Proseguono i duelli; quello più terribile si svolge tra Rinaldo e Feraguto, ma ora si affrontano Orlando e Rodamonte. Tutti fanno largo per paura: i due si battono distruggendosi reciprocamente le armature e, nonostante riescano a tramortirsi a vicenda, nessuno prevale (1-12). Nel frattempo arrivano Bradamante e Gualtiero: la guerriera fa strage di nemici ma cerca solo Rodamonte per vendicarsi della precedente uccisione del suo cavallo e infine lo raggiunge, mentre Orlando è tramortito (12-22). Proprio quando Bradamante assale il saraceno, il racconto torna a Brandimarte che è in viaggio con Fiordelisa e arriva a un palazzo la cui ampia corte è circondata da bellissime pareti istoriate. Nonostante una dama affacciata a un balcone cerchi di farlo allontanare, Brandimarte si presenta alla porta e nota, al centro della corte, un gigante che lotta con un drago tenendolo per la coda. Poco lontano un cavaliere armato custodisce una tomba. Quando il gigante vede Brandimarte lo aggredisce percuotendolo con il drago. La zuffa è furiosa ma, ogni volta che Brandimarte riesce a colpire a morte il gigante, questo si trasforma in drago e il drago in gigante. Dopo la duplice metamorfosi il gigante torna a combattere. La sesta volta Brandimarte ferisce il drago; allora il gigante fugge, ma Brandimarte lo raggiunge e lo uccide. Il guardiano della tomba interviene, ma Brandimarte ammazza anche lui. Ora il cavaliere e Fiordelisa sono prigionieri del palazzo perché la porta da cui sono entrati è scomparsa (22-41). Cominciano a osservare le pareti dipinte e vedono le imprese degli Estensi antichi e moderni: Ranaldo, un giovane di cui non si dice il nome (forse Azzo VII), Niccolò III ed Ercole. Intanto la dama che stava al balcone scende ed esorta Brandimarte ad aprire la tomba, avvertendolo che poi dovrà superare una prova spaventosa (41-58).
1.
Se mai rime orgogliose e versi fieri
Cercai per racontar oribil fato,
Ora trovarle mi farà mistieri,
Però ch’io me conduco a questo tratto
Ala bataglia con doi cavalieri
Che questo mondo e l’altro avrìan disfato:
Tra feri e foco invilupato sónno,
Ché l’altre guere ancor non abandono,
2.
Perché dove è ’l Danese e Serpentino,
Ove è Oliver e Grandonio si gemme;
El re Marsiglio e ’l figlio di Pipino,
Quanto se può, ciascun sopra se preme;
Renaldo e Feraguto il saracino
Fan più lor doa che tutti gli altri insieme;
E or di novo Orlando e Rodamonte
Per più roina son conduti a fronte.
3.
Sì come al’altro canto io v’ebe a dire,
Ciascun di lor avanti avea gran caza:
Cristian né saracin potean soffrire
Perché l’un più che l’altro assai n’amaza.
Quando la gente gli vide venire,
Ognon a più poter fa larga piaza:
Come avanti al falcon e storni a spargo
Fuge ciascun cridando: «Largo! Largo!».
4.
E quei doi cavalier con gran baldanza
Se urtarno adosso sanza più pensare;
Avìa prima ciascun rota sua lanza,
Ma con le spade ben vi fo che fare,
Menando e colpi con tanta possanza
Che ciascadun che sta intorno a mirare
Di trar il fiato apena non s’atenta,
Tant’al ferir estremo se spaventa.
5.
Barbute e scudi e usbergi e maglie fine
Ne porta sieco a ogni colpo ogni spada:
Come l’Inferno e ’l Ciel tuto roine
E mar e tera con fracasso cada.
E la piastra percossa, a polverine
Vola d’intorno, e non sciò dove vada,
Ch’ogni pezeto è sì menuto e poco
Che non se trovarebe in alcun luoco.
6.
E se non fosse per gli elmi affatati
Ch’avean in capo, e la bona armatura,
Non vi sarìan a quest’ora durati
Per la bataglia tenebrosa e scura,
Ché tanto sónno e colpi smisurati
Che pur a ricontarli è una paura.
Quando giongon e brandi in abandono,
Par che ’l ciel s’apra e gionga trono a trono.
7.
Re Rodamonte, il qual ardea d’andare
Ove era il re Marsiglio e Feraguto,
Temendo forsi che per dimorare
Giongesse dipoi tardo a dargli aiuto,
Ad ambe man un colpo lascia andare
E toca nel canton in cima al scudo:
Per longo il fende al’altra ponta bassa,
Gionge al’arzon e tutto lo fracassa.
8.
Quando s’avide di quel colpo Orlando,
Turbato d’altro forte e disdegnoso,
Ira sopra ira più moltiplicando,
Lassa a do man un colpo tenebroso.
Gionse nel scudo il furïoso brando
E più di megio il manda al prato erboso;
Né pone indugia e tira un gran roverso,
E nel guanzial il gionse di traverso.
9.
Fo il colpo orrendo tanto e smisurato
Che trasse di sé stesso quel pagano:
E’ fo per trabucar dal’altro lato
E dala briglia abandona la mano.
Il brando che nel brazo avìa legato,
Tirando dreto trasinava al piano;
E sì gli avea ogni lena il colpo tolta
Che per cader fo assai più ch’una volta.
10.
Poi che fo il spirto e l’anima venuta,
Nela sua vita mai fo tanto orribile!
Di presto vendicarsi ben s’aiuta:
Mena ad Orlando un gran colpo e teribile
Qual dileguò in tal modo la barbuta
Che via per l’aria ne volò invisibile
Più trita e più menuta che l’arena.
Che ormai sia al mondo non mi credo a pena!
11.
L’elmo d’Almonte, che tanto fo fino,
Ben campò alor Orlando dala morte,
Avengaché a quel colpo il paladino
Coresse del morir in sule porte.
Di man gli cade il bon brando azarino,
Ma la catena al brazo il tiene forte;
For dele staffe ha i piedi, e ad ogni mano
Spesso si piega per cader al piano.
12.
