12
Tienimi la mano
Mi svegliai di ottimo umore. Era una fredda domenica mattina di febbraio ma il cielo era sereno, senza neppure una nuvola e un tiepido sole entrava dalle serrande della mia finestra. La serata precedente era stata davvero piacevole. Andrea si era fermato a cena da noi, avevamo chiacchierato e riso tutta la sera, finché alla fine Viola aveva iniziato a stropicciarsi gli occhi dal sonno e lui con garbo ed educazione ci aveva salutato ed era andato via. Era sempre molto attento e premuroso, stavo bene con lui, mi sentivo a mio agio e potevo essere me stessa. Era riuscito perfino a non farmi pensare a Ethan che nel frattempo se la stava spassando a Parigi senza di me. Mi stiracchiai dentro al letto sbadigliando pigramente, faceva molto freddo e non avevo voglia di uscire dal piumone. Ma quella mattina in realtà avevo un ottimo e valido motivo per alzarmi e vestirmi. Infatti Andrea la sera precedente aveva promesso a Viola che saremmo andati allo zoo. In verità non sapevo nemmeno se lei sapesse cosa fosse uno zoo, se magari mia sorella qualche volta ce l’avesse mai portata e il fatto che Viola seguitava a non parlare non mi aiutava di certo a scoprire come avesse vissuto fino ad allora. Pazienza, non volevo scoraggiarmi proprio adesso che la vedevo più serena e che le cose lentamente sembravano andare meglio. Ripensavo anche a quel grazie che lei mi aveva sussurrato il giorno prima e sentivo un’insolita felicità nel cuore. Mi alzai con una inconsueta energia che di solito non avevo di prima mattina. Mi feci una doccia veloce, misi un paio di jeans e un maglioncino rosso, raccolsi i miei capelli biondi in una morbida treccia e mi passai un leggero filo di trucco sugli occhi. Non sapevo nemmeno io perché mi facessi bella, in fondo andavo solamente allo zoo con mia nipote e il mio vicino di casa verso il quale, questo era evidente, non provavo nessun tipo di interesse né di attrazione. Questo era un punto fermo nel mio personale decalogo sulle regole di buon vicinato. Va bene, era una regola che avrei tenuto a mente, ma nel frattempo aggiunsi al mio look anche un paio di orecchini, un velo di rossetto e un paio di stivali che mi stavano d’incanto. In fondo nelle mie regole di buon vicinato non vi era nessun punto che vietava di farmi bella nel caso fossi uscita col mio vicino di casa. Era semplicemente buona educazione. Mi osservai allo specchio soddisfatta. Quando mi voltai Viola era in piedi sulla soglia della mia camera che mi osservava.
«Bene, eccoti qua. Stavo proprio per venirti a svegliare. Andiamo a vestirci che tra poco ci passa a prendere Andrea». Poi ci pensai un po’ su e aggiunsi «Naturalmente portiamo anche Nina e Pippi se vuoi».
Lei ci pensò un po’ su e scosse la testa in segno di diniego. Ne fui stupita.
«Non vuoi portare con te Pippi? Vuoi venire solo con me e Andrea?» ripetei per esserne sicura.
Avevo capito che la sua amica immaginaria era per lei un’ancora di salvezza davanti all’imprevedibilità degli eventi, pensavo che portarla sempre con sé la aiutasse ad affrontare meglio la vita e le sue paure. Lei allargò la bocca in un grande sorriso e disse in un sussurro «Sì».
Sorrisi a mia volta, felice di aver compiuto insieme a lei un altro piccolo passo in avanti verso la comprensione e la fiducia reciproca. Un "grazie" ieri, un "sì" oggi, e forse piano piano sarebbe tornata a parlare come qualsiasi altra bambina della sua età. Non avevo più nessuna fretta, avevo finalmente capito che dovevo aver pazienza e che avrei dovuto aspettare con amore i suoi tempi. Ed ero anche molto felice che Viola avesse accettato di uscire senza la compagnia e l’appoggio della sua buffa amica immaginaria Pippi. Forse lentamente avrebbe fatto a meno di quel suo mondo inventato dove si era rifugiata. Puntuale e sorridente Andrea ci venne a prendere alle dieci in punto e ci dirigemmo allo zoo. L’aria era fredda e piuttosto pungente ma la giornata era splendida, con un bel cielo azzurro che sembrava dipinto dai pastelli di un bambino. Appena entrati allo zoo Viola spalancò i suoi grandi occhi e il verde delle sue iridi brillò. Guardava a destra e a sinistra ogni singola gabbia, scrutando con gioia e attenzione ogni animale, correndo di qua e di là, indecisa su dove andare, euforica ed eccitata. Mi scaldava il cuore vederla tanto contenta.
