;
E quel rispose: «Io nol sciò, se non quando
Io el vedo arosto, over quando io l’atasto.
E saprò il meglio s’io ne piglio un pasto!».
40.
Non atendeva Orlando a tal sermone,
Come colui che ale dame guardava.
Ma in questo, Antropofàgo il Lestrigóne,
Di mensa pianamente se levava,
E preso avendo in man un gran bastone,
Venne ale spale del conte di Brava
E sopra l’elmo ad ambe man il tocca
Sì che disteso a tera lo trabocca.
41.
Molti altri s’aventarno anco di fato
Verso le dame dai visi sereni,
Perché volëan tuti ad ogni pato
Aver di quele carne e corpi pieni.
Ma lor, che si smarirno di quel’atto,
Voltarno incontinenti e palafreni,
E l’una in qua, e l’altra in là fugiva:
La mala gente apresso le seguiva.
42.
Givan piangendo e lamentando forte
Le damigele, con molta paura,
E non essendo del paese scorte,
Andarno errando per la selva oscura.
Tornamo al conte, ch’è presso ala morte.
Già trata gli han di dosso l’armatura:
E’ non è ancor in sé ben rivenuto
Per il gran colpo che ha nel capo avuto.
43.
Antropofàgo, il re crudo e superbo,
Gli pose adosso il dispietato ungione,
Dicendo agli altri: «Questo è tuto nerbo,
Dagli ochi in fora, non c’è un bon bocone!».
Sentendo Orlando l’atastar acerbo,
Per quela doglia ussì di stordigione
E saltò in piedi, il cavalier soprano:
Come a Dio piaque, a lor scapò di mano.
44.
Detro gli è il re con molti Lestrigóni,
Cridando a ciascadun che e passi chiuda.
Chi gli trà sassi, e chi mena bastoni:
Tuta gli è adosso quela gente cruda,
Né lo lascia partir de que’ cantoni.
Or ecco ha vista Durindana nuda
Ch’avean lassata quei ribaldi a tera:
Ben prestamente il conte in man l’affera.
45.
Quando se vide la sua spada in mano,
Pensati pur tra voi s’el fo contento!
Ove se imbocca quel valon al piano
Eran firmati di costor da cento,
Tuti di viso e abito vilano;
Né scudo o brandi o altro guarnimento,
Ma pele d’orsi e de cingiali indosso
Avìa ciascun, e in man un baston grosso.
46.
Il conte Orlando tra costor si caza,
Menando il brando a drito e a roverso:
E’ l’un geta per terra e l’altro amaza,
Questo per longo e quel taglia a traverso;
Speza e bastoni e sieco ambe le braza,
Ma quel rio populazo è sì perverso
Ch’avendo rotto e perso e piedi e mane,
Morde con denti come fa lo cane.
47.
Convien che spesso il conte se ritorza,
Perché ciascun d’intorno l’agraffava.
Or il suo re, sicome avìa più forza,
Magior baston degli altri assai portava,
Ed era tuto armato d’una scorza;
Giù per la barba gli cadea la bava
Che colava di bocca e dal gran naso,
Come un can arabito, a quel malvaso.
48.
Più de tre palmi sopra gli altri avanza
Questo re maledeto ch’io vi conto.
Orlando l’assalì con gran possanza
E drito a megio il capo l’ebe gionto.
Calò il brando nel peto e nela panza
Sì che in doe parte lo divise a ponto,
E càde da doe bande ala foresta.
Il conte dà tra gli altri e non s’aresta.
49.
E’ fece un tal dalmazo in poco d’ora
Che di quela canaglia maledeta
Non v’è persona chi facia dimora
Avanti al conte (tristo chi l’aspeta!),
Perché col brando in tal modo lavora
Che non si trova né pecio né feta,
D’alcun che morto al campo sia rimaso,
Qual sia magior che prima fosse il naso.
50.
Onde lui restò solo in quel valone.
