28
Io e te
«Non piangere piccola mia» mi sussurrò all’orecchio mentre seguitava a tenermi stretta a lui e con una carezza mi asciugava le lacrime che scendevano silenziose dai miei occhi.
«Piango perché sono felice. Piango perché so che mi ami» gli risposi con la voce rotta dai singhiozzi.
Lui si staccò un attimo da me, mi guardò e mi sorrise.
«Ora ti racconto una cosa che non ti ho mai detto e vedrai che ti tornerà il buonumore» mi disse.
«Va bene, ti ascolto, ma continua a tenermi stretta, non lasciarmi andare» sussurrai mentre tornavo ad accoccolarmi tra le sue braccia. Lui mi strinse a sé baciandomi sulla testa.
«Spesso, quando la sera ti sentivo uscire o rientrare da casa, correvo alla porta per guardarti dallo spioncino. Eri sempre così dannatamente bella. E mentre cercavi nella borsa le chiavi di casa io ti guardavo, perdendomi nelle curve armoniose del tuo corpo. Qualche volta ti vedevo con Ethan che ti toccava o ti baciava e provavo una tale rabbia, una tale gelosia che mi sentivo male per quanto desideravo essere al suo posto» mi confidò in un sussurro.
Stavolta fui io a staccarmi da lui per guardarlo negli occhi. La luce della luna era sufficientemente intensa da illuminare il suo viso.
«In pratica sei una sorta di maniaco sessuale che mi ha spiato per mesi di nascosto?» esclamai sbarrando gli occhi incredula. Andrea gettò indietro la testa scoppiando a ridere di cuore mentre alzava le mani in segno di resa.
«Oddio no, detta così mi fai sembrare davvero un pazzo, sfacciato e maleducato».
Poi tornò serio, mi prese il viso tra le sue mani e mi guardò a lungo.
«Il fatto è che tu sei mia, lo sei sempre stata. Sei nata per essere mia. E il fatto che qualcun altro possa toccarti o anche solo sfiorarti con lo sguardo mi fa ribollire il sangue».
Aveva appena detto un’altra delle sue cose dolcissime che mi mandavano in estasi. Ci sapeva davvero fare il ragazzo in quanto a dichiarazioni d’amore, dovevo ammetterlo. Era bellissimo nella sua purezza, sensuale nella sua dolcezza, terribilmente affascinante nella sua onestà. Sentii all’improvviso una nuova ondata di desiderio impossessarsi di me e decisi di prendere in mano la situazione. In fondo avevo alcol a sufficienza nel corpo per diventare sfacciata e audace senza dovermene poi vergognare. Con un rapido gesto mi sfilai le mie mutandine di pizzo, poi lo spinsi giù steso sul letto e gli salii sopra mettendomi a cavalcioni su di lui. Andrea lanciò un gemito non appena la mia intimità nuda sfiorò la sua virilità. Iniziai a strusciarmi sopra di lui. Lui mi afferrò il seno con entrambe le mani e lo avvicinò al suo viso, baciandolo, accarezzandolo e respirando l’odore della mia pelle. Sentii la sua lingua passare sui miei capezzoli e poco dopo i suoi denti stringerli e morderli delicatamente. Iniziai ad ansimare mentre il mio respiro si faceva sempre più affannoso. Andrea sapeva come toccarmi, dove baciarmi e come farmi impazzire. Forse era vero quando diceva che io ero nata per essere sua. Il mio corpo era come un vaso di creta che lui sapeva modellare perfettamente. Era una sensazione fantastica. Avevo la sensazione di sciogliermi tra le sue mani come burro al sole. A un certo punto Andrea mi spinse giù, sul letto e con un movimento rapido e deciso mi fu sopra, ribaltando le nostre posizioni. La sua mano scese tra le mie gambe e mi sfiorò appena quanto bastava per farmi impazzire. L’ondata di piacere si fece impetuosa, inarrestabile. Lo volevo e lo avrei avuto. Spalancai le gambe e inarcai la schiena, porgendoli il mio seno.
«Dimmi che mi ami» mormorò sulle mie labbra, con la fronte appoggiata alla mia, mentre mi guardava incantato.
Santo cielo quanto era testardo! Avevo paura di dirlo perché nel momento in cui le mie labbra avessero pronunciato quelle due parole le avrebbero rese maledettamente reali ed io sarei stata nuovamente vulnerabile.
«Ti prego entra dentro di me, non ce la faccio più» implorai sperando di convincerlo.
