CANTO QUINTO

Il romanzo mescola storie di armi e di amori, come un bel giardino è rallegrato da fiori di ogni tipo: ciascuno può scegliere quello che preferisce (1-2). Ruggero e Rodamonte stanno combattendo con violenza, quando Bradamante torna indietro per dividerli: si è infatti pentita della propria scortesia, che l’ha indotta a lasciare Ruggero a battersi al posto suo. Proprio quando arriva, Rodamonte perde i sensi e lascia cadere la spada per un fortissimo colpo di Ruggero, che non approfitta però dello svenimento dell’avversario. Bradamante allora si scusa e si offre di terminare il duello, ma Rodamonte, tornato in sé e vinto dalla cortesia di Ruggero, si ritira e raggiunge i saraceni presso Parigi (3-14). Bradamante e Ruggero si incamminano insieme; e la dama induce il giovane a raccontarle da quale stirpe discenda. Ruggero racconta di avere origini troiane e narra della fuga di Astianatte da Troia, del suo arrivo in Sicilia e delle sue imprese. Astianatte fu poi ucciso a tradimento dai Greci, ma sua moglie riuscì a fuggire a Reggio Calabria e a dare alla luce il figlio Polidoro. Dopo qualche generazione il lignaggio di Polidoro si divise e dai due rami derivarono in seguito rispettivamente Carlo Magno e Ruggero, padre e omonimo del cavaliere che sta parlando. Anche Ruggero padre fu ucciso a tradimento. Sua moglie Galiziella, già gravida, si salvò a stento ma morì dando alla luce Ruggero figlio, che fu poi allevato dal mago Atalante (15-37). Bradamante osserva estasiata il compagno di viaggio e subito accetta di manifestargli la propria identità. Quando toglie l’elmo e si rivela in tutta la sua bellezza, subito il giovane se ne innamora (38-42). Ma proprio mentre Ruggero sta per levarsi l’elmo a sua volta, un gruppo di re saraceni aggredisce i due e Bradamante, a capo scoperto, è ferita da Marchesino. Indignato per il vile attacco, Ruggero corre a dare man forte alla donna, senza curarsi delle accuse di tradimento rivoltegli dai saraceni. Fasciatasi la testa, Bradamante torna all’assalto. Lo scontro infuria e i due innamorati combattono con prodigioso vigore contro un soverchiante numero di nemici (43-57).

1.
Colti ho diversi fiori ala verdura,
Azuri e giali e candidi e vermigli;
Facta ho di vaghe erbete una mistura,
Garofili e vïole e rose e zigli:
Tràgassi avanti chi de odore ha cura,
E ciò che più gli piace, quel se pigli:
A cui dilecta el ziglio, a cui la rosa
E a cui questa, a cui quel’altra cosa.

2.
Però diversamente il mio verziero
De amore e de battaglia ho già piantato;
Piace la guera alo animo più fiero,
Lo amore al cuor gentile e delicato.
Or vo’ seguir dove io lassai Rugero
Con Rodamonte ala ciuffa nel prato,
Con sì crudeli assalti e tal tempesta
Che empresa non fu mai simile a questa.

3.
E se tornarno con le spade adosso,
Gli animosi baroni, a darsi morte:
Ruger primieramente fu percosso
Sopra dil scudo a maraviglia forte
Che tre lame ha di ferro e quattro d’osso,
Ma non è resistentia che ’l comporte:
Di Rodamonte la stupenda forza
Tagliò quel scudo a guisa de una scorza.

4.
Su dala testa ala ponte discende,
Più de un terzo ne cade alla campagna;
Ruger per prugna acerba agresto rende,
Né la piastra ferrata li sparagna:
El scudo dala cima al fondo fende
Come squarciasse tela ad una ragna.
Né a quel né a questo la armatura vale:
Un’altra ciuffa mai non fu cotale.

5.
E veramente morte se avrìan data
E l’uno e l’altro a sì crudo ferire;
Ma non essendo l’ora terminata
Né ’l tempo gionto ancora al suo morire,
Tra lor fu la bataglia disturbata,
Ché Bradamante gli véne a partire:
Bradamante, la dama di valore,
Qual disse che seguìa lo imperatore.

6.
E già bon pecio essendo caminata
Né potendo sua gente ritrovare,
La qual fugiva a briglia abandonata,
Nela sua mente se puose a pensare,
Tra sé dicendo: «O Bradamante ingrata,
Ben discortese te puote appellare
Quel cavalier che non scia’ che si sia,
E hagli usata tanta villania!

7.
La ciuffa prese lui per mia cagione
E le mie spalle el suo petto diffese:
Ma se io vedesse quivi el re Carlone
E le sue gente morte tutte e prese,
Tornar mi converebbe a quel vallone
Sol per vedere el cavalier cortese.
Sono obligata alo alto imperatore,
Ma più sono a me stessa e al mio onore».

8.
Così dicendo rivoltava el freno
E passò prestamente el monticello
Ove Rugero e il figlio di Ulïeno
Faceano alla battaglia el gran fragello.
Come ella ariva a ponto, più ní meno,
Gionse Ruger, el franco damigello,
Un colpo a Rodamonte a tal tempesta
Che tutta quanta li stordì la testa.

9.
Fuor di sé stesso in sul’arzon si stava
E càdeli di mano el brando al prato;
Ruger allora adrieto se tirava,
Che a cotal atto non l’avrìa tocato.
E Bradamante che questo mirava,
Dicea: «Ben dritamente hagio io lodato
Di cortesia costui nel mio pensiero:
Ma che ’l cognosa al tuto è di mestiero».

10.
E come gionta fo gioso nel piano,
Alta dal’elmo si levò la vista
E voltata a Ruger con atto umano,
Disse: «Aceta una scusa, benché trista,
Delo atto ch’io te usai tanto villano:
Ma spesso per error biasmo s’aquista.
È certo ch’io comessi questo errore
Per voglia di seguire el mio signore.

11.
Non me ne avidi allora, se non quando
Fo la doglia e ’l furor da me partito.
Ora in gran dono e gratia te adimando
Che questo assalto sia per me finito».
Mentre che così stava ragionando,
E Rodamonte se fo resentito:
Qual, vegendosi gionto a cotal atto,
Quasi per gran dolor divéne mato.