La gente che d’intorno era a guardare
E avìa de tal colpi assai che dire,
Subitamente comenciò a cridare:
«Aiuto! Aiuto!», e poi prese a fugire
Perché, avendosi indietro a riguardare,
Gran schiere sopra a lor vidon venire:
E questo era Gualtier da Monlione,
E Bradiamante, la figlia d’Amone.
13.
Eran costor for del’aguaito ussiti,
Sì come avea comesso Carlo Mano:
Ben diecemiglia cavalier arditi
Ch’avuto impazo quel giorno non hano.
Per questo i saracin son sbigotiti:
Ciascun a più poter spacia in quel piano,
E ben presto spaciarsi gli bisogna,
Sì Bradiamante a lor grata la rogna!
14.
Avanti agli altri la dongela fiera
Più d’una arcata va per la pianura,
Tanto robesta e sì soperba in cera
Che sol a riguardarla era paura.
Là quel stendardo e qua questa bandiera
Geta per tera, e d’altro non ha cura
Che di trovar al campo Rodamonte,
Ché del passato se ramenta l’onte,
15.
Quando in Provenza gli occise il destriero
E fece de sua gente tal roina.
Ora di vendicarsi ha nel pensiero
E di cercarlo mai non se raffina;
Sprezando sempre ogni altro cavaliero
Via passa per la gente saracina,
Né par pur che di lor s’acorgia apena,
Benché d’intorno sempre il brando mena.
16.
Pur Archidante, il conte di Sanguinto,
E Olivalto, il sir de Cartagena,
L’un pose morto a tera e l’altro vinto,
Perché d’intorno gli donavan pena.
Ad Olivalto nel scudo depinto
Un’aspra ponta la dongela mena,
E spezò quel’usbergo comm’un vetro:
Ben più d’un palmo gli passò di detro.
17.
Questo abandona, e mena ad Archidante
Ad ambe man, sì come era adirata,
E nela fronte li gionse davante:
Per sua ventura se voltò la spata
E lui, cadendo, a su voltò le piante
E rimase stordito nela strata.
La dama non ne cura e in tera il lassa,
E roinando via tra l’altri passa
18.
E mena in volta le schiere pagane,
Facendo deleguar or quele or queste.
Ove ela corre, il segno vi rimane
E fa le strate a tuti manifeste,
Che restan piene di piedi e di mane,
Di gambe e busti, e di braze e di teste;
E la sua gente ch’ale spale mena
È di gran sangue caricata e piena.
19.
Vegendo tal roina, Narbinale
Conte de Algira, quel saracin fiero
(Bench’abia altro mestier, che fo corsale,
Era ancor destro e forte in sul destriero);
Costui vegendo il gran dalmagio e ’l male
Che fa la dama per ogni sentiero,
Con una lanza noderuta e grossa
A lei s’affronta e dàgli alta percossa.
20.
Ma lei d’arzon non se crola nïente
E mena sopra l’elmo a quel pagano,
E calla il brando giù tra dente e dente:
Quel cade morto del destrier al piano.
Quando ciò vide la pagana gente,
Ben vi sciò dir che a folta se ne vano
Chi qua chi là, fugendo a più non posso,
Ma sempre e cristïan lor son adosso.
21.
Tienne la dama diverso camino,
Lassando a man sinestra gli altri andare,
E gionse dove Orlando il paladino
Stava fuor del’arzon per trabucare:
Vero è che Rodamonte il saracino
Non lo tocava e staval a mirare.
La dama ben cognobe il pagan crudo
Al suo cimero e al’insegne del scudo,
22.
Onde se mosse, e verso lui s’affronta.
Or s’arinova qui l’aspra bataglia
E ’ crudel colpi di taglio e di ponta,
Speciando al guarnimento piastra e maglia!
Ma nel presente qua non se raconta,
Perché Turpin ritorna ala travaglia
Di Brandimarte e sua forte aventura
Sinché ’l conduca in Franza ala sicura.
23.
Avendo occiso al campo Barigazo
(Com’io contai), quel perfido ladrone,
Con la sua dama in zoglia e in solazo
Venìa sopra a Batoldo, il bon ronzone.
E caminando gionse ad un palazo
Ch’avea verso a un giardin un bel verone,
E sopra a quel veron una dongela
Vestita d’or, a maraviglia bela.
24.
Quando ela vide il cavalier venire,
Cignava a lui col viso e con la mano
Che in altra parte ne dovesse gire
E che al palazo passasse lontano.
Ora, signor, io non vi sapre’ dire
Se Brandimarte intese o non, certano:
Ma cavalcando mai non se ritenne
Sinché ala porta del palazo vienne.
25.
Come fo gionto ala porta davante,
Dentro mirando vide una gran piaza
Con logge storïate tutte quante;
Di quadro avea la corte cento braza.
Quasi a megio di questa era un gigante
Qual non aveva né spada né maza,
Né piastra o malia, o d’altre arme nïente,
Ma per la coda avea preso un serpente.
26.
Il cavalier de ciò ben si conforta,
Poich’ha trovata sì strana ventura.
Ma in su quel drito, aperto è un’altra porta
Che del giardin mostrava la verdura,
E un cavalier, sì comme ala sua scorta,
Si stava armato ad una sepoltura;
La sepultura è in sula soglia aponto
Di questa porta, sì com’io ve conto.
27.
Or el gigante stava in gran travaglia
Con quel serpente (comm’io ve contai),
Ma sempre a un modo dura la bataglia:
Quel per la coda nol lascia giamai.
Benché ’l serpente, che d’or ha la scaglia,
Piegasse a lui la testa volte assai,
Mai nol pote azaffar a darli pena
Ché per la coda sempre intorno il mena.
28.
Mentre il gigante quel serpente agira,
Brandimarte ala porta ebe veduto:
Onde soffiando di desdigno e d’ira,
Corendo verso lui ne fo venuto
E detro a sé il dragon per terra tira.
Or doni il Ciel a Brandimarte aiuto!
Ché questo è ’l più stupendo e grande incanto
Ch’abia la tera e ’l mondo tuto quanto.
29.
Comme è gionto, il gigante alza il serpente:
Con quel a Brandimarte mena adosso.