Ed era il giorno quasi tuto espento
Quando esso s’adobò sue guarnisone;
E di manzar avendo un gran talento,
Véne ala mensa, a quele imbandisone,
Le qual mirando, quasi ebe spavento,
Però che quele gente disoneste
Cote avean braze umane e piedi e teste.
51.
Ben vi sciò dir che gli fugì la fame
A quel convito dispietato e fiero,
Se ben n’avesse avuto magior brame!
Ma torna adetro e prende il suo destriero,
Deliberato di cercar le dame,
Ch’a ritrovarle avea tuto ’l pensiero,
E diceva piangendo: «Or chi m’aiuta?
Forza né ardir, se mia dama è perduta!
52.
Se mia dama è perduta, or che me vale
Aver morto costor dal bruto viso?
Che s’io non la ritrovo, era men male
Esser da lor con quei baston occiso!
O Patre eterno! O Re celestïale!
O Matre del Signor del Paradiso!
Datime presto l’ultimo conforto,
Ch’io la ritrovi o che presto sia morto».
53.
Piangendo il conte parlava cossì
Com’io v’ho deto, e nela selva intrò.
Errando andò per quela insin al dì,
Ma ciò ch’el va cercando non trovò.
Essendo l’alba chiara, ed ello audì
Cridar: «Va là! Va là! che ela non può
Scappar ormai più fora di quel passo,
Che là davanti è roinato il sasso!».
54.
Driciosse Orlando ove colui favela
E presto del cridar vide l’effeto,
Perché conobe quela gente fela
De’ Lestrigóni, il popul maledeto,
Ch’avean caciata Angelica la bela
Ove s’era conduta, al passo stretto
Che arendersi bisogna a chi la caza,
O roinarsi da ducento braza.
55.
Quando la vide il conte a tal periglio,
Non dimandati se freta menava!
Era per ira in faza sì vermiglio
Che poco longi un foco dimostrava.
Urtò il destrier e al brando dè di piglio,
E quel d’intorno a gran furia menava,
Lassando ove giongeva un tal segnale
Che per guarirlo medico non vale.
56.
Eran costor (ch’io dico) da quaranta,
Ch’avean streta la dama in su quel sito,
Né già de tuti quanti un sol si vanta
Che senza la sua parte sia partito.
Se la canaglia fosse doa cotanta,
Ciascun a bon mercato era fornito
Di squarci per la testa e per la faza:
A chi troncò le gambe, a chi le braza.
57.
Angelica fo scòsa in questa via,
La qual era fugita inver Ponente;
Ma Fiordelisa, che a Levante gìa,
Pur fo seguita ancor da questa gente.
Tuta la note la brigata ria
L’avea caciata insin al sol nascente,
E proprio l’ha conduta in quela parte
Ove dormiva il franco Brandimarte.
58.
Ella piangendo a Dio se accomandava,
Ed era già sì stracco il palafreno
Che, pur fugendo, indarno il speronava.
De Lestrigóni intorno è ’l bosco pieno,
Che ciascun de pigliarla procaciava:
Onde essa di paura venìa meno,
E già ponendo il corpo per perduto,
A Dio per l’alma adimandava aiuto.
59.
Già rilucëa alquanto pur il giorno
(Comm’io vi disse) e l’alba era schiarita,
E Brandimarte, il cavalier adorno,
Dormìa lì presso, in sul’erba fiorita;
Onde svegliosse, e guardando d’intorno
Vide la dama trista e sbigotita
Che da que’ Lestrigóni avìa la caza:
Ben la conobe incontinenti in faza.
60.
Onde fo presto al suo destrier salito
E con roina verso lei si mosse;
Avendo trato il suo brando forbito
Incontra un Lestrigóne, a quel percosse;
Non vi restava a pena intégro un dito,
Che tagliate gli avrebe ambe le cosse;
Né a quel ch’è in tera il cavalier atende,
Ma toca un altro e insin al peto il fende.
61.
Eran alora trenta e Lestrigóni
(O forsi qualcun manco, a dir il vero),
E qual tuti, con saxi e con bastoni,
Chi dava a Brandimarte e chi al destriero.