12.
Non se trovando nela mano el brando
(Che come io disse, al prato era caduto),
El Cielo e la Fortuna biastemando,
Là dove era Ruger ne fo venuto.
Con gli occhi bassi, ala terra mirando,
Disse: «Ben chiaramente hagio veduto
Che cavalier nonn·é di te migliore,
Ní tieco aver potrebbe alcun onore.

13.
Se tal ventura ben fosse la mia
Che io te vincesse al campo ala batalia,
Non sono io vinto già di cortesia?
Né mia prodecia più val una paglia.
Rimanti adonque, ch’io me ni vo via,
E sempre quanto io posso e quanto io valia
Di me fa el tuo parere in ogni banda,
Come el magior al suo minor comanda».

14.
Senza espectar risposta via fo tolto
In men che non se cuoce a magro el cavolo;
El brando su dal prato avìa ricolto
(El brando qual già fo del suo bisavolo).
In poco de ora longi era già molto,
Che sì camina che sembra un dïavolo,
Né mai se riposò quel disperato
Sinché la notte al campo fu arivato.

15.
Rimase Bradamante con Rugero,
Dipoi che el re di Sarza fiè partenza,
E la dongella avea tutto el pensiero
A prender di costui la conoscenza;
Ma non trovando ben dritto sentiero
Ní via di ragionar di tal essenza,
Temendo che non fosse a lui disgrato,
Senza più dimandar prese combiato.

16.
Disse Rugero, il giovine cortese:
«Che vadi solo, io nol comportarìa.
De barberi è già pien tutto el paese
Che assalirano in più lochi la via:
Da tanti non potresti aver diffese,
Ma sempre serò teco in compagnia.
Via passeren quando io fia cognosciuto,
Se non, con brandi ce daremo aiuto».

17.
Piacque ala dama el proferire umano
E così insieme presero el camino;
Ed essa comenciò ben da lontano
Più cosse a ragionar col paladino,
E tanto lo menò di colle in piano
Che gionse ultimamente al suo destino,
Chiedendo dolcemente e in cortesia
Che dir gli piacia de che gente e’ sia.

18.
Rugero incomenciò dal primo sdegno
Che ebero e Greci, e la prima cagione
Che adusse in guerra l’uno e l’altro regno,
Quel de Priàmo e quel de Agamenòne;
E il tradimento de il caval di legno,
Come el condusse el perfido Sinone,
E dopo molte angoscie e molti affanni
Fo Troia presa e arsa per inganni;

19.
E come e Greci poi sol per soa boria
Fièrno un pensier spietato e inumano,
Tra lor deliberando che memoria
Non se trovasse del sangue troiano:
Usando crudelmente la victoria
Tutti e pregion scanarno a mano a mano,
E avanti ala matre per più pena
Fèrno svenar la bella Polixena.

20.
E cercando Astianatte in ogni parte,
Che era di Ectòre un figlio picolino,
La matre lo scampò con cotale arte
Che in bracio prese un altro fanciulino
E fugète con esso ala disparte;
Cercando e Greci per ogni confino,
La ritrovorno col fanciulo in bracio
E al’uno e al’altro dièr di morte spacio.

21.
Ma el vero figlio (Astianatte dico)
Era nascoso in una sepoltura
Soto ad un sasso grande e molto antico,
Posto nel megio de una selva oscura;
Sieco era un cavalier del patre amico,
Che se pósse con esso in aventura
Passando el mare, e de uno in altro loco
Pervéne in fine ala Isola del Foco

22.
(Così Scicilia se appellava avante,
Per la fiama che getta Mongibello).
Or crebe il gioveneto e aiutante
Fu di persona a maraviglia e bello;
E’ in poco tempo fiè prodecie tante
Che Argo e Coranto pose in gran flagello,
Ma fu nel fine occiso a modo tristo
Da un falso Greco nominato Egisto.

23.
Ma prima che morisse ebe a Misina
(Dela qual terra lui ni era signore),
Una dama gentile e peregrina
Che la vinse in bataglia per amore;
Costei de Saraosa era regina,
E un gigante nomato Agranore,
Re de Agrigento la oltragiava a torto:
Ma da Astianate fu nel campo morto.

24.
Prese per moglie poscia la dongella
E fece contra e Greci el suo passagio,
Insin che Egisto, la persona fella,
Lo occise a tradimento in quel rivagio.
Non era gionto ancora la novella
Dela sconfita e di tanto danagio,
Che e Greci con potente e grande armata
Ebber Missina intorno assedïata.

25.
Gravida era la dama di sei mesi
Quando alla terra fu posto lo assedio,
Ma a pacti se renderno e Misinesi
Per non soffrir di guerra tanto tedio.
Poco o nïente valse essersi resi,
Che tutti morti fòr senza rimedio,
Poi che promesso a’ Greci avean per pacto
Dar lor la dama, e non l’avëan facto.

26.
Ma essa quella notte sola sola,
Sopra ad una barcheta picolina,
Passò nel stretto ove è l’onda che vola
E fa tremar e monti ala ruina,
Né si potrebbe odire una parola
Tanto alto è quel furor dela marina;
Ma la dama vargando come un vento,
A Reghio se ricolse a salvamento.

27.
E Greci la seguirno e a lor non valse
Pigliar la volta ch’è senza periglio,
Perché una aspra fortuna al’onde salse
Sumerse e ispezò tutto el naviglio
E fòr punite le sue voglie false.
Ora la dama a tempo ebbe un bel figlio
Che relucente e bionde avìa le chiome,
Chiamato Polidoro a drito nome.

28.
Di questo Polidoro un Polidante
Nacque dapo’, e Flovïan di quello;
Questo di Roma si fece abitante
Ed ebbe doi figlioli, ognon più bello:
L’un Clodovaco e l’altro fu Costante,
E fu diviso quel sangue gemello;
Doe ieste illustre da questi discesero
Che poi col tempo molta fama apresero.

29.
Da Costante discese Costantino,
Poi Fiovo e ’l re Fiorello, el campïone;
E Fioravante e giù sino a Pipino,
Regal stirpe de Francia, e il re Carlone.
E fu l’altro lignagio ancor più fino:
Di Clodovaco scese Gianbarone
E di questo Ruger, paladin nuovo,
E sua gentil isciata insino a Buovo.

