Andrea
Nei giorni successivi iniziai a guardare su internet alcuni asili privati che potessero andare bene per Viola. All’inizio avevo deciso di prendere una tata a tempo pieno ma poi, riflettendo meglio, pensai che non sarebbe stato un bene per mia nipote, così chiusa e silenziosa, trascorrere le sue giornate da sola, in casa, con una babysitter. Sarebbe stato meglio un asilo dove avrebbe potuto interagire con altri bambini della sua stessa età, fare giochi di gruppo e magari, con il tempo, si sarebbe aperta ritrovando un suo equilibrio e una sua serenità. Mi appuntai scrupolosamente tutti i telefoni e gli indirizzi degli asili di zona e decisi che li avremmo visitati di persona uno per uno anche con Viola, per vedere la sua reazione. Nel frattempo mi resi conto che erano già diversi giorni che Ethan era sparito e questo mi faceva male, dovevo assolutamente fargli vedere che nulla tra di noi era cambiato. Ma ancora non sapevo come riuscire a conciliare tutte le cose che avevo da fare e soprattutto come potessi far combaciare gli orari notturni di Ethan con quelli più ristretti e regolari di una bambina di soli cinque anni. Il problema mi si presentò qualche giorno dopo, quando il venerdì mattina Ethan mi chiamò sul cellulare.
«Buongiorno bambolina, ti sono mancato?» esordì con la sua solita sicurezza, tipica di un uomo consapevole del suo fascino. «Sì, mi sei mancato molto e mi stavo proprio chiedendo se mi avessi per caso già tradita con qualche splendida modella» ironizzai.
«Angelo mio, le modelle sono spesso troppo magre per i miei gusti. Tu invece hai carne a sufficienza nei punti giusti». Aggrottai la fronte sentendomi un po’ offesa da quella sua affermazione. «Devo prenderlo come un complimento oppure è soltanto un modo educato per dirmi che dovrei mettermi a dieta?».
Ethan scoppiò in una fragorosa risata dall’altro lato del telefono. «Era un complimento ovviamente! Adoro morderti e affondare le mie mani sul tuo corpo. Dimmi la verità, ti è mancato fare l’amore con me, vero?».
Era dannatamente presuntuoso e terribilmente sicuro di sé. Eppure aveva detto la verità, mi era mancato moltissimo. Sorrisi e arrossii mentre rispondevo «Diciamo che le notti senza di te nel mio letto sono molto tristi e vuote».
Lui rise di nuovo, poi si schiarì la voce e seguitò «Stasera potremmo recuperare il tempo perduto se vorrai. Sono stato invitato all’inaugurazione di un nuovo locale al centro, ti passo a prendere alle sette. Poi passiamo la notte da me».
Il suo non era propriamente un invito ma piuttosto un ordine perentorio. Ethan era un uomo piuttosto corteggiato e non credo fosse abituato a repliche o rifiuti da parte delle donne. Ovviamente morivo dalla voglia di andare con lui ma dall’altro lato non sapevo come fare con Viola. Non avevo ancora trovato una babysitter e non potevo certo portarla con me ed Ethan. D’altra parte se volevo salvare il rapporto con il mio uomo non potevo permettermi di rifiutare il suo invito. Mi morsi il labbro nervosamente non sapendo cosa dire.
«Ehi, ci sei ancora? Hai capito quello che ho detto?» incalzò Ethan al telefono.
E in quel momento mi venne in mente una soluzione. Forse poteva sembrare folle, me ne rendevo conto, ma purtroppo non avevo altra scelta.
«Sì, ho capito, va benissimo. Stasera alle sette» dissi allegra. «Però la notte la passiamo da me» aggiunsi poi tutta d’un fiato temendo un rifiuto da parte di Ethan.
In effetti lui tentò di replicare «A casa tua? Con quella bambina?».
Il suo tono era davvero scortese e sentii una fitta al cuore.
«Quella bambina, come la chiami tu, è pur sempre mia nipote e se passo la notte da te non saprei a chi lasciarla. In fondo cosa cambia da me o da te? L’importante è stare insieme, no?». Seguirono alcuni istanti di silenzio.
