Riflessi di luna
Tornammo a casa piuttosto brilli, per lo meno io lo ero. Non bevevo spesso perché non reggevo l’alcol e in genere bastavano due bicchieri di vino per farmi subito girare la testa. Ma quella sera ricordare il mio passato mi aveva fatto male, dovevo tirarmi su e ritrovare l’allegria e pensai che qualche bicchiere di vino non avrebbe potuto farmi altro che bene.
«Non sapevo che il vino ti facesse un simile effetto altrimenti non ti avrei lasciato bere nemmeno un goccio» mi prese in giro Andrea mentre mi sosteneva con un braccio intorno alla vita aiutandomi a salire le scale.
Scoppiai a ridere aggrappandomi forte al suo braccio.
«Alcune volte bere fa bene, aiuta a dimenticare i dolori e caccia via i brutti pensieri» risposi farfugliando mentre cercavo di mettere un piede davanti l’altro senza cadere. «Questi tacchi comunque sono decisamente troppo alti, soprattutto dopo aver bevuto un paio di bicchieri di vino» aggiunsi infastidita.
«Questi tacchi sono decisamente sexy invece e ti rendono tremendamente sensuale. E comunque i bicchieri erano tre perché dopo il dolce hai pensato bene di bere anche il mio limoncello e non sapevo che tu non reggessi l’alcol. Ma forse tu non reggeresti nemmeno un succo di frutta» mi prese in giro Andrea dandomi un colpetto sul naso.
«Ridi ridi ma intanto sei tu che hai voluto ordinare il vino» risposi fingendomi offesa e mettendo il broncio.
Nel frattempo eravamo arrivati davanti alla porta di casa di Andrea.
«Abbassa la voce che finirai per svegliare Viola anche da qui» mi sussurrò lui facendomi segno di stare zitta portandosi l’indice davanti alle labbra. «E togli quel broncio che mi fa venire voglia di baciarti» aggiunse poi guardandomi dritto negli occhi. Mi piaceva da impazzire quel suo modo diretto di corteggiarmi, era educato ma allo stesso tempo sfrontato, dolce ma passionale. Stavo ancora riflettendo su quale fosse la cosa più adatta da dire quando lui mi chiese «Vuoi venire da me che ti preparo un caffè?».
«È un altro modo educato e innovativo per invitarmi a vedere la tua collezione di farfalle? Non sono nata ieri, sai?» risposi ridendo, con un ghigno malizioso.
La faccia stupita di Andrea mi fece capire che forse il caffè voleva offrirmelo davvero e non era una scusa per portarmi a letto. Ero stata decisamente sfacciata e mi ero comportata da idiota. Ultimamente sembrava fosse la cosa che mi riuscisse meglio.
«Scusami, il vino deve avermi dato alla testa. Prenderò volentieri un caffè, grazie» aggiunsi, cercando di darmi un contegno. In realtà da un lato ero anche delusa che lui non avesse secondi fini, mi stava facendo impazzire. Alcune volte sembrava che impazzisse d’amore per me, si vedeva che gli piacevo, non lo nascondeva più ormai, ma poi al dunque sembrava avesse paura di fare qualcosa di sbagliato e si tirava indietro. Forse non ero abbastanza per lui. Andrea aveva già aperto la porta di casa e si stava togliendo la giacca quando a un certo punto quel pensiero, di non essere abbastanza nemmeno per lui, di essere rifiutata così come mi aveva rifiutata Luca, mi annebbiò la mente di tristezza e mi velò gli occhi di lacrime. «Preferisco tornare a casa» dissi all’improvviso con freddezza. Lui si voltò di scatto e mi guardò stupito con aria interrogativa. «Non capisco. Avevi appena detto che volevi un caffè» chiese confuso.
Scossi la testa, avevo un nodo in gola che non mi permetteva di parlare e una tale confusione nella testa che mi rendeva difficile ragionare lucidamente. Mi appoggiai al muro e lacrime silenziose mi rigarono le guance. Andrea si avvicinò, mi tirò dolcemente dentro casa, richiuse la porta alle mie spalle e mi sfilò via il cappotto. Lo lasciai fare senza opporre resistenza. «Mi dici cosa ti succede? È a causa di Luca e Alessia? Mi sento in colpa per averti chiesto di raccontarmelo, ho rovinato la cena» mormorò affranto abbassando lo sguardo.