30.
Poi se partite di questa colona
La nobel gesta in doi parte divisa,
E una di esse rimase in Antona
E l’altra a Regio che se nomò Risa.
Questa citade (come se ragiona)
Se rèse a bon governo e bona guisa
Sinché el duca Rampaldo e ’ soi figlioli
A tradimento fòr morti con doli.

31.
La voglia di Beltramo traditore
Contra del patre se fece ribella,
E questo fu per scelerato amore
Che egli avea posto alla Gallacïella,
Quando Agolante con tanto furore,
Con tanti armati in nave e nela sella
Coperse sì di gente insino in Puglia
Che al vòto non capea ponto de aguglia.

32.
Così parlava verso Bradamante
Ruger narrando ben tutta la istoria;
E oltra questo ancor seguiva avante,
Dicendo: «Ciò non toglio a vanagloria,
Ma de altra stirpe di prodecie tante
Che sia nel mondo, non se ne ha memoria;
E, come se ragiona per el vero,
Sono io di questi, e naque di Rugero.

33.
Lui de Rampaldo nacque, e in quel lignagio
Che avesse cotal nome fu secondo,
Ma fu tra gli altri de virtute un ragio,
De ogni prodecia più compiuto a tondo.
Morto fu poscia con estremo oltragio,
Né magior tradimento vide el mondo,
Perché Beltramo, el perfido inumano,
Tradite el patre e il suo franco germano.

34.
Riza, la terra, andò tutta a roina,
Arse le case, e fu morta la gente.
La moglie di Ruger, trista tapina
(Galacïella dico, la valente),
Se pose disperata ala marina;
E gionta sendo al termine dolente
Che più el fanciullo in corpo non se porta,
Me parturite e lei rimase morta.

35.
Quindi mi prese un negromante antico
Qual di medole di leoni e nerbi
Sol me nutrite: e vero è quel che io dico.
Lui con incanti orribili e acerbi
Andava intorno a quel diserto ostico,
Pigliando serpe e draghi più superbi
E tutti gli inchiudeva a una serraglia,
Poi mi ponea con quegli ala bataglia:

36.
Vero è che prima gli caciava el foco
E tutti e denti fuor dela mascella.
Questo fo el mio dilecto e il primo gioco
Che io presi in quella etate tenerella;
Ma quando io parbi a lui cresciuto un poco,
Non me volse tenir più chiuso in cella,
E per l’aspre foreste e solitarie
Me conducea tra bestie orende e varie.

37.
Là me facea seguir sempre la tracia
De fiere istrane e diversi animali;
E’ mi ricorda già che io presi in cacia
Grifoni e pegasei, benché abiano ali.
Ma temo ormai che a te forsi non spiacia
Sì longa diceria di tanti mali;
E per satisfar tosto a tua richiesta:
Ruger sono io; da Troia è la mia iesta».

38.
Non avea tratto Bradamante un fiato
Mentre che ragionava a lei Rugero,
E mille volte l’avea riguardato
Giù dale staffe fin suso al cimiero;
E tanto gli parea bene intagliato
Che ad altra cosa non avìa el pensiero,
Ma disiava più vederli el viso
Che di vedere aperto el Paradiso.

39.
E stando così tacita e sospesa,
Ruger soggionse a lei: «Franco barone,
Voluntier saprebi io, se non ti pesa,
Il nome tüo e la tua natïone».
E la dongella ch’è de amore accesa,
Rispose ad esso con questo sermone:
«Così vedestu el cor che tu non vedi,
Come io ti mostrerò quel che mi chiedi!

40.
Di Chiaramonte nacque e di Mongrana:
Non sciò se sciai de tal iesta nïente,
Ma di Rinaldo la fama soprana
Potrebe essere agionta a vostra gente;
A quel Rinaldo son suora germana.
E perché tu mi creda veramente,
Mostreroti la facia manifesta!»
E così lo elmo a sé trasse di testa.

41.
Nel trar del’elmo si sciolse la trecia
Che era di color de oro alo splendore;
Avea el suo viso una delicatecia
Mescolata di ardire e de vigore:
E labri, el naso, e cigli e ogni fatecia
Parean depinti per le man de Amore;
Ma li occhii aveano un dolce tanto vivo
Che dir non puòse e io non lo descrivo.

42.
Nelo aparir delo angelico aspetto
Ruger rimase vinto e sbigotito
E sentìsse tremare el core in petto,
Parendo a lui di foco esser ferito;
Non scià più che si fare el giovenetto:
Non era apena di parlare ardito;
Con lo elmo in testa non l’avea temuta,
Smarito è mo’ che in facia l’ha veduta!

43.
Essa poi comenciò: «Deh, bel signore,
Piacevi compiacermi solo in questo,
Se a dama alcuna mai portasti amore:
Che io veda el vostro viso manifesto!».
Così parlando, odirno un gran romore;
Disse Rugero: «Ah Dio, che sarà questo?».
Presto se volta e vede gente armata
Che vien correndo a lor per quella strata.

44.
Questo era Pinadoro e Marchesino,
Daniforte e Mordante e Barigano
Che avean posto un aguato in quel confino
Per pigliar quei che in rotta se ne vano.
Come li vide, el franco palladino
Verso di lor parlando alciò la mano
E disse: «Stati saldi in sul sentiero!
Non passati più avanti, io son Rugero!».

45.
In ver dala più parte e’ non fu inteso,
Perché cridando ussìa dela foresta;
E Marchesin, che sempre è de ira acceso,
Subito gionse, e parve una tempesta.
A Bradamante se ne va disteso
E ferila aspramente nela testa:
Non avea elmo la mischina dama,
Ma sol guardando al cielo aiuto chiama.

46.
Alciando el scudo el capo se coperse,
Ché non volse fugir, la dama vaga;
Re Marchesino a quel colpo lo aperse
E fece in cima al capo una gran piaga.
Già Bradamante lo animo non perse,
E riscaldata a guisa de una draga
Ferisse a Marchesin di tutta possa:
Ma Ruger gionse anche esso ala riscosa.

47.
E Daniforte cridava: «Non fare!
Non far, Ruger, che quello è Marchesino!».
Già Barigano non stete a cridare,
Che odio portava occulto a il paladino
E avea voglia di sé vendicare,
Però che un Bardulasto suo cugino
Fo per man di Ruger di vita spento,
Ma lui lo avea ferito a tradimento.