Non ebe mai tal dolia al suo vivente,
Perché quel drago è longissimo e groso;
Pur non se sbigotisse de nïente,
Ma quel gigante ha del brando percosso
Sopra a una spala, e giù cala nel fianco:
Longa è la piaga un brazo o poco manco.
30.
Crida il gigante e pur alza il dragone:
E’ gionse Brandimarte nela testa
E tramortito lo trasse d’arzone.
El serpente menato non s’arresta,
Anci gionse Batoldo, il bon ronzone,
E disteselo a tera con tempesta;
Rivenne il cavalier, e in molta freta
È destinato a far la sua vendeta.
31.
Col brando in man il gran gigante afronta
E s’accomanda ala Vertù soprana:
Ma quel mena del drago a prima gionta
E di novo il distese a terra piana.
Già Brandimarte avea trato una ponta
E passato l’avea più d’una spana:
Avendo l’un e l’altro il colpo fato,
Quasi ala tera se n’andarno a un trato.
32.
Ma quel serpente fece capo umano,
Sì come proprio avea prima il gigante,
E colo e peto e busto e braze e mano
E insieme l’altre membre tute quante:
E quel gigante vien un drago istrano,
Proprio come quest’altro era davante,
E sì come era per tera disteso
Fo dal gigante per la coda preso.
33.
E verso Brandimarte torna ancora,
Menando come il primo fato avìa.
Lui, che levato fo sanza dimora,
Già di tal cosa non se sbigotìa,
Anci menando del brando lavora
Dando e togliendo colpi tutavia.
Tanto animoso e fier è Brandimarte:
Ferito ha già il gigante in quatro parte,
34.
Abenché anco esso pisto e percosso era,
Tanto il feriva spesso il maledeto,
E la bataglia assai fo longa e fiera.
Ma per venir in ultimo alo effeto,
Brandimarte l’agionse de Tranchera
E tuto lo divise insin al peto:
Onde se fece drago incontinente
E fo gigante quel ch’era serpente.
35.
Sì come in prima per la coda il prese
E verso il cavalier anco se cala,
Tornando pur di novo ale contese.
Ma Brandimarte il gionse in una spala
E a tera mandò quanto ne prese;
Né già per questo il brando s’aristalla
Ma giù calando a gran destructïone
Tuto lo fende insin soto al galone.
36.
Come davanti se fòr tramutati:
Questo è gigante, qual era dragone;
E ben sei volte a ciò fòrno incontrati,
Crescendo sempre più la questïone.
Sei volte Brandimarte gli ha aterati,
Né trova più rimedio quel barone:
Onde dolente e con gran disconforto,
Sanza alcun dubio estima d’esser morto.
37.
Pur come quel che molto era valente,
Non avea al tutto ancor l’animo perso;
Anci con gran roina, arditamente,
Mena un gran colpo orribil e diverso
E gionse a megio il busto del serpente
Detro dal’ale, e tagliòl a traverso.
Quando il gigante vide tal ferire,
Trasse via il resto e póssesse a fugire.
38.
Verso la porta ove è la sepultura
Fuge il gigante, forte lamentando,
Ché di quel che gli advene avìa paura.
Il cavalier gli pose in testa il brando
E partìl tuto insin ala centura:
Onde lui càde ala tera tremando,
Poiché in tal forma, del compagno privo,
Morite al tuto e non tornò più vivo.
39.
Non era a tera quel gigante apena
Che ’l campïon, ch’al’altra porta stava,
Ver Brandimarte venne di gran lena:
Onde la zuffa qua se comenciava
E de gran colpi l’un al’altro mena,
Ma sempre Brandimarte l’avanzava.
E per conclusïone, in uno istante
Morto il destese apresso a quel gigante.
40.
E Fiordalisa, qual era seguita
Dentro ala loggia il cavalier soprano,
Vegendo la bataglia esser fenita,
Dio ne rengratïava a gionte mano.
Or la porta ove entrarno era sparita,
E per vederla se riguarda invano:
Ben per trovarla s’affanarno assai,
Ma non se vide ove fosse pur mai.
41.
Onde si stan, e non san che si fare,
E sol una speranza gli asecura:
Che quela dama che gli ebe a cignare
Gli mostra a trar a fin questa aventura.
Ma stando quivi in ocio ad aspettare,
Comenciarno a mirar la dipintura,
Ch’avea la loggia istorïata intorno,
Vaga per oro e per color adorno.
42.
La loggia istorïata è in quatro canti
E ha per tutto intorno cavalieri
Grandi e robusti a guisa de giganti,
E con lor soprainsegne e lor cimeri;
Sopra al’arzon armati tutti quanti,
Sì nela vista se mostravan fieri
Che a ciascadun ch’entrava d’improviso
Facean cangiar per maraviglia il viso.
43.
Chi fo il maestro, non saprebe io dire,
Il qual avea quel muro istorïato
Dele gran cose che dovean venire;
Né sciò che a lui l’avesse dimostrato.
Il primo era un signor de molto ardire,
Bench’al’aspeto umano e delicato,
Qual per la santa Chiesa e per suo onore
Avea sconfito Arrigo imperatore.
44.
Apresso al’Adda, ne’ prati brisani,
Se vedea la bataglia a gran roina,
E sopra al campo morti li Alemani
E dissipata parte gibilina.
L’aquila nera per monte e per piani
Era caciata, misera tapina,
Dal volo e dagli artigli dela bianca,
A cui ventura né vertù non manca.
45.
Era il suo nome sopra ala sua testa
Descrito in campo azuro a letre d’oro;
Benché l’istoria assai la manifesta
Nomar se debe di vertù tesoro.
Molt’altri ivi eran poi dela sua gesta,
E de’ gran fati e dele guere loro
Tutta era istorïata quela faza
Ch’è da man destra a lato ala gran piaza.
46.
Nela seconda vi era un gioveneto
Che Natura mostrò, ma presto il tolse:
Per non lassar qua giù tanto dileto,
Il Ciel che n’ebe invidia a sé lo volse.
Ma ciò che pòte aver un om perfeto
D’ogni bontade, in lui tutto s’acolse:
Valor, beleze, forza e cortesia,
Ardir e senno in sé convinti avìa.
47.