«Va bene, ma te l’ho già detto, cerca di risolvere questa storia. Rivoglio la nostra libertà e ti rivoglio al tuo posto di lavoro» sbuffò Ethan.
Poi mi salutò dandomi appuntamento a quella sera. Non appena misi giù il telefono mi precipitai a chiamare Andrea. Lui era la sola, unica e folle soluzione che mi era venuta in mente per lasciare Viola. In fondo ci conoscevamo da tre anni, era un bravo ragazzo, educato e gentile, mi fidavo di lui. Speravo solamente che non avesse impegni per quel venerdì sera, ma ero fiduciosa poiché Andrea non era un tipo molto socievole e non usciva spesso. Il suo cellulare fece tre squilli, poi per fortuna mi rispose.
«Camilla, ciao. È strano ricevere una tua telefonata. Per caso ti serve qualcosa?» mi chiese con un velo di sottile ironia.
Per un attimo mi mancò il coraggio di parlare. In effetti, a pensarci bene, non era stata una buona idea chiamarlo e Andrea mi avrebbe considerata un’opportunista sfacciata. Ma non avevo nessun’altra alternativa, così tirai un sospiro e mi decisi a chiederglielo.
«In effetti sì, mi servirebbe disperatamente il tuo aiuto. Ho un impegno improvviso questa sera e non so a chi affidare mia nipote. So che ti sto chiedendo moltissimo e se mi dirai di no lo capirò ma…» mi morsi il labbro e aspettai imbarazzata una sua risposta. Mi rendevo conto soltanto adesso di quanto folle potesse essere la mia idea. Affidare una bambina silenziosa e problematica ad un ragazzo riservato e taciturno che conoscevo a malapena. Stavo già per rinunciare ma Andrea mi colse di sorpresa dicendomi «Va bene, stasera non ho impegni. Posso stare con la bambina, non c’è problema».
Spalancai gli occhi e la bocca per quanto mi stupì la sua risposta. Ormai era troppo tardi per avere qualche ripensamento. Dovevo solo essere fiduciosa e sperare che andasse tutto per il verso giusto quella sera, in fondo si sarebbe trattato solo di poche ore.
«Grazie mille Andrea, mi hai salvato la serata. Senza di te non avrei saputo come fare, grazie davvero» dissi sollevata.
Da qualche tempo a dire il vero mi era balenata la sciocca idea che Andrea potesse avere una simpatia per me. Era sempre sorridente, gentile, premuroso. Ogni pretesto era buono per suonare alla mia porta o per farmi qualche favore. Però, se anche nutrisse qualche sentimento per me, era difficile da decifrare per quel suo carattere schivo e riservato, così distante dalla mia indole esuberante, caotica e frizzante. Ad ogni modo qualunque fosse il motivo che avesse spinto Andrea ad accettare di fare da babysitter a Viola a me non interessava, la cosa importante è che sarei potuta uscire con Ethan e sarei tornata a svagarmi. Iniziai a prepararmi molto tempo prima, provai molti abiti e un’infinità di scarpe e pettinature diverse. Volevo essere bellissima e far capire a Ethan che ero quella di sempre e che nulla era cambiato. Non ero improvvisamente diventata una mamma tutta casa, giocattoli e favole della buonanotte. Quando mancava poco per uscire andai da Viola, che stava come sempre seduta sul divano con il suo coniglietto di peluche, e mi sedetti accanto a lei. Nel frattempo mi arrivò un messaggio di Andrea che stava tardando con il lavoro e diceva di portargli Viola in negozio da lui. Fortunatamente non era troppo distante da casa ma dovevo sbrigarmi.
«Viola, ascoltami. Stasera ho un impegno e non posso stare con te. Adesso ti porto da un mio amico che baderà a te» cercai di usare un tono dolce e rassicurante ma i grandi occhi di Viola mi guardarono con preoccupazione e, anche se lei non disse nulla, capivo che era agitata perché le sue piccole mani stavano stropicciando convulsamente le orecchie del suo coniglietto. Piano piano, con fatica, stavo iniziando a capire i suoi comportamenti. Non voleva parlare, va bene, potevo accettarlo. Ma dovevo sforzarmi di capirla e di comunicare con lei, per il bene di entrambe. Con quella nuova consapevolezza mi obbligai a prestare attenzione ad ogni piccolo dettaglio delle sue espressioni e dei suoi gesti e quello che traspariva adesso erano la sua grande paura e la sua evidente agitazione. Mi stupii di come quella bambina riuscisse a controllare così bene le sue lacrime e la sua agitazione.