48.
Se vi racorda, e’ fu quando el torniero
Se fece sotto al monte di Carena:
Scordato a voi debbe esser de ligero,
Che io che lo scripsi lo ramento a pena!
Ora tornando, Barigano el fiero
Sopra a Rugero un colpo a doe man mena;
Sopra la testa a lui mena a doe mano
E ben credète di mandarlo al piano.

49.
Ma el giovaneto che ha soperchia pòsa,
Non se mosse per questo delo arzone,
Anci adirato per quella percossa,
Tornò più fiero a guisa de leone.
Già Bradamante alquanto era rimòsa
Larga da loro, e straciato un penone
Di certa lancia rotta ala foresta,
Con fretta avea legata a sé la testa.

50.
Lo elmo alaciato e posta la barbuta,
Tornò ala ciuffa con la spada in mano.
La ardita dama a ponto era venuta
Quando a Ruger percosse Barigano;
Lei speronando de arivar se aiuta
E gionse un colpo a quel falso pagano:
Non par che piastra o scudo o maia valia,
A un trato tutte le sbaralia e taglia.

51.
Rugero a ponto si era rivoltato
Per vendicar lo oltragio ricevuto,
E vide el colpo tanto smisurato
Che de una dama non l’avrìa creduto:
Barigano in doi peci era nel prato,
Né a tempo furno gli altri a darli aiuto,
Abenché incontinente e destrier ponsero;
Ma (come io dico) a tempo non vi gionsero.

52.
Onde adirati, per farne vendetta
Contra la dama tutti se adriciarno:
Ruger de un salto in megio a lor se getta
Per dipartir la ciuffa, abenché indarno.
Non val che parli o che in megio si meta,
E Marchesino e Pinador cridarno:
«Tu te farai, Ruger, qua puoco onore!
Contra Agramante èi fato traditore!».

53.
Come quella parola e oltragio intese,
Il giovenetto non trovava loco:
E’ sì nel cuore e nel viso s’accese
Che sfavillava gli ochi come un foco,
E messe un crido: «Gente discortese!
Lo esser cotanti vi gioverà puoco!
Traditor sete voi, io non sono esso,
E mostrerò la prova adesso adesso!».

54.
Tra le parole el giovene adirato
Urta el destrero adosso a Pinadoro.
Or vederete el campo insanguinato
E de doi cori arditi el bel lavoro!
Chi gli assalta davanti e chi dal lato,
Ché molta gente avean sieco coloro
(Dico: gli cinque re de che io contai,
Avean con sieco gente armata assai).

55.
De’ suoi scudieri in tutto da cinquanta
Avean sieco costoro in compagnia;
El resto de sua gente che è cotanta
Era rimaso adrieto per la via;
Ma se quivi ancor fusse tutta quanta,
Già Bradamante non ne temerìa:
Mostrar vòle a Ruger che cotanto ama
Che sua prodecia è assai più che la fama.

56.
Né già Rugíero avìa voglia minore
Di far veder a quella damigella
Se ponto avìa di possa o di valore;
E’ lampegiava al cuor come una stella:
Ragion, animo ardito e insieme amore
L’un più che l’altro dentro lo martella;
E la dama ferita a tanto torto
L’avrebbe ad ira mosso essendo morto.

57.
Dunque adirato (come io disse avante)
Se adricia a Pinadoro el paladino;
Né più lenta se mosse Bradamante
Che fuor degli altri ha scorto Marchesino.
Ma questo canto non sarìa bastante
Per dir ciò che fu fatto in quel confino:
Onde io riservo el resto, il fatto tutto,
Se Dio ce dona, come suole, aiuto.

1. Esordio programmatico e molto famoso, nel quale Boiardo torna a dichiarare i temi portanti del suo romanzo: la guerra e l’amore. L’alternanza dei due moventi può allettare un pubblico eterogeneo (2, 3-4). La prima ottava è costruita su una serie binaria: i primi due distici sono composti in modo simile e le metafore vegetali esprimono la varietà della materia narrata tramite due enumerazioni quadruplici, rispettivamente di colori (v. 2) e di fiori (v. 4). Il v. 2 sembra esemplato sul v. 5 della ballata I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino di Angelo Poliziano, peraltro già riecheggiata da Boiardo nelle Pastorali (VI, 63; TIZI 1988, p. 240). Restando nella metafora botanica, il terzo distico costituisce un invito al lettore; mentre il quarto bipartisce i suoi versi in due alternative contrapposte (ziglio/rosa; questa/quel’altra cosa) a confermare la ricchezza dell’offerta. 1. ala verdura: ‘tra la vegetazione’. 2. vermigli: ‘rossi’. 3. vaghe erbete: ‘bei fiori’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 4. Garofili: ‘garofani’. zigli: ‘gigli’. 5. ‘si faccia avanti chi ama i profumi’. 7. A cui dilecta: ‘a qualcuno piace’.

2. 1. Però: ‘perciò’. verziero: ‘giardino’ (cfr. I, i, 21, 6). 2. ho giàpiantato: cioè ‘ho già raccontato nel mio romanzo’. 5. vo’ seguir dove: ‘voglio proseguire da dove’. 6. ala ciuffa: ‘alla zuffa’. 7. tempesta: ‘impeto’. 8. empresa: ‘impresa, scontro’ (TROLLI 2003, p. 171).

3. 1. se tornarno… adosso: ‘si assalirono’ (TROLLI 2003, p. 293). 2. baroni: ‘cavalieri’. 3. primieramente fu percosso: ‘fu colpito per primo’. 4. ‘sullo scudo meravigliosamente robusto’. 5. lame: ‘lamine’. 6. che ’l comporte: ‘che lo possa sopportare’. 7. stupenda: ‘sbalorditiva’. 8. a guisa de una scorza: ‘come una corteccia d’albero’ (TROLLI 2003, p. 261).

4. 1. ‘(Il colpo) scende dal vertice alla punta bassa (dello scudo)’. 2. alla campagna: ‘a terra’. 3. Espressione proverbiale che equivale a ‘gli rende pan per focaccia’. agresto: uva acerba con cui si faceva una sorta di aceto (TISSONI BENVENUTI 1999). 4. li sparagna: ‘gli risparmia’, cioè taglia anche quella. 5. Bisticcio a fine verso. 6. tela ad una ragna: ‘una ragnatela’ (cfr. II, xxxi, 30, 1). 7. vale: ‘serve’. 8. Topos dell’evento senza precedenti (cfr. I, ii, 68, 8).

