Frammenti di stelle
Prendemmo in prestito la macchina dei miei genitori e ci dirigemmo verso Notre Dame. Parcheggiammo e ci avviammo a piedi lungo il ponte sulla Senna. Era una bella serata di luna piena, di quelle così grandi e rotonde con il contorno bianco di nuvole come si vedono nei film romantici. L’aria era fresca ma non pungente e il cielo era ricco di stelle, una cupola luminosa e luccicante sopra le nostre teste.
Ci fermammo lungo Pont des Arts, appoggiandoci alla ringhiera ricolma di mille lucchetti, infinite promesse d’amore delle tante coppie di fidanzati che si giuravano il loro amore eterno in quel modo buffo e romantico allo stesso tempo. Ogni volta che tornavo a Parigi avevo l’impressione che il numero dei lucchetti aumentasse sempre maggiormente e mi riusciva difficile trovare qualche centimetro di spazio ancora libero lungo la ringhiera. La luce della luna si rifletteva sulla superficie della Senna che scorreva lentamente rischiarandola di riflessi argentei e luminosi che irrompevano nell’oscurità della notte. Alzai lo sguardo verso il cielo e un’infinità di stelle mi abbagliarono gli occhi con il loro luccichio, come piccoli diamanti incastonati nel manto del cielo. Andrea si avvicinò a me, appoggiando le sue mani sui miei fianchi e nascose il viso sul mio collo annusandomi, con quel suo gesto che mi piaceva così tanto. Tutto era meraviglioso e mi sembrava di vivere un sogno, non avrei potuto chiedere di meglio. Davanti ai nostri occhi si ergeva la splendida Cattedrale di Notre Dame, esempio di poesia e di bellezza. Di notte poi era ancor più spettacolare e romantica, illuminata a festa. Adoravo Notre Dame e ogni volta che alzando gli occhi mi soffermavo a guardare i suoi gargoyles non potevo fare a meno di pensare allo splendido romanzo di Hugo o al cartone animato della Disney. E allora mi sembrava di vedere il Gobbo Quasimodo fare capolino dietro qualche gargoyle oppure la splendida Esmeralda danzare festosa o il capitano Febo con la sua spada. Era proprio vero che Parigi aveva un fascino speciale.
«Ti ho mai detto quanto sei bella?» sussurrò Andrea con le labbra a contatto con la pelle del mio collo.
«Mmmhh… Forse un centinaio di volte!» risposi, gettando indietro la testa in una risata.
Ci scambiammo un bacio leggero e là, sotto la luna argentata e milioni di stelle, io sentii i fuochi d’artificio intorno a noi. E in quel momento, all’improvviso, percepii qualcosa di inarrestabile che mi salì su fin dallo stomaco e che arrivò fino alle mie labbra, un moto d’amore che non potevo più trattenere.
«Ti amo amore mio» dissi così in un sussurro perdendomi nei suoi occhi che riflettevano la luce argentata della luna. Le parole mi uscirono da sole dando voce ai miei pensieri, senza filtri e senza che riuscissi a trattenerle. Mi resi conto che da quando stavamo insieme io non gli avessi ancora mai detto di amarlo. Troppo spaventata per aprire il mio cuore avevo sempre tenuto per me, nascosti in fondo al mio animo, i sentimenti che provavo per Andrea. Dire Ti Amo
significava ammettere di essere vulnerabile, donare il mio cuore ad un uomo, sapendo che da adesso in poi la mia felicità sarebbe dipesa da lui e dalla sua presenza. E questo pensiero mi aveva sempre terrorizzata. Lui rimase immobile, in silenzio, con aria sognante. Compresi che non si aspettava da me una simile dichiarazione così improvvisa e fui felice di averlo lasciato senza parole. Significava che Andrea comprendeva il valore immenso di quel mio ti amo
che non ero mai riuscita a dire prima.
«Piccola mia…» bisbigliò in un soffio, visibilmente emozionato. Un vento leggero gli spostò qualche ciocca di capelli sul viso dandogli quell’aspetto di angelo selvaggio e ribelle che io adoravo. Decisi di aprirgli il mio cuore, là, in quel momento. Era giusto che anche io gli facessi capire quanto davvero lui fosse importante per me e quanto io lo amassi. Era arrivato il momento di dire basta alle paure e ai fantasmi del mio passato. Ero una donna nuova, più matura e più forte, consapevole di me stessa e dei miei sentimenti e amavo un uomo alla follia, oltre ogni ragionevole dubbio. E quell’uomo era là davanti a me, si perdeva nei miei occhi, si abbandonava alle mie labbra, era una dichiarazione d’amore continua. Volevo essere onesta anche io e giocare le mie carte. Il mio cuore batteva così forte che temevo non sarei nemmeno riuscita a parlare. Sembrava un cavallo imbizzarrito al galoppo. Così chiusi un attimo gli occhi e inspirai profondamente mettendomi una mano sul petto per calmare i battiti accelerati. Poi riaprii gli occhi e li fissai in quelli di Andrea.
