27

L’ispettore Reigosa smontò dalla carrozza ufficiale ai piedi delle torri di plaza Nueva e imboccò di nuovo la salita di calle del Obispo. Questa volta, tuttavia, non fece in tempo a raggiungere il cancello che chiudeva il patio del palazzo episcopale. Arrivato in calle de Santa Lucia, una sagoma familiare attirò la sua attenzione verso la piccola cappella romanica addossata alla cattedrale e lo costrinse a cambiare il piano che l’aveva portato sin lì.

Erano le dieci e mezzo del mattino, aveva smesso di piovere da poco e i ciottoli del centro cominciavano a coprirsi del caratteristico fango rossiccio che affiorava immancabilmente dopo ogni acquazzone. L’ispettore si pulì con cura le scarpe sulla soglia, si scoprì la testa ed entrò nella cappella di Santa Lucia con il cappello sotto il braccio. Erano almeno cinque anni che non entrava lì dentro, pensò avvicinandosi all’unica sagoma in ginocchio dell’intera navata. Un posto tranquillo: non c’erano tanti angoli di Barcellona che un membro del Corpo di Vigilanza non finisse prima o poi per visitare regolarmente nello svolgimento delle proprie funzioni, e neppure le chiese del monte Taber riuscivano a sfuggire alla propria generosa quota di crimini e reati di vario genere.

«Buongiorno, Vostra Eccellenza.»

Il vescovo Riera finì la preghiera che stava sussurrando prima di sollevare la testa e guardare l’ispettore, fermo a un paio di passi da lui.

Nella composta penombra della cappella, il volto dell’anziano appariva così pallido e avvizzito che per un istante Reigosa ebbe l’impressione di trovarsi in presenza di un nuovo cadavere.

«Vi stavo aspettando, ispettore», disse alla fine, sollevando a fatica il corpo e prendendo posto sulla panca in prima fila.

Reigosa si sedette accanto a lui e represse l’impulso di farsi il segno della croce prima di cominciare a parlare.

«Le mie più sentite condoglianze», mormorò. «Immagino che foste molto legato alla madre Pietà. La sua morte deve essere stato un colpo particolarmente duro per voi.»

Il vescovo non si disturbò ad annuire, né tantomeno a ringraziare.

«È stato quell’uomo di cui mi ha parlato ieri il signor Palafox?» chiese. «L’uomo con il volto coperto che avete visto la sera in cui siete andati a esaminare il cadavere incorrotto?»

Reigosa fece finta di non aver sentito quell’ultima parola e si limitò ad annuire con aria seria.

«Così pare.»

«Non ne siete certi?»

«La domestica del signor Palafox ha visto uscire di corsa da casa uno che per aspetto sembra corrispondere al nostro uomo. Evidentemente deve essere stato lui a portare nel patio la madre Pietà.»

«E non sapete ancora chi sia?»

Reigosa posò il cappello sulla panca e cercò inutilmente lo sguardo dell’anziano, che si fissava con ostinazione le mani intrecciate.

«Voi lo sapete, Vostra Eccellenza?»

Il vescovo non mosse la testa.

«La madre Pietà non avrebbe mai tollerato la presenza di un uomo nel convento senza il mio consenso», ribatté. «Al di là delle emergenze sanitarie e dei regolari servizi di consegna, le uniche visite maschili ammesse nei conventi femminili di questa città sono quelle che hanno la mia approvazione.»

«E quindi?»

«Traetene pure le vostre debite conclusioni.»

«Le mie conclusioni sono molto semplici, Vostra Eccellenza», sbuffò Reigosa con fare impaziente. «Per una qualche ragione che al momento ancora ci sfugge, la madre Pietà ha dato accesso in convento a quell’uomo senza informarvi.»

Il religioso si strinse svogliatamente nelle spalle.

«Liberissimo di crederlo.»

