Due comete luminose
Non era nemmeno mezzanotte quando rientrammo a casa. Ovviamente subito dopo l’aggressione di Ethan avevamo abbandonato la festa di gran fretta scusandoci con Anna e adducendo come scusa un mio improvviso malessere. Ero ancora aggrappata al braccio di Andrea, non lo avevo mai lasciato da quando eravamo usciti da quel maledetto bagno. Il tragitto in macchina, dalla festa a casa, era stato carico di tensione e di dolore. Nessuno di noi due aveva detto una sola parola e un silenzio pesante era piombato nell’abitacolo. Ogni tanto guardavo Andrea di nascosto ma lui sembrava non accorgersi di me, era preso dai suoi pensieri, con gli occhi vitrei fissi sull’asfalto, la mascella ancora serrata in una smorfia di rabbia, le mani ben salde sul volante. Quando arrivammo davanti alla porta del suo appartamento mi fermai di colpo, come un asino testardo che si rifiuta di fare un altro passo. Andrea sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri e dal suo torpore soltanto in quel momento e mi guardò stupido.
«Cosa c’è? Non vuoi tornare a casa?» mi chiese distrattamente. «Voglio stare con te stanotte» risposi in modo candido e diretto, senza giri di parole, onestamente.
Lui sussultò e parve sorpreso. Me ne risentii.
«Credevo lo volessi anche tu ma non importa. Se preferisci…» iniziai a parlare piuttosto confusa e arrabbiata ma lui mi fermò mettendomi dolcemente un dito sulle labbra per farmi tacere. «Ti voglio più di ogni altra cosa al mondo. È solo che pensavo che dopo che quel verme schifoso ti ha messo le mani addosso…»
Non riuscì a continuare perché il dolore e la rabbia gli impedirono di parlare. Io addolcii il mio sguardo e mi avvicinai a lui. Mi sollevai sulle punte dei piedi e lo baciai teneramente sulle labbra mentre gli passavo le mie braccia intorno al collo per attirarlo ancora più vicino a me. Lo sentii lentamente rilassarsi e poco dopo ricambiò il mio bacio. Mi staccai da lui e lo guardai dritto negli occhi. Finalmente lo sguardo rabbioso di poco prima era svanito lasciando spazio a quella dolcezza amorevole che io tanto amavo e che avevo da sempre ritrovato nei suoi occhi.
«Eccolo qua il mio Andrea, l’uomo dolce e riservato del quale mi sono innamorata» gli sussurrai soffiandogli in un orecchio. Lui mi accarezzò la nuca, sotto i capelli, immergendo le sue dita tra i miei boccoli.
«Scusami ma davvero non ho saputo trattenermi. Quando ti ho visto in lacrime, mezza nuda, che scappavi dal bagno terrorizzata da quel maniaco… io…» mormorò sconvolto. «Se ti fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato» aggiunse strofinando la sua guancia sulla mia.
Era incantevole nella sua dolcezza.
«Portami a casa» gli dissi sorridendo maliziosa mentre indicavo la porta del suo appartamento.
In un attimo ci ritrovammo dentro casa, avvolti dal buio e dal silenzio della notte. Lui si tolse velocemente la giacca buttandola in terra e mi sfilò via il mio cappotto lanciandolo sul divano. Adoravo quel suo lato un po’ matto e passionale, quando il desiderio di me lo accecava. Mi piaceva fargli quell’effetto. E adoravo sentirmi così sua. Mi sollevò delicatamente da terra prendendomi in braccio e io gli circondai il collo con le braccia nascondendo il mio viso sul suo collo lasciandogli una scia di piccoli umidi baci. Mi adagiò sul letto e si stese accanto a me. Eravamo ancora vestiti ma la cosa non mi dispiaceva affatto, era ancora più eccitante scoprirsi lentamente, sfiorandoci prima da sopra gli abiti e sentendo i brividi impossessarsi dei nostri corpi. Andrea mi sfiorò dolcemente il viso, scese poi sul collo e le spalle, infine, seguendo il bordo sottile del vestito, passò il suo dito sul mio seno. I battiti del mio cuore accelerarono pericolosamente, li sentivo crescere così come il mio desiderio per lui. Abbassò la testa sul mio collo, dapprima annusandomi poi mordendomi delicatamente. Sentii la sua lingua risalire fino al lobo dell’orecchio e un brivido mi scosse. Poi le sue labbra si unirono alle mie in un bacio appassionato mentre con la mano scese ad accarezzarmi le gambe. Le sue dita mi sfiorarono le cosce sotto la stoffa leggera del vestito e immediatamente percepii uno spasmo di eccitazione al basso ventre. Bastava una sua carezza per mandarmi in estasi e mi morsi le labbra per soffocare un grido di piacere. Avevo una necessità impellente di fare l’amore con lui in quel dannato momento. Soprattutto dopo quello che era accaduto con Ethan. Avevo terribilmente bisogno di stare tra le braccia di Andrea, di sentirmi amata e protetta per far passare la paura. Iniziai a sbottonargli la camicia con movimenti frenetici e convulsi perché lo desideravo nudo tra le mie braccia. Lui si staccò per un attimo da me e mi guardò negli occhi sorridendomi compiaciuto.