Ma lui facea di lor tanti squarzoni
Che pieno avea d’intorno a quel sentiero
Di teste e braze, e tutavia tagliando
Carco avea tuto di cervel il brando.
62.
Ivi d’intorno alcun più non appare
Di quela gente bruta e maledeta.
Lui Fiordelisa corse ad abrazare,
E ben mezora a sé la tenne stretta
Prima che insieme potesse parlare.
Ma poi piangendo, quela tapinetta
Contava al cavalier con disconforto
Come ala tera Orlando ha visto morto.
63.
Cossì dicea perché l’avea veduto
Tra i Lestrigóni ala terra disteso.
Or Brandimarte, per donarli aiuto,
A quela parte se ne va disteso.
Ma io son al fin del canto già venuto:
Signori e dame che l’avete inteso,
Dio vi facia contenti e di tal voglia
Che ritornati al’altro con più zoglia.
1. In questo famosissimo esordio Boiardo sancisce la superiorità della corte di Artù su quella di Carlo Magno. Il motivo della preferenza è la disponibilità dei personaggi bretoni all’amore, la fonte più nobile di onore e gloria per l’uomo. Il pensiero è in armonia con l’inizio del poema (I, i, 1) e con l’ideologia boiardesca in generale, più volte espressa anche negli Amorum libri. Si capisce così la necessità di fare irrompere la passione tra i paladini e di fare innamorare anche Orlando (cfr. Introduzione, pp. 18-21). 1-2. ‘La Gran Bretagna fu gloriosa, un tempo, per le armi e per l’amore’. 3. Onde: ‘perciò’. si spande: ‘è diffuso, celebre’. Cfr. Inf. XXVI, 3: «e per lo ’nferno tuo nome si spande!». 4. Artuse: Artù (a. fr. Artus). 5. ‘quando i valorosi cavalieri da quelle parti’. 6. Mostrarno: ‘mostrarono’. suo: ‘loro’. 8. Ripresa da Inf. II, 59: «di cui la fama ancor nel mondo dura» (BRUSCAGLI 1995).
2. 1. tienne: ‘tenne’; come tiéne al v. 5. 2. non fo somiliante: ‘non assomigliò’. 4. ’l sir d’Anglante: Orlando (cfr. I, vi, 34, 3). 6. sol se dete: ‘si dedicò solo’. 7-8. ‘non ebbe quel valore e quella reputazione che ebbe quell’altra di cui dicevo prima’; cioè quella di re Artù. Ottava aperta.
3. 1. Però ch’: ‘perché’. 2. degno: ‘nobile’. 3. dona: ‘dà’. 5. seguir: ‘proseguire’. 6. Qual: ‘la quale’. 7. il lassai: ‘lo lasciai’. 8. avante: ‘precedente’.
4. 1. Dapoï: ‘dopo che’. 2. ove: ‘da dove’. 3. in tema: ‘in timore, in pericolo’. si stava: ‘stava’; pseudoriflessivo. 5. franco: ‘valoroso’. 6. ‘e mutò completamente espressione nel volto fiero’; arguto è agg. fortemente polisemico (cfr. I, i, 58, 3).
5. 1. la schiavina: il mantello (cfr. II, xvii, 44, 5). 2. tasca: ‘sacca’. bordone: bastone (cfr. II, v, 65, 2). 3. via drito camina: ‘va direttamente’. 4. figlio di Melone: Orlando. 6. ad Albracà il girone: ‘alla rocca di Albracà’. 7. ‘ma non sanno come entrarvi’.
6. 1. ’l Caramano: cfr. II, ii, 33, 7. 2. Satalìa: l’Adalia, sulla costa meridionale della Turchia (TISSONI BENVENUTI 1999). 3. soldano: ‘sultano’. 4. Sorìa: Siria. 5. a: ‘di’. trabache e tende: coppia sinonimica. 6. ginìa: ‘soldataglia’ (cfr. I, xiv, 58, 6). 7. ‘Quella gente malvagia è radunata solo’.
