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L’obitorio della caserma militare degli Arsenali occupava due sale enormi nei sotterranei del baluardo del Re. La prima era riservata a uso esclusivo dell’esercito, mentre la seconda era ripartita tra il Corpo di Vigilanza e quello di Sicurezza, e in caso di bisogno ne usufruiva anche l’ospedale della Santa Cruz. Da un paio di giorni, le voci della nuova epidemia di colera avevano costretto i custodi di questa seconda sala a riservarne un’ala intera, nel timore che l’obitorio della Santa Cruz e le camere mortuarie parrocchiali non riuscissero tutte insieme a fronteggiare la portata del disastro. Per il momento, tuttavia, la soglia degli Arsenali non era ancora stata varcata da nessuna vittima.

«Il mio angolo preferito di Barcellona», borbottò l’ispettore Reigosa, che si calava in quel mondo sotterraneo da almeno quindici anni e non era ancora riuscito ad abituarsi al misto di odori forti, luce fioca e umidità pervasiva che regnava là sotto. «Attenzione a non scivolare.»

I corpi che dovevano esaminare erano adagiati su tre tavoli di pietra allineati ortogonalmente alla parete est della sala. Sul primo c’era Oliver Manning, sul secondo Leandro Moreira, mentre il terzo era occupato dal mucchio di ossa e pelle rinsecchita che gli uomini di Reigosa avevano appena portato da Trentaclaus.

L’ispettore aveva aggiornato Palafox e Teresa mentre percorrevano il labirinto di corridoi e scale che separava il suo ufficio dall’obitorio, e li aveva anche messi al corrente della teoria su cui stavano lavorando i suoi uomini. Il cadavere riesumato nel patio della casa di Moreira doveva essere l’occupante originale del sarcofago del convento. Qualcuno, per non si sa quale motivo, l’aveva tirato fuori di lì e sepolto nel cortile di Trentaclaus, per poi sostituirlo con il corpo senza vita di una delle sventurate che lavoravano per il proprietario della casa. Quest’ultimo non poteva essere il cervello della strana operazione, visto che il suo corpo era in bella mostra su uno dei tre tavoli di pietra. Moreira si era limitato a fornire una vittima alla persona che aveva orchestrato quella sceneggiata, e aveva ceduto il cortile di casa per seppellire l’inquilina originale del sarcofago. Le monete, i monili, la tunica e i fiori che facevano parte del corredo funebre di quel corpo parzialmente imbalsamato erano passati integralmente a ricostruire lo scenario che Palafox e Reigosa avevano visto a Santa Clara la sera del primo di agosto.

Adesso ovviamente le due grandi domande erano chi e perché.

«Avete visto il Diario de Barcelona, ispettore?» gli chiese Teresa di fronte ai corpi.

«L’ho visto, sì. Del resto era prevedibile. Ma come risposta non l’accetto.»

«Ne siete sicuro? Considerate che la fede è capace di portare gli uomini a eccessi imprevedibili, e voi dovreste saperlo meglio di chiunque altro. Se non avessimo anche il signor Manning e quella povera donna della Neothermas, non scarterei l’ipotesi che tutto questo affare della Dama del Pozzo sia stato semplicemente un tentativo di rinforzare la fede o la superstizione di una città che negli ultimi tempi ha perduto qualche certezza. Un tentativo strano, assurdo e spettacolare, certo, ma del resto in linea con la storia e le tradizioni della Chiesa cattolica.»

Chini sul corpo della mummia dissepolta a Trentaclaus, i due uomini non avevano ribattuto a quest’ultima osservazione, mentre Teresa li osservava da una certa distanza.

«Lo stato del cadavere potrebbe confermare la vostra teoria», concluse l’anatomista dopo qualche minuto di silenziosa ispezione.

«Una fanciulla romana?»