«La mia principessa è diventata alquanto passionale o sbaglio?» mi stuzzicò divertito.
«Scusami è solo che mi fai un effetto incredibile. Non mi era mai successo prima» mormorai con la voce che mi tremava dal desiderio.
«Non scusarti piccola mia perché, se vuoi saperlo, io farei l’amore con te ventiquattr’ore al giorno» mi sussurrò mentre le sue dita, abili e calde, spostarono la sottile stoffa dei miei slip ed entrarono ad accarezzarmi.
Emisi un gemito non appena lui mi toccò e inarcai la schiena sotto l’ondata di piacere che provai. Mi abbandonai docile alle sue carezze, dapprima delicate e timide, poi sempre più audaci e decise. Ma anche Andrea aveva il respiro corto e iniziò ad ansimare mentre mi baciava dappertutto, non solo le labbra ma anche gli occhi, il collo, le spalle, il seno. La nostra alchimia era perfetta, i nostri corpi reclamavano la nostra unione e i cuori battevano all’unisono nel silenzio ovattato della stanza. Ci guardammo negli occhi e il nostro reciproco desiderio fu palese. In un attimo ci spogliammo, avidi l’uno dell’altra, lasciando i vestiti in terra sparsi sul pavimento. Andrea si distese sopra di me, mi guardò per un istante e poi scivolò dentro di me con un movimento dolce, lento, delicato mentre io percorrevo con le mie unghie la sua schiena, le sue spalle, il suo collo. Guardavo i suoi occhi spalancati e lucidi di passione mentre lo sentivo muoversi dentro al mio ventre e tutto intorno a me scomparve. Eravamo noi due soli, comete luminose in spazi infiniti, farfalle in volo sui campi di papaveri, frammenti celesti di galassie lontane. Io ero sua, lui era mio. Il mondo intorno a noi non esisteva più. Nel silenzio immacolato e surreale della stanza risuonava soltanto il nostro leggero ansimare, un dolce suono che riempiva tutta la casa tingendola della nostra passione. Guardavo Andrea, la sua fronte imperlata di minuscole goccioline di sudore, i muscoli delle sue braccia contratti, le sue labbra leggermente dischiuse ed umide e pensai che in vita mia non avevo mai visto un uomo più bello. Mi chiesi come avessi fatto in quei tre anni a non accorgermi prima che quel mio buffo e riservato vicino era in realtà l’uomo giusto per me. Far l'amore con lui era meraviglioso. Era come un'alba sul mare, ballare sotto la pioggia, veder sbocciare il primo fiore di primavera, passeggiare sulle nuvole, guardare le stelle cadenti stesi sulla sabbia in una sera d'estate. Lo cinsi con le ginocchia intrecciando le mie gambe dietro la sua schiena, stringendolo ancora di più al mio corpo. Lui emise un piccolo gemito e nascose il viso nell’incavo del mio collo. Facemmo l’amore a lungo quella notte, cullati solo dai battiti dei nostri cuori e riscaldati dal calore delle nostre braccia.