«Non è per loro, è per te» risposi d’impeto.
Lui alzò lo sguardo e gli occhi divennero due fessure. «Per me? Non capisco…»
Mi stavo davvero innervosendo. Stava giocando? Possibile che alcune volte sembrava capirmi perfettamente, come se mi leggesse dentro all’anima e poi invece, altre volte, era così distante da me, tanto da non capire cosa provassi? Abbassai lo sguardo e mi incupii. Poi sbottai.
«Mi inviti fuori a cena in un ristorante romantico e bellissimo, mi regali un abito elegante e seducente, mi inviti a prendere un caffè e poi? Non capisco cosa vuoi da me, non capisco cosa provi. Mi baci ma poi mi chiedi scusa e ti allontani. Un momento sembra che mi desideri e un attimo dopo sei capace di sparire per giorni» gridai asciugandomi le lacrime mentre sentivo la rabbia aumentare sempre di più. «Oh, senti, lascia stare! Non voglio nemmeno più parlarne, lasciamo perdere tutto. Voglio andare a casa mia» aggiunsi spazientita mentre con una spinta cercai di superarlo per andare a riprendermi il cappotto che poco prima lui aveva poggiato sul divano.
Ma Andrea questa volta fu più veloce di me, mi afferrò per un braccio e mi bloccò con le spalle al muro. Lo guardai furiosa. «Non sai nemmeno di cosa stai parlando» mi disse accigliandosi mentre mi teneva bloccata.
Cercai di divincolarmi ma lui non mollava la presa. Si avvicinò a me, il suo corpo sfiorò il mio e le sue mani mi lasciarono i polsi risalendo sulle mie braccia con una carezza leggera. Sentii il fuoco bruciare ogni cellula del mio corpo e chiusi un attimo gli occhi per non mostrargli quanto io lo desiderassi. Sapeva farmi impazzire con un solo tocco, dannazione! Ma non volevo cedere, non stavolta. Alzai il mento caparbiamente e fissandolo negli occhi, sibilai: «Lasciami andare immediatamente».
Ma le sue mani seguitarono il loro percorso raggiungendo le mie spalle nude, proseguirono sul mio collo e si insinuarono sotto i miei capelli, accarezzandomi la nuca. Sentii il battito del mio cuore accelerare pericolosamente e per sottrarmi a quella piacevole tortura feci uno scatto laterale per cercare di liberarmi. Andrea fu rapido quanto me e mi fermò nuovamente per un polso. Senza volere, muovendomi, spinsi con la schiena l’interruttore della luce e subito l’oscurità ci avvolse. Eppure anche al buio riuscivo a vedere le pagliuzze color ambra brillare nei suoi occhi che rischiaravano la notte come quelli di un gatto. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla luce intrappolata nei suoi occhi come se fossero mille stelle del cielo imprigionate nelle sue iridi. Ne rimasi incantata.
«Pensi davvero che tu mi sia indifferente?» mi chiese all’improvviso Andrea in un bisbiglio così sommesso che feci fatica a udire le sue parole.
Non risposi e voltai la testa di lato perché temevo riuscisse a leggere dentro i miei occhi tutto l’amore e il desiderio che provavo in quel momento. Lui si chinò su di me, sprofondando il suo viso sul mio collo, tra i miei capelli sciolti, annusandomi profondamente come se io fossi un fiore. Poi sentii le sue labbra dischiudersi e mordermi delicatamente il lobo dell’orecchio, poi il collo, infine una spalla. Non appena la sua bocca e il suo respiro sfiorarono la mia pelle sentii infiniti brividi correre lungo la schiena e un calore intenso invadermi tutto il corpo.
«Vuoi sentire quanto ti desidero?» mi sussurrò dolcemente all’orecchio.