Contra di lui, di là da Po, nel piano,
Eran Boemi e ogni gibilino
Con quel crudel che ’l nome ha de Romano,
Ma da Trivisi è ’l perfido Anzolino,
Che non se crede che da patre umano
Ma dal’Inferno sia quel’assassino.
Ben chiariva l’istoria il suo gran storno,
Ch’ha dame occise e fanciulini intorno.
48.
Undecimiglia Padovani al foco
Posti avea insieme, il maledeto cane:
Che non s’odì più dir in alcun loco
Tra barbariche gente o ’talïane;
Poi se vedëa, là nel muro un poco,
Con le sue insegne e con bandiere istrane
Di Federico imperator secondo,
Che la Chiesa de Dio vòl tòr del mondo.
49.
Di là le sante Chiave, e in sue diffese
L’aquila bianca nel campo cilestro;
E qui eran dipente le contese
E la bataglia di quel passo alpestro,
E Anzolin se vedìa là palese,
Passato di saeta il piè sinestro
E ferito di maza nela testa,
E ’ soi sconfiti e roti ala foresta.
50.
E la faza seconda era fenita
Dela gran logia, con lavor cotale;
Ma nela terza è longa istoria ordita
D’una persona sopranaturale,
Sì vaga nel’aspeto e sì polita
Che non ebe quel tempo un’altra tale:
Tra zigli e rose e fioreti d’aprile
Stava coperta l’anima gentile.
51.
Essendo in prima etade picolino,
In megio a fier istrane era abatuto:
E’ non avea parente né vicino
Qual gli porgesse per pietate aiuto.
Doi leoni avea in cerco il fanciulino,
E un drago, che di novo era venuto,
E l’aquila sua stessa e la pantera
Travaglia gli donàr più d’altra fiera.
52.
Il drago occise e aquetò e leoni
E l’aquila cacciò con ardimento,
Ala pantera sì scortò gli ungioni
Che se n’avede ancor, per quel ch’io sento.
Poi se vedea da conti e da baroni
Acompagnato, con le vele al vento,
Andar cercando con devocïone
La Santa Terra e altre regïone.
53.
Indi si volse, e come avesse l’ale,
Tuta la Spagna vide e l’Oceàno;
E recevuto in Franza ala reale
Fo sì come parente e proximano.
Eror prese il maestro, e fece male,
Che non dipense come egli era umano,
Come era liberal e d’amor pieno:
Non vi capìa, che ’l campo viéne meno.
54.
La terza istoria in quel modo se spaza.
La quarta assumigliava a questo figlio,
Che, essendo fanciulin, Fortuna il caza:
Vago è dipento, e bianco comm’un ziglio,
Di pel rossetto e aquilino in faza.
Ma lui sol a Vertute diè di piglio
E quela ne portò fuor de sua casa:
Ogni altra cosa in preda era rimasa.
55.
Là se vedea, cresciuto a poco a poco
Di nome, di saper e di valore,
Or con arme turbate e or da gioco
Mostrar palese il generoso core;
E quindi apresso poi parea di foco
In gran bataglia e trionfal onore;
E ’n diverse regione e tere tante
Sempre e nemici a lui fugino avante.
56.
Sopra del capo avëa una scritura
Che tuta è d’or, e tal era il tenore:
«S’io vi potesse in questa dipintura
Mostrare espressa la vertù del core,
Non avrìa il mondo più bela figura
Né più real e più degna d’onore;
E designarla non pòte la mano,
Però che avanza l’inteleto umano».
57.
Or Brandimarte ciò stava a mirare,
Tanto che quella dama vienne giù,
La dama che al veron gli ebe a cignare;
Come fo gionta, disse: «E che fai tu,
Perdendo il tempo a tal cosa guardare,
E non atende a quel che monta più?
A te bisogna quel sopulcro aprire,
O qua rinchiuso di fame morire.
58.
Ma poi che quel sopulcro sarà aperto,
Ben ti bisogna aver il cor ardito,
Perché altramente saresti diserto
E te con noi porresti a mal partito!».
Or ben, signor, io mi credo di certo
Ch’abiati a mal il canto ch’è fenito,
Ché non aveti al fin il tuto inteso:
Ma al’altra stanza lo dirò disteso.
1. Torna la preoccupazione di adeguare lo stile alla materia trattata (cfr. II, xxiv, 10, 1-2). Continua la battaglia cominciata nel canto xxiii, che però occuperà solo la prima parte di questo. 1. rime orgogliose e versi fieri: le due espressioni sono sinonime ed entrambi gli agg. si riferiscono di solito ai cavalieri in combattimento. 3. mi farà mistieri: ‘mi sarà necessario’. 4. ‘perché ora arrivo’. 5. doi: ‘due’. 6. avrìan disfato: ‘avrebbero distrutto’. 7. ‘sono avvolto da ferro e fuoco’. 8. l’altre guere: ‘gli altri scontri’. Ottava aperta.
2. 2. si gemme: ‘si geme (per il dolore)’. 3. ’l figlio di Pipino: Carlo Magno. 4. ‘ciascuno assale l’altro con la maggior forza possibile’. 6. doa: ‘due’. 8. ‘si affrontano aumentando la distruzione della battaglia’.
3. 1. v’ebe a dire: ‘vi raccontai’. 2. caza: cioè caccia, in questo caso ‘schiera di nemici in fuga’ (l’accezione non sembra attestata altrove; TROLLI 2003, p. 104). 3. soffrire: ‘sopportare, resistere’. 5. gli: ‘li’. 6-7. ‘ciascuno lascia libero il campo più che può: come gli storni sparsi qua e là davanti al falco’ (cfr. I, xx, 39, 3).
4. 2. Se urtarno adosso: cioè si scontrarono con i cavalli. 4. ben vi fo che fare: ‘ci fu molto da fare’, cioè ‘da combattere’. 5. ‘sferrando i colpi con tanta forza’. 6. mirare: ‘guardare’. 7-8. ‘ha appena il coraggio di tirare il fiato, tanto si spaventa di quel duello violentissimo’.
