Interrogato da Yadu, il brahmana gli spiegò che aveva molti maestri spirituali: la terra, la montagna, l’albero, l’aria, il cielo, l’acqua, il fuoco, la luna, il sole, il piccione, il pitone, il mare, la falena, l’ape, l’elefante, il ladro di miele, il cervo, il pesce, la cortigiana Pingala, l’uccello kurara, il bambino, la ragazza, il fabbricante di frecce, il serpente, il ragno e la vespa.
* * *
Dalla Terra aveva imparato che una persona sobria non si lascia turbare nemmeno quando viene messa in difficoltà da altri esseri viventi, perché sa che tutti agiscono sotto il controllo di Dio.
Dalla montagna e dall’albero aveva imparato a dedicare ogni sforzo al bene altrui, senza preoccuparsi del proprio vantaggio e senza distrarsi dalla contemplazione spirituale.
Dall’aria aveva imparato a rimanere sempre distaccato da tutto, anche venendo in contatto con le qualità buone e cattive dei vari oggetti. Come l’aria, il saggio vive in vari corpi materiali ma non vi si identifica mai, proprio come l’aria penetra in tutti i corpi ma rimane sempre distinta da essi. E così anche il cielo o lo spazio: l’anima è onnipresente come lo spazio e non può essere divisa.
Dall’acqua aveva imparato a rimanere sempre libero da ogni contaminazione, a restare gentile e dolce e a produrre vibrazioni sonore piacevoli. Come l’acqua purifica ogni cosa, così il saggio purifica tutti coloro che entrano in contatto con lui.
Dal fuoco aveva imparato a consumare ciò che gli veniva offerto bruciando ogni contaminazione, e a manifestarsi o non manifestarsi a seconda delle circostanze.
Dalla luna aveva imparato che esistono delle fasi nella vita, in cui si cresce e si declina, ma che la nostra natura eterna non ne è toccata.
Dal sole aveva imparato che una persona santa accetta vari tipi di oggetti materiali utilizzando i sensi e li restituisce al momento giusto, senza rimanere coinvolto né accettando né rifiutando, proprio come il sole evapora grandi quantità di acqua e poi la restituisce alla terra sotto forma di pioggia. Inoltre, come il sole non è mai diviso anche se appare riflesso in molti oggetti, l’anima rimane sempre unita e trascendentale.
Dal piccione aveva imparato che l’attaccamento eccessivo alla famiglia porta al disastro, come accadde a quella coppia di piccioni che aveva fatto il nido nella foresta e che vide i suoi piccoli rapiti dal cacciatore.
Dal pitone aveva imparato ad aver pazienza e accontentarsi di ciò che gli capitava, e se necessario a digiunare.
Dal mare aveva imparato a rimanere sobriamente nei propri limiti nonostante i molti fiumi in piena che riversano le loro acque dopo la stagione delle piogge, e a non asciugarsi durante la stagione secca. Nello stesso modo il saggio accoglie la prosperità e le privazioni senza lasciarsi distogliere dalla consapevolezza trascendentale.
Dalla falena aveva imparato a non cedere alla tentazione di lanciarsi dietro la gratificazione dei sensi, a non perdere la testa alla vista della bellezza delle donne.
Dall’ape aveva imparato a raccogliere soltanto la piccola quantità di cibo necessaria per mantenersi in vita, senza dipendere da un solo donatore. Quando l’ape raccoglie più di ciò c he le è strettamente necessario finisce con l’accumulare il miele, che diventa la sua rovina.
Inoltre, come l’ape raccoglie il nettare da molti fiori, il saggio deve imparare a prendere il significato essenziale da tutte le scritture sacre.
Dall’elefante aveva imparato a guardarsi dal contatto fisico, perché il desiderio di strofinarsi con le femmine crea rivalità tra i maschi e scatena lotte furibonde.
Dal ladro di miele aveva imparato ad accettare senza sensi di colpa i doni degli uomini di famiglia, che accumulano più di quanto abbiano veramente bisogno.
Dal cervo aveva imparato a vivere nella foresta evitando di ascoltare la musica materialista e le canzoni che parlano di gratificazione dei sensi.
Dal pesce aveva imparato a non lasciarsi prendere all’amo da bocconcini appetitosi; il digiuno infatti controlla tutti i sensi fuorché quello del gusto, che diventa ancora più potente. Pingala era una cortigiana che viveva nella città di Videha e che una sera si mise sulla porta in attesa di clienti, osservando tutti gli uomini che passavano, ma nessuno si fermò da lei. Così passò la notte inutilmente, finché delusa dalla vita materiale raggiunse il distacco necessario per ottenere la vera felicità, che esiste già nel cuore di ogni essere.
L’uccello kurara, il falco, è un feroce predatore e quando non trova cibo da solo cerca di portarlo via ad altri falchi. Da lui aveva imparato che quando un’impresa diventa troppo difficile è meglio abbandonarla e salvarsi.
Dal bambino aveva imparato a non preoccuparsi di onore e disonore, a restare sempre innocente e libero dalle preoccupazioni.
La ragazza era sola in casa, perché i genitori e i parenti erano usciti. Improvvisamente giunsero degli uomini che portavano una proposta di matrimonio, e lei li accolse con tutti gli onori. Andò in cucina a preparare del cibo per gli ospiti, ma mentre batteva il riso i suoi braccialetti si scontravano rumorosamente. Temendo che gli ospiti pensassero che la sua famiglia fosse così povera da non potersi permettere domestici, e che quindi era la figlia a occuparsi dei lavori più umili, la ragazza si tolse i bracciali di troppo, lasciandone uno solo per polso, in modo da non fare rumore. Nello stesso modo, quando molte persone vivono insieme ci saranno senz’altro conversazioni frivole, litigi e un sacco di rumore, perciò è sempre meglio vivere da soli per poter stare veramente in pace.
Il fabbricante di frecce era così intento nel suo lavoro da non accorgersi del corteo regale che stava passando davanti alla sua bottega.
Dal serpente aveva imparato a vivere felicemente e senza preoccupazioni utilizzando i buchi scavati da altri, cioè le case costruite da altri, senza dar peso al desiderio di costruirsi la propria casa secondo i propri desideri.
Dal ragno aveva capito in che modo il Signore Supremo, Vishnu, manifesta da sé stesso la creazione universale e poi la riassorbe in sé al momento della distruzione del cosmo, poiché il ragno costruisce la sua tela con la saliva delle propria bocca, la aggiusta costantemente mantenendola in buone condizioni, e poi alla fine la inghiotte nuovamente.
Una volta una vespa aveva imprigionato nella propria tana un insetto più piccolo, che meditando costantemente sulla vespa a causa della paura finì per rinascere come vespa lui stesso.
* * *
Inoltre, dal proprio corpo aveva imparato il distacco: lo usava per acquisire conoscenza ma sapeva molto bene che avrebbe dovuto lasciarlo ben presto. Come molte mogli ansiose, i sensi tirano la mente di qua e di là, chiedendo continuamente soddisfazione: cibi deliziosi, bevande rinfrescanti, piacere sessuale, oggetti morbidi e lisci, la sazietà dello stomaco, suoni piacevoli per le orecchie, profumi graditi all’odorato e immagini belle per la vista. Ma il corpo umano può trascendere tutto questo e impegnarsi nella ricerca della realizzazione del sé trascendentale.
Il grande re Yadu comprese gli insegnamenti del brahmana avadhuta e gli offrì il suo omaggio.