14
Paura
Poco dopo le otto di sera suonò il campanello. Io ero sul divano a leggere un libro e Viola stava buona a giocare in camera sua. Avevamo finito di cenare da pochi minuti. Corsi ad aprire convinta che a quell’ora potesse essere solo Andrea. Invece mi trovai davanti Ethan che entrò come un uragano dentro casa sbattendosi la porta alle spalle.
«Dimmi un po’ sei impazzita?» mi urlò contro puntandomi un dito a pochi centimetri dal naso.
Mi allontanai da lui perché a dire il vero mi spaventava molto quando perdeva le staffe e sapevo che poteva diventare violento. «Impazzita? Veramente credevo che fossi tu quello che dovesse darmi delle spiegazioni» dissi facendo spallucce mentre tornavo a sedermi nuovamente sul divano fingendo di ignorarlo.
«Io non ti devo nessuna spiegazione e comunque non era certamente il bar il luogo adatto per parlare del nostro rapporto» seguitò a gridare mentre misurava a grandi passi la stanza. «Credevo di essere la tua fidanzata, pensavo che stessimo insieme. Quindi permettimi di dire che se ti vedo in atteggiamenti piuttosto intimi con un’altra donna è naturale che io mi possa arrabbiare, non credi?» risposi con tono tagliente. Era assurdo come Ethan riuscisse sempre a far passare me dalla parte del torto anche quando era palese che fosse stato lui a commettere un errore. Non sarei stata al suo gioco quella volta, non mi sarei presa la colpa.
«Non è colpa mia se tu ultimamente ti sei dimenticata di me e del nostro rapporto per metterti a giocare a mamma e figlia» affermò Ethan puntandomi addosso due occhi di ghiaccio così rabbiosi che sembravano lame di coltello.
«Quindi fammi capire, se tu ti porti a letto un’altra donna la responsabilità è soltanto mia perché ultimamente non sono più disponibile a fare sesso appena tu schiocchi le dita?» gridai a mia volta, furiosa.
Sentii lacrime di rabbia e delusione velarmi gli occhi ma le ricacciai indietro perché non volevo dare a Ethan la soddisfazione di vedermi piangere per lui. In quel momento mi chiesi solamente come avevo fatto a innamorarmi di un tipo così. «E non ti chiederò neppure chi fosse la bambola dai capelli rossi con la quale stavi dando spettacolo nel bar perché non cambierebbe le cose saperlo» aggiunsi voltandomi verso la finestra per non mostrargli i miei occhi lucidi.
«Ci sono andato a Parigi se proprio desideri saperlo, le ho offerto una cena sulla Senna e abbiamo alloggiato in un lussuoso albergo. Tutte cose che avrei dovuto fare con te se tu non avessi fatto tanto la preziosa e fossi invece partita con me» mi apostrofò Ethan con un’alzata di spalle.
Ogni sua parola era una ferita profonda nel mio cuore. Possibile che io mi fossi sbagliata così tanto sul suo conto? Possibile che fossi stata così cieca da stare per mesi assieme a un uomo così dannatamente egoista e cinico? Sentii una tale frustrazione e una tale rabbia che la sola cosa che desiderai fu vederlo uscire immediatamente da casa mia.
«Ci sei nato così stronzo oppure hai fatto un corso accelerato? Sicuramente ti sarai diplomato col massimo dei voti» sibilai con una smorfia cercando di mascherare la mia frustrazione usando un tono volutamente calmo e strafottente. Ma il dolore che provavo dentro mi fece tremare la voce tradendo le mie emozioni.
«Camilla devi scegliere la vita che vuoi fare. O con me o senza di me» replicò lui con freddezza, senza nemmeno guardarmi negli occhi. Soltanto in quel momento mi accorsi che Viola era nascosta dietro al muro e faceva capolino guardandoci. Maledizione! Ero stata così presa dalla discussione che mi ero totalmente dimenticata di Viola. Mi chiesi da quanto tempo lei fosse là ad ascoltarci. Avrei dovuto pensarci prima. Lessi sul suo viso un’espressione spaventata e avrei tanto voluto rassicurarla ma adesso dovevo prima pensare a mandare via Ethan. Feci un profondo respiro tentando disperatamente di recuperare la calma, poi, sforzandomi di sorridere le dissi ad alta voce: «Viola, tesoro, torna in camera tua per favore. Resta di là a giocare». Cercai di usare un tono di voce fermo e deciso, sperando che mi ubbidisse come faceva di solito. Infatti lei subito sparì dalla mia vista. Ethan sogghignò mentre diceva con voce sprezzante «Vedi? Intendo questo. Ci sta sempre quella ragazzina tra i piedi. E tu non sei più quella di prima».
Lo guardai con aria di sfida. «Hai ragione, sai? Forse Viola mi sta cambiando ma in meglio. Sto aprendo gli occhi su ciò che sono diventata e la donna che vedo non mi piace affatto. Ho perso di vista i veri valori nei quali credevo, troppo assorbita dal lavoro e da te, dai tuoi ritmi folli, dalle cene costose, dai ricevimenti di lusso» lo incalzai sollevando caparbia il mento. «Allora mia cara temo che tu non vada più bene né per il nostro lavoro né per me» rispose lui con una tale freddezza che mi sentii gelare.
Allora era vero, non mi aveva mai amata. Ero sempre stata solo un piacevole passatempo per lui. Una bella ragazza da esibire al suo fianco, niente di più di questo. Sentii mancarmi la terra sotto i piedi e mi sembrò di non riuscire più a respirare.
«Sei un vigliacco della peggior specie. Mi fai schifo. Esci subito da casa mia» sibilai con fermezza, completamente svuotata.
Lo odiavo e non gli avrei permesso di ferirmi ancora un solo minuto di più. Ma Ethan all’improvviso con un balzo si avventò su di me, come un leone che ha braccato la sua preda. Mi spinse stesa sul divano iniziando a tempestarmi di baci.
«Lasciami immediatamente!» gridai, spaventata da quel suo gesto che non mi aspettavo e che mi colse alla sprovvista.
Lui mi strinse i polsi facendomi male. «Sei mia, lo sei sempre stata e sempre lo sarai» sibilò nel mio orecchio.
«Ma sei impazzito? Che diavolo stai facendo?» seguitai a strillare cercando di divincolarmi.
Ma il peso del suo corpo sopra il mio era pressante, mi schiacciava e non riuscivo a liberarmi. Adesso che eravamo così vicini sentii che il suo alito puzzava di alcol e iniziai ad avere paura.
«Hai bevuto ancora? Dio mio Ethan sei ubriaco! Lasciami andare… mi fai male» supplicai mentre il cuore mi batteva nel petto come un tamburo.
Viola.
Pensai immediatamente a lei. Sicuramente aveva sentito le mie grida, forse adesso stava piangendo spaventata in camera sua. Dovevo assolutamente controllarmi per non metterle paura e cercare di calmare Ethan. Ma lui seguitava a baciarmi ovunque mentre mi stringeva i polsi tenendomi le braccia bloccate in alto, sopra la testa.
«Non fare la stronza, so che mi desideri quanto io desidero te. Siamo una forza noi due insieme, tu senza di me non sei nulla» bisbigliò ansimando nel mio orecchio.
Poi con un gesto fulmineo mi sfilò la maglia del pigiama e si avventò sul mio seno. Iniziò a baciarlo lasciandomi una disgustosa scia umida di saliva con la sua lingua. Poi mi morse un capezzolo così forte da farmi urlare per il dolore che provai. A quel punto iniziai davvero a temere il peggio e lacrime di rabbia mista a paura cominciarono a rigarmi il viso.
«Lasciami immediatamente! Ethan non fare lo stronzo! Non voglio fare sesso con te, merda!» gridavo e urlavo senza riuscire a trattenermi e iniziai a scalciare con le gambe come una matta nel tentativo disperato di liberarmi di lui.
Poi, improvvisamente mi sentii leggera, qualcuno spinse Ethan che rotolò giù dal divano lasciandomi finalmente libera. Non capivo cosa stesse succedendo. Mi asciugai gli occhi annebbiati dalle lacrime e vidi Andrea in piedi accanto a me, con il viso teso, la mascella contratta, i pugni chiusi contro i fianchi, gli occhi ridotti ad una fessura.
«Ti ha detto di lasciarla stare mi sembra. Sei sordo?» disse con rabbia, quasi ansimando.
Ethan, dopo un primo momento di stordimento e stupore, si rialzò da terra e si spazzolò con calma calcolata i vestiti. «Eccolo qua, il salvatore della damigella in difficoltà. Sei forse la brutta controfigura di Superman?» chiese con la sua solita spavalderia mentre si passava una mano tra i capelli. Si dipinse sul viso un sorrisetto arrogante, per nulla intimorito dall’arrivo di Andrea.
«Se io sono l’eroe tu interpreti perfettamente la parte del cattivo. Anzi, più che del cattivo direi dello stronzo» replicò Andrea sostenendo il suo sguardo.
Ethan con un balzò si avventò su di lui e gli sferrò un pugno. Io urlai spaventata ma Andrea sorprendentemente lo schivò. «Mancato» disse con un ghigno beffardo.
Lo guardai stupita, non lo avevo mai visto prima d’ora così furioso e battagliero. Nonostante la situazione tragica in cui mi trovavo rimasi affascinata e colpita da quel nuovo lato di Andrea che non conoscevo.
«Pura fortuna» rispose Ethan cercando di colpire nuovamente Andrea che, però, schivò anche questo secondo colpo.
«Non costringermi a picchiarti a mia volta perché ti posso assicurare che i miei colpi vanno sempre a segno» disse a denti stretti Andrea mentre serrava così forte i pugni che le sue nocche divennero bianche.
Restarono per qualche secondo così, entrambi fermi, immobili, con le mascelle serrate e i pugni chiusi, uno davanti all’altro. Io trattenni il fiato spaventata. Poi Ethan sembrò rilassarsi e con la sua consueta presunzione si rivolse verso di me. «Credo che non ci sia più niente che io e te dobbiamo dirci. Nei prossimi giorni rivedrò anche la tua posizione sul lavoro».
Tanta freddezza, indifferenza e maleducazione da parte sua mi spezzarono il cuore e rimasi pietrificata senza riuscire a rispondere nulla. Avrei voluto trovare qualcosa dirgli, con altrettanta cattiveria e sfrontatezza, ma purtroppo non mi venne in mente nulla, ero troppo ferita e le mie labbra rimasero incollate, le parole intrappolate in bocca. Ci pensò Andrea a venirmi in aiuto e, mentre Ethan lo superava per uscire di casa, lui gli disse imperturbabile e gelido «Sai qual è stato l’unico errore di Camilla? Non accorgersi prima del tuo smisurato egocentrismo. Il sesso dovresti farlo con il tuo ego».
Ethan si fermò un istante sulla soglia, indeciso se ribattere qualcosa o andarsene. Evidentemente non si aspettava quel nuovo Andrea così forte e combattivo che era improvvisamente emerso. Poi, senza nemmeno voltarsi, rispose da sopra le spalle in tono sprezzante «Non mi sei mai piaciuto tu, sappilo. Sapevo che dietro la tua aria da bravo ragazzo, schivo e riservato, nascondevi dell’altro. Ma lei non sarà mai tua come lo è stata con me, tu non sarai mai alla mia altezza».
Non potevo credere che Ethan lo avesse detto davvero. Non potevo credere fosse tanto stronzo e presuntuoso. Non potevo credere di essermi sbagliata così tanto sul suo conto. Non potevo credere di essermi illusa di amarlo mentre invece eravamo così profondamente diversi. Sbarrai gli occhi incredula mentre la rabbia iniziava a prevalere sulla tristezza che poco prima avevo provato. Mi accorsi forse per la prima volta di quanto Ethan non fosse nemmeno lontanamente paragonabile all’uomo che credevo di amare e mi odiai per essere stata così cieca.
«E tu non troverai mai un’altra donna come Camilla, nemmeno se la cercassi tra tutte le migliaia di bambole patinate che superficialmente ti porti a letto» ribadì Andrea scuotendo la testa, con un sorriso sarcastico in viso.
Ethan non si voltò, uscì dalla porta e sparì dalla mia vista, nonché dalla mia vita. Andrea richiuse la porta e subito si avvicinò a Viola che per tutto il tempo era rimasta nascosta in fondo alla stanza, accovacciata dietro a una sedia. Mi fece una tenerezza infinita e provai una fitta al cuore. Poi, incapace di trattenermi oltre, scoppiai in un pianto a dirotto, lasciando che le lacrime mi bagnassero il viso e violenti singhiozzi scuotessero il mio corpo.