5. 1. Il verso enumera vari pezzi dell’armamento di difesa (cfr. I, v, 42, 5; I, ii, 61, 3 e I, i, 61, 4). 2. L’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani mette a testo la lezione di P: colpo di spada, intendendo i combattenti come sogg. sottinteso. Si preferisce la versione degli altri testimoni. Ne porta sieco: ‘porta con sé, fa cadere’. 3-4. Accumulo di iperboli catastrofiche formulari. 3. Come: ‘come se’. tuto roine: ‘precipitassero tutti interi’. 4. cada: ‘crollassero’. 5. ‘e la piastra metallica colpita, polverizzata’; per piastra cfr. I, ii, 1, 5. 6. sciò: ‘so’. 7-8. Var. di II, xxiv, 47, 3-4. 7. menuto e poco: sinonimi per ‘piccolo’.
6. 1. affatati: ‘fatati’. 3. ‘non avrebbero resistito fino a questo punto’. 4. tenebrosa e scura: sinonimi per ‘terribile’. 5. sónno: ‘sono’. 6. pur a ricontarli: ‘solo a raccontarli’. 7-8. ‘Quando le spade si colpiscono a tutta forza, sembra che il cielo si apra e un fulmine colpisca l’altro’; per trono cfr. I, ii, 2, 3.
7. 1. ardea: ‘ardeva, era impaziente’. 3. per dimorare: ‘se avesse indugiato’. 4. dipoi: ‘poi’. 5. Ad ambe man: cfr. I, v, 3, 4. 6. toca nel canton: ‘colpisce nell’angolo’. 7. ‘lo taglia per il lungo fino alla punta opposta in basso’. 8. al’arzon: ‘alla sella’.
8. 2. ‘già molto adirato per altre cose’; turbato e disdegnoso sono sinonimi. 4. Lassa: ‘lascia partire’. tenebroso: cfr. 6, 4. 5. Gionse: ‘colpì’. brando: ‘spada’. 6. ‘e ne fa cadere più di metà’. 7. Né pone indugia: ‘e non indugia’. roverso: ‘colpo di rovescio’. 8. guanzial: protezione della guancia.
9. 2. trasse di sé stesso: ‘fece svenire’. 3. fo per trabucar: ‘fu lì lì per cadere’. 5. avìa: ‘aveva’. 6. ‘lo trascinava a terra tirandoselo dietro’. 7. lena: ‘forza’.
10. 1. ‘Dopo che ebbe ripreso i sensi’. 3. s’aiuta: ‘fa in modo’. 4. Mena: ‘sferra’. 5. Qual dileguò: ‘il quale distrusse’. 6-7. Torna l’immagine di II, xxiv, 47, 3-4 e qui già vista a 5, 5-6. 7. ‘più sminuzzata che la sabbia’; trita e menuta sono sinonimi. 8. ‘che fatico a credere che esista ancora’.
11. 1. fino: ‘robusto’. 2. campò: ‘salvò’. 3. Avengaché: ‘sebbene’. 4. ‘arrivasse di corsa alle porte della morte’. 5-6. Situazione uguale a quella sperimentata da Rodamonte (9, 5-6). 5. azarino: ‘d’acciaio’. 7. For: ‘fuori’. ad ogni mano: ‘in tutte le direzioni’. 8. al piano: ‘a terra’.
12. 5. avendosi indietro a riguardare: ‘guardandosi dietro’. 6. sopra a lor vidon: ‘contro di loro videro’.
13. 1. for del’aguaito ussiti: ‘usciti dall’agguato’. 2. comesso: ‘ordinato’. 3. diecemiglia: ‘diecimila’. 4. ‘che in quel giorno non hanno ancora combattuto’. 6. spacia: ‘sgombera, fugge’. 7. spaciarsi: ‘fuggire’. 8. a lor grata la rogna: ‘gliela fa pagare, li batte per bene’ (cfr. I, i, 87, 7-8).
14. 1. Avanti: ‘davanti’. fiera: ‘ardimentosa’. 2. arcata: ‘un tiro d’arco’. 3. ‘tanto gagliarda e così orgogliosa in volto’. 4. a riguardarla: ‘a vederla’. 6. non ha cura: ‘non si cura’. 8. l’onte: ‘l’offesa’. Ottava aperta.
15. 1. Cfr. II, vii, 8-9. gli: ‘le’. 2. roina: ‘massacro’. 4. non se raffina: ‘non smette’. 5. Sprezando: ‘disprezzando, trascurando’. 7. ‘e sembra che si accorga appena di loro’. 8. mena: ‘muove’.
16. 1. Sanguinto: forse Sagunto. 3. vinto: ‘abbattuto’. 4. gli donavan pena: ‘le davano fastidio’. 6. ‘la donzella sferra un violento colpo di punta’. 7. usbergo: ‘corazza’. 8. Al solito: la spada fuoriesce dalla schiena almeno di un palmo.
17. 1. Chiasmo. 4. Cioè: per fortuna di Archidante la spada colpì di piatto e non di taglio. 5. a su voltò le piante: ‘gettò in alto le piante dei piedi, finì gambe all’aria’. 8. roinando: ‘infuriando’ (TROLLI 2003, p. 253). Ottava aperta.
18. 1. mena in volta: ‘mette in fuga’. 2. deleguar: ‘dileguare, fuggire’. 4. Cioè: rende riconoscibili i luoghi in cui è passata. 7. ch’ale spale mena: ‘che conduce dietro di sé’.
19. 1. Vegendo: ‘vedendo’. 2. Algira: forse Algesiras. 3. corsale: ‘corsaro’. 4. ancor destro: ‘anche abile’. 5. dalmagio: ‘danno’ (cfr. I, xi, 15, 3). 6. sentiero: ‘luogo della battaglia’. 7. noderuta: ‘nodosa’. 8. ‘l’affronta e le dà un colpo violento’.
20. 1. non se crola nïente: ‘non vacilla per niente’. 2. sopra l’elmo: ‘sull’elmo’. 6. sciò: ‘so’. a folta: ‘in massa’. 8. e: ‘i’.
21. 1. ‘La dama fa un’altra strada’. 2. a man sinestra: ‘a sinistra’. 4. trabucare: ‘cadere’. 6. staval a mirare: ‘lo stava a guardare’. 7. cognobe: ‘riconobbe’. crudo: ‘crudele’. 8. Al… al’: ‘dal… dalle’. Ottava aperta.