Un attimo dopo si appoggiò a me, premendo il suo corpo sul mio e immediatamente sentii la sua eccitazione spingere tra le mie gambe. Arrossii e ringraziai che fosse buio intorno a noi, altrimenti sarei sembrata una ragazzina impacciata al suo primo appuntamento. E, in effetti, era esattamente così che mi sentivo ultimamente con Andrea.
«Hai sentito l’effetto che mi fai? Come puoi dire che non ti desidero quando sono mesi che sogno di poter anche solo sfiorare la tua pelle?» mi sussurrò ancora, con la voce rotta dall’emozione.
Nel silenzio della notte riuscivo a percepire i battiti del suo cuore o forse era il mio o forse erano entrambi che battevano all’unisono.
«Allora perché alcune volte sembri fuggire via da me? Perché mi sento come se tu mi rifiutassi?» chiesi disperata mentre ogni parte del mio corpo desiderava ardentemente fare l’amore con lui. Cercavo di rimanere lucida ma il vino che avevo bevuto e il tocco caldo delle sue mani, mi stavano facendo perdere completamente la ragione. Ma lui non mi rispose, semplicemente prese il mio viso tra le sue mani e mi baciò. Dischiusi subito le labbra e la sua lingua si insinuò nella mia bocca avvinghiandosi alla mia come due serpenti intrecciati. Mi abbandonai a quel bacio con tutta me stessa, come se non ci fosse un domani. Le sue labbra erano morbide e avevano un sapore così dolce che anche volendo mi sarebbe stato impossibile smettere di baciarlo. Sentii le sue mani dietro la mia schiena armeggiare con sicurezza e tirare giù la chiusura lampo del vestito. Mi chiesi per un attimo se prima di regalarmelo avesse già previsto la possibilità di spogliarmi e magari si fosse allenato a tirare giù la lampo ad occhi chiusi perché in effetti fu piuttosto veloce ad aprirla. Quando le sue dita lambirono la mia schiena provai un brivido di piacere lungo tutta la colonna vertebrale, fu come una scossa elettrica. Mi sfilò via con un dito le sottili bretelle del vestito che cadde docile sotto il suo tocco. Io rimanevo là, arrendevole sotto le sue mani, inebriata dal suo profumo, rapita dalle sue carezze, come fossi creta plasmata dalle sue mani. Andrea si staccò lievemente da me, quanto bastava per guardarmi. Poi mi prese per un braccio ed io mi lasciai trascinare. Sarei andata ovunque con lui in quel momento. Per un attimo pensai che mi avrebbe portata in camera da letto e invece sorprendentemente lui mi fece avvicinare alla finestra. La luna era alta nel cielo, rotonda e argentata, bellissima nella sua grandiosità. I suoi riflessi attraverso i vetri illuminarono i nostri occhi e vidi che i suoi erano lucidi. Non capivo perché mi avesse portato là, vicino alla finestra, ma istintivamente mi portai le braccia sul seno, come a volermi coprire, con una sorta di pudore tardivo. Alcune volte è più intimo essere guardata con amore e desiderio da un uomo piuttosto che andarci a letto.
