Prologo

Luncarty, Scozia, luglio 1381

Il tramonto incendiava il profilo delle colline di Cheviot. Presto l’oscurità avrebbe avvolto quelle terre selvagge e pericolose.

Perché diamine zia Brenna era uscita dalle mura sicure di Luncarty?

Con lo stomaco stretto per l’apprensione, Hunter Carmichael scivolò silenzioso dietro di lei, attento a non farsi scorgere. Brenna, la sua preferita tra i fratelli e le sorelle di suo padre, procedeva a un’andatura insolitamente rapida. Ma del resto era stata strana tutto il giorno.

Hunter si chiese se fosse così a causa dello zio Jock.

La sera prima aveva udito Brenna discutere con il marito. Le loro voci incollerite e il pianto di sua zia l’avevano svegliato. Era rimasto sdraiato nell’oscurità, nella cameretta a pochi metri di distanza da quella padronale, chiedendosi cosa fare. A volte i suoi genitori si trovavano in disaccordo, ma non avevano mai alzato la voce, e suo padre non avrebbe mai fatto piangere la moglie.

Il pensiero dei suoi genitori lo riempì di nostalgia. Gli era piaciuto trascorrere l’estate con la zia che amava tanto, ma gli mancavano il sorriso gentile di sua madre, i saggi consigli di suo padre e perfino le lezioni di padre Matthew, il prete che gli aveva insegnato a leggere e a scrivere e aveva guidato la sua educazione religiosa.

Lo zio Jock invece non teneva in gran conto i libri e aveva permesso a Hunter di trascorrere le giornate a cavallo, oppure a pesca. Si era divertito davvero molto, ma in quel momento il pensiero di casa sua gli strinse la gola e gli fece pizzicare gli occhi.

Hunter si disse che ormai aveva tredici anni, era quasi un uomo. Ed era suo dovere proteggere la famiglia, soprattutto le donne, come gli aveva insegnato suo padre Ross. Quel pensiero lo aveva spinto a percorrere il corridoio freddo e buio per andare a bussare alla porta della camera da letto degli zii.

«Chi diamine è?» aveva tuonato Jock.

«Hunter.»

Pochi istanti dopo la figura massiccia di Jock McKie si era stagliata sulla soglia. «Che cosa vuoi?»

«Io... io ho udito delle voci.» Sbirciando oltre le spalle dello zio, Hunter aveva visto Brenna seduta accanto al focolare, gli occhi rossi e i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle.

Nonostante avesse quasi trent’anni non sembrava molto più vecchia di lui. Vederla così infelice aveva risvegliato il suo istinto di protezione. Hunter aveva spinto da parte Jock e le era corso accanto prendendole le mani fredde tra le sue.

«Stai bene?»

«Certo che sta bene» era intervenuto Jock. «Stavamo discutendo di una certa cosa. Non è vero, Brenna?»

«È così» aveva confermato lei. «Abbiamo avuto una piccola discussione. A volte capita tra marito e moglie. Mi dispiace che ti abbiamo svegliato.»

Hunter aveva riflettuto su quelle parole per qualche momento. «Mio padre dice che abbiamo ereditato tutti il caratteraccio di nonno Lionel.»

«Tutti, compreso lui» aveva riso Brenna.

«Oh, sì, ma la mamma dice che la sua ira impiega molto tempo per manifestarsi.» Hunter aveva sorriso.

«Un po’ di fuoco nelle vene è ciò che fa di un uomo un vero uomo» aveva dichiarato Jock McKie, che governava Luncarty con un pugno di ferro.

Hunter era tornato in camera sua, ma aveva tenuto le orecchie ben aperte. Dopo un po’ aveva udito dei gemiti rochi. Fino a due settimane prima non avrebbe saputo interpretarli, ma poi si era imbattuto in uno stalliere che si rotolava nel fieno con una servetta e ora capiva cosa stava succedendo. Un po’ vergognoso al pensiero che i due facessero l’amore alla loro età avanzata, si era alzato e aveva chiuso la porta. La zia e suo marito avevano decisamente fatto pace.

Ma quella mattina Brenna si era comportata in modo strano. Era stata troppo presa per la loro passeggiata quotidiana, troppo occupata perfino per sedersi a chiacchierare con lui. Sulle prime Hunter aveva temuto che Brenna immaginasse che li aveva sentiti fare l’amore la sera prima. A dire il vero, più che imbarazzata, gli era parsa nervosa e preoccupata. Rimproverando i domestici per la loro pigrizia, Brenna aveva chiamato tutti a raccolta per un’imprevista giornata di grandi pulizie.

I materassi erano stati messi all’aria, l’erba che ricopriva i pavimenti spazzata via e sostituita con altra appena colta. Non ci sarebbe stato un pasto caldo quel giorno, aveva dichiarato Brenna la tiranna, perché il cuoco e i suoi aiutanti dovevano tirare a lucido la cucina.