«Tesoro non devi aver paura. Andrea è un mio amico e abita qui vicino a noi. È anche venuto a casa qualche giorno fa a chiedermi il caffè, lo ricordi?» seguitai a parlare cercando di tranquillizzarla come meglio potevo. «Non devi preoccuparti, è molto simpatico e potrete vedere insieme la televisione. Adesso ti porto da lui e vedrai che ti piacerà anche il suo lavoro. Sai che negozio ha?» chiesi in tono pacato sorridendole con amore. Mi stupivo di me stessa, di come riuscissi a tranquillizzarla. In quel momento, per la prima volta, sentii un lontanissimo sottile istinto materno fare capolino da qualche angolo del mio animo. Viola smise di torturare le orecchie del suo coniglio e sembrò rilassarsi. Socchiuse gli occhi in una piccola fessura e attese che io continuassi.
«Ah, allora sei curiosa eh, signorina?» risi divertita. Ero riuscita a stuzzicare la sua curiosità e quello era già un piccolo successo. «Andrea lavora in un negozio di animali. Così adesso potrai fargli compagnia e ti potrai divertire a guardare pappagalli, gatti, cagnolini e perfino qualche bel coniglietto come quello che tieni in mano» conclusi allegramente, con aria soddisfatta.
Finalmente gli occhi di Viola tornarono a spalancarsi sereni e brillanti e cercai di leggervi dentro le sue emozioni. Era molto difficile ma volevo riuscire a comunicare con lei e qualche modo dovevo pur trovarlo. Mi sembrò felice e tranquilla. Provai ad allungare la mano per farle una carezza, non avevo mai sentito quel bisogno di contatto da quando l’avevo conosciuta a casa dei miei genitori sei giorni prima. Era la prima volta che mi veniva l’istinto di accarezzarla e me ne stupii a mia volta. Anche Viola ne fu sorpresa e, di istinto, si ritrasse da me. Io rimasi così, con la mano sospesa in aria, non sapendo bene cosa fosse giusto fare. Ma lei, dopo pochi istanti si rilassò e si avvicinò nuovamente a me, permettendo alla mia mano di appoggiarsi sul suo viso. Era caldo e liscio come una pesca, mi diede una bella emozione di amore e di calore. E sentii nel mio cuore che forse io e Viola avevamo messo un altro piccolo mattoncino per la costruzione di una fiducia reciproca.
Poco dopo ci ritrovammo io e lei, mano nella mano, per strada, dirette al negozio di Andrea, dove la lasciai dopo qualche minuto. «Vorrei dirti solo una cosa su Viola» ci tenni a precisare ad Andrea quando arrivammo. «È una bambina un po’ particolare, spesso resta in silenzio e, se la forzi a parlare, si chiude ancora di più in sé stessa. Quindi ti chiederei la cortesia di avere molta pazienza con lei» dissi quasi in un sussurro, leggermente imbarazzata. Andrea mi sorrise dolcemente con uno sguardo che, non so perché, mi fece battere forte il cuore.
«Allora io e Viola abbiamo davvero tante cose in comune. Sono sicuro che andremo molto d’accordo» replicò serenamente. Era davvero un ragazzo in gamba, gli dovevo molto per quel favore e per la sua gentilezza. Lo ringraziai di cuore, poi mi chinai a fare una carezza a Viola e uscii a passo svelto dal negozio. Sarei dovuta essere elettrizzata all’idea di rivedere Ethan dopo tanti giorni, felice all’idea di trascorrere una serata insieme a lui a bere, mangiare e fare l’amore, eppure ero inquieta lontano da Viola. Non sapevo spiegarmi nemmeno io come mai ma una parte di me non vedeva l’ora di tornare a casa da lei.