7. 1. iniuria: ‘offesa’; latinismo. 2. atendato: ‘attendato, accampa-to’. 3. menava tal furia: ‘era così infuriato’. 4. fo spregionato: ‘fu liberato’ (cfr. I, xx, 51-54). 5. l’alturia: ‘lo aiuta’. 6. gran tempo: ‘per molto tempo’. 7. sempremai: ‘sempre’; forma rafforzata. 8. Ottava aperta.
8. 1. rivolto: ‘trasformato’. 2. disertarla: ‘ucciderla’. 3. Vegendo: ‘vedendo’. acolto: ‘radunato’. 4. il pian e la costera: ‘la pianura e la costa’. 5. disiasse: ‘desiderasse’. 6. voluntiera: ‘volentieri’. 7. li: ‘gli’. 8. ‘che volle provare a passare (e a raggiungere la rocca) senza combattere’.
9. 1. Però s’ascose: ‘perciò si nascose’. 2. si stette: cfr. 4, 3. 4. ala sicura: ‘con sicurezza’. 6. non ha più cura: ‘non si preoccupa più’. 7. Non dimandati: ‘non domandate’; espediente abituale per il coinvolgimento del lettore (cfr. II, iii, 56, 8).
10. Questa ottava e la seguente sono in parte dedicate a una rapida analessi delle avventure di Orlando che aiuta a tirare le fila della narrazione. 1. fòr: ‘furono’. careze: ‘dimostrazioni di affetto’. 3. di narrarli: ‘a narrarle’. indi: ‘quindi’. 4. Poscia che se partìte: ‘dopo che è partito’. 8. Ottava aperta.
11. 2. gir: ‘andare’. 4. a ponto per ragione: ‘per filo e per segno’.6. ‘solo nell’intendere che Rinaldo’ (TISSONI BENVENUTI 1999).
12. 2. cagione: ‘ragioni’. 3. Come: ‘che’. 4. Dialefe tra che e or- mai. 5. durare: ‘bastare’ (TROLLI 2003, p. 141). 6. longa stagione: ‘per molto tempo’. 7. aritrovar: ‘trovare’; per la forma cfr. I, ii, 4, 7. 8. ‘per salvarsi uscendo da quell’assedio’. Ottava aperta.
13. 1. sieco ne volea venire: ‘voleva andare con lui’. 4. troppo: ‘molto’ (cfr. I, i, 41, 6). 5. s’eber a partire: ‘partirono’. 7. Lassarno: ‘lasciarono’. ale torre: ‘sulle torri’. 8. guarda: ‘guardia’.
14. 2. passarno: ‘attraversarono’. impacio: ‘ostacolo’. 3. possa: cioè poscia ‘dopo’. 4-6. ‘e apparve la luce rossa del giorno, quando ormai la notte non li copriva più, cercarono il modo per salvarsi’. 7. da venti: ‘composta da circa venti persone’. 8. sargenti: ‘servitori’. Ottava aperta.
15. 1. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha alhor; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. se disparte: ‘si divide’. 2. a suo comando: ‘secondo la propria volontà’. 5. se trasse da parte: ‘andarono per conto proprio’. 6. apresso: ‘successivo’. 7. N’andarno: ‘andarono’. ora dela nona: le quindici circa. 8. impazo: cfr. impacio (14, 2).
16. 4. ‘ma nessuno di loro si spogliò delle armi’. 5. il conte: Orlando. armato: ‘armati’. 6. A testo la lezione di P, R e T, che richiede una settima sede vuota o dialefe tra altre e offese. R2 e Z hanno horamai. 7. ad agio: ‘tranquilli’. 8. odirno: ‘udirono’.
17. 1. levati: ‘alzatisi’. 2. a: ‘divisa in’. 3. ‘che procede velocemente per la pianura’. 6. ’l re de’ Turchi: Torindo. 7. Ch’avean assedio: ‘che assediavano’. 8. Anci: ‘anzi’. pur: ‘proprio’. Ottava aperta.