5. 1-2. ‘E veramente si sarebbero uccisi a vicenda con colpi tanto feroci’. 3. l’ora terminata: ‘il momento stabilito’. 4. al suo morire: ‘della loro morte’. 6. gli véne a partire: ‘arrivò a dividerli’. 8. Qual: ‘la quale’. Alla fine del canto precedente, la dama guerriera aveva voluto interrompere il duello con Rodamonte per raggiungere Carlo Magno in fuga.

6. 1. ‘Ed essendosi allontanata già di un buon pezzo’. 3. a briglia abandonata: ‘a briglia sciolta’. 4. se puose: ‘si mise’. 6. te puote appellare: ‘ti può chiamare’. 7. che non scia’ che si sia: ‘che non sai chi sia’. 8. ‘e gli hai usato un gesto tanto scortese!’.

7. 1. per mia cagione: ‘a causa mia’. 2. le mie spalle: cioè ‘il mio allontanamento, la mia partenza’. 3. se: ‘se anche’. quivi: ‘qui’. Carlone: Carlo. 4. gente: pl. sett. prese: ‘prigioniere’. 5. mi converebbe: ‘dovrei’. 7. alto: ‘nobile’.

8. 1. rivoltava el freno: cioè girava il cavallo e tornava indietro. 2. passò prestamente: ‘oltrepassò rapidamente’. 3. il figlio di Ulïeno: Rodamonte. 4. ‘combattevano con grande violenza’. 5. a ponto: ‘proprio’. : ‘né’. 6. Gionse: ‘sferrò’. el franco damigello: ‘il giovane valoroso’. 7. a tal tempesta: ‘con tale impeto’.

9. 1. in sul’arzon si stava: ‘stava in sella’. 2. ‘e la spada gli cadde dalla mano a terra’. 3. adrieto: ‘indietro’. 4. ‘perché non l’avrebbe colpito in quel modo’. 5. mirava: ‘guardava’. 6. dritamente hagio io lodato: ‘a ragione ho lodato’. 7. Di: ‘per la’. 8. ‘ma è proprio necessario che io lo conosca’.

10. 1-2. ‘E quando arrivò giù nella pianura, alzò la visiera sopra l’elmo’. 3. umano: ‘gentile’. 4. trista: ‘misera’. 6. ‘ma spesso si riceve biasimo per un errore’. 7. comessi: ‘commisi’.

11. 2. ‘il dolore e la furia mi abbandonarono’. 3. te adimando: ‘ti domando’. 4. ‘che io termini questo duello’. 5. ragionando: ‘parlando’. 6. Costrutto paraipotattico. se fo resentito: ‘riprese i sensi’. 7. ‘il quale, vedendosi ridotto in quella condizione’. 8. divéne: ‘divenne’.

12. 3. biastemando: ‘maledicendo’. 4. ne fo venuto: ‘andò’. 7. nonn·é: ‘non c’è’. 8. ‘né potrei avere onore combattendo contro di te’.

13. 1. ‘Se avessi una tale fortuna’. 2. al: ‘sul’. 3. di: ‘in, per quanto riguarda la’. La scelta di Ruggero di non proseguire il duello contro un nemico inerme lo pone su un piano cavalleresco difficilmente superabile. 4-5. ‘e il mio valore non conta più nulla. Resta qui, dunque, che io me ne vado’. 6. quanto io posso e quanto io valia: ‘per quanto posso e per quanto valgo’. 7. in ogni banda: ‘in ogni luogo’. 8. magior… minor: in senso gerarchico feudale.

14. 1. espectar: ‘aspettare’. via fo tolto: ‘si tolse di lì, se ne andò’. 2. Il verso ha tutta l’aria di un proverbio popolare, ma torna anche alla mente l’espressione «celerius quam asparagi cocuntur» che Svetonio attribuiva ad Augusto (Vitae Caesarum, Augustus, LXXXVII) e che si trova, lievemente modificata, nel colophon di un’edizione dell’Achilleide staziana uscita a Parma nel 1473 (SCHOLDERER 1931). a magro: ‘senza carne’. 4. bisavolo: ‘antenato’. 5. ‘In poco tempo era già molto lontano’. 7. disperato: ‘forsennato’. 8. al campo: all’accampamento dei saraceni presso Parigi.

15. 2. Dipoi: ‘dopo’. fiè partenza: ‘partì’. 3. avea tutto el pensiero: ‘era tutta intenta’. 5. ben dritto sentiero: ‘un modo diretto per farlo’. 6. di tal essenza: ‘di questa cosa’. 7. Costrutto latineggiante con particella negativa dopo il verbum timendi. disgrato: ‘sgradito’. 8. combiato: ‘commiato’ (cfr. I, xviii, 1, 8).

16. 2. vadi: ‘tu vada’. nol comportarìa: ‘non lo sopporterei’. 3. barberi: ‘barbari’; ma, essendo riferito ad Africani, potrebbe valere ‘Berberi’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 5. aver diffese: ‘difenderti’. 6. teco: ‘con te’. 7. ‘Passeremo oltre quando io sarò riconosciuto’.

17. 1. el proferire umano: ‘l’offerta cortese’. 4. paladino: ‘cavaliere’. 5-6. Cioè ‘lo fece parlare di più cose finché arrivò all’argomento che si era prefissata’. 8. de che gente e’ sia: ‘da quale stirpe egli provenga’.

18. Il racconto di Ruggero sulle proprie origini ha ovviamente finalità encomiastiche per gli Estensi, dei quali sarà progenitore con Bradamante (cfr. Introduzione, p. 46). La storia troiana da cui si parte compiace il gusto classicheggiante della corte ferrarese ai tempi del duca Ercole, ma Boiardo non rinuncia ad alcuni tocchi medievali. È interessante, p. es., che egli ricorra al Troiano in ottave (per cui cfr. I, xxiv, 18) oltre che alle fonti antiche più note (TISSONI BENVENUTI 1999). 1. primo sdegno: quello di Menelao e Agamennone per il rapimento di Elena (TISSONI BENVENUTI 1999). 2. e Greci: ‘i Greci’. 3. l’uno e l’altro regno:i Greci e i Troiani. 6. Sinone: il greco Sinone aveva finto di essere stato abbandonato dai Greci e aveva convinto i Troiani a introdurre in città il cavallo di legno (Aen. II, 57-198). La sua fama di traditore era poi stata fissata da Dante in Inf. XXX, 97-129. 8. per inganni: ‘con l’inganno’. Ottava aperta.