Sentivo che anche lui era al limite della sopportazione, aveva la mascella serrata e la fronte imperlata di piccole goccioline di sudore mentre sotto la sua eccitazione premeva sul mio ventre con insistenza.
«No. Voglio sentirti dire che mi ami quanto ti amo io. E che non andrai più via da me» disse ancora, con decisione, sforzandosi di resistere al desiderio che provava.
Era più cocciuto di un mulo. Mi avrebbe fatto impazzire!
«Sei un dannato rompiscatole testardo» sbuffai indispettita.
Lui sorrise. Era maledettamente sensuale quando sorrideva in quel modo e vinse ogni mia resistenza.
«Sei tutto ciò che di più bello io potessi desiderare, sei il mio sogno diventato realtà e sei l’unico uomo accanto al quale vorrei svegliarmi ogni altra mattina per il resto della mia vita» mormorai dolcemente prima di baciarlo appassionatamente e intrecciare la mia lingua con la sua.
In quel momento vidi il suo volto distendersi e le sue labbra perfette incurvarsi all’insù in un sorriso malizioso mentre la luce argentea della luna illuminava le sue spalle muscolose. Sembrava un angelo meraviglioso. Il mio angelo meraviglioso. Appagato dalla mia risposta e saturo ormai di desiderio Andrea dolcemente entrò dentro di me facendomi tremare. Lo strinsi a me afferrandolo per le spalle e lui abbassò il viso nell’incavo del mio collo, nascondendolo tra i miei boccoli biondi sparsi ovunque sul cuscino. Poi iniziò a spingere dentro di me, dapprima dolcemente poi aumentando il ritmo con sempre maggiore passione. Gemetti. Lui mi sorrise e si chinò a baciare teneramente la punta del mio naso. Era una sensazione stupenda fare l’amore con lui perché non c’era solo l’irruenza della passione ma ci metteva anche tanta dolcezza. Mai mi ero sentita così voluta, così amata, così desiderata. Ero sua e lui era mio. Nel silenzio della stanza si sentivano ormai solo i nostri sospiri e i nostri gemiti che combaciavano perfettamente. Mi sembrava che tutta l’aria profumasse di noi. I nostri respiri vibravamo all’unisono, melodiosi come corde di un’arpa. Andrea si sollevò per un attimo sulle braccia seguitando a muoversi dentro di me mentre i suoi occhi erano fissi nei miei.
«Quanto sei bella maledizione. Così bella da farmi male. Così bella che potrei morire adesso felice tra le tue braccia» ansimò.
Sorrisi e gli accarezzai una guancia. Non ero mai stanca di osservarlo, sarei rimasta là per sempre, sotto al suo corpo bollente, nuotando nel mare profondo dei suoi occhi, sentendolo muoversi dentro di me. Facemmo l’amore a lungo, come acrobati spericolati tra le lenzuola, fino a che Andrea con un’ultima spinta profonda fu scosso da un brivido, emise un gemito strozzato e si abbandonò esausto sul mio corpo, poggiando la testa sul mio seno. Lo abbracciai stretto, stringendolo a me, allacciando le mie braccia dietro la sua schiena. Avevo quasi paura che lui potesse svanire da un momento all’altro, che fosse solamente un sogno. Gli passai le mani tra i suoi capelli spettinati poi seguitai ad accarezzargli le spalle muscolose e la sua schiena perfetta. Mi piaceva toccarlo e adoravo terribilmente il modo in cui anche lui toccava me. Andrea sollevò il viso dal mio seno e mi guardò sorridendo. Io mi avvicinai e gli morsi delicatamente le labbra mentre le mie mani seguitavano ad accarezzarlo lungo i fianchi, raggiungendo i glutei. Emise un leggero sospiro di piacere.
«Non sai quanto ho sognato questo momento. Quante volte nelle mie fantasie ad occhi aperti ho immaginato di toccare il tuo corpo, di baciare le tue labbra e di fare l’amore con te» mi disse sottovoce mentre strofinava la sua guancia contro la mia. Sembrava un gatto che faceva le fusa, lo trovai adorabile. «Mmmh… ed è stato bello come lo avevi immaginato nei tuoi sogni?» chiesi maliziosa strizzandoli un occhio.
Lui mi guardò profondamente, incatenando il mio sguardo al suo e per un attimo le pagliuzze dorate dentro le sue iridi mi sembrarono luci di migliaia di stelle nel firmamento.