18. 1. essendo aveduti: ‘essendosi accorti’. 3. Intrarno: ‘entrarono’. roina: ‘furia’. 5. al tuto se destina: ‘decide irrevocabilmente’. 6. farli un mal gioco: ‘farle un brutto scherzo’, cioè ucciderla. 8. de man in mano: ‘a seguire, via via’.
19. 2. ratta: ‘veloce’. 3. Turbosse fuor di modo: ‘si turbò oltre misura’. 4. dele dame: ‘per le dame’. 5. se cura nïente: ‘non si preoccupa per nulla’. 6. t’asicura: ‘rassicurati’. 7. piacendoti far: ‘se vorrai fare’.
20. 2. alcun: ‘nessun’. 4. ‘cui io non possa tenere testa in duello’.5. arestarmi: ‘fermarmi’. 7. faragio: ‘farò’. 8. alcun vantagio: ‘un po’ di vantaggio’.
21. 1. conoscesse: ‘capisse’. 2. ‘che quella è una soluzione veramente buona’. 4. parìa mancamento: ‘gli sembrava una colpa’. 5. ‘ma alla fine fece girare il cavallo’. 7. In megio: ‘in mezzo’. 8. lassa: ‘lascia’.
22. 1. La gente sterminata: ‘l’enorme esercito’. 2. sanza alcun riguardo: ‘senza alcun ordine’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 3. Secondo che ’l: ‘a seconda del’. 4. presto: ‘veloce’. tardo: ‘lento’. 6. ‘arrivava spronando un gran cavallo dal manto misto di pelo grigio e nero’ (TROLLI 2003, p. 182). 7-8. ‘non trattenne il cavallo per la briglia e arrivò davanti agli altri di più di un tiro d’arco’.
23. 1. al corso: ‘nella corsa’. 2. ch’era appelato: ‘che si chiamava’. 3. stava ala vedeta: ‘stava all’erta’. 4. Come lo scorse: ‘quando lo vide’. di boto: ‘subito’. 6. vòl pagar il scoto: ‘vuole pagare il conto’. 7. crolando: ‘scrollando’. 8. aresta: ‘mette in resta’ (cfr. I, i, 70, 6).
24. 1. il simigliante: ‘la stessa cosa’. 2. l’asta: ‘la lancia’. 3. che ’l gionse davante: ‘che lo colpì frontalmente’. 4. ‘lo trapassa e la lancia esce da dietro le spalle’. 5. d’urto: ‘con l’impeto, urtando’. gionse quel’afferante: ‘colpì quel cavallo’ (cfr. I, i, 60, 6). 6. a tera lo fracassa: ‘lo fa cadere a terra’. 8. in fasso a gran destrutïone: ‘in un groviglio con gran rovina’.
25. 1. trata: ‘sguainata’. 2. dà: ‘colpisce’. sanza alcun riparo: ‘senza (dar loro) alcuna possibilità di ripararsi’. 3. se sbarata: ‘si fa largo’ (l’accezione non sembra attestata altrove: TROLLI 2003, p. 256). 4. ‘facendoli a pezzi da macellaio’. 6. Ironico: il terreno, cioè la distanza che li separa da Brandimarte, sembra ora prezioso.
26. 2. baron: ‘cavaliere’. 3. lato: ‘fianco’. 4. corente: ‘veloce’. 5. colse: ‘colpì’. 6. de arzon: ‘dalla sella’. 8. si serra: ‘si scaglia’.
27. 1. a do man: ‘a due mani’ (cfr. I, v, 3, 4). il brando nudo: ‘la spada sguainata’. 2. ‘colpisce con violenza in mezzo alla fronte’. 5. ro- pe: ‘ruppe’. crudo: ‘crudele’. 6. ala foresta: ‘sul terreno’. 7. Partito: ‘tagliato’. 8. sciò: ‘so’. avìan spaventi: ‘erano spaventati’.
