Su richiesta di Vidura, Maitreya continuò la sua esposizione del Bhagavata parlando dei discendenti di Manu e particolarmente di Devahuti e Ruci, che sposarono rispettivamente Kardama e Daksha.
‘Su ordine di Brahma, Kardama si dedicò per lungo tempo alla meditazione sulla riva del Bindu Sarovara, un laghetto meraviglioso circondato dal fiume Sarasvati: era un luogo di grande bellezza, dimora di nobili Rishi, nel mezzo di foreste fiorite allietate dal canto di uccelli virtuosi e popolate da cervi, elefanti, scimmie, leoni e manguste.
Quando infine Vishnu apparve per concedergli una benedizione, Kardama gli offrì delle bellissime preghiere e gli chiese la grazia di poter trovare una sposa adatta.
Il Signore lo benedisse e lo informò che Svayambhuva Manu e sua moglie Satarupa erano in viaggio con la loro figlia Devahuti, che era in cerca di un buon marito. Devahuti avrebbe generato nove figlie, e Vishnu stesso sarebbe apparso come suo figlio Kapila.
Come Vishnu aveva predetto, non appena Kardama ebbe completato le sue austerità, Svayambhuva Manu giunse all’Ashram accompagnato da moglie e figlia, e fu accolto con grandi onori.
Svayambhuva disse al Rishi che sua figlia Devahuti aveva molto sentito parlare di lui e aveva deciso di sposarlo. Kardama fu lieto di accettare la proposta, a condizione che, dopo aver dato una progenie a Devahuti, sarebbe stato libero di ritirarsi dalla vita di famiglia per dedicarsi completamente alla meditazione spirituale. Devahuti acconsentì e il matrimonio venne celebrato. I genitori si separarono con rimpianto dalla ragazza, lasciandole molti doni, e poi tornarono alla loro capitale, Barhismati, così chiamata perché in quel luogo erano cadute alcune setole dal corpo del Signore Varaha.’
* * *
‘Devahuti visse nell’Ashram di Kardama Muni, impegnandosi sinceramente a prendersi cura del suo grande marito, osservando tutti i rituali religiosi e lavorando molto, anche a costo di trascurare il proprio benessere. Dopo qualche tempo Kardama si accorse che la principessa aveva trascurato di prendersi cura adeguatamente del proprio corpo, e ne fu preoccupato e addolorato.
Confortata dal marito, Devahuti gli ricordò la sua promessa di darle una progenie, e gli chiese anche una dimora adatta dove allevare i suoi figli.
Immediatamente Kardama Muni creò, con i propri poteri mistici, un palazzo volante di una bellezza meravigliosa e ricolmo di ogni ricchezza. Il castello era alto sette piani, aveva pavimenti di smeraldo con motivi di margherite fatte di corallo, ed era disseminato di mobili di grande pregio e decorato di pietre preziose e ghirlande di fiori profumati. C’erano giardini e cortili con cigni e colombe sia veri che artificiali, e molte opere artistiche. Il potere di Kardama creò anche mille ancelle che fecero il bagno a Devahuti nel Bindu Sarovara, massaggiandola con olii preziosi e vestendola con stoffe meravigliose e ornamenti regali. Rifocillata con cibi deliziosi e bevande toniche, Devahuti tornò a risplendere di bellezza e maestosità.
Insieme con il marito, Devahuti viaggiò nel castello volante per molti anni, visitando le vallate del monte Meru e quelle attorno al lago Manasa Sarovara, e anche i giardini Vaisrambhaka, Surasana, Nandana, Puspabhadraka e Caitrarathya. Si recarono anche sui vari pianeti, viaggiando liberamente e senza difficoltà.
Devahuti diede alla luce nove figlie, ma poiché queste avrebbero lasciato la casa per sposarsi, chiese a suo marito anche un figlio che rimanesse a prendersi cura di lei. Dopo essersi dedicata ad adorare il Signore Supremo, Devahuti diede nascita a Kapila, l’Avatara di Vishnu che presentò gli insegnamenti conosciuti come la filosofia Sankhya.