«Dobbiamo supporre che lo conoscesse bene. Una madre superiora con la sua esperienza non si sarebbe mai lasciata ingannare da un finto emissario dell’episcopato, e meno che mai con quegli abiti indosso. Anzi, forse quella non era neppure la sua prima visita, forse la madre Pietà e quell’Uomo in Nero stavano tramando qualcosa.»

Finalmente il vescovo si decise ad alzare la testa.

«Cosa state insinuando, ispettore?»

«Non insinuo proprio niente. Mi limito a constatare l’ovvio.»

«L’ovvio per voi.»

«La madre Pietà è stata assassinata la notte scorsa da un uomo che ho visto in sua compagnia tre sere fa. E quello stesso uomo ha già assassinato, per quel che sappiamo, altri due uomini e forse anche una povera sventurata. Il nome secolare della madre Pietà era segnato a mano sul biglietto da visita che abbiamo trovato nella stanza di uno di quei due uomini, accanto al nome del proprietario della casa in cui la notte scorsa è stata assassinata.» Reigosa prese fiato prima di chiedere: «Cosa vi suggerisce tutto questo?»

La bocca sdentata del vescovo si aprì e si richiuse un paio di volte prima di buttar fuori a sua volta la seguente domanda:

«Volete saperlo sul serio?»

«Sono qui per questo.»

«In tal caso, vi dirò cosa mi suggerisce. Mi suggerisce che i rami vi impediscono di vedere il bosco.»

L’ispettore si concesse qualche secondo di riflessione prima di ribattere:

«Mi pare, Vostra Eccellenza, che il bosco di cui parlate non sia alla portata degli occhi di questo umile poliziotto».

«Lo sarebbe, se la smetteste di rifiutarvi di vedere la realtà.»

«La realtà», ripeté Reigosa. «Ho il sospetto che voi e io intendiamo questa parola in maniera diversa.»

«Avete sentito cos’è accaduto ieri alle oche della cattedrale e a quelle del convento sconsacrato della Boqueria, vero? Avete sentito i racconti su quell’Uomo in Nero che se ne va in giro per la città. Avete visto i cadaveri che cominciano ad accumularsi in Santa Ana per colpa della peste.» Le labbra dell’anziano tremarono prima di aggiungere: «Siete voi stesso testimone che tutte le strade portano al signor Palafox».

«L’unica cosa di cui sono testimone, Vostra Eccellenza, è che qualcuno cerca di fare a pezzi il senno del signor Palafox mentre semina una scia di cadaveri dietro di sé. Quelli sono i rami che io cerco di potare.»

«Allora state perdendo il vostro tempo.»

«Ma certo.» L’ispettore sentì che la sua pazienza con quel vecchio ciarlatano stava quasi per esaurirsi. «Perché voi continuate a pensare che il ritrovamento di quella povera creatura sepolta nei sotterranei di Santa Clara sia stato davvero un miracolo. Un primo avviso della fine del mondo. E che ogni singolo episodio da allora in poi faccia parte di un medesimo sistema di segni e segnali.»

«Incendi e rivoluzioni. Epidemie, corruzione e miracoli. Pensate quali sono le vittime degli omicidi che avete sul tavolo, ispettore: uno strumento del progresso straniero, un corruttore della morale divina e una serva di Dio offerta in sacrificio in nome di...» Il vescovo non terminò la frase. Quello che fece fu deglutire e reprimere una specie di strano singhiozzo senile. «E al centro di tutto, un uomo unto dal dono unico di abitare nel tempo sacro.»

Reigosa si forzò ad abbozzare un sorriso sardonico. Di nuovo quelle due parole.

Tempo sacro.

«Il dottor Carrera sarà felice di venire finalmente a conoscere la diagnosi esatta del suo paziente», commentò. «Il dono di abitare nel tempo sacro.»

«Il dottor Carrera è un uomo più saggio di quanto voi non pensiate, ispettore. Più saggio e meno cieco. Un tempo era cieco, ma adesso vede la realtà.»

Reigosa non tentò neppure di interpretare queste parole, ma si limitò ad agitarsi sulla panca e a osservare:

«Eppure, Vostra Eccellenza, ho la sensazione che finalmente stiate cominciando a comprendere che dietro queste morti non ci sono miracoli o segnali, ma solo la mano di un uomo macchiata di sangue».