28. 1. nondimanco: ‘nondimeno’. 2. da longi: ‘da lontano’. menaza: ‘minaccia’. 3. gli stima: ‘li considera’. adorno: agg. formulare; di solito vale ‘bello’, ma qui meglio ‘prestante, valoroso’ (TROLLI 2003, p. 77). 4. caza: ‘incalza’. 6. seguìa la traza: ‘inseguiva’; tecnicismo venatorio (TISSONI BENVENUTI 1999). 7. di man in mano: ‘progressivamente’.
29. 1. a gran baldanza: ‘con grande ardire’. 2. imbroca: ‘centra, colpisce con violenza’. 4. il toca: ‘lo colpisce’. 5. lo partì: ‘lo tagliò’. 6. lo trabocca: ‘lo fa cadere’.
30. 1-2. ‘Ma quella fuga sarebbe servita a poco se non avesse avuto le ali per volare!’; cioè se non fosse scappato rapidissimamente. 4. lume: ‘luce’. 5. avanti era campato: ‘era scappato prima’. 6. Natando: ‘attraversando a nuoto’.
31. 2. Caciando a tuta briglia: ‘spronando a briglia sciolta’. 3. Dapoi: ‘dopo’. 4. ‘e che non c’era modo di prenderlo’. 5. ‘cercando il prato da dove era partito’. 6. scià: ‘sa’.
32. 3. trassese da un canto: ‘si fermò in un angolo (del bosco)’. 5. roto li fo: ‘gli fu interrotto’. 6. ‘che gli sembrò di udire lì vicino’. 8. mercede… chiama: ‘invoca pietà’.
33. 1. mena tal guai: ‘fa tali lamenti’. 2. oderiti: ‘udirete’. 3. sia… dito assai: ‘sia detto abbastanza’, cioè non se ne parli più (per ora). 4. mi convien: ‘devo’. 8. ‘che ebbe intralci e affanni incredibili’ (TISSONI BENVENUTI 1999). Verso con marcate allitterazioni.
34. 1. in doi valoni: ‘in due valli’. 3. a que’ saxi: ‘a quelle rocce’. e Lestrigóni:i Lestrigoni, con accentazione piana, come il loro re Antropofago (37, 1). La leggendaria popolazione cannibale deve la sua notorietà innazitutto al libro decimo dell’Odissea (vv. 80-132), dove mangia alcuni compagni e distrugge tutte le navi di Ulisse tranne una. Nelle fonti classiche la collocazione geografica dei Lestrigoni è oscillante; al riguardo il racconto di Boiardo sembra più memore della Naturalis historia (VII, 9) di Plinio e del Dittamondo (IV, x, 70) di Fazio degli Uberti, che segnalano genti atropofaghe nella Scizia, dunque in una posizione non incompatibile con quella di Orlando e degli altri fuggiaschi (ma Naturalis historia III, 59 localizza i Lestrigoni nell’antica Formia). 4. fiera: ‘feroce’. 5. unge: ‘unghie’. 6. ala cera: ‘in volto’. 7. Grandi: sono giganteschi anche nel racconto omerico. di spana: ‘lungo una spanna’.
35. 1. gli: ‘li’. asedere: con la solita prefissazione o prostesi dialettale (cfr. 12, 7). 5. a più potere: ‘a più non posso’. 7. ‘e le dame lo seguivano dappresso’.
36. 2. ‘ma presto saranno sazie entrambe!’. Ironico, visto quanto sta per accadere. 3. vanne: ‘va’. 4. ribaldi: ‘furfanti’. Pro vi facia!: formula di augurio. 5. Fortuna: la sorte. 7. in cortesia: ‘per cortesia, gratuitamente’. 8. vosco: ‘con voi’.
37. 4. gran: ‘folta’. chiuso: ‘circondato’. 5. tropo vago: ‘molto desideroso’. 7. farni: ‘farne’; con falsa restituzione dell’atona finale. 8. suo: ‘loro’.
38. 3-4. ‘temette forse di non poterlo catturare, perciò gli fece posto di fianco a sé’. 6. deliberato: ‘deciso’. 8. ‘se non (l’avesse invitato), di procurarsi la cena in ogni modo’, cioè con la forza.