Dopo aver reso omaggio a Brahma, che era venuto a vedere il divino neonato, Kardama diede le sue figlie in sposa a grandi Rishi: Kala a Marici, Anasuya ad Atri, Sraddha ad Angira, Havirbhu a Pulastya, Gati a Pulaya, Kriya a Kratu, Khyati a Bhrigu, Arundhati a Vasistha e Santi ad Atharva. Offrì poi le sue preghiere al Signore Supremo, che si era incarnato come suo figlio Kapila, e gli chiese il permesso di ritirarsi dalla vita di famiglia e andare nella foresta a meditare da solo e poi vagare per il mondo seguendo le rigide regole di rinuncia dell’ordine di sannyasa. Libero da ogni identificazione e attaccamento materiale, da ogni desiderio e da ogni repulsione, Kardama raggiunse infine la liberazione suprema.’
* * *
‘Kapila rimase con la madre Devahuti, e su sua richiesta le spiegò il seguente metodo del servizio devozionale al Signore Supremo, che costituisce la forma suprema di Yoga.
La mente viene purificata quando è completamente libera dal desiderio prodotto dalle false identificazioni del corpo e dagli attaccamenti materiali. Risvegliata alla propria vera natura spirituale, l’anima trascende le gioie e i dolori di questo mondo, e praticando conoscenza e rinuncia accetta soltanto la compagnia dei santi realizzati, che sono tolleranti, compassionevoli, pacifici e amichevoli verso tutti gli esseri viventi. I Sadhu vivono mettendo in pratica gli insegnamenti delle scritture e non considerano nessuno come proprio nemico, ma rinunciano a ogni legame materiale perché cercano il piacere soltanto nella meditazione sulle attività del Signore. La compagnia di queste persone sante aiuta a superare gli attaccamenti materiali e a stabilirsi fermamente nella coscienza divina.
Per aiutare Devahuti a concentrarsi meglio in questa meditazione, Kapila le spiegò il Sankhya Yoga, che è una combinazione di servizio devozionale e realizzazione mistica, che considera i sensi come la rappresentazione simbolica dei Deva e la mente come rappresentante del Signore Supremo. La tendenza naturale dei sensi è di agire secondo le istruzioni dei Veda e quella della mente è di servire. Il servizio supremo è quello offerto al Signore, nella piena consapevolezza del Divino, e la conoscenza è la perfezione suprema della realizzazione del sé.’
* * *
‘Il Signore Supremo è l’Anima Suprema, che non ha inizio né fine; trascende il mondo della materia ma può essere percepito ovunque poiché è onnipresente. Entrando nell’energia materiale, il Signore dà inizio alla creazione dell’universo nel modo seguente.
La combinazione statica dei tre Guna, le tre influenze della natura, è l’aggregato degli elementi che compongono la natura e si chiama Pradhana. Questi elementi sono i cinque elementi grossolani, i cinque elementi sottili, i quattro sensi interni, i cinque sensi di percezione e i cinque organi di azione.
I cinque elementi grossolani sono terra (energia nella forma di solidi), acqua (energia nella forma di liquidi), fuoco (energia nella forma di luce e calore), aria (energia nella forma di gas) e spazio. I cinque elementi sottili corrispondenti sono l’odore, il gusto, il colore, il tatto e il suono. I sensi di percezione sono l’olfatto, il senso del gusto, la vista, il senso del tatto e l’udito, mentre i sensi di azione sono quelli che permettono di parlare, muoversi, lavorare, generare ed evacuare. I sensi sottili interni sono la mente, l’intelligenza, l’ego e la consapevolezza materiale.
Il venticinquesimo elemento è il tempo, la manifestazione esteriore del Divino che dà inizio e mette fine alla creazione, mentre il ventiseiesimo elemento è la presenza dell’anima.’
* * *
‘In origine, l’anima ha una consapevolezza pura, chiara e serena, libera da ogni distrazione, ma quando si identifica con la materia, i principi della creazione manifestano i vari elementi materiali. La falsa percezione di sé è controllata da Ananta Sankarshana; da questa falsa percezione focalizzata nella virtù si manifesta la mente, controllata da Aniruddha. L’identificazione materiale focalizzata nella passione manifesta l’intelligenza, le cui funzioni sono il dubbio, la comprensione corretta, la comprensione errata, la memoria e il sonno. Insieme all’intelligenza si manifestano anche i sensi di percezione e di azione, che dipendono rispettivamente dall’intelligenza e dall’energia vitale.