«Certe volte la realtà supera anche la fantasia, alcune volte succede. Mai, nemmeno nei miei sogni più audaci, avrei potuto immaginare di far l’amore con te in un modo tanto splendido, così profondo, in una meravigliosa notte di luna argentata» mi disse mentre mi sistemava dolcemente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Gli occhi mi si velarono di lacrime per la felicità.
«Sei così dolce» riuscii soltanto a dirgli con la voce rotta dall’emozione. «Non merito le tue parole, non sono la bella persona che pensi. Basta pensare a quanto sono stata egoista con Viola i primi tempi povera bambina. Per non parlare della vita frivola che conducevo con Ethan» sospirai nascondendomi il volto tra le mani, provando un’infinita vergogna.
«Vorrei che ti potessi vedere coi miei occhi per capire quanto tu sia speciale» mi disse Andrea scostandomi le mani dal viso e baciandomi la punta del naso. «Il passato ormai è passato, te lo sei buttata alle spalle e adesso sei una persona nuova. Viola ti adora e da quanto ne so ha anche iniziato a parlare. Ti ha dato la sua fiducia, ha letto nel tuo cuore l’amore che provi per lei. Non devi passare il resto della tua vita a rimproverarti per gli errori che hai commesso ma piuttosto devi guardare avanti al futuro che tu vorrai costruire» disse mentre percorreva dolcemente il contorno delle mie labbra con un dito. Era incredibile come riuscisse a dire esattamente la cosa giusta nel momento in cui avevo più bisogno di essere rincuorata e consolata. Sapeva sempre trovare le parole adatte per parlare al mio cuore.
«A proposito di Viola! Devo tornare subito a casa!» esclamai all’improvviso quando mi resi conto che probabilmente era già tardissimo. Non ero ancora abituata ad uscire la sera lasciando a casa Viola con la babysitter. Non mi ero ancora del tutto calata nel mio nuovo ruolo di zia e di mamma e ogni tanto dimenticavo che non ero più libera e che c’era una bambina a casa ad aspettare il mio ritorno. Spesso in passato era successo che passassi la notte da Ethan o comunque a casa di qualche mio fidanzato. Ero libera e potevo decidere le cose sul momento. Ma adesso dovevo imparare a pensare prima a Viola e a tenere sott’occhio sempre le lancette dell’orologio.
«Non preoccuparti, sta con mia sorella» mi rincuorò Andrea.
«Sì, lo so ma anche lei sarà stanca e vorrà tornare a casa. Fammi vedere che ore sono» dissi mentre scivolavo via dalle sue braccia, scendendo dal letto.
Andrea mugugnò lamentandosi non appena mi staccai da lui e provò a buttarmi nuovamente sul letto tirandomi per un braccio. «Ehi, ma sei insaziabile! Dov’è finito il mio timido e riservato vicino di casa?» dissi prendendolo in giro e scoppiando a ridere divertita.
Andrea sbuffò e mi lasciò andare contrariato. Accesi la luce e guardai l’orologio. Subito mi sfuggì un grido.
«Santo cielo è quasi l’una! Dio mio è tardissimo, se Viola si sveglia e non mi trova potrebbe spaventarsi. Devo tornare subito a casa» dissi allarmata.
Andrea si mise a sedere sul letto e incrociò le braccia sul petto fissandomi divertito con un sorrisetto ironico stampato sul viso. «Ma ti senti? Parli già come una mamma apprensiva. Ti trovo adorabile» mi disse ridendo.
«Prendimi pure in giro ma intanto è davvero tardissimo» risposi dandogli una spinta per buttarlo sul letto.
Ma lui mi afferrò prontamente per un braccio e mi tirò giù stesa assieme a lui. I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza ed io mi riflettevo nei suoi occhi. Gli guardai le labbra, erano così perfette, così invitanti, così dannatamente morbide. Volevo di nuovo quelle labbra e le volevo subito, incollate alle mie. Come mi avesse letto nel pensiero Andrea sollevò di poco la testa e la sua bocca si unì alla mia intrappolandomi in un bacio dolcissimo.
«Ma lo sai che sei davvero buona?» mi disse poco dopo quando finalmente ci staccammo.
Sgranai gli occhi e lo guardai divertita.
«Buona?» chiesi alzando un sopracciglio.