22. 1. Onde: ‘perciò’. verso lui s’affronta: ‘lo affronta’. 2. s’arinova: ‘si rinnovano, ricominciano’; con l’abituale prefissazione o prostesi (cfr. I, ii, 4, 7). 4. ‘che spezzano piastre e maglie dell’armatura’. Speciando è un gerundio predicativo (cfr. I, i, 51, 8); per piastra e maglia cfr. I, ii, 1, 5. 5. Come spesso capita, la regia boiardesca interrompe il racconto del duello nel momento culminante e di massimo interesse per il lettore. 6. travaglia: ‘impresa’. 7. forte: ‘difficile, rischiosa’. 8. ‘finché l’abbia condotto con sicurezza in Francia’.
23. 1. Cfr. II, xix, 45-46. al campo: ‘in combattimento’. 2. contai: ‘raccontai’. 3. in zoglia e in solazo: ‘in allegria’; coppia sinonimica formulare. 4. Venìa: ‘andava’. bon ronzone: ‘valente cavallo’. 6. verone: ‘balcone’.
24. 2. Cignava: ‘faceva segni’. 3. gire: ‘andare’. 4. al: ‘dal’. 6. certano: ‘con certezza’. 7. non se ritenne: ‘non si fermò’. 8. vienne: ‘arrivò’.
25. TISSONI BENVENUTI 1999 osserva che, per la descrizione del luogo, Boiardo tiene presente il Dittamondo di Fazio degli Uberti nel brano in cui si parla del «nobile castello» in Macedonia (IV, i-iv). Nel racconto di Fazio, le «gran figure di marmo intagliato» sulle pareti rappresentavano la storia di Alessandro Magno con i suoi antenati, a partire da Cres figlio di Nembrot, e i suoi successori fino a Perseo di Macedonia. Qui invece sta per andare in scena una nuova genealogia degli Este, forse voluta dal duca Ercole che non aveva apprezzato quella un po’ approssimativa di II, xxi, 53-59. Al proposito va ricordata un’altra annotazione della Tissoni Benvenuti. Nel passo del Dittamondo, il geografo Solino ammonisce sulla vanità dei signori committenti di opere d’arte, inclini a fare raffigurare i propri onori e non i propri difetti. Di quella polemica qui non c’è traccia, ma è possibile che i lettori di Boiardo ne cogliessero l’allusione e che dunque l’autore volesse insinuare una velata critica al suo principe. 1. Come: ‘quando’. 3. storïate: ‘istoriate’. 4. ‘il lato della corte misurava cento braccia (circa 50 metri)’. 5. a megio: ‘in mezzo’. 8. serpente: qui vale ‘drago’ (cfr. I, xxiv, 45, 1).
26. 3. in su quel drito: ‘di fronte a lui’ (TROLLI 2003, p. 140). 4. verdura: ‘vegetazione’. 5. sì comme ala sua scorta: ‘come se stesse di guardia’. 6. ‘stava armato presso una tomba’. 7. aponto: ‘proprio’.
27. 1. in gran travaglia: ‘combattendo duramente’. 3. a un modo: ‘nello stesso modo’. 4. nol lascia giamai: ‘non lo lascia mai’. 5. la scaglia: ‘le scaglie, la pelle’. 7. azaffar: ‘azzannare’ (LUPARIA 1990, p. 108). TRENTI 2008, p. 53 riporta azafare ‘arrafare, carpire’.
28. 1. agira: ‘fa girare, roteare’. 2. ebe veduto: ‘vide’. 3. di desdigno e d’ira: coppia sinonimica. 4. ne fo venuto: ‘andò’. 6. doni: ‘dia’. 7. stupendo: ‘stupefacente’. incanto: ‘magia’.
29. 1. Comme è gionto: ‘appena arriva’. 2. a Brandimarte mena adosso: ‘colpisce Brandimarte’. 3. tal dolia al suo vivente: ‘tale dolore in vita sua’. 4. longissimo: probabilmente da pronunciare longhissimo. 5. de nïente: ‘per niente’. 6. ha del brando percosso: ‘ha colpito con la spada’. 7. Sopra: ‘su’. 8. ‘la ferita è lunga un braccio o poco meno’.
30. 3. lo trasse d’arzone: ‘lo fece cadere dalla sella’. 5. Anci: ‘anzi’. 6. disteselo: ‘lo stese’. tempesta: ‘violenza’. 7. Rivenne: ‘rinvenne, riprese i sensi’. 8. destinato: ‘deciso’.
31. 2-3. ‘e si raccomanda alla Potenza divina: ma quello colpisce subito con il drago’. 4. a terra piana: espressione formulare (cfr. p. es. I, vi, 10, 4). 5. avea trato una ponta: ‘aveva sferrato un colpo di punta’. 6. passato: ‘trafitto’. 8. ‘caddero a terra quasi nello stesso momento’.
32. I commentatori hanno messo in relazione le metamorfosi ripetute con quelle dei ladri in Inf. XXV, 46-135. 1. La testa del drago si trasformò in una testa umana. 5. vien: ‘diventa’. istrano: ‘spaventoso’ (TROLLI 2003, p. 282); forma prostetica. 6. davante: ‘prima’.
33. 2. il primo: quello che prima era il gigante. 3. levato fo sanza dimora: ‘si alzò senza indugio’. 5. ‘anzi si dà da fare muovendo la spada’. 6. togliendo: ‘prendendo’. tutavia: ‘in continuazione’. 8. parte: solito pl. sett. Ottava aperta.
34. 1. ‘sebbene anch’egli fosse tutto contuso’; pisto e percosso sono sinonimi. 2. Tanto il feriva spesso: ‘tanto spesso lo colpiva’. 3. fiera: ‘feroce’. 4. alo effeto: ‘all’esito finale’. 5. l’agionse de: ‘lo colpì con’. 6. insin: ‘fino’. 7. se fece: ‘divenne’. incontinente: ‘subito’.
35. La rima B presuppone la fonetica sett. 1. in prima: ‘prima’. 2. se cala: ‘si lancia’ (TROLLI 2003, p. 104). 3. ale contese: ‘alla battaglia’. 6. s’aristalla: ‘si ferma’ (la voce non sembra attestata altrove; TROLLI 2003, p. 89). 7. a: ‘con’. 8. galone: ‘fianco’.