L’identificazione materiale focalizzata nell’ignoranza produce gli elementi materiali, a cominciare dall’elemento sottile del suono, che a sua volta produce lo spazio e il senso dell’udito. Il suono è ciò che trasmette l’ìdea di un oggetto e indica la presenza di una persona anche se è nascosta alla nostra vista. Le caratteristiche dello spazio sono il fatto di contenere l’esistenza esteriore e interiore di tutti gli esseri viventi, come campo di azione del prana, dei sensi e della mente.
Dall’esistenza dello spazio si sviluppa l’elemento del tatto, dal quale si manifesta l’aria. Il tatto è caratterizzato dalla sensazione di durezza e morbidezza, caldo e freddo, mentre la funzione dell’aria consiste nel muovere, mescolare, permettere l’accesso agli oggetti del senso dell’udito e degli altri sensi.
L’interazione dell’aria e del senso del tatto produce le forme dei corpi, determinati dal destino di ciascun individuo. L’evoluzione delle forme genera il fuoco (luce e calore), e l’occhio diventa capace di percepire le forme e i colori. Le caratteristiche della forma sono la dimensione, la qualità e l’individualità. La forma del fuoco si percepisce dal suo splendore; il fuoco è apprezzato per la sua luce, per la sua capacità di cuocere, di digerire, evaporare, distruggere il freddo e stimolare la fame e la sete, cioè il desiderio e l’azione di mangiare e bere.
L’interazione del fuoco con la percezione visiva evolve l’elemento del gusto, dal quale viene prodotta l’acqua e il senso che percepisce il gusto, cioè la lingua. Benché sia originariamente uno, il gusto si sviluppa in varie categorie come astringente, dolce, amaro, pungente, acido e salato, a causa del contatto con diverse sostanze.
Le caratteristiche dell’acqua sono quelle di inumidire altre sostanze, coagulare varie misture, togliere la sete, dare soddisfazione e sostenere la vita, ammorbidire le cose, combattere il calore e tornare costantemente agli specchi d’acqua.
L’interazione dell’acqua con la percezione del gusto sviluppa l’elemento sottile dell’odore, dal quale si manifestano la terra e il senso dell’olfatto.
Pur essendo uno, l’odore si manifesta in molti modi: misto, disgustoso, fragrante, dolce, forte, acido e così via, a seconda delle proporzioni delle sostanze che vi sono associate.
Le caratteristiche delle funzioni della terra si possono percepire modellando forme del Brahman Supremo, costruendo edifici dove abitare, preparando vasi e contenitori per acqua e altre sostanze e così via. In altre parole, la terra è il sostegno di tutti gli elementi.
Il senso che percepisce il suono è chiamato udito, mentre quello che percepisce il tatto è chiamato tattile, quello che percepisce la forma (caratteristica del fuoco) è chiamato vista, quello che percepisce il gusto (caratteristica dell’acqua) è chiamato gusto, quello che percepisce l’odore (caratteristica della terra) è chiamato odorato.
Poiché la causa esiste anche nell’effetto, le caratteristiche della causa si trovano anche nell’effetto: così nella terra si trovano le caratteristiche di tutti gli elementi.’
* * *
‘Quando tutti questi elementi divennero differenziati, il Signore Supremo entrò personalmente nella creazione insieme al tempo, all’azione e ai guna le qualità fondamentali della natura (virtù, passione, ignoranza) dando origine all’Uovo Cosmico. L’universo ha la forma di un uovo, con strati elementali ciascuno 10 volte più spesso del precedente, ed è circondato dalla natura non manifestata. All’interno dell’Uovo Cosmico, il Signore Vishnu, Hari, lo distingue in varie divisioni, e il suo corpo è costituito dai 14 sistemi planetari.