39. 1. dissese: ‘scese’. al basso: ‘a terra’. 2. non s’asseta: ‘non si siede’. 3. più che di passo: ‘piuttosto velocemente’. 4. lor:i Lestrigoni. 7. l’atasto: ‘l’assaggio’ (TROLLI 2003, p. 93). 8 ‘e lo capirò meglio se ne faccio un pasto’ (TISSONI BENVENUTI 1999).
40. 1-2. ‘Orlando non faceva caso a quel discorso, perché si preoccupava delle dame’. 3. in questo: ‘proprio allora’. 4. pianamente: ‘silenziosamente’. 6. conte di Brava: Orlando (cfr. I, vi, 38, 4). 7. sopra l’elmo: ‘sull’elmo’.
41. 1. s’aventarno: ‘si avventarono’. 2. sereni: ‘leggiadri’; la locuzione è formulare. 3. ad ogni pato: ‘a ogni costo’. 4. e: ‘i’. 5. che si smarirno di quel’atto: ‘che si spaventarono per quell’azione’. 6. ‘voltarono subito i cavalli’ (cfr. I, ii, 55, 2).
42. 1. Givan: ‘andavano’. 3. scorte: ‘esperte’, cioè non conoscendo i luoghi. 4. selva oscura: cfr. I, x, 4, 8. 6. trata gli han: ‘gli hanno tolto’. 7. ‘non ha ancora ripreso i sensi del tutto’.
43. 2. ungione: ‘unghione’. 3. tuto nerbo: ‘tutto tendini’. 4. Dagli ochi in fora: ‘eccetto gli occhi’. 5. l’atastar acerbo: ‘il tocco duro (dell’unghione)’ 6. ‘per quel dolore uscì dallo stordimento’. 7. soprano: ‘valoroso’.
44. 2. che e passi chiuda: ‘che chiuda i passaggi di uscita dalla valle’. 3. trà: ‘tira’. 5. de que’ cantoni: ‘da quei luoghi’. 6. nuda: ‘sguainata’.
45. 2. Formula di coinvolgimento del lettore (cfr. II, iii, 56, 8). 3. ‘dove quella valle sbocca nella pianura’. 4. Eran firmati: ‘si erano fermati, attestati’. da: ‘circa’. 5. vilano: ‘vile, da gaglioffo’. 6. guarnimento: ‘armatura’. 7. pele: ‘pelli’.
46. 1. si caza: ‘si scaglia’. 2. a drito e a roverso: ‘di dritto e di rovescio’. Rima derivativa con i vv. 4 e 6. 4. per longo: ‘per il lungo, in verticale’. a traverso: ‘di traverso, in orizzontale’. Rima derivativa con il v. 2. 5. e: ‘i’. e sieco: ‘e con essi’. 6. ‘ma quella gentaglia perfida è così malvagia’.
47. 1. ‘Orlando deve rigirarsi spesso’. 2. l’agraffava: ‘lo ghermiva’ (TROLLI 2003, p. 80). 3. il suo re: ‘il loro re’; cioè Antropofago. 4. Magior baston… assai: ‘un bastone molto più grosso’. 5. d’una scorza: ‘di una corteccia’. 8. arabito: ‘rabbioso’. malvaso: ‘malvagio’.
48. 1. sopra… avanza: ‘è più alto’. 3. possanza: ‘forza’. 4. drito: ‘proprio’. l’ebe gionto: ‘lo colpì’. 6. a ponto: ‘esattamente’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 7. ‘e cadde a terra dalle due parti’.
49. 1. dalmazo: ‘danno, strage’ (cfr. dalmagio, I, xi, 15, 3). in poco d’ora: ‘in poco tempo’. 3. chi facia dimora: ‘che indugi’. 4. Avanti: ‘davanti’. 6. pecio: ‘pezzo’. 7. rimaso: ‘rimasto’. 8. prima: prima dei colpi di Orlando.