Andrea si addormentò esausto e sereno soltanto alle prime luci dell’alba, quando ormai i primi raggi del sole filtravano attraverso le fessure delle persiane disegnando sottili lame di luce lungo il pavimento e i muri della stanza. Io invece non riuscivo a prendere sonno, preferivo restare sveglia a guardarlo mentre dormiva con la testa appoggiata sul mio seno e un braccio abbandonato sul mio ventre. Era dolce, sembrava un bambino. Gli passai una mano tra le onde castane dei suoi capelli ribelli, arrotolandone una ciocca sul mio dito, delicatamente, per non svegliarlo. Aveva un odore intenso ma buono, di amore, di sudore e di me. Era stupendo sentirlo profumare di me, dell'odore della mia pelle. Le sue spalle si sollevavano impercettibilmente seguendo il ritmo lento e rilassato dei suoi respiri. Seguii con un dito il suo profilo, sfiorandogli appena le sue lunghe ciglia chiuse, il suo naso dritto, le sue labbra perfette. Poi disegnai con le unghie segni immaginari sulla sua schiena risalendo lungo le braccia, fino alle spalle e al collo. Non riuscivo a stargli lontana, non potevo fare a meno di toccare la sua pelle. Era come una droga che mi creava dipendenza, come una cioccolata calda in una fredda serata invernale, come il sole che riscalda la pelle in estate, come l’acqua salata del mare che bagna i piedi, come un tramonto che non ti stancheresti mai di guardare. Ecco, Andrea per me era tutto questo e molto di più. Era rassicurante come una coperta di lana che mi avvolge davanti al camino mentre fuori nevica, era dolce come lo zucchero filato che si compra al luna park, era leggero come il battito d’ali di una farfalla, era fresco come una doccia prima di cena, era confortante come una favola della buonanotte, era sensuale come un dio greco. Ero decisamente invischiata ormai, troppo innamorata per rimanere lucida e troppo felice per chiedermi cosa ne sarebbe stato del futuro. Vivevo il presente e quell’amore che finalmente la vita sembrava stesse ridandomi.
Non so quanto tempo trascorsi quella mattina ad ammirare Andrea che dormiva mentre mi perdevo in mille pensieri e fantasie confuse. Dopo un po’ però iniziai a sentire dolore al seno sotto il peso della sua testa e così mi mossi lentamente cercando di spostarlo mentre io scivolavo delicatamente da sotto il suo corpo. Lui emise un mugolio sommesso e si girò da un lato. Trattenni per un attimo il fiato e mi fermai sul bordo del letto per non fare altro rumore e non svegliarlo. Poi quando vidi che seguitava a dormire profondamente mi alzai andai in bagno. Erano quasi le nove. Non avevo chiuso occhio e probabilmente ero ridotta uno straccio. Mi guardai allo specchio e, stranamente, mi trovai bella. È vero, avevo gli occhi gonfi e impastati di sonno, il trucco della sera prima era ormai sbavato e il rimmel nero mi lasciava orribili macchie scure sotto gli occhi, per non parlare dei capelli sconvolti. Eppure, guardandomi meglio, notai le guance arrossate dalla passione, le labbra più rosse e carnose forse per i tanti baci scambiati con Andrea quella notte e gli occhi, sebbene stanchi e assonnati, erano però più luminosi e splendenti di una nuova luce. L’amore mi rendeva più bella e mi faceva bene all’anima e anche al corpo, senza dubbio. Mi feci una rapida doccia e il getto rigenerante dell’acqua calda mi fece sentire subito meglio. Passai il bagnoschiuma su tutto il corpo strofinandomi con vigore ogni centimetro di pelle come a voler cancellare tutte le carezze disgustose che Ethan mi aveva imposto con la forza soltanto poche ore prima. Chiusi un attimo gli occhi ripensando con orrore a quegli attimi di paura che avevo vissuto chiusa nel bagno in balia di quel verme di Ethan. Quanto ero stata cieca sul suo conto!
Quanto mi ero sbagliata su di lui!
Lacrime di rabbia mi scesero nuovamente rigandomi il viso. Uscii dalla doccia e mi avvolsi nell’accappatoio azzurro di Andrea, inspirando profondamente il suo profumo. Poi mi appoggiai con le mani al lavandino, chinai la testa e piansi. Silenziosamente. A lungo.