Le parti del corpo del Virat Purusha, del Signore universale, si manifestano come i vari componenti della natura, la bocca è la capacità di parlare e il Deva del fuoco, le narici sono il senso dell’olfatto e il prana, e così via.
In questo modo si contempla la Divinità come presente nel nostro stesso corpo e nell’universo, e simultaneamente distinta da essi.
Quando l’essere vivente si trova in questa posizione, presente nel corpo e nell’universo e simultaneamente distinto da essi, non è più influenzato dai guna, dalle identificazioni temporanee e dal senso di possesso, proprio come il sole rimane distinto dal proprio riflesso nell’acqua.
Se invece cade sotto l’illusione della falsa identificazione materiale, credendo di essere il corpo, si concentra in attività materiali e crede di essere il proprietario di ogni cosa. Così condizionato, trasmigra in differenti specie di vita, più elevate o più basse a seconda della sua associazione con le tre influenze della natura, ed è costretto a subire le conseguenze delle sue azioni.
In realtà l’essere vivente trascende sempre l’energia materiale, ma a causa della sete di potere e dominio sulla natura è costretto a rimanere nell’esistenza materiale e a subirne tutti gli svantaggi, proprio come una persona addormentata rimane nei suoi incubi e ne soffre.
Praticando il sistema dello Yoga, che ha lo scopo di controllare la mente e i sensi, ci si eleva al piano del puro servizio devozionale ascoltando e parlando della Divinità.
L’anima liberata è cosciente della Personalità assoluta della Divinità, che è trascendentale e si manifesta come riflesso anche nella falsa identificazione. La presenza del Signore si percepisce come il sole riflesso nell’acqua, riflesso sul muro di una stanza e situato nel cielo, così l’anima realizzata si percepisce riflessa nell’ego, nei sensi e nella mente, anche se rimane sempre consapevole e libera dalla falsa identificazione. L’illusione dell’identificazione materiale è come il sonno, che confonde la natura e l’identità della persona che sogna e crea sofferenza e ansietà.
Nonostante l’attrazione dell’essere vivente per la natura materiale, l’anima può liberarsi ascoltando regolarmente la conoscenza divina e compiendo i propri doveri prescritti in uno spirito di rinuncia ai risultati dell’azione. Diventa indipendente e gloriosa rinunciando all’idea di dominare la materia, e non può essere toccata dall’influenza della materia perché conosce la verità dell’Assoluto, la natura del Brahman.
Dopo molti anni e molte vite di questa pratica spirituale si perde ogni desiderio di godere della materia, e non si trova più alcuna attrattiva nei poteri mistici dello Yoga e nemmeno nei pianeti paradisiaci di questo mondo. Si raggiunge infine la posizione trascendentale e non si torna più nel mondo materiale.’
‘Per impegnarsi nel servizio devozionale bisogna vedere tutti gli esseri viventi con equanimità, senza ostilità o relazioni intime con nessuno. Bisogna essere seri nelle proprie attività esteriori ed offrirne i risultati alla Divinità, accontentarsi di quelle entrate che si possono guadagnare senza troppe difficoltà, mangiare solo lo stretto necessario e vivere costantemente in un luogo solitario evitando le interazioni sociali mondane. Bisogna essere sempre veritieri, consapevoli, puliti, pacifici, amichevoli, nonviolenti, compassionevoli e concentrati sulla propria natura spirituale. Bisogna astenersi dal prendere ciò che non ci appartiene ed essere soddisfatti di ciò che si ha. Bisogna coltivare la capacità di vedere e comprendere le cose attraverso la conoscenza dello spirito e della materia, ma bisogna sempre evitare di identificarsi con il corpo e di essere attratti dalle relazioni basate sul corpo. Si devono abbandonare le pratiche religiose convenzionali e concentrarsi solo su quelle che portano alla liberazione come studiare le scritture vediche e adorare la Divinità, osservare il silenzio, controllare la respirazione, e distaccare i sensi dagli oggetti dei sensi per concentrare la mente sul cuore. Fissando il prana e la mente in uno dei sei chakra del corpo, si concentra poi la mente sulle attività trascendentali della Divinità: questo si chiama samadhi.