Il vescovo alzò la testa e guardò Reigosa con due occhi che brillavano come carboni ardenti immersi nell’olio.

«Siete davvero convinto che la mano che cercate sia realmente quella di un uomo, ispettore?»

Il poliziotto sorrise di nuovo.

«Allora alla madre Pietà è stato un demonio a tagliare la gola», disse in tono sprezzante. «O meglio, un angelo della morte. Un angelo della morte a cui lei stessa, per caso, aveva aperto le porte del convento il giorno in cui tutto questo ha avuto inizio.»

Il vescovo Riera rivolse al suo interlocutore un’occhiata altrettanto sprezzante.

«Fate i conti esatti, ispettore. Tutto questo ha avuto inizio duemila anni fa», ribatté con voce affaticata, rimettendosi in piedi. «E terminerà solo quando questa città nostra avrà reso finalmente l’anima al piccone del liquidatore.»

E questo fu tutto.

L’anziano sacerdote attraversò l’unica navata di Santa Lucia e si riaffacciò con passo esitante al mondo esterno. Reigosa fece altrettanto un paio di minuti dopo, con il cappello in mano, la pistola scarica in tasca e il cuore stretto per le ultime parole di quell’uomo bizzarro, fanatico, smarrito nelle profondità della sua teologia personale, sulla cui sanità mentale l’ispettore non si sentiva tuttavia di emettere ancora un verdetto definitivo.

Un interminabile minuto dopo che l’ultimo colpo di batacchio aveva smesso di rimbombare tra gli edifici di plaza del Rey, la sorella Martina aprì il portale di Santa Clara e le fissò con aria spaventata. Il viso familiare di Adela e il sorriso gentile di Teresa non bastarono ad attenuare la tensione che alterava quel mattino i lineamenti della novizia. Persino la cicatrice che le solcava la guancia sinistra sembrava più profonda del giorno prima, notò Adela, e anche più bianca e ritorta.

«Adesso non c’è nessuno che possa ricevervi, signorina», tagliò corto senza neppure ascoltare il nome di Teresa Urbach.

«Meglio così», ribatté la donna, «perché siamo venute per parlare con te.»

La sorella Martina inclinò la testa di lato e guardò ora Teresa, ora la ragazzina che aveva di fronte. Poi si fece da parte e le lasciò entrare nel convento.

«Il vescovo arriverà a momenti», le avvertì, richiudendo il portone e facendo strada attraverso la sala ricevimenti dell’antico palazzo reale. «Lo sapete cos’è successo la notte scorsa, no?»

«Ma certo che lo sappiamo.» Teresa si fermò accanto alla novizia, ai piedi dell’altare maggiore della chiesa che adesso occupava la sala ricevimenti, e si guardò attorno con il naso istintivamente arricciato. Le pareti annerite dal fumo e dall’umidità, l’odore di cera e di incenso, le immagini di vergini in lacrime e di Cristi torturati... Persino le lastre del venerabile pavimento su cui camminavano sembravano sopraffatte dal peso di tutti quegli orrori barocchi. «Posso chiederti quando vi hanno comunicato la notizia?»

«La sorella Olivia ci ha riunito dopo il mattutino. La sorella Olivia è responsabile dell’intendenza del convento», spiegò la ragazza in risposta allo sguardo perplesso della sua interlocutrice. «Era la mano destra della madre Pietà.»

«Adesso la sorella Olivia è in convento?»

La novizia scrollò la testa.

«È stata chiamata un’ora fa in episcopato. Quando è uscita, si è raccomandata di tenere lontani i curiosi.» E un attimo dopo, mordendosi il labbro, aggiunse: «Non dovevo farvi entrare».

«Noi non siamo venute a curiosare», obiettò Adela, «siamo venute a scoprire cos’è successo alla madre Pietà.»

«Come se non lo sapeste già.»