«Devo proprio ringraziarti per oggi, hai avuto un’idea magnifica a venire qui. Viola ama gli animali a quanto pare» dissi ad Andrea mentre passeggiavamo uno di fianco all’altra, seguendo lentamente Viola che invece ci precedeva correndo e saltando, per poi fermarsi poco dopo, con gli occhi spalancati, davanti alla gabbia di qualche animale. Adesso era intenta ad osservare due zebre che ruminavano pigramente dell’erba.
«L’ho vista così serena quando è in negozio da me che ho pensato subito che lo zoo sarebbe stato perfetto per lei» rispose Andrea mettendo le mani vicino alla bocca per scaldarle con il fiato.
«Non so se forse è solo una mia impressione o se mi sto solo illudendo, eppure negli ultimi giorni mi sembra più felice. Sorride molto di più, adora la sua nuova cameretta e mi ha perfino sussurrato qualche piccola parolina» affermai con orgoglio.
Andrea sgranò gli occhi e mi prese d’impulso le mani tra le sue. «Ma è stupendo! Vedi che hai capito come aiutarla?».
«Beh, sì, in verità ha detto solo un grazie, ma diciamo che so accontentarmi» bofonchiai leggermente in imbarazzo per quel nostro contatto così intimo.
Lui forse se ne accorse perché mi lasciò prontamente le mani mettendo le sue nelle tasche della giacca.
«Scusa, mi sono fatto prendere dall’enfasi» si giustificò.
Scossi la testa sentendomi improvvisamente una sciocca.
«Scusarti? Io invece vorrei ringraziarti perché senza i tuoi consigli forse non avrei mai aperto gli occhi e non mi sarei neppure sforzata di trovare un’altra strada per comunicare con Viola».
Gli sorrisi. Lui ricambiò il sorriso. Restammo in silenzio, un po’ a disagio. Viola si rimise a correre, attirando la nostra attenzione. Questa volta si fermò davanti alla gabbia degli elefanti osservandoli a bocca aperta, probabilmente colpita dalla loro grandezza. Andrea si avvicinò e la prese in braccio, cosa che io non avevo invece ancora mai fatto a pensarci bene. Lei non si ritrasse, anzi si lasciò prendere da lui e si avvinghiò stretta al suo collo.
«Come riesci a farlo?» gli chiesi imbronciata.
«A fare che cosa?» rispose lui con aria interrogativa.
«Questo» dissi indicando Viola stretta a lui. «Siete stati insieme solo poche ore e lei già ti adora».
Incrociai le braccia sul petto aggrottando la fronte.
Andrea scoppiò a ridere di cuore mentre rispondeva «Non dirmi che sei gelosa? Sei così buffa…. Ad ogni modo credo semplicemente che io e Viola siamo entrati subito in sintonia. Sarà che entrambi siamo riservati e silenziosi». Mi diede un colpetto con il gomito, poi rimise Viola giù, in terra. «E comunque sei terribilmente carina quando metti il broncio» aggiunse per nulla imbarazzato.
Fui io invece che arrossii sentendomi a disagio sotto il suo sguardo penetrante.
«Oh beh, grazie» mormorai impacciata. Poi cercando di buttarla sullo scherzo aggiunsi «Cos’è? Vuoi forse corteggiarmi?».
«Potrei anche farlo, non sottovalutarmi» rispose, facendosi stranamente serio.
Quella conversazione stava prendendo una piega inaspettata e iniziavo a sentirmi davvero in imbarazzo.
«Sono fidanzata comunque» affermai senza guardarlo.
Anche se, a essere onesta con me stessa, in quegli ultimi giorni Ethan era stato l’ultimo dei miei pensieri e non avevo nemmeno sentito troppo la sua mancanza.
«Sei fidanzata con quell’americano arrogante e vanitoso? Sì, me ne sono accorto. Ma se davvero volessi corteggiarti sappi che non mi farei intimorire da Mister Sesso Focoso» replicò Andrea con un’alzata di spalle.
A me venne da ridere sentendo il nomignolo che aveva affibbiato ad Ethan e non riuscii a trattenere una risatina divertita.
«Puoi anche ridere mia cara ma lo sai anche tu che è un pallone gonfiato che si permette di essere così sicuro di sé soltanto per i soldi che ha. Non ha niente da spartire con te, dannazione! Siete così diversi che non capisco come ti abbia conquistata» seguitò Andrea alzando i toni.