«Una giovane che ha lasciato questo mondo molti secoli fa, in ogni caso. Il suo stato di conservazione è eccezionale. Le condizioni in cui si trovava il sarcofago prima di essere recuperato devono aver arrestato la decomposizione a uno stadio molto precoce.» Palafox guardò il collega e abbassò la voce. «Era già nuda quando l’avete trovata, immagino.»

L’ispettore annuì.

«Il suo stato di conservazione quadra con la possibilità che la tunica indossata dalla Dama del Pozzo fosse sua?»

«Difficile a dirsi. Ma vedendo come sono sopravvissuti i tessuti del suo corpo, sembra possibile che anche lo stato di conservazione dei suoi abiti consentisse uno scambio. Non dev’essere stato facile farli indossare a quella povera ragazza, certo, ma adesso non mi sembra più così impossibile come mi era sembrato quella sera a Santa Clara.» Palafox si aggiustò gli occhiali con un dito. «La tunica, in ogni caso, dev’essersi decomposta durante il procedimento, ed è per questo che sembrava quasi evanescente.»

«La vostra teoria quadra, ispettore», intervenne Teresa, e Reigosa annuì nuovamente.

«Stiamo ancora cercando l’uomo che ha cercato di vendere le due monete romane a metà luglio. Ma la descrizione del numismatico è così comune che nutro ben poche speranze di fare passi avanti seguendo quella pista. Un uomo alto e magro, bruno, sui quarant’anni, con la barba e le basette rade...»

«Io non ci penserei più, signori. Quanto all’indagine, la prima Dama del Pozzo non potrà dirci nient’altro.»

Palafox e Reigosa si girarono all’unisono verso Teresa, che nel frattempo si era avvicinata al tavolo di Oliver Manning e osservava il suo corpo nudo con un’attenzione che in molti avrebbero giudicato indecorosa.

«E con questo intendi dire...?»

Teresa sollevò la testa e guardò Palafox con aria assorta. Nel contesto di quella sala sotterranea illuminata dalla luce tremula di qualche lampada a olio, il suo cappellino colorato sembrava fuori luogo almeno quanto tutto il resto della sua persona.

«Intendo dire che la seconda Dama del Pozzo, la donna smemorata della Neothermas, adesso mi pare molto più promettente della giovane sepolta a Santa Clara», rispose, per poi chiedere un istante dopo all’ispettore: «Avete menzionato il nome di Felicia Dedéu davanti alla signora Daudí?»

Reigosa non ricordò subito il cognome della bisbetica amministratrice della Neothermas, la donnina che aveva cercato in tutti i modi di impedirgli l’accesso all’ufficio del dottor Carrera, e che aveva ceduto solo quando l’ispettore l’aveva minacciata di arrestarla.

«Non ne ho avuto modo», ammise. «La mia conversazione con quella signora non è stata propriamente amichevole.»

«Sono sicura che quel nome non le è sconosciuto. Quando l’abbiamo menzionato ieri, le ho letto negli occhi che la conosceva. Non vi pare interessante?»

«Voi pensate che Felicia Dedéu sia la paziente che ho visto stamattina, la seconda Dama del Pozzo, vero?» chiese Reigosa, guardando con la coda dell’occhio Palafox, che nel frattempo teneva gli occhi chiusi e respirava a ritmo regolare l’aria putrefatta dell’obitorio.

Reigosa non volle neanche immaginare le cose che il giovane stava forse vedendo in un luogo come quello.

«Certo che lo penso!» rispose sicura Teresa. «Ma la cosa davvero interessante, ispettore, è che la signora Daudí conosca il nome di quella donna. Se è vero che le monache di Santa Teresa l’hanno trovata nel patio del convento già in stato catatonico, chi le ha detto come si chiama? O lo ha saputo sin dall’inizio, il che risulterebbe estremamente sospetto, oppure questo signore», disse indicando il corpo di Manning, «ha identificato la signorina Dedéu durante la sua visita alla Neothermas poche ore prima di essere ucciso. Il che risulta quasi ancora più sospetto.»