19. 1. per soa boria: ‘per la loro superbia’. 2. Fièrno: ‘fecero’; come Fèrno al v. 8. 3-4. ‘decidendo tra loro che non restasse memoria della stirpe troiana’. 5. la victoria: ‘il loro potere di vincitori’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 6. ‘scannarono tutti i prigionieri subito’. 7-8. Polissena, figlia di Priamo e di Ecuba, fu sacrificata da Pirro sulla tomba di Achille. I dettagli più orrorosi, come la presenza della madre all’uccisione della giovane, sembrano postclassici e si trovano nel Troiano (TISSONI BENVENUTI 1999). 7. avanti: ‘davanti’.

20. 1. Astianatte era figlio di Ettore e Andromaca. Le storie sulla sua sorte dopo la caduta di Troia divergono. Secondo alcuni (e tra questi Virgilio) fu ucciso da Pirro, ma già Servio, commentatore dell’Eneide, affermava che il bambino si era salvato e aveva poi recuperato il regno di Troia. Il particolare relativo al suo nascondiglio nella tomba è nelle Troades di Seneca, dove però Astianatte non si salva (PARATORE 1970, p. 371; TISSONI BENVENUTI 1999). Boiardo ha insomma contaminato le fonti e innovato come al solito. 3. con cotale arte: ‘con questo stratagemma’. 5. fugète: ‘fuggì’. ala disparte: ‘in un luogo remoto’ (TROLLI 2003, p. 134). 6. e Greci: sogg. confino: ‘territorio’. 7. ritrovorno: ‘trovarono’. 8. ‘e uccisero entrambi’.

21. 2. sepoltura: ‘tomba’. 4. nel megio: ‘nel mezzo’. selva oscura: cfr. I, x, 4, 8. 5. Sieco: ‘con lui’. 6. ‘che si mise in viaggio, all’avventura con lui’. 8. Isola del Foco: la Sicilia, come si apprende sotto. Ottava aperta.

22. 1. avante: ‘prima’. 2. Mongibello: l’Etna. 3. aiutante: ‘aitante’. 5. fiè prodecie tante: ‘compì così tante prodezze’. 6. Coranto: Corinto. pose in gran flagello: ‘pose in rovina’ (TROLLI 2003, p. 150). 7. a modo tristo: ‘in modo ignobile’. 8. falso: ‘traditore’. Egisto: non è chiaro se Boiardo si riferisca all’assassino di Agamennone, che non risulta avere ucciso anche Astianatte.

23. 1. ebe a Misina: ‘vi fu a Messina’. 2. terra: ‘città’. ni: ‘ne’; pleonastico. 3. gentile e peregrina: ‘nobile e bellissima’. 4-8. Di queste vicende non si conosce la fonte. 5. Saraosa: dovrebbe essere Siracusa (TISSONI BENVENUTI 1999). 6. nomato: ‘chiamato’. 7. la oltragiava: ‘la angariava’. 8. fu nel campo morto: ‘fu ucciso sul campo di battaglia’.

24. 1. poscia: ‘poi’. 2. passagio: ‘spedizione militare’ (cfr. II, v, 58, 3). 3. fella: ‘malvagia’. 4. rivagio: ‘luogo’ (cfr. II, xxii, 23, 6). 5. novella: ‘notizia’. 6. danagio: ‘danno, disgrazia’. 8. Ebber… intorno assedïata: ‘assediarono’.

25. 2. terra: cfr. 23, 2. 3. ‘ma si arresero dopo avere stabilito dei patti’. 4. tedio: ‘affanno’. 5. resi: ‘arresi’. 6. morti fòr: ‘furono uccisi’.

26. 3-4. È lo Stretto di Messina. 4. e: ‘i’. ala ruina: ‘con la sua violenza’. 6. alto: ‘forte’. dela marina: ‘del mare’. 7. vargando: ‘attraversando’. 8. ‘raggiunse sana e salva Reggio Calabria’.

27. 1. seguirno: ‘inseguirono’. 2-5. ‘fare la rotta meno pericolosa, perché una violenta tempesta di mare sommerse e fece naufragare tutta la flotta e furono puniti i loro malvagi desideri’ (per false cfr. TROLLI 2003, p. 146). 7. relucente: ‘splendenti’. avìa: ‘aveva’. 8. a drito nome: ‘con nome appropriato’ (TISSONI BENVENUTI 1999). Qui è probabile una paretimologia: l’origine greca del nome Polidoro rinvierebbe a un’abbondanza di doni e non al colore dell’oro.

28. La lunga genealogia che da Polidoro arriva fino a Carlo Magno e a Ruggero non coincide appieno con quelle note, pur presentando punti di contatto, p. es., con quella dei Reali di Francia di Andrea da Barberino (TISSONI BENVENUTI 1999). Boiardo ha chiaramente adattato la successione al suo disegno encomiastico estense. Bisogna anche ricordare che l’organizzazione dei personaggi in strutture araldiche collegate e in cicli dipendenti è una tendenza tipica del romanzo cavalleresco italiano (Buovo d’Antona, pp. 17-18). 2. dapo’: ‘poi’. 4. doi: ‘due’. ognon più bello: ‘uno più bello dell’altro’. 6. ‘e si divise in due rami uguali la loro stirpe’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 7. Doe ieste: ‘due stirpi’. 8. apresero: ‘conquistarono’.

29. 5. lignagio: ‘stirpe’. fino: ‘nobile’. 6. scese: ‘discese’. 8. isciata: ‘schiatta, stirpe’ (forse da pronunciare ischiata).