36. 1. ‘Si trasformarono come prima’. 3. ‘e per ben sei volte capitò loro questa metamorfosi’. 4. questïone: ‘zuffa’. 5. gli: ‘li’. 6. barone: ‘cavaliere’. 8. estima: ‘ritiene’.
37. 4. orribil e diverso: coppia sinonimica formulare. 5. a megio: ‘in mezzo’. busto: ‘corpo’. 6. tagliòl a traverso: ‘lo tagliò di traverso’. 8. ‘gettò via il resto e si mise a fuggire’.
38. 2. forte lamentando: ‘lamentandosi a gran voce’. 3. gli advene: ‘gli avviene’. 4. gli pose in testa il brando: letteralmente ‘gli mise la spada nella testa’. 5. partìl: ‘lo tagliò’. 6. càde: ‘cadde’. 7. forma: ‘modo’. 8. Morite al tuto: ‘morì definitivamente’.
39. 1. ‘Quel gigante era appena caduto a terra’. 3. P, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha vien; si preferisce la lezione metricamente più regolare degli altri testimoni. 6. l’avanzava: ‘lo superava’.
40. 1. era seguita: ‘aveva seguito’. 2. soprano: ‘valoroso’. 5. ove entrarno: ‘da dove erano entrati’. 6. se riguarda: ‘continua a guardare’.
41. 2. gli asecura: ‘li rassicura’. 3. gli ebe a cignare: ‘che aveva fatto loro segni’. 4. ‘mostri loro come portare a termine questa avventura’. 5. ocio: ‘ozio’. 8. Vaga: ‘bella’. adorno: ‘elegante, raffinato’.
42. 1. in quatro canti: ‘su quattro lati’. 3. a guisa de: ‘come’. 4. soprainsegne: contrassegni distintivi applicati all’armatura (TROLLI 2003, p. 272). 6. nela vista: ‘nell’aspetto’. 8. cangiar… il viso: ‘cambiare espressione’.
43. La fonte principale delle storie che seguono è l’Historia imperatorum di Ricobaldo volgarizzata da Boiardo dopo il 1471. Secondo TISSONI BENVENUTI 1999 questa parte dell’Inamoramento de Orlando va datata prima del 1476, perché non vi si fa cenno ad Alfonso d’Este, nato nell’agosto di quell’anno. 1. il maestro: ‘l’artista’. saprebe: ‘saprei’. 3. che dovean venire: ‘che dovevano accadere, future’. 4. ‘e non so chi gliele avesse rivelate’. 5. Il primo:è Ranaldo d’Este (cfr. II, xxi, 57, 5). Non si tratta tuttavia del capostipite estense, che le fonti antiche indicano solitamente in Alberto Azzo (TISSONI BENVENUTI 1999). 6. delicato: ‘dai lineamenti gentili’. 8. Secondo Ricobaldo, Ranaldo d’Este aveva sconfitto al castello di Garda Enrico (o Arrigo), figlio dell’imperatore Federico Barbarossa e poi imperatore a sua volta (TISSONI BENVENUTI 1999).
44. 1. ne’ prati brisani: ‘nei campi bresciani’. 2. a gran roina: emistichio formulare. 3. li Alemani:i Tedeschi. 4. ‘e sconfitta la parte ghibellina’. 5. L’aquila nera: il simbolo imperiale. 6. caciata: ‘scacciata’. misera tapina: coppia sinonimica. 7. L’aquila bianca era l’insegna degli Este. 8. ventura né vertù: ‘né fortuna né valore’.
45. 1-2. Il nome del personaggio è scritto nel dipinto, come accadeva talvolta nei cicli parietali di materia cavalleresca. 2. letre: ‘lettere’. 3-4. ‘benché la storia dimostri abbondantemente il suo valore, lo si deve chiamare “tesoro di valore”’. 5. gesta: ‘stirpe’. 6. fati: ‘imprese’. 7. faza: ‘facciata, parete’. 8. da man destra: ‘sulla destra’.
46. L’identificazione del giovane di cui si parla in questa ottava non è sicura. Le sue gesta coincidono con quelle già attribuite ad Azzo I (ma più probabilmente VII: cfr. II, xxi, 57, 1-3), che tuttavia non morì giovane (BRUSCAGLI 1995). TISSONI BENVENUTI 1999 ricorda Aldobrandino d’Este (1190 ca-1215), ma la sua biografia non fornisce appigli significativi. ZAMPESE 1994, pp. 236-237 suggerisce che si tratti di un’emulazione dell’elogio di Marcello nell’Eneide (VI, 869-871) e che dunque non vi sia riferimento a una figura storica precisa. 1. gioveneto: ‘giovane’. 2. il tolse: ‘lo sottrasse’. 3. tanto dileto: ‘una fonte di tanta gioia’. 4. a sé lo volse: ‘lo volle con sé’. 5. pòte: ‘può’. perfeto: ‘compiuto’. 6. s’acolse: ‘si raccolse’. 7. beleze: cfr. II, vi, 57, 4. 8. convinti: ‘uniti’.
47. 1. di là da Po: ‘oltre il Po’. 3-4. Ezzelino da Romano: secondo Ricobaldo il casato era quello della madre, vedova di Carlo da Romano. Il padre (presunto, se vale la diceria cui si fa cenno nei versi successivi) non avrebbe avuto titoli nobiliari (TISSONI BENVENUTI 1999). 4. Trivisi: Treviso. 5-6. Una leggenda molto diffusa, ma assente in Ricobaldo, voleva che Ezzelino fosse figlio del diavolo in pesona. 7. chiariva: ‘esponeva’. storno: probabile var. di stormo ‘assalto’ (TISSONI BENVENUTI 1999, TROLLI 2003, p. 281).
48. 1-2. La fonte più vicina sembra il Pomarium di Ricobaldo (IX, 133), per cui Ezzelino avrebbe catturato nel sonno undicimila Padovani e poi li avrebbe fatti morire «mox omnes inedia et igne» (BRUSCAGLI 1995). Lo stesso numero di vittime si trova nell’Ecerinis di Albertino Mussato (TISSONI BENVENUTI 1999). 1. Undecimiglia: ‘undicimila’. 4. ’talïane: ‘italiane’; forma aferetica. 5. là… un poco: ‘un po’ più in là’. 6. istrane: ‘straniere’. 7. Federico II di Svevia. 8. vòl tòr: ‘vuole togliere, cancellare’.