Reigosa aggrottò la fronte e guardò di nuovo Palafox, che nel frattempo aveva riaperto gli occhi e sembrava ascoltare la sua amica con grande interesse.

«Se fosse così, il dottor Carrera avrebbe molto di cui rendere conto.»

«Esatto. Non avete per caso notato in lui un indizio che suggerisse una conoscenza di quella paziente più approfondita di quanto non volesse farvi intendere?»

«Forse non possiedo il vostro stesso spirito di osservazione, signorina Urbach», rispose l’ispettore scrollando la testa.

«Non offendetevi, ispettore. Qui l’unico che può offendersi con me è Andreu.»

La donna rivolse un sorriso amichevole a entrambi e tornò subito a concentrarsi sul corpo senza vita di Oliver Manning.

Palafox esaminò per qualche minuto le ferite inflitte al corpo dell’inglese, quindi fece altrettanto con il corpo del protettore di Trentaclaus.

«Una cosa è certa: in questi due cadaveri la traiettoria e la profondità dei tagli nella gola sono identiche», sentenziò alla fine. «La mano che ha sgozzato il signor Manning è la stessa che ha sgozzato il signor Moreira.»

«Il che conferma, ovviamente, che la soluzione del mistero va cercata nel biglietto da visita trovato nella stanza della pensione.»

«Vostro padre non vi ha davvero detto niente ieri sera?» le chiese l’ispettore, guardandola fisso dall’altro lato del tavolo su cui giaceva il signor Manning.

«Mi ha detto solo che doveva fare delle domande in giro prima di parlare con voi oggi.»

«Ma data la vostra abilità nell’osservare, signorina Urbach, avrete intuito senz’altro qualcosa dalle sue parole o dal suo atteggiamento, no?»

Teresa accettò la provocazione dell’ispettore con un piccolo inchino.

«Volete che vi dica cosa mi ha suggerito l’istinto ieri sera?» chiese.

«Vi prego.»

«In tal caso, vi comunico che il nome di Felicia Dedéu non ha detto proprio niente a mio padre, mentre quello di Oliver Manning gli è suonato familiare. E sospetto anche che abbia un’idea chiara sul motivo per cui il defunto aveva un biglietto con l’indirizzo della casa in cui abitavamo a Londra tre estati fa. Invece, non credo sappia nulla di nessun Uomo in Nero e di sicuro non ha alcun tipo di collegamento con la ragazza sepolta a Santa Clara e con il suo protettore.» Teresa si strinse nelle spalle e sostenne lo sguardo indagatore di Reigosa. «Ovviamente è anche possibile che l’amore filiale stia offuscando la mia capacità di osservazione e di raziocinio e che mio padre sia in realtà proprio l’Uomo in Nero che stiamo cercando.»

Palafox fu il primo a sorridere. Un sorriso storto e innaturale che convinse definitivamente Reigosa di quanto si sentisse a disagio il suo amico laggiù in quel sotterraneo.

Per un attimo, anche lui ebbe l’impressione di sentire la presenza delle migliaia di anime morte che addensavano l’aria dell’obitorio e inumidivano con il loro fiato le pareti del vecchio edificio militare.

«Non riesco a immaginare il signor Urbach che mette in scena miracoli», commentò Palafox con un tono leggero che suonò altrettanto impostato.

«No, neanche io. Se non sbaglio, mio padre non entra in una chiesa e non recita un Padrenostro da quando ha trasferito la sua fabbrica in calle de los Talleres. E io avrò avuto dieci o dodici anni a quei tempi.»

L’ispettore si schiarì la voce e fece un gesto nervoso con le mani che riempì di ombre guizzanti le pareti dell’obitorio.

«Se non avete altro da esaminare...»

Palafox lasciò cadere nella valigetta le pinzette che aveva maneggiato fino a quel momento e si allontanò dal tavolo di pietra su cui riposava il corpo del protettore di Trentaclaus.