30. Le vicende di Risa (Reggio Calabria) e della famiglia di Ruggero sono argomento delle varie versioni della leggenda di Aspramonte, che Boiardo mostra di conoscere ma da cui spesso si discosta, forse perché attinge a redazioni oggi ignote o forse perché modifica autonomamente il racconto (TISSONI BENVENUTI 1999). Gli eventi erano peraltro già stati tratteggiati all’inizio del secondo libro (i, 68-75) e sono qui ripresi con qualche variante. 1. se partite di: ‘si divise da’. 2. gesta: cfr. iesta (28, 7). 3. Antona: l’odierna Southampton. 4. se nomò: ‘fu chiamata’. 5. se ragiona: ‘si racconta’. 6. ‘si resse con buon governo e in modo giusto’. 8. con doli: ‘con inganni’.

31. 1. voglia: ‘volontà’. 4. Gallacïella: figlia della regina delle Amazzoni (cfr. II, i, 70, 8). 6. nela sella: ‘a cavallo’. 8. ‘che non c’era uno spazio vuoto sufficiente ad infilare la punta di un ago’ (TISSONI BENVENUTI 1999); iperbole. Aguglia è un gallicismo (CELLA 2003, pp. 169-170) che dovette avere una certa diffusione in area padana (BONGRANI 2010, p. 139).

32. 3. seguiva avante: ‘proseguiva’. 4. Ciò non toglio a vanagloria: ‘Non me ne faccio un vanto’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 5. di prodecie tante: ‘di altrettanto valore’. 7. per el vero: ‘in verità’. 8. naque di: ‘nacqui da’.

33. 2. cotal nome: cioè il nome Ruggero. 3. de virtute un ragio: ‘un prodigio di valore’ (cfr. II, xv, 33, 4). 4. ‘dotato di ogni perfetta qualità cavalleresca’. 8. Tradite: ‘tradì’. franco germano: ‘valoroso fratello’.

34. 1. Riza: cioè Risa. a roina: ‘in rovina’. 3. trista tapina: ‘povera infelice’. 6. ‘ed essendo arrivata al momento delle doglie’. 8. Me parturite: ‘mi partorì’.

35. 1. un negromante antico: ‘un vecchio mago’; è Atalante. 2-3. L’alimentazione è quella propinata anche al giovane Achille, come si legge nell’Achilleide di Stazio (II, 96-100; ZAMPESE 1994, p. 214). 2. nerbi: ‘nervi’. 3. me nutrite: ‘mi nutrì’. 4. incanti: ‘incantesimi’. acerbi: ‘forti’. 5. ostico: ‘inospitale’; voce piuttosto rara con questa accezione (TROLLI 2003, p. 169). 6. serpe: pl. sett. più superbi: ‘ferocissimi’ (TROLLI 2003, p. 285). 7. a una serraglia: ‘in una recinzione’ (cfr. I, xiv, 16, 2).

36. 1-2. Atalante priva i draghi del fuoco e dei denti. 3. fo: ‘fu’. dilecto: ‘divertimento’. 5. parbi: ‘parvi, sembrai’. 6. ‘non mi volle più tenere chiuso in una stanza’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 7-8. Anche questo elemento faceva parte dell’educazione del giovane Achille (STAT. Achilleis II, 102-105; ZAMPESE 1994, pp. 214-215).

37. 1. la tracia: ‘le orme’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 2. Chiasmo. fiere istrane: ‘bestie selvatiche’; l’agg. ha forma prostetica. 3. E’ mi ricorda: ‘mi ricordo’. in cacia: ‘a caccia’. 4. pegasei: ‘cavalli alati’. 5. Per il costrutto cfr. 15, 7. 6. ‘una storia così lunga di tante disgrazie’. 7. per satisfar tosto: ‘per soddisfare in breve’.

38. 1. ‘Bradamante non aveva fiatato’. 3. mille volte: iperbole consueta. 4. ‘dalle staffe al cimiero’; cioè dai piedi alla testa. 5. bene intagliato: ‘robusto’. 6. ‘che non si preoccupava di nient’altro’. 7. disiava: ‘desiderava’. 8. aperto: ‘apertamente’; agg. con valore di avv.

39. 1. sospesa: ‘incerta’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 2. soggionse: ‘aggiunse’. 3. saprebi: ‘saprei’. pesa: ‘spiace’. 4. natïone: ‘origine’ (TISSONI BENVENUTI 1999). 6. con questo sermone: ‘con queste parole’. 7. Così vedestu el cor: ‘così vedessi tu il cuore’. Vedestu è forma di imperfetto congiuntivo con enclisi del pronome di tipo sett. (ROHLFS 453).

40. 1. La casata di Amone, padre di Rinaldo e di Bradamante, è di solito identificata in quella di Chiaramonte. Tuttavia Boiardo afferma, qui e altrove (cfr. I, xxi, 11, 1-2), una sorta di duplice appartenenza per i figli di Amone. Andrà nuovamente ricordato che le stirpi di Chiaramonte e di Mongrana erano fatte risalire rispettivamente a Guidone e a Sinibaldo, entrambi figli di Buovo d’Antona: il che può avere determinato una sorta di sovrapposizione. E qualche incoerenza si trova anche nel Buovo d’Antona in ottave (pp. 175-175, 214-215), dove l’intera discendenza dell’eroe eponimo è riunita sotto il nome di Chiaramonte. nacque: ‘nacqui’. 2. ‘non so se sai niente di tale stirpe’. 3. soprana: ‘straordinaria’. 4. agionta: ‘giunta’. 5. suora germana: ‘sorella’. 7. Mostreroti: ‘ti mostrerò’. manifesta: ‘apertamente’ (cfr. aperto, 38, 8). 8. a sé trasse di testa: ‘si tolse dalla testa’.

41. La rima A presuppone la fonetica sett. 1-2. Bradamante si toglie l’elmo, dal quale esce la treccia bionda, e si rivela finalmente come donna, facendo subito innamorare Ruggero. TISSONI BENVENUTI 1999 informa che la scena è topica, anche se normalmente ha luogo durante un combattimento, e sembra trovare il suo primo modello nelle Elegie di Properzio: Pentesilea, regina delle Amazzoni, perde l’elmo in battaglia e la sua bellezza conquista Achille (III, xi, 13-16). Molte sono le derivazioni in romanzi cavallereschi italiani precedenti o contemporanei all’Inamoramento de Orlando: dalle versioni della leggenda d’Aspramonte (quella di Andrea da Barberino a I, xxxi e quella in ottave a VI, 37) all’Ancroia (XXIII [XXI], 10-11) al Morgante (III, 17). 2. alo: ‘per lo’. 3. delicatecia: ‘delicatezza’. 5. e cigli: ‘le ciglia’ (ma qui probabilmente ‘gli occhi’). fatecia: ‘fattezza, lineamento’. 6. per le man: ‘dalle mani’. 7. un dolce: ‘una dolcezza’. 8. non puòse: ‘non si può’. Topos dell’ineffabilità (cfr. I, i, 11, 6).