Colta di sorpresa, Adela sostenne lo sguardo d’un tratto gelido della sorella Martina.

«Cosa intendi dire?»

«Intendo dire che il tuo padrone la notte scorsa ha ucciso la madre Pietà. È questo che è successo, no?»

Adela guardò Teresa con l’aria infuriata e la lingua già pronta a rispondere a dovere a quell’insulto, ma la scrittrice la mise a tacere con un cenno della mano.

«Il signor Palafox non c’entra nulla con l’omicidio della madre Pietà, che riposi in pace», replicò Teresa.

«L’hanno trovata morta nel patio di casa sua», le fece notare la sorella Martina. «Lui era tutto coperto di sangue quando è arrivata la polizia. E adesso l’hanno rinchiuso di nuovo in quel manicomio da cui non dovevano farlo uscire.»

Per Teresa, quelle parole erano come graffi sulla carne viva. Non per quello che dicevano, ma per quello che significavano.

«Chi te l’ha detto?»

«Ce l’ha detto la sorella Olivia.»

«E come diavolo fa la sorella Olivia a sapere in che stato era il signor Palafox quando è arrivata la polizia?» chiese Adela. «Come fa a sapere che l’hanno ricoverato un’altra volta?»

Ottime domande, pensò Teresa. Ottime, ma anche molto inquietanti.

«Il vescovo Riera è stato qui stamattina?»

La sorella Martina tornò a guardare la scrittrice e scrollò la testa.

«Non che io sappia.»

«E chi ha portato la notizia della morte della madre Pietà?»

«La sorella Olivia è uscita presto dal convento. Quando è tornata, dopo le preghiere comuni, ci ha avvertito.»

«E sai dov’era andata?»

La novizia si strinse nelle spalle.

«La sorella Olivia esce tutte le mattine a sbrigare commissioni. Fa parte delle sue mansioni.» E dopo una breve pausa chiese: «Ha detto qualche bugia?»

Teresa strinse il polso di Adela e le vietò di rispondere al suo posto.

«La madre Pietà è morta con la gola tagliata in casa del signor Palafox», confermò. «Adela li ha trovati tutti e due nel patio e ha chiamato subito la polizia. Il signor Palafox è di nuovo ricoverato in clinica. È tutto vero. Quello che non è vero, è che sia stato lui a uccidere la madre Pietà.»

La sorella Martina abbozzò un sorrisetto sprezzante.

«Ma cosa mi dite.»

«Io ho visto l’assassino!» sbottò a quel punto Adela. «Non è stato il mio padrone. È stato l’Uomo in Nero!»

Calò un silenzio improvviso. La novizia guardò Adela, poi Teresa, e quindi Adela di nuovo.

«L’Uomo in Nero», ripeté.

«L’ho visto come sto vedendo te adesso. Un uomo alto, magro, infagottato dalla testa ai piedi e con un cappello nero come il resto degli abiti.» Adela abbassò la voce e si avvicinò alla novizia, che finalmente aveva smesso di stare sulla difensiva e sembrava tornata la semplice ragazza del Raval pronta a capirsi al volo con una compaesana. «Lo stesso uomo che il signor Palafox ha visto qui dentro la notte in cui è venuto a esaminare il cadavere nel sarcofago.»

La sorella Martina si passò la mano sul velo che le copriva la testa e tornò a mordersi il labbro inferiore.

«Capisco.»

«Ieri il mio padrone ti ha chiesto di lui, e tu ci hai detto che non sapevi chi era. Che si era presentato quella sera in convento e aveva chiesto della madre Pietà.»

«Esatto.»

«Ma tu non l’avevi mai visto prima.»

La novizia ebbe un attimo di esitazione.

«Non mi pare», disse alla fine, guardando ora Adela, ora Teresa.

«Adesso puoi parlare in completa libertà, Martina», la rassicurò quest’ultima. «Se hai qualche sospetto su chi potrebbe essere quell’uomo, anche se non ne sei certa o ti sembra una follia, puoi dircelo.»