«Tante volte in questi ultimi mesi mi sono soffermata a pensare quanto ti amassi e ciò che sentivo era un sentimento così grande che mi faceva paura. Ma non posso più nasconderlo e so che tu non mi farai mai del male come altri uomini mi hanno fatto. Io mi fido di te». Gli presi le sue mani tra le mie poggiandomele sul mio cuore. Poi seguitai a parlare con la voce rotta dall’emozione che sentivo esplodermi nel petto come una bomba. «E ci sono mille e più motivi per i quali ti amo. Sono così tanti che certe volte a letto mentre li conto uno ad uno finisco per crollare addormentata. Ti amo perché hai stravolto la mia vita, perché mi hai saputo attendere con pazienza, perché sai sempre cosa dirmi quando ho paura, sai sempre consolarmi quando piango, so di poter contare sempre su di te. Ti amo perché accanto a te perdo la cognizione del tempo e della realtà, perché quando tu mi sei vicino sento di poter volare e sconfiggere ogni mia insicurezza, perché quando faccio l’amore con te e mi stringi tra le tue braccia io mi sento in Paradiso. Ti amo perché vicino a te nulla mi spaventa e so di poter affrontare qualunque ostacolo, ti amo perché hai sempre fiducia in me e mi rialzi quando inciampo e cado. Ti amo perché il tuo sorriso mi scalda il cuore come il fuoco di un camino in una sera d’inverno, ti amo perché la vita accanto a te è più facile. Ti amo perché tu sei tutto intorno a me, in ogni goccia di pioggia, in ogni alito di vento, in ogni passo che compio. Tu sei l'aria stessa che respiro. E amo tutto di te, non cambierei nulla. Amo il tuo modo di fare, il profumo agrumato della tua pelle, il calore del tuo corpo, le tue labbra rosse, i tuoi gesti buffi, le tue smorfie da bambino mai cresciuto. Grazie a te ho riscoperto il vero significato della parola felicità. Sei la mia medicina naturale. Hai guarito ogni ferita del mio cuore».
Tirai un profondo respiro trattenendo l’aria per qualche istante e poi la rilasciai tutta quanta svuotando il petto. Mi sentivo bene, mi sentivo leggera. Ero finalmente riuscita a dichiarare tutto il mio amore ad Andrea e il mio cuore batteva rapido e leggero come le ali di una farfalla. Andrea era rimasto là, davanti a me, le sue mani ancora appoggiate sul mio petto a sentire i battiti del cuore, le sue dita intrecciate alle mie come due rami d’edera. Mi guardava con i suoi grandi occhi sbarrati ed emozionati, le labbra increspate in un lieve sorriso incantato. Mi venne da ridere vedendolo così trasognato e felice, sembrava un bimbo che vede i regali sotto l’albero di Natale.
«Sei così buffo amore. Ti faccio davvero un effetto dirompente, eh» scherzai gettando indietro la testa in una risata. Andrea si scosse dal suo torpore e ricambiò il mio sorriso.
«È solo che non mi aspettavo che tu… Cioè, è stato bellissimo quello che hai detto. Mi sono emozionato…» farfugliò felice.
Chinai la testa osservandomi la punta delle scarpe mentre dondolavo sui talloni un po’ impacciata.
«Lo so che non te lo aspettavi. Ti ho sempre detto che non ero pronta e che non volevo correre. Ma la verità è solo che avevo paura di aprire di nuovo il mio cuore a qualcuno, correndo il rischio che venisse fatto di nuovo a pezzi» mormorai seguitando a tenere gli occhi abbassati.
«Non devi sentirti obbligata a…».
Gli misi un dito sulle labbra per zittirlo e non lasciai che terminasse la frase.
«Non mi sento obbligata. Ho avvertito l’impulso irrefrenabile di dirti quello che sentivo dentro di me, i sentimenti che provavo. Ho sempre rifiutato il confronto con me stessa, ho sempre cercato di mettere a tacere le mie emozioni, punendo me stessa per anni in modo ingiusto. Amare di nuovo qualcuno mi rende vulnerabile e mi espone al rischio della sofferenza. E piuttosto che correre questo rischio sono diventata brava a fuggire a miglia di distanza. Ma con te sono rinata, con te tutto è diverso. Amare te non mi fa paura e non mi rende vulnerabile. Tu sei la mia forza di vivere, sei una dolce medicina contro le mie insicurezze» dissi in un sussurro leggero che si mescolò all’alito di vento primaverile che soffiava sui nostri volti scompigliando i nostri capelli.