42. 1-6. Il colpo di fulmine determina in Ruggero i consueti effetti consacrati dalla lirica amorosa. 2. vinto e sbigotito: voci tipiche, quasi tecnicismi del lessico lirico. 3. sentìsse: ‘si sentì’. 4. di foco esser ferito: ‘di essere stato colpito dal fuoco’. 5. Non scià più che si fare: ‘non sa più che cosa fare’. 6. ‘aveva a malapena il coraggio di parlare’; per il costrutto cfr. I, xv, 37, 2. 8. mo’: ‘ora’.

43. 2. Piacevi: ‘vi piaccia di’. 3. Bradamante si rivolge a Ruggero in nome dell’amore, secondo una prassi cortese frequente. 5. odirno: ‘udirono’.

44. 1. Questo: ripresa dal v. 6 dell’ottava precedente. 3. confino: ‘territorio’. 5. Come: ‘quando’. 6. alciò: ‘alzò’. 7. Stati saldi: ‘fermatevi’.

45. 1. ‘Veramente non fu inteso dalla maggior parte’. 2. ussìa: ‘uscivano’. 5. disteso: ‘a rotta di collo’ (TROLLI 2003, p. 136). 6. ferila aspramente: ‘la colpì duramente’. 7. mischina: ‘sfortunata’.

46. 2. vaga: ‘bella’. 3. a: ‘con’. lo aperse: cioè squarciò lo scudo. 4. in cima al capo: ‘sulla testa’. piaga: ‘ferita’. 6. a guisa de una draga: ‘come una draga’; al femm. visto che si tratta di Bradamante. 7. Ferisse a: ‘colpisce’. 8. ala riscosa: ‘in suo aiuto’.

47. 5. di sé vendicare: ‘di vendicarsi’. 7. Fo… di vita spento: ‘fu ucciso’. I fatti sono narrati a II, xvii, 31-35. 8. lui: Bardulasto.

48. 1. Se vi racorda: ‘se vi ricordate’. torniero: ‘torneo’. 3-4. Notevole intervento metanarrativo, che denuncia il lungo tempo trascorso dalla stesura del secondo libro. 3. ‘potreste facilmente esservelo dimenticato’. 4. lo ramento a pena!: ‘lo ricordo appena!’. 5. tornando: cioè tornando ai fatti che si stanno ora raccontando. 6. Sopra: ‘contro’. a doe man: cfr. I, v, 3, 4. mena: ‘sferra’. Bisticcio a fine verso. 7. Ripresa dal verso precedente, con definizione più precisa del bersaglio del colpo. 8. credète: ‘credette’. al piano: ‘a terra’.

49. 1. soperchia pòsa: ‘forza straordinaria’. 2. delo arzone: ‘dalla sella’. 3. Anci: ‘anzi’. per quella percossa: ‘per quel colpo’. 5-6. era rimòsa Larga da loro: ‘si era allontanata da loro’. 6. un penone: ‘una bandiera’. 7. ala foresta: ‘sul terreno’. 8. legata: cioè fasciata.

50. 1. posta la barbuta: ‘messa la protezione del mento’. 3-4. a ponto era venuta Quando: ‘era arrivata proprio quando’. 4. a Ruger percosse: ‘colpì Ruggero’. 5. ‘lei spronando si affretta ad arrivare’. 6. gionse: ‘sferrò’. 7-8. Entrambi i versi presentano forti omofonie nel secondo emistichio con effetti a eco (MENICHETTI 1993, p. 552). 7. maia: ‘maglia’ (cfr. I, ii, 1, 5). valia: ‘serva’. 8. A un trato: ‘con un solo colpo’.

51. 4. ‘che da parte di una dama non se lo sarebbe aspettato’. 5. in doi peci: ‘in due pezzi’. 6. a tempo furno: ‘fecero in tempo’. 7. ‘benché subito spronassero i destrieri’.

52. 1. Onde: ‘perciò’. 2. se adriciarno: ‘si diressero’. 3. de: ‘con’. in megio: ‘in mezzo’. 4. dipartir: ‘dividere’. indarno: ‘invano’. 6. cridarno: ‘gridarono’. 8. èi fato: ‘sei diventato’.

53. 2. non trovava loco: ‘non riusciva a stare fermo’. 5. messe: ‘lanciò’. discortese: ‘scortesi’; nella consueta accezione di ‘inosservanti delle leggi della cavalleria’. 7. ‘Voi siete traditori, io non lo sono’. 8. adesso adesso: ‘subito, proprio ora’.

54. 1. Tra le parole: ‘mentre parla’. 2. Urta: ‘sprona’. 4. el bel lavoro: metafora per ‘lo spettacolare combattimento’ (cfr. I, xx, 20, 6). 5. gli: ‘li’. 6. avean sieco coloro: ‘quelli avevano con loro’. 7. gli: ‘i’. de che io contai: ‘di cui ho detto’.

55. 1. da: ‘circa’. 5. R, seguito dall’edizione Tissoni Benvenuti-Montagnani, ha qui anchor; si preferisce la lezione di T e Z metricamente più regolare. ancor: ‘anche’. 6. non ne temerìa: ‘non ne avrebbe paura’. 7. vòle: ‘vuole’.

56. 3. ponto: ‘un po’’. 4. E’ lampegiava al cuor: ‘egli si infiammava nel cuore’ (TROLLI 2003, p. 179). 5. Ruggero, da perfetto cavaliere, è mosso dal desiderio di difendere la giustizia, dal coraggio e dall’amore. 6. lo martella: ‘lo martellano, lo pungolano’. 7. a tanto torto: ‘in modo tanto disonorevole’. 8. ‘lo avrebbe fatto adirare anche se fosse stato morto’.

57. 4. ‘che ha visto Marchesino lontano dagli altri’. 7. riservo: ‘metto da parte’ (TROLLI 2003, p. 247) 8. dona: ‘dà’.