Quando si è imparato a controllare la mente e il corpo, bisogna sedersi comodamente in un luogo solitario e santificato, tenendo il corpo eretto, e praticare il controllo del respiro. Si comincia con respirazioni profonde, trattenendo il respiro tra inspirazione ed espirazione, e poi viceversa. Lo scopo di questa pratica è rendere la mente stabile e calma e liberarsi dall’identificazione con il corpo materiale.
Quanto la mente è perfettamente purificata dalla pratica dello Yoga bisogna meditare sulla forma della Personalità suprema della Divinità, che sta nel cuore del suo devoto. Il suo volto affascinante e sempre giovane è sorridente, i suoi occhi sono simili all’interno di un fiore di loto, e il suo corpo ricorda i petali del loto blu. Nelle mani regge la conchiglia, il disco e la mazza.
I suoi fianchi sono coperti da una stoffa risplendente, gialla come i pistilli del fiore di loto, sul suo petto c’è un ricciolo di peli bianchi, il segno dello Srivatsa, e il brillante gioiello kaustubha. Il suo collo è adornato da una ghirlanda di fiori di selva, attorno ai quali ronzano api inebriate. Indossa una collana di perle, una corona e coppie di bracciali, braccialetti e cavigliere.
Meditando così sul Signore che risiede nel cuore, lo Yogi lo vede distendersi, muoversi o sedere con lui, e contempla le varie parti del suo corpo, cominciando dai piedi di loto e dalle bellissime unghie rosse come rubini. I piedi del Signore, massaggiati da Lakshmi Devi, sono come fulmini capaci di frantumare montagne di reazioni negative accumulate nella mente del suo devoto. Le sue gambe sono di carnagione blu chiaro, come i fiori di lino, e risaltano particolarmente quando il Signore cavalca Garuda. I suoi fianchi sono circondati da una cintura d’oro per trattenere la meravigliosa stoffa di seta gialla che scende fino alle caviglie. L’ombe- lico del Signore, simile alla luna, è il luogo dal quale spunta il fiore di loto che contiene tutti i sistemi pianetari dell’universo ed è la dimora di Brahma, il primo essere creato.
Il petto del Signore è il luogo di riposo di Maha Lakshmi, i suoi capezzoli sono come smeraldi illuminati dalla collana di perle bianche come il latte.
Le quattro braccia del Signore sono la sorgente del potere di tutti i Deva. Il suo disco, il Sudarshana Chakra, ha mille raggi e risplende in modo abbagliante, e la conchiglia sembra un cigno che riposa nella sua mano di loto. La sua mazza Kaumodaki gli è molto cara, ed è coperta del sangue degli Asura. La collana di perle al collo del Signore rappresenta le anime pure che sono sempre impegnate al suo servizio.
Il volto del Signore è circondato dai suoi riccioli scuri e le sue sopracciglia si muovono come pesci che nuotano in un laghetto. Il suo sguardo è compassionevole e affettuoso, e dissipa ogni ansietà e sofferenza dei suoi devoti. Il suo sorriso asciuga le lacrime di dolore di coloro che si inchinano a lui. Quando Vishnu ride, i suoi denti simili a boccioli di gelsomino risplendono di un riflesso rosato dalle sue labbra.
Meditando così intimamente sulla Persona del Signore, lo Yogi sviluppa un puro amore per lui e manifesta dei sintomi estatici, come il rizzarsi dei capelli e le lacrime di gioia. Concentrata nel Signore, la mente rimane libera da ogni contaminazione, stabile come la fiamma di una lampada indisturbata dal vento, e non si cura più del corpo materiale.
Non ha più senso di possesso sulle relazioni del corpo, e vive le attività del corpo come se fossero compiute in sogno.’
* * *
‘Esistono però tre tipi di servizio devozionale, a seconda delle qualità personali di chi lo compie. Il servizio compiuto da una persona invidiosa, arrogante, violenta e collerica, che ha una mentalità settaria, è sotto l’influsso dell’ignoranza. Il servizio offerto nel tempio allo scopo di ottenere piacere, fama e ricchezze, è sotto l’influsso della passione.