«Che fine faranno questi corpi?» chiese.

«Se nessuno richiede il signor Moreira, nel giro di un paio di giorni finirà nella fossa comune», rispose Reigosa. «Invece il signor Manning lo teniamo qui finché non ne sapremo qualcosa di più. Quanto alla fanciulla romana, immagino che la cosa più giusta sarebbe restituirla a Santa Clara.»

«Magari decidono di rimetterla al posto della Dama del Pozzo», suggerì Teresa con apparente serietà.

«A quanto ci ha raccontato Palafox, non credo che la madre superiora e il signor vescovo ne abbiano la minima intenzione. Ma questa creatura», aggiunse Reigosa fissando il cadavere rinsecchito che aveva davanti con lo sguardo d’un tratto impietosito, «merita di essere lasciata riposare in pace una volta per tutte.»

Teresa si dichiarò perfettamente d’accordo.

«Posso essere intuitiva solo un’ultima volta, ispettore?»

«Vi prego, fate pure.»

«Secondo me non dovreste lasciarvi coinvolgere così tanto da questo caso. Non avete più l’età.»

Reigosa si concesse un paio di secondi per pensarci su, poi sorrise con franchezza.

«Neanche voi siete più una bambina, signorina Urbach.»

«È per questo che mi azzardo a darvi qualche consiglio. E credo sinceramente che non vi convenga pensare così tanto a quella donna.»

L’ispettore cancellò il sorriso dal viso e fece un’aria sorpresa. Per un attimo guardò il corpo mummificato che aveva davanti, poi si decise a rispondere.

«Se non pensassi a lei, non farei il mio lavoro.»

«Lo sapete a cosa mi riferisco. Il modo in cui ce l’avete descritta dopo la vostra visita alla Neothermas...» Teresa si morse il labbro prima di chiedere: «Voi non siete sposato, vero, ispettore?»

L’istantaneo sguardo di rimprovero di Palafox rimbalzò sul profilo in penombra della scrittrice.

L’ispettore Reigosa rispose senza esitare, né abbassare lo sguardo.

«Lo sono stato, signorina Urbach, tanto tempo fa. Ma non credo che questo vi riguardi.»

Teresa chinò la testa con aria contrita.

«Perdonatemi», sussurrò. «Certe volte la mia curiosità ha la meglio sul buonsenso.»

I lineamenti di Reigosa si distesero leggermente.

«No, scusatemi voi, non volevo essere scortese.» Quindi, avvicinandosi a Teresa e Palafox, spiegò: «Mia moglie è morta quasi dieci anni fa, vittima dell’ultima grande epidemia di colera che ha colpito Barcellona».

«Mi dispiace davvero.»

«Forse la notizia di questa nuova epidemia mi ha un po’...» Reigosa non trovò la parola che cercava. «Magari stamattina vedendo quella povera donna in sanatorio ho ricordato cose che preferisco non ricordare quando sono in servizio. Ma non preoccupatevi per me.»

Palafox annuì con aria seria e rivolse all’ispettore uno sguardo amichevole.

Teresa sorrise soddisfatta.

«In tal caso, propongo di uscire di qui al più presto e di spruzzarci un po’ di profumo prima di andare al Salon Royal», disse, prendendo sottobraccio l’anatomista e tirandolo con delicatezza verso la porta della sala. Neanche a lei, capì Reigosa, erano sfuggiti gli sforzi che aveva dovuto fare Palafox per mantenere la compostezza mentre esaminava quei cadaveri. «Non si può proprio dire che gli anni stiano ammorbidendo il carattere di mio padre, e non credo che ci apprezzerà particolarmente se arriviamo a tavola con il fetore di decomposizione addosso.»

E così l’ispettore fece segno all’inserviente di ricoprire i cadaveri, si guardò attorno un’ultima volta e seguì Palafox e Teresa sulla strada di ritorno al mondo esterno.