«Sì, buona. Hai la pelle profumata e le labbra saporite. Sai di fragole, di more selvatiche, di pesca e di magnolia. Te l’ho detto che sei una fata» rispose così seriamente che per un attimo lo pensai anche io. «E poi guardati santo cielo! Hai due labbra rosa e sottili, come due petali di un fiore, disegnate perfettamente a cuore. Sembri una di quelle ragazze che si trovano sulla copertina di qualche rivista patinata» aggiunse mentre mi guardava incantato. Mi sentii avvampare in viso, le orecchie e le guance mi andarono subito a fuoco e mi morsi un’unghia nervosamente. «E sai un’altra cosa? Adoro questa tua capacità innocente ed infantile di arrossire davanti ai complimenti. Sei adorabile» mi disse prendendomi il viso tra le sue mani e strofinando il suo naso con il mio. Santo cielo quanto era dolce. Mi sarebbe venuta presto una crisi iperglicemica con tutta quella dolcezza melensa ma non volevo più rinunciarci, era terribilmente bello sentirsi così tanto desiderata e amata.
«Devo davvero tornare a casa adesso, è molto tardi» dissi con fermezza staccandomi, non senza fatica, da lui e dalle sue braccia. «E poi chissà tua sorella cosa penserà» aggiunsi mentre intanto mi rivestivo in tutta fretta infilandomi il vestito nero senza neppure perdere tempo a cercare la mia biancheria intima sparsa da qualche parte nella stanza di Andrea.
«Mia sorella penserà solamente che la nostra serata si è conclusa nel migliore dei modi» rispose lui strizzandomi l’occhio. Arrossii imbarazzata.
«Oh mio Dio, no. Non voglio che pensi che noi due abbiamo… Santo cielo, magari ci ha anche sentito mentre facevamo l’amore. È proprio qui nell’appartamento di fianco al tuo. Che vergogna!» gemetti mentre mi nascondevo il viso tra le mani. Andrea scoppiò a ridere divertito.
«Ma come? Una come te che in tempi passati usava frusta e manette adesso si vergogna per aver fatto l’amore con l’uomo che ama?».
Mi voltai di scatto e lo fulminai con uno sguardo, incenerendolo all’istante.
«Non dire mai più certe cose» sibilai con tono tagliente.
Andrea tornò subito serio, si alzò e mi baciò una spalla lasciata scoperta dal vestito.
«Scusami, sono stato un idiota. Non avrei dovuto dire quella cosa delle manette e tutto il resto. È solo che certe volte ancora ci penso e mi sale il sangue al cervello».
Sospirai e lo baciai, perdonandolo all’istante. Poi presi la borsetta e le scarpe in mano, senza nemmeno infilarmele. «Adesso devo proprio andare» dissi «Ci vediamo domattina». Stavo già per correre via quando lui mi fermò prendendomi per il polso.
«Posso dormire con te stanotte?» mi chiese a bruciapelo fissandomi negli occhi.
Trasalii a quella richiesta perché non me l’aspettavo. Sì, era vero, Ethan dormiva spesso da me e c’erano stati anche altri ragazzi nella mia vita passata che avevano varcato la soglia del mio appartamento dormendo nel mio letto. Ma con Andrea era tutto nuovo, tutto diverso. Non sapevo spiegarmelo nemmeno io, eppure con lui ero tornata la ragazzina quindicenne timida e insicura dei tempi della mia adolescenza, quando il mio cuore batteva per ogni minima emozione e confrontandomi con Alessia e la sua bellezza mi sentivo goffa e insicura. Con lui avevo forse ritrovato il mio pudore, la mia innocenza, l’emozione impagabile che si prova al primo bacio, al primo appuntamento, quel misto di gioia, eccitazione ed imbarazzo. Era nata una nuova me. Stavo rinascendo in quegli ultimi mesi sia grazie a Viola sia grazie ad Andrea. Era come se il mio cuore fosse stato soffocato troppo a lungo da una patina grigia di dolore e risentimento e adesso si stesse nuovamente aprendo alla vita e all’amore. Guardai Andrea e ci pensai qualche istante prima di rispondere perché non volevo fare nulla per sporcare quel nuovo sentimento che stavo provando per lui e non volevo nemmeno accelerare troppo i tempi. Poi le mie labbra scivolarono in un lieve sorriso.
«Sì, dormi con me. Ne sarei felice» sussurrai, con il cuore che galoppava forte dentro al mio petto.
E in quel momento pensai che la vita alcune volte sa essere davvero sorprendente e meravigliosa perché può tirare fuori il meglio di noi anche quando pensiamo di essere ormai perduti in mezzo al fango.