Il suono delle campane della vicina cattedrale filtrò in quel momento dentro la sala, attutito e irreale come il ricordo di un brutto sogno. La sorella Martina tornò a rivolgere gli occhi neri all’altare maggiore, dove una scultura in legno riproduceva il martirio e la resurrezione del Figlio di Dio. Un solitario raggio di luce polverosa entrava dalla finestra più orientale della navata, attraversava in diagonale il suo corpo e andava a morire su un punto qualsiasi del pavimento.

«Non so chi era quell’uomo. Non lo avevo mai visto prima, e da allora non l’ho più rivisto.»

«Ma...»

«Ma quella sera, la madre Pietà aveva ricevuto anche un’altra visita. Dopo che i muratori avevano trovato il sarcofago, ma prima di dare l’annuncio all’episcopato.»

«La visita di un uomo?» chiese subito Adela.

La sorella Martina annuì con un movimento leggero del mento.

«E quell’uomo lo conoscevi, vero?» affermò Teresa, prendendole con delicatezza la mano e facendola ritrarre d’istinto. «Era un visitatore abituale del convento?»

«Viene... veniva almeno una volta alla settimana. Ma magari adesso non tornerà più.»

«E perché veniva a trovare la madre Pietà?» chiese ancora Teresa. «Secondo te si tratta dell’Uomo in Nero?»

«L’Uomo in Nero era alto e robusto», scrollò la testa la novizia, «mentre l’amico della madre Pietà, che riposi in pace, è basso e grasso.»

Teresa si scostò dalla fronte una ciocca di capelli e fissò Adela con gli occhi brillanti. Qualcosa di simile a un sorriso le era appena affiorato sulle labbra.

«Io lo conosco, vero?» chiese. E subito dopo, senza attendere risposta, pronunciò un nome che face sobbalzare Adela per la sorpresa.

La sorella Martina girò la schiena alla scultura dell’altare maggiore e rivolse la cicatrice alla spoglia navata medievale.

«È l’unico uomo che venga regolarmente in convento», rivelò. «L’unico che abbia il permesso episcopale di far visita alle sorelle. Anche se negli ultimi tempi passava tutto il suo tempo con la madre Pietà.»

«E pensate che l’Uomo in Nero sia collegato a lui perché...»

La novizia si strinse nelle spalle e completò con una domanda retorica la frase che Teresa aveva lasciato sospesa.

«A chi altro potrebbe essere collegato?» E poi, guardando Adela, chiese ancora: «Hai detto che quella ragazza lavorava nel bordello di Trentaclaus, vero?»

La domestica di Palafox annuì con l’aria ancora sgomenta per il nome che aveva appena sentito pronunciare.

«Perché?»

«Tu non l’hai mai visto girare da quelle parti?» La sorella Martina forzò un triste sorriso di disprezzo. «Le monache non sono le uniche donne che gli piace andare a trovare.»

Senza sapere cosa dire, Adela guardò Teresa e attese che fosse lei a chiedere:

«Intendi dire che...?»

«No, niente affatto», tagliò corto la novizia. «Lui fa solo domande. L’unica cosa che gli interessa di noi sono le nostre malattie.»

Teresa riprese la mano della sorella Martina e la strinse tra le sue con un calore che chissà perché Adela si ritrovò all’improvviso a invidiare.

«Dicci tutto quello che sai su quell’uomo, Martina. Quello che hai visto, tutto quello che hai sentito dire su di lui, qui o in giro per strada. Qualsiasi cosa.»

La novizia si morse ancora una volta il labbro inferiore e chinò il capo. Ma stavolta distese la mano tra le mani di Teresa Urbach.

«Dovreste parlare con il vescovo», mormorò.

«Lui era al corrente delle sue visite in convento», affermò con naturalezza Teresa. «Con lui parlerò dopo. Adesso voglio parlare con te.»

E così la sorella Martina si decise a sollevare la testa, guardò negli occhi la donna che aveva di fronte e cominciò a raccontare tutto quello che sapeva del dottor Aquilino Carrera.