Sgranai gli occhi e spalancai la bocca incredula. Non lo avevo mai visto arrabbiato prima d’ora e soprattutto ci conoscevamo così poco che non era nella posizione di dirmi chi dovessi frequentare. Stavo già per rispondergli a tono, piuttosto infastidita, quando Viola corse nuovamente verso un’altra gabbia e anche noi le corremmo dietro per non perderla di vista tra la gente che iniziava ad aumentare. Questa volta ci fermammo davanti alla gabbia delle scimmie che gridavano facendo una gran confusione e saltavano instancabili da un albero all’altro. Inspirai profondamente cercando di riprendere fiato dopo quella corsa nell’aria fredda e allo stesso tempo cercai di non apparire maleducata mentre dicevo piuttosto risentita «Ethan sarà anche vanitoso o arrogante alcune volte, devo ammetterlo, ma è pur sempre il mio fidanzato e ti prego in mia presenza di non usare certi appellativi quando parli di lui».
Andrea sospirò e tirò un calcio ad un sasso.
«Hai ragione, perdonami. Non è mia abitudine essere scortese o giudicare chi non conosco. Forse ho esagerato, è solo che tu sei….» si morse il labbro senza finire la frase.
Lo guardai con aria interrogativa.
«Io sono cosa?» lo incalzai sospettosa.
Andrea sembrava titubante.
«Tu sei così speciale, così allegra, intelligente che… Ma hai ragione, non dovevo intromettermi, ti chiedo scusa» terminò senza riuscire a guardarmi negli occhi. Mi sentii nuovamente avvampare in volto. Ormai era chiaro che Andrea aveva degli effetti inaspettati sul mio sistema emotivo. Ogni sua parola sembrava colpirmi dritta al cuore e, con mia grande sorpresa, non mi lasciava indifferente. Questa cosa iniziava a spaventarmi. Mi avvicinai a Viola e mi accovacciai accanto a lei facendole una carezza sui capelli. Lei mi guardò serena mentre con il suo piccolo dito indicava due scimmie che si dondolavano insieme su un copertone nero appeso a un ramo. Io e Andrea restammo per un po’ senza parlare e il nostro silenzio si unì a quello di Viola, in netto contrasto con le grida assordanti di tutte quelle scimmie intorno a noi. In quel momento, non so perché, mi venne in mente all’improvviso un’idea e pensai di parlarne con Andrea. Così decisi di lasciare da parte il nostro piccolo battibecco di poco prima riguardante Ethan e alzandomi nuovamente in piedi gli dissi: «Mi è venuta in mente una cosa riguardo il grande attaccamento che Viola nutre nei tuoi riguardi». Lui mi osservò inarcando un sopracciglio. Io mi avvicinai ancora di più a lui e abbassai il tono della voce per non farmi udire da Viola.
«Pensavo che potrebbe essere per il fatto che lei non ha mai conosciuto il suo papà. Voglio dire, non ha mai avuto, almeno credo, una figura maschile di riferimento alla quale aggrapparsi. Potrebbe essere per questo che si è subito affezionata a te» conclusi quasi in un bisbiglio sommesso.
«Ma sai che questa volta sei tu che sorprendi me? Non ci avevo pensato ma in effetti hai ragione, potrebbe essere una spiegazione plausibile» rispose aggrottando la fronte e facendo comparire una buffa ruga nel mezzo.
«Non voglio caricarti di responsabilità che non ti competono affatto, me ne rendo conto» seguitai ad occhi bassi leggermente imbarazzata per ciò che stavo per domandargli «ma sarebbe molto bello se tu seguitassi ogni tanto a venirci a trovare a casa e a trascorrere del tempo con noi».
Mi morsi il labbro pentendomi subito di quel noi e corsi ai ripari. «Volevo dire trascorrere del tempo con lei, con Viola ovviamente. Questo intendevo» mi corressi rapidamente.
"Oddio sembro una liceale alla sua prima cotta " pensai arrabbiata con me stessa. Ma che diavolo mi stava succedendo? Ma fortunatamente Andrea sembrò non aver fatto caso a quel mio piccolo lapsus. «Non c’è nessun problema, davvero. Mi fa piacere trascorrere qualche ora con Viola e se questo pensi che possa aiutarla ben venga. In fondo non devo nemmeno fare troppa strada visto che siamo vicini di casa» disse scoppiando a ridere. 
Io lo imitai perché aveva una risata così pulita e calda che mi metteva sempre di buonumore. Anche Viola sembrò accorgersi della nostra serenità e, forse, anche della nostra sintonia perché si staccò dalle sbarre della gabbia dove era stata fino a quel momento intenta a guardare le scimmie e si avvicinò a noi. Afferrò con una sua piccola mano quella di Andrea e con l’altra la mia, poi ci guardò entrambi con il nasino all’insù sorridendo. Sentii una sensazione di calore invadermi e pensai che alcune volte basta davvero poco per essere felici, come ad esempio, sentire la propria mano stretta dentro quella di un bambino, in una fredda mattina di febbraio, in una divertente gita allo zoo, in compagnia di un ragazzo silenzioso e discreto che stava forse lentamente conquistando parte del mio cuore.