Quando il devoto adora il Signore offrendogli il risultato delle proprie attività per liberarsi dagli attaccamenti, è sotto l’influsso della virtù.
Il puro servizio devozionale, che è al di sopra dei guna, si riconosce dall’attrazione spontanea e gioiosa verso il Signore, paragonabile alla corrente del Gange che scorre naturalmente verso l’oceano.
Il puro devoto offre adorazione e preghiere alle Divinità nei templi, ma tratta tutti gli esseri viventi in modo equanime considerando soltanto la loro natura spirituale. Deve essere compassionevole verso i bisognosi, amichevole con i suoi pari e rispettoso verso le grandi anime. Deve impegnarsi il più possibile ad ascoltare argomenti spirituali e a recitare il nome del Signore, evitando la compagnia dei materialisti.
Chi offre adorazione alla Divinità nel tempio ma non percepisce l’Anima Suprema nel cuore di ogni essere ed è ostile o offensivo verso il corpo degli altri, è immerso nell’ignoranza e il suo servizio è paragonato al versare oblazioni di burro chiarificato nella cenere invece che nel fuoco. Il Signore non è mai contento di tale servizio e non lo accetta nemmeno se fosse compiuto celebrando perfettamente i rituali e utilizzando tutti gli ingredienti richiesti. Anzi, suscita una terribile paura della morte nel cuore di chiunque faccia anche la minima discriminazione basata su differenze di corpo tra se stesso e altri esseri viventi.
A seconda delle loro specie, gli esseri viventi hanno differenti gradi di sensibilità, e tra gli esseri umani le persone intelligenti che hanno studiato i Veda e compreso il loro significato sono le migliori, specialmente se sono capaci di dissipare i dubbi di chi pone loro domande e se seguono sinceramente i principi brahminici. Queste grandi anime raggiungono la perfezione liberandosi dalla contaminazione materiale e compiendo il servizio devozionale senza desiderare alcuna ricompensa. Il Signore è conosciuto come Brahman e Paramatma e anche come il Tempo, che trasforma le varie manifestazioni materiali. Non considera nessuno come nemico o amico, ma incoraggia coloro che si ricordano di lui e distrugge coloro che lo dimenticano.’
* * *
‘Per comprendere meglio l’entità delle sofferenze collegate a nascita e morte, Devahuti chiese a Kapila di descriverle nei dettagli e di parlare anche del tempo eterno, che spinge le persone a compiere attività virtuose. L’Avatara continuò a spiegare: così come le nuvole non sono consapevoli della potenza del vento, una persona immersa nella coscienza materiale non si rende conto della potenza del Tempo, che distrugge tutto ciò che il materialista costruisce con tanta fatica e dolore, e persino il suo corpo. Nella sua illusione, il materialista dimentica il Tempo e si convince che tutto durerà per sempre; spinto dall’ansietà commette azioni colpevoli allo scopo di ottenere e conservare la sensazione di soddisfazione che prova nella famiglia e nella società, nonostante tali relazioni siano basate sull’ipocrisia e sui giochi di potere.
È affascinato dalla moglie e dalla dolce voce dei bambini, ma quando non può soddisfare le loro richieste viene trascurato, come un bue vecchio e stanco riceve un trattamento mediocre dal contadino avaro. Nonostante ciò, poiché è afflitto dall’attaccamento e dall’identificazione rimane in famiglia nonostante la sua vita sia diventata miserabile a causa della vecchiaia, dell’invalidità e di molte malattie. Infine muore in modo patetico, circondato da parenti e amici in lacrime, ed è incapace di parlare con loro nonostante il suo travolgente desiderio, che gli procura una immensa sofferenza.
Poiché nel corso della sua vita ha commesso azioni riprovevoli, vede arrivare gli Yamaduta, i servitori di Yamaraja, che vengono ad arrestarlo. Viene legato e trascinato via per la giusta punizione, e mentre cammina per strada sotto un sole cocente, in mezzo a foreste in fiamme, viene aggredito da cani e frustato. Per lui non c’è tregua, né riparo, né cibo e bevande che possano alleviare la fame e la sete. E questo non è che l’inizio delle sue sofferenze, poiché nelle dimensioni di esistenza infernali subisce molti tormenti nel suo corpo sottile.