Andrea mi alzò il viso annodando il suo sguardo con il mio. Era così profondo che quando lo guardavo dentro gli occhi soffrivo di vertigini. Aveva migliaia di stelle cadenti intrappolate nelle sue iridi. Gli accarezzai una guancia ispida. Lui fece scivolare una mano nella mia, lungo il fianco, e le nostre dita si intrecciarono. Restammo per qualche minuto in silenzio. Non c’era bisogno di altre parole per esprimere ciò che ormai era già chiaro ed evidente a entrambi. Mi voltai verso la Senna, appoggiandomi con i gomiti alla balaustra e perdendomi a guardare il lento e silenzioso fluire dell’acqua, resa scura dalla notte eppure brillante per i riflessi argentati della luna piena. Andrea mi circondò la vita con le sue braccia prendendomi da dietro e appoggiò il suo mento sulla mia spalla. Mi respirò.
«Sai di buono» mormorò soffiandomi nell’orecchio.
Risi perché mi fece il solletico con il pizzetto incolto che aveva. Cosa avrei mai potuto desiderare di meglio in quel momento? In quella notte magica, fatta di una luna argentata e di stelle accese nel cielo sentii che tutta la mia vita fino ad allora era stata solo in funzione dell’incontro con Andrea. Era come se fossi nata per essere sua, come se nel mio destino ci fosse stato lui da sempre. Ma, alcune volte, la realtà supera anche le nostre fantasie più rosee. E quella sera accadde.
«Sposami».
Fu un sussurro lieve e impercettibile, feci quasi fatica ad udire l’esatta parola e sbarrai gli occhi incredula. Probabilmente non avevo capito bene, forse il rumore della Senna aveva tradito il mio udito. Non mi mossi, seguitai a guardare i riflessi luminosi che rischiaravano l’acqua sotto di noi, quasi timorosa di chiedere ad Andrea di ripetere ciò che aveva sussurrato. Lui mi fece voltare dolcemente per guardarmi negli occhi.
«Sposami» ripeté lentamente con le sue labbra rosse e perfette incurvate in un sorriso.
Improvvisamente mi sentii così nervosa che le mani iniziarono a sudarmi e il battito di ali di farfalla che poco prima sentivo nel mio petto si trasformò quasi in un tornado.
«Ma stiamo insieme da così poco tempo» farfugliai confusa mentre i vecchi fantasmi del passato tornarono per un attimo ad affacciarsi nella mia mente.
«Lo so, è vero. Ma io ti amo da una vita intera e ti conosco meglio di chiunque altro. Non ci si può far scappare la felicità quando bussa alla nostra porta. E tu sei la mia felicità». Bastarono quelle sue parole, così pulite e così oneste, per restituirmi la serenità e la tranquillità che avevano per un attimo vacillato. In fondo cosa importa se conosci una persona da una vita intera o solamente da poche ore? Il tempo è relativo per il cuore e i sentimenti. Ci sono persone che ti stanno accanto da sempre eppure senti che non ti conoscono affatto. E poi all’improvviso, incontri un uomo, uno in mezzo ai tanti milioni di abitanti che popolano il mondo e il tuo cuore comincia a battere all’impazzata e capisci che è quello giusto e che da adesso in poi la tua intera esistenza non sarà più la stessa. A me era successo così con Andrea.
Bastano poche ore in fondo per innamorarsi e perdersi, alcune volte basta anche solo un attimo, un incrocio di sguardi, un battito di ciglia, una mano sfiorata per caso. Questa è la magia dell’amore. Questa è l’imprevedibilità della vita.
E allora cosa mi impediva di accettare quella folle, matta, imprevedibile proposta di matrimonio? Cosa mi impediva di afferrare al volo la mia felicità? C’era la luna argentata a farci da testimone, c’erano le stelle luminose a darci la loro benedizione, c’era una città romantica come Parigi a farci da cornice e la splendida cattedrale di Notre Dame illuminata a coronamento di quella magica serata. Il mio volto si distese e le mie labbra scivolarono in un gran sorriso di felicità. Gli gettai le braccia al collo nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e strofinai dolcemente il naso sulla sua pelle che odorava di talco e bergamotto, ma che odorava meravigliosamente anche di me perché il mio profumo ormai era parte di lui.
«Devo forse prenderlo per un sì, principessa?» mi domandò con la voce che gli tremava e tradiva ogni sua emozione.
Scoppiai a ridere di una gioia incontenibile e irrefrenabile mentre, staccandomi dal suo collo e fissando i miei occhi nei suoi, sbattendo più volte maliziosamente le mie lunghe ciglia nere, risposi: «Sì…sì… Non so dire altro che sì. Lo voglio! Ti voglio… E desidero essere tua per sempre, incrociare i nostri destini intrecciandoli per l’eternità!».
La mia voce che, all’inizio, era un sussurro emozionato finì per esplodere invece quasi in un grido. Volevo svegliare tutta Parigi perché ogni abitante potesse essere partecipe della nostra unione, del nostro amore, del nostro sogno. Non si poteva dormire in una notte così. Si poteva solo sognare.