49. 1. le sante Chiave: il simbolo del papato. 2. cilestro: ‘azzurro’. 3. Dialefe tra qui ed eran. contese: ‘battaglie’. 4. passo alpestro: ‘luogo impervio’. Il riferimento è alla battaglia di Cassano d’Adda (27 settembre 1259). 5. se vedìa là palese: ‘si vedeva lì chiaramente’. 6. ‘con il piede sinistro trafitto da una freccia’. 8. ala foresta: ‘a terra’.
50. 2. con lavor cotale: ‘con questo dipinto’. 3. ordita: ‘narrata’ (TROLLI 2003, p. 207). 4. sopranaturale: ‘straordinaria’. È Niccolò III d’Este (1383-1441), padre di Leonello (1407-1450), Borso (1413-1471) ed Ercole (1431-1505), poi signori di Ferrara in successione. 5. vaga… polita: sinonimi per ‘bella’. 7-8. L’essere circondato da fiori di ogni tipo rinvia al topos del buon governo che letifica la terra. 8. gentile: ‘nobile’.
51. 1. prima etade: ‘infanzia’. 2. ‘si era trovato in mezzo ad animali feroci terribili’; metafora per ‘nemici molto pericolosi’. 5. I due leoni alludono alle potenze confinanti: Venezia e Firenze. 6. drago: potrebbe essere Ottobuono Terzi, signore di Parma dal 1404 al 1409, ucciso da Muzio Attendolo Sforza (BRUSCAGLI 1995). che di novo era venuto: ‘che era arrivato di recente’ (TROLLI 2003, p. 204). 7. l’aquila sua stessa: cioè un suo consanguineo, portatore anch’egli del simbolo estense. Dovrebbe essere Azzo d’Este (1344-1415 ca), rivale di Niccolò. pantera: forse Francesco Novello da Carrara (1359-1405), suocero di Niccolò, che ne aveva sposato la figlia Gigliola (morta nel 1416). Francesco tentò spesso di ingerirsi negli affari ferraresi e di scalzare il genero (CHIAPPINI 2001, pp. 101-108). 8. ‘lo combatterono più di ogni altra belva’.
52. 1. Chiasmo. aquetò: ‘domò’. 2. Sconfitto più volte da Niccolò, Azzo fu esiliato a Creta nel 1398 (CHIAPPINI 2001, p. 100). 3. sì scortò gli ungioni: ‘accorciò gli artigli così’. 7-8. Boiardo si riferisce al pellegrinaggio compiuto da Niccolò nel 1413 (ne resta un importante resoconto: CAMPO 2007). 7. cercando: ‘percorrendo’.
53. 1-2. Potrebbe esserci qui il riferimento a un pellegrinaggio di Nicolò a Santiago de Compostela, ma un’altra interpretazione vorrebbe il viaggio a Sant’Antonio di Vienna (TISSONI BENVENUTI 1999). 1. come avesse l’ale: cfr. II, iii, 2, 6. 3. ala reale: ‘con accoglienza regale’. 4. parente e proximano: ‘parente e consanguineo’ (TROLLI 2003, p. 234). 5. Eror prese il maestro: ‘l’artista si sbagliò’. 6. dipense: ‘dipinse’. 7. liberal: ‘generoso’. 8. ‘non ci stava dentro, perché lo spazio era finito’. Arguzia che permette a Boiardo di interrompere lo sperticato elogio di Niccolò.
54. 1. se spaza: ‘è conclusa’. 2. Il significato del verso non è chiarissimo; TISSONI BENVENUTI 1999 propone: ‘La quarta (storia) narrava fatti simili a quelli del signore precedente quando era fanciullo’. BRUSCAGLI 1995 interpreta questo figlio con ‘questo membro della casata’, cioè Niccolò. Si parla ora del duca Ercole, protettore di Boiardo. 3. Fortuna il caza: ‘la Sorte lo scaccia’. Leonello, divenuto marchese nel 1441, aveva inviato i fratellastri Ercole e Sigismondo a Napoli, da dove Ercole era tornato solo vent’anni più tardi (TISSONI BENVENUTI 1999). 5. aquilino: il volto aquilino esprime acume e nobiltà insieme (TROLLI 2003, p. 87). 6-8. ‘ma lui afferrò solo il valore e portò quello via con sé: tutto il resto rimase in possesso degli altri’.
55. 2. Di nome, di saper: ‘in fama, in saggezza’. 3. Se pare chiaro il significato di da gioco, più difficile è interpretare le arme turbate, che vanno forse intese come ‘da guerra’ in opposizione al secondo termine. SCAGLIONE 1963 preferirebbe un rapporto sinonimico a indicare armi con la punta smussata da usare nelle giostre incruente (sulla questione cfr. TROLLI 2003, p. 299-300). È forse casuale l’analogia con la canzone dantesca Tre donne intorno al cor mi son venute, vv. 61-62: «ecco l’armi ch’io volli: / per non usar, vedete, son turbate», dove le armi sono le due frecce di Amore e l’agg. è di solito chiosato con ‘arrugginite’. Un Ercole giovane che si impratichisce con armi dismesse? 5. di foco: ‘infuocato, pieno di ardimento’. 7. Chiasmo. 8. ‘i nemici fuggono sempre davanti a lui’.
56. 1. scritura: ‘scritta’. 4. espressa: ‘completamente’. 7. designarla: ‘disegnarla’. 8. Però che avanza: ‘perché supera’.
57. 2. Tanto che: ‘finché’. vienne giù: ‘scese’. 6. che monta più: ‘che più importa’. 7. sopulcro: forma labializzata.
58. 3. ‘perché altrimenti saresti rovinato, perduto’. 6. Ch’abiati a mal: ‘che vi spiaccia’. 8. ‘ma nel prossimo canto lo racconterò distesamente’; per stanza cfr. II, xxiv, 3, 4.