Dopo aver scontato la sua pena, il materialista rinasce successivamente in vari corpi nelle forme di vita inferiori, finché ottiene la preziosa opportunità della nascita umana.
Per nascere in un corpo umano, l’essere vivente deve prima entrare nello sperma del padre e venire introdotto nell’utero della madre. Nella prima notte dopo il concepimento lo spermatozoo feconda l’ovulo, e nella quinta notte comincia a formarsi l’embrione. La decima notte l’embrione ha la forma di una prugna, e nel corso di un mese la testa si distingue dal resto del corpo. A due mesi di vita prendono forma le mani e i piedi, a tre mesi si formano le dita, le unghie, le ossa e la pelle, i genitali e le altre aperture del corpo. A quattro mesi dal concepimento tutti gli elementi del corpo si sono formati, a cinque mesi il feto comincia a provare fame e sete, e a sei mesi comincia a muoversi appoggiandosi sul lato destro dell’addome.
Il bambino non ancora nato si nutre del cibo e delle bevande consumate dalla madre e vive nella cavità addominale insieme a sangue, urina ed escrementi, dove si moltiplicano i germi e spesso anche i parassiti. Il corpo del feto è molto delicato e soffre quando la madre mangia alimenti amari o piccanti, troppo salati o troppo acidi. È anche costretto in una posizione scomoda, con la schiena piegata ad arco, senza potersi muovere liberamente.
Al settimo mese di gravidanza il bambino diventa cosciente; se è fortunato riesce a ricordare le sue ultime cento vite passate e si pente degli errori che ha commesso. La sua posizione nel ventre della madre si fa sempre più precaria, a causa dell’aria vitale discendente che lo costringe a muoversi spesso, e nella sua sofferenza il bambino che ha acquistato consapevolezza si mette a pregare il Signore perché lo liberi da quelle sofferenze.
Man mano che si avvicina il momento del parto, però, il bambino è preso dall’ansietà al pensiero che dopo la nascita dovrà ricadere nella trappola dell’esistenza materiale, costituita dall’illusione di essere il corpo. Ma naturalmente è venuto per lui il momento di nascere, perciò l’aria vitale discendente nel corpo della madre lo spinge inesorabilmente verso il basso, attraverso la piccola apertura del grembo della madre, e viene alla luce con molto dolore, senza respiro e senza più memoria. Sporco di sangue ed escrementi, cade a terra e si muove debolmente e vanamente come un verme, piangendo e strillando.’
* * *
‘Dopo la nascita, il bambino resta affidato alle cure di persone che non sono in grado di comprendere ciò che vuole o di cui ha bisogno, e viene nutrito e accudito da loro. Incapace di rifiutare ciò che gli viene dato o fatto, deve giacere in un letto contaminato, bagnato di sudore, urina ed escrementi, pieno di germi, e rimane alla mercé di zanzare, mosche, pulci e altri insetti, dai quali non si può difendere. Privo di memoria e intelletto, il bambino non può far altro che piangere amaramente.
L’infanzia passa tra malattie, sofferenze e frustrazioni. Il bambino non può ottenere ciò che desidera, e nella sua ignoranza è travolto da collera, disperazione e tristezza. Crescendo sviluppa avidità e lussuria, e litiga con altre persone che hanno gli stessi difetti, cadendo sotto il controllo di coloro che sono interessati soltanto al piacere sessuale e alla soddisfazione del palato. In quella situazione disastrosa perde la veridicità, il senso della pulizia, la compassione, la serietà, l’intelligenza spirituale, la modestia, l’autocontrollo, il buon nome, la fortuna e le buone occasioni nella vita.
Coloro che nella vita precedente erano molto attratti dalle donne rinascono femmine e sviluppano attrazione per gli uomini, scioccamente credendo che lo scopo della loro vita consista nel trovare un marito che dia loro una casa, dei figli, bei vestiti e ornamenti, e altri beni. Tutto ciò costituisce piuttosto per lei una trappola mortale, come la canzone del cacciatore che attira la cerbiatta per ucciderla.
L’anima