Jock, cacciato dalla sala da un’orda di servitori armati di scope e strofinacci, aveva radunato i suoi uomini ed era andato in cerca di una taverna dove avrebbero potuto bere e giocare a dadi in pace. E senza dubbio si sarebbero anche intrattenuti con le ragazze della taverna, a giudicare dai commenti fatti da alcuni degli uomini.

«Portate Hunter con voi» aveva ordinato Brenna.

Jock era stato d’accordo. «È ora che il ragazzo completi la sua educazione» aveva detto ammiccando.

L’idea aveva tentato Hunter, che da qualche tempo osservava affascinato le donne di Luncarty. Belle o brutte, giovani o vecchie, l’ondeggiare dei fianchi e dei seni gli causava un fremito incontrollabile nella parte inferiore del corpo. Era assai curioso di scoprire cosa si celasse sotto le gonne svolazzanti, ma il suo senso del dovere aveva avuto la meglio. Con la scusa di un mal di pancia improvviso era rimasto a casa a tenere d’occhio la zia.

Perché? Non lo sapeva proprio.

Brenna aveva trascorso molto tempo chiusa nella stanza in cui Jock teneva i conti della proprietà. Quando ne era uscita, portava appesa al braccio una cesta coperta. Vedendolo gironzolare là attorno, la zia lo aveva mandato a riferire un messaggio al fabbro. Hunter aveva finto di allontanarsi, poi si era nascosto dietro un angolo per controllare i suoi movimenti. Quando Brenna, indossato il mantello, aveva preso la cesta e si era diretta al portone che si apriva nelle massicce mura del castello, l’aveva seguita senza farsi scorgere.

«Vado a raccogliere delle piante medicinali» aveva detto Brenna alla sentinella. L’uomo si era limitato a raccomandarle di non restare fuori troppo a lungo. Dopo tutto, Lady Brenna era la padrona.

Hunter non la pensava allo stesso modo. Era il suo parente più stretto e, in assenza di Jock, spettava a lui occuparsi della sicurezza di sua zia. Soprattutto perché, quel giorno, gli sembrava uscita di senno.

Aveva appreso l’arte di seguire qualcuno senza farsi scorgere da Wat Carmichael, il vecchio esploratore di suo padre.

Dapprima lo prese come un gioco, saltando di roccia in roccia e nascondendosi dietro i cespugli, ma quando sua zia entrò nel bosco e il mantello scuro si fuse con le ombre, rischiò di perderla di vista. Attento a stare nascosto, la osservò aprirsi la strada tra gli alberi. Brenna non si fermava a raccogliere erbe, ma avanzava rapida.

Il terreno si fece scosceso, disseminato di alte rocce. Hunter scivolava attorno a esse, preoccupato perché il rumore dell’acqua che scorreva gli impediva di udire i passi di Brenna. Nel frattempo era sorta la luna e la sua luce pallida penetrava a fatica tra il fogliame fitto, rischiarando appena il suo cammino. A quell’ora Jock doveva essere tornato al castello. Sarebbe stato preoccupato. Hunter si affrettò, determinato a raggiungere la zia e a convincerla ad abbandonare la sua ricerca, oppure ad accettare il suo aiuto.

Girò intorno a un masso enorme e si arrestò di colpo. Brenna era là... Tra le braccia di un uomo.

Lo sconosciuto era alto e aveva le spalle larghe; i suoi capelli rossi splendevano come fiamme alla luce della luna.

Chi era? Che cosa ci faceva là con zia Brenna?

Lei si liberò dall’abbraccio per guardare in faccia l’uomo. Anche a quella distanza Hunter poté scorgere la sua espressione sconvolta.

«Non posso venire con te.»

Per Hunter fu sufficiente. Sguainò la spada e si arrampicò sulle rocce. Aveva con sé soltanto la piccola spada da addestramento, perché suo padre aveva sostenuto che non era ancora abbastanza forte per portare lo spadone. In quel momento però sentiva che, per difendere Brenna, avrebbe avuto la forza per portarne due. «Lasciala andare!» gridò.

L’uomo si girò di scatto e, ponendosi davanti a Brenna, estrasse a sua volta lo spadone. «Chi diavolo sei?»

«È mio nipote!» Brenna fece per girare intorno all’uomo, ma lui le imprigionò il polso con la mano forte.

«Lasciala andare» ordinò Hunter, sorpreso nel sentire che la voce gli era uscita forte e sicura. Il suo avversario non soltanto era più grosso di lui e meglio armato, ma si trovava anche più in alto, e quindi in posizione di vantaggio.

«Al diavolo!» esclamò l’uomo.

Brenna tese la mano in gesto supplichevole. «Vattene, Hunter, ti prego. Non voglio che ti succeda niente.»

«Non posso lasciarti qui.» Lui avanzò di un passo, ma fu fermato da una lama fredda premuta contro la sua gola.

«Bene. Bene. Chi abbiamo qui?» ringhiò una voce profonda, vicinissima al suo orecchio.

Brenna gridò.

«Non fargli del male, Owen» ordinò l’altro uomo. «È suo nipote. Getta la spada, ragazzo.»

Hunter esitò, valutando le alternative.

«Alex ti ha detto di gettarla» ripeté Owen, premendo la punta del coltello sulla gola del ragazzo.

Imprecando, Hunter lasciò cadere la spada. I suoi occhi incontrarono quelli grigi di sua zia. Mi dispiace, le disse silenziosamente. Poi il suo sguardo si spostò sull’uomo che la teneva stretta.

Gli occhi azzurri di Alex erano freddi e penetranti. Indossava una bella tunica di lana e dei calzoni di pelle. La sua spada era costosa, il suo accento più raffinato di quello di Owen. Nonostante ciò, però, restava un mascalzone in procinto di rapire una bella donna.

«Combatteremo corpo a corpo» lo sfidò Hunter.

Dietro di lui Owen scoppiò in una risata di scherno. «Pivello. Io dico che dovremmo sbarazzarci di lui e andarcene subito da qui.»

Brenna si liberò dalla stretta dell’uomo e avanzò, le mani distese in avanti. «Corri, Hunter! Vattene.»

Quelle parole colsero di sorpresa i due uomini. Sfilando il coltello dalla cintura, Hunter si girò e mirò alla gola di Owen.

L’uomo era alto e massiccio, con un torace largo come un barile, lunghi capelli neri e una faccia che sembrava tagliata con l’accetta. Una faccia che Hunter non avrebbe mai scordato.

«Che diavolo...» Owen levò il braccio muscoloso per proteggersi dal colpo, mentre con l’altro afferrava Hunter e lo faceva letteralmente volare in aria.

Il ragazzo atterrò sulle rocce e batté il capo. La notte esplose in uno scintillio di stelle e, di colpo, si fece nera. L’ultima cosa che lui udì prima di sprofondare nel buio fu il grido lacerante di zia Brenna.

Quel grido echeggiava ancora nella testa di Hunter quando si risvegliò.

«Zia Brenna?»

Gli rispose soltanto il mormorio del torrente.

La testa gli pulsava, ma lui si sollevò a sedere. Era solo, la sua spada e il coltello erano scomparsi.

«Zia Brenna?» ripeté.

Niente.

Lo stomaco sottosopra, la vista appannata, strisciò fino al torrente e immerse la testa dolorante nell’acqua gelida. La mente ritornò lucida, ma il senso di colpa che lo attanagliava non diminuì.

Doveva trovarla. Si issò su una roccia e fece qualche passo prima di inciampare e cadere rovinosamente. Le rocce lo ferirono, lacerandogli le vesti. Udì qualcuno gridare e intuì vagamente che era la sua voce. Rotolò fino a un enorme masso e rimase là, raggomitolato, troppo dolorante per riuscire a muoversi. Sentiva in bocca il sapore del sangue e un dolore acuto gli trafiggeva una gamba.

«Hunter! Hunter!» Lo zio Jock si materializzò al limitare del bosco, seguito da una dozzina di uomini.

«Zi... zia Brenna... Rapita» balbettò Hunter.

«Al diavolo!» Jock abbaiò una serie di ordini che rispedirono i suoi uomini nel bosco. «Chi è stato?»

«Due uomini... Alex... alto... capelli rossi... L’altro...» Hunter sputò del sangue. Il volto di suo zio gli appariva sfuocato. Stava per svenire di nuovo. «Capelli neri... brutto. Owen.»

Jock assestò un calcio a un masso. «Alex e Owen Murray. Maledizione, avrei dovuto capirlo quando Alex ha passato tutto il tempo a gironzolare intorno alla mia Brenna alla celebrazione del Truce Day

«Brenna lo conosce?» Nel cervello dolorante di Hunter quell’informazione assunse un significato preciso. «Allora non le farà del male.»

Suo zio imprecò. «Quella donnetta! Avrei dovuto prevederlo.» Afferrò la spalla di Hunter. «Aveva qualcosa con sé? I libri mastri? Il registro dei debitori?»

I pensieri andavano e venivano nella mente confusa di Hunter. «No. Aspetta. Lei... lei è stata nella stanza dei conti. Quando è uscita, portava una cesta.»

Jock si raddrizzò con un ruggito. Richiamò gli uomini e diede ordine che alcuni riportassero Hunter a casa mentre gli altri sarebbero andati con lui. «Alex Murray ricorderà questa notte.»

«Riporterai a casa zia Brenna, non è vero?» sussurrò Hunter.

«Naturalmente. E farò in modo che Alex Murray si maledica per aver preso quello che è mio.»