Auschwitz-Birkenau, 15 gennaio 1982

Nella Sala delle Nazioni, allestita nel Blocco 4, Nicola Maestri guarda assorto la camera a gas. Per volere del governo polacco, il campo ora è un museo che testimonia, a eterna memoria, quanto male possa scatenare l’uomo. Maestri, con altri capi di Stato e di governo, partecipa al trentasettesimo anniversario dell’entrata nel lager della Prima Divisione ucraina dell’Armata Rossa. Molti soldati sovietici non si sarebbero più ripresi da quello che avevano visto nelle baracche di legno erette fra i boschi di betulle.

Quando Nicola va verso gli altri blocchi, è consapevole che il terriccio dei viottoli su cui cammina è commisto alle ceneri di un milione di donne, uomini e bambini. Maestri guarda la terra e gli torna alla memoria il film sulla mattanza degli orfani di Belaja Tserkov. Il freddo del gennaio polacco taglia la faccia ed entra nelle ossa, la neve si deposita lenta su quell’unica e immensa tomba collettiva. Maestri è scosso da un tremore e il suo stomaco ha una contrazione mentre attraversa le baracche fatiscenti in cui sono passati centinaia di migliaia di carezze, sorrisi, litigi, baci, riappacificazioni, pianti, tragedie. Vagiti.

Nella delegazione tedesco-orientale c’è un uomo che lo fissa. Ha lo sguardo vellutato e i capelli grigi, e a un certo punto gli si avvicina con cautela. Maestri non lo vede subito, e quando incrocia il suo sguardo non riesce a metterlo a fuoco, sono passati troppi anni dall’ultima volta che lo ha visto.

Ma l’uomo coi capelli grigi continua a guardarlo, è a un passo da lui, gli sorride.

«Ciao, Nicola.»

Maestri non risponde subito, non riesce a credere che stia accadendo. Si sente travolgere dall’emozione e deve far ricorso a tutta la sua capacità di autocontrollo, l’arma segreta di una vita intera.

«Non pensavo di rivederti più» dice Maestri.

«Mi avevano detto che saresti venuto anche tu, e ne ho approfittato» gli risponde Sebastian Fuchs. Vorrebbe abbracciare il compagno italiano, ma non bisogna dare nell’occhio, devono apparire due estranei che si conoscono da qualche minuto.

«Sono contento» afferma Maestri simulando distacco. Ha molti occhi addosso, è il premier italiano, una personalità di riguardo.

«Abbiamo pochissimo tempo, continuiamo a camminare e parliamo disinvoltamente.»

Prendono a camminare con gli altri.

«Il polacco è sopravvissuto» dice Fuchs.

«Se l’è cavata, ha una tempra forte.»

«Questo potrebbe crearci molti problemi. I paesi del patto di Varsavia potrebbero subire dei contraccolpi tremendi, dal fallimento dell’operazione.»

«Bisogna riprovare» chiede Maestri. «Alla fine, riusciremo a eliminarlo.»

«Sarebbe un suicidio, non possiamo più toccarlo. Il mondo capirebbe cosa e chi c’è dietro. Sta a noi compensare in qualche modo la presenza di Woityla sulla scena internazionale.»

«Sarà difficile, è una presenza forte e destabilizzante» mormora Maestri. «Sebastian, ultimamente ho avuto problemi con Nunzia. Te la ricordi.».

«L’ex suora. Sì, me la ricordo. Ho sentito dei problemi, ma so che dovresti averli risolti.»

«Non ha retto alla faccenda di Woityla ed è crollata. Era diventata pericolosa e l’ho fatta ricoverare in una casa di cura psichiatrica.»

«Non potevi eliminarla?»

Maestri non risponde, guarda davanti a sé. «Non me la sono sentita» dice poi.

Sebastian lo guarda. «E se dovesse parlare?».

«Tutti credono che sia pazza, nessuno le dà ascolto. E, in quelle condizioni, più cose dice, più passa per pazza.»

Fuchs estrae dalla tasca una busta sigillata e con circospezione la passa a Maestri.

«Cos’è?»

«Sono le istruzioni per attivare una procedura di sicurezza. In gergo chiamiamola ‘Il Regalo’.»

«Di cosa si tratta?»

«È il protocollo 010. È una procedura attivabile in qualunque momento» risponde Fuchs. «Berlino Est passa regolari sovvenzioni a una società di Montecarlo, la Société Générale Des Entreprises, che in realtà è la copertura di un ristretto gruppo di sicari. Da qualche settimana li abbiamo interessati a te, per cui sono pronti a colpire chiunque si metta contro di te e la rete. Agiscono in qualunque momento. È una procedura di emergenza da attivare nel caso in cui dovessero verificarsi situazioni in cui Berlino non può intervenire.»

«D’accordo. Conserverò la busta in cassaforte e la userò solo se servirà.»

Fuchs annuisce. «Speriamo non serva. Come procede il sequestro dell’americano?»

«Bene, per adesso. Lo tengono a Padova e non ci sono problemi, ma il Pentagono ci pressa ogni giorno in modo spaventoso»

«Immagino. Dozier è una pedina importante, per loro.»

«Ora è meglio che vada, Sebastian. Ci guardano» sussurra l’italiano.

«Separiamoci, è meglio.»

«Ci rivedremo ancora?»

Fuchs gli sfiora la mano «Auf wiedersehen, compagno.»