50. 2. espento: ‘spento’; forma prostetica. 3. s’adobò sue guarnisone: ‘indossò la sua armatura’. 4. talento: ‘desiderio’. 5. Véne: ‘andò’. imbandisone: ‘imbandigioni, vivande imbandite’ (TROLLI 2003, p. 170). 7. disoneste: ‘incivili’. 8. Cote: ‘cucinate’.
51. 3. Se ben: ‘se anche’. magior brame: ‘maggior desiderio’. 4. adetro: ‘indietro’. 5. Deliberato di: ‘deciso a’. 8. Forza: ‘(né la) forza’.
52. 1. Marcata ripresa dall’ottava precedente, che sottolinea il dramma di Orlando. che me vale: ‘a che mi serve’. 2. morto: ‘ucciso’. 7. conforto: ‘soccorso’.
53. L’ottava è ricca di monosillabi e di parole tronche, non solo in rima, forse per suggerire fonosimbolicamente le voci gutturali degli inseguitori di Angelica. 3. insin al dì: ‘fino all’alba’. 5. Costrutto paraipotattico. audì: ‘udì’. 7. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha for; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 8. è roinato il sasso: ‘la roccia è franata’.
54. 1. ‘Orlando si diresse dove quello parla’. 2. l’effeto: ‘la causa’ (TROLLI 2003, p. 142). 3. conobe: ‘riconobbe’. 5. caciata: ‘inseguita’. 6. Ove s’era conduta: ‘dove era arrivata’. 7. Che: ‘nel quale’. 8. ‘o precipitare per circa cento metri’.
55. 1. a tal periglio: ‘in tale pericolo’. 2. Non dimandati: cfr. 9, 7. se freta menava: ‘se si muoveva veloce’. 3. vermiglio: ‘rosso’. 4. ‘che sembrava un fuoco poco lontano’. 5. Urtò: ‘spronò’. dè di piglio: ‘afferrò’. 6. a gran furia menava: ‘conduceva con gran furia’. 7. segnale: ‘segno’.
56. 1. da: cfr. 45, 4. 3-4. ‘Nessuno dei Lestrigoni se ne va senza la sua parte di colpi inferti da Orlando’. 5. doa cotanta: ‘due volte tanta’.
57. 1. fo scòsa: ‘fu liberata, salvata’. via: ‘maniera’. 5. la brigata ria: ‘il gruppo di malvagi’. 6. al sol nascente: ‘all’alba’.
58. 1. se accomandava: ‘si raccomandava’. 2. stracco: ‘stanco’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha spronava; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. indarno: ‘invano’. 5. procaciava: ‘cercava’. 6. venìa meno: ‘stava per svenire’. 7. ponendo: ‘dando, ritenendo’. 8. l’alma: ‘l’anima’.
59. 1. rilucëa: ‘risplendeva’. 3. adorno: cfr. 28, 3. 5. svegliosse: ‘si svegliò’. 6. trista e sbigotita: coppia formulare di agg. 7. avìa la caza: ‘era inseguita’. 8. in faza: ‘in faccia’.
60. 3. forbito: ‘lucente’. 4. a quel percosse: ‘lo colpì’. 5. ‘a malapena restava un dito intero’. 6. ambe le cosse: ‘entrambe le cosce’. 7. atende: ‘bada’. 8. il fende: ‘lo taglia’.
61. 2. manco: ‘meno’. 3. E qual: ‘i quali’. 5. squarzoni: ‘pezzi’. 6. pieno avea: ‘aveva riempito’. 7. tutavia: ‘continuamente’. 8. Carco: ‘carico, coperto’ (TISSONI BENVENUTI 1999).
62. 1. non appare: ‘non si vede’. 4. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha tien; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 5. insieme: con il solito valore di reciprocità (cfr. I, ii, 3, 1). 6. tapinetta: ‘poverina’. 7. disconforto: ‘disperazione’.
63. 3. donarli: ‘dargli’. 4. ‘se ne va dritto in quella direzione’. Rima equivoca con il v. 2. 6. inteso: ‘ascoltato’. 7. vi facia: ‘vi renda’. 8. al’altro: ‘al prossimo’. zoglia: ‘gioia’.