«No, non farlo» mi disse dolcemente mentre con delicatezza mi toglieva le braccia dal seno. «Lascia che io possa guardarti, solo con la luce argentata della luna che si riflette sulla tua pelle. Sei così bella che non trovo le parole… Sembri una creatura delle favole, uscita dal bosco, nascosta tra i fiori, forse un’elfa o magari una fata» mi sussurrò. Mi sentii avvampare davanti a quel complimento così insolito ma profondamente dolce e romantico. Poi Andrea si avvicinò a me e iniziò a percorrere lentamente con un dito il contorno di pizzo nero del mio reggiseno. I miei respiri accelerarono e mi sfuggì un piccolo gemito di piacere. Lui seguitò a sfiorarmi delicatamente, prima il seno, poi scese lungo la curva dei miei fianchi fino all’elastico degli slip e seguì il contorno della stoffa ma senza sfilarle via. Sentivo la mia pelle bruciare sotto il tocco delle sue mai, mi sembrava di impazzire. Lo desideravo come mai nessun altro uomo prima e ogni centimetro del mio corpo era proteso verso di lui. Mi sfuggì un altro gemito e mi avvinghiai a lui per sentire il contatto del suo corpo con il mio. Iniziai a sbottonargli con avidità la camicia bianca che indossava perché avevo assoluta necessità di sentire la sua pelle nuda e calda. Poi la sfilai via gettandola in terra e iniziai ad accarezzargli il petto, disegnando con le mie unghie piccoli cerchi immaginari sulla sua pelle. Poi risalii dietro la schiena, accarezzandolo dolcemente mentre le mie labbra lo riempivano di baci leggeri sul collo, sulle spalle, sul petto. Sentii la sua eccitazione aumentare pericolosamente e premere tra le mie gambe, capii che mi desiderava quanto lo desideravo io. Seguitai a provocarlo, ebbra di vino e di passione, volevo portarlo al limite, volevo essere sua, non gli avrei permesso di fermarsi questa volta. Scesi con la mano e sbottonargli i pantaloni mentre seguitavo a lasciare sul suo corpo una scia di umidi baci. Sentivo il suo cuore che batteva all’impazzata, come un cavallo imbizzarrito nel silenzio della notte. Improvvisamente Andrea mi sollevò da terra prendendomi in braccio. Io mi aggrappai stretta al suo collo e chiusi gli occhi lasciandomi trasportare ovunque lui avesse voluto. Poco dopo mi adagiò sul suo letto, si sfilò rapidamente i pantaloni e gli slip, poi salì sopra di me. I nostri respiri affannosi si unirono rendendo l’aria della stanza satura di passione e gemiti. Mi baciò. Sentivo la sua lingua insinuarsi nella mia bocca mentre le sue mani mi accarezzavano la nuca e il suo petto nudo premeva contro il mio seno turgido di desiderio. Soltanto le mie delicate mutandine di pizzo separavano ancora le nostre intimità, un sottile strato di stoffa che ancora si frapponeva tra di noi. Sentii una fitta di desiderio al basso ventre e d’impulso spalancai le mie gambe perché sentivo il mio corpo fremere e bruciare sotto un’ondata di calore. Non avrei resistito per molto, mi stava portando al culmine, sembrava giocasse a farmi perdere la ragione. E ci stava riuscendo perfettamente.
«Fai l’amore con me, adesso» sussurrai con la voce che mi tremava e il respiro corto.
Lui non rispose ma seguitò a baciarmi ogni millimetro di pelle. Mi sfilò il reggiseno lasciandomi nuda. Il contatto del suo petto caldo con il mio seno gonfio e turgido mi mandò in estasi. Si strusciava sopra di me, sfiorando la mia intimità, aumentando le mie fitte di piacere. Era una dolce tortura. Poi ricominciò a baciarmi ogni millimetro di pelle ed io la sentivo bruciare sotto le sue labbra. Quando si fermò sul mio seno stringendo un capezzolo tra i suoi denti, sussultai ed emisi un piccolo urlo di piacere, incapace di trattenermi.
«Santo cielo Andrea, fai l’amore con me, non resisto più» lo supplicai tremando.
Non mi era mai capitato di implorare un uomo perché facesse sesso con me ma non mi importava nulla in quel momento, nemmeno di rendermi ridicola, mi sarei perfino inginocchiata pur di sentirlo entrare dentro di me. Il bisogno di lui era spasmodico, mi toglieva la ragione e il vino ancora in circolo nel mio corpo mi rendeva ancora più sfrontata e priva di vergogna. Ogni suo bacio era come un tatuaggio d'amore sulla mia pelle. Ogni sua carezza mi scaldava fin dentro l'anima come i tiepidi raggi di sole del primo giorno di primavera.
«Pensi che io non lo voglia? Da mesi la sola cosa che voglio è farti mia» rispose lui ansimando.
Non capivo cosa stesse aspettando ancora.
«Ma voglio solo che tu ne sia sicura. Voglio che tu sia certa di quello che provi per me. Ti amo da mesi, forse da sempre, fin dalla nostra prima fugace occhiata sul pianerottolo quando tu venisti ad abitare qui. Non voglio più essere per te solo il simpatico e dolce vicino di casa con cui magari fare una notte di sesso». Sentivo il suo cuore battere all’impazzata e la sua eccitazione sotto, tra le mie gambe, premere e pulsare. Sapevo che mi desiderava, lo leggevo nei suoi occhi, lo percepivo chiaramente dal tremore del suo corpo. Eppure aveva ancora la forza e la lucidità di fermarsi per chiedermi se io lo amassi. Capii forse per la prima volta, di essere davvero importante per lui, di essere speciale. Non voleva una banale notte di sesso con me, come probabilmente per mesi era stato con Ethan. Andrea voleva me, tutta me, il mio cuore, la mia anima, i miei pensieri e non solo il mio corpo. Non ero mai stata così importante per nessuno o forse ero io che dopo il dolore provato con Luca avevo irrimediabilmente chiuso il mio cuore a qualunque uomo, troppo terrorizzata all'idea di tornare ad amare per poi soffrire nuovamente. Forse in tutti quegli anni avevo solo cercato storie sbagliate e poco impegnative per evitare di ritrovarmi un’altra volta con il cuore a brandelli come era successo con Luca. Mi ero semplicemente chiusa a riccio. Nelle mie storie successive avevo messo il mio corpo ma forse mai il mio cuore. Con Andrea tutto era cambiato e sentivo un nuovo germoglio d’amore sbocciarmi nell’anima. E adesso ero là, nuda sotto di lui e la sola cosa che desideravo era averlo ed essere sua. Eppure non riuscivo a parlare, sentivo le labbra incollate e le lacrime agli occhi, senza nemmeno sapere il perché. Mi sentivo vulnerabile.
«Camy, non voglio che questa sia solo una notte di passione dovuta al vino che hai bevuto e che ti rende audace» seguitò lui parlandomi con dolcezza. Mi persi nei suoi occhi resi scuri dal buio della notte, profondi come gli abissi del mare ma limpidi come il cielo stellato.
«E cosa vuoi allora?» gli chiesi in un sussurro.
Compresi che la mia domanda era solo una provocazione per metterlo alla prova. Dalla sua risposta sarebbe forse dipeso il nostro futuro e avrei potuto decidere se rimettere in gioco il mio cuore accettando anche il rischio della sofferenza.
«Voglio te. Tutta te intendo. Voglio il tuo amore, la tua fiducia, la tua paura, la tua insicurezza, le tue lune storte, le tue lacrime, le tue risate, il tuo adorabile broncio da bambina, tutto il tuo cuore ed ogni parte di te» rispose mentre si sollevava sulle braccia per guardarmi ancora meglio con gli occhi aperti, spalancati, come quelli di un bambino. Mi mancò il respiro per quanto amore sentii esplodermi dentro al petto e lacrime di gioia e commozione mi rigarono il viso. Nessuno mi aveva mai detto una cosa simile, nessuno aveva saputo amare ogni mio difetto, nessuno era stato capace di accettarmi per come ero senza la pretesa di volermi cambiare. Lui si mise a sedere e mi attirò a sé, abbracciandomi forte tra le sue braccia, tenendomi stretta come se avesse paura che potessi scappare via da un momento all’altro. Mi teneva come nessun altro aveva mai fatto prima. E in quel momento il mondo intorno a me scomparve, eravamo solo io e Andrea, avvolti in una bolla di sapone, come due naufraghi felici su un’isola deserta sperduta nell’oceano. Eravamo come due stelle comete che percorrono il cielo notturno, come due gabbiani liberi di volare negli spazi infiniti, come due eremiti solitari sulla cima della montagna più alta. Mi sentivo come un fiore delicato e lui era l’acqua che mi serviva per crescere. Lui era diventato il mio sole, la mia luna, il mio mondo, l’intero mio universo. Era quell'angolo segreto dove potevo rifugiarmi al sicuro, era il sentiero luminoso che guidava i miei passi, era il mio fiore di ciliegio, profumato e delicato che annunciava l'arrivo della Primavera. E l’amore che provavo dentro di me era così immenso che mi faceva male ma allo stesso tempo era così profondo che mi rendeva felice. Dopo tanto tempo, forse troppo tempo, mi stavo riprendendo quella felicità che troppo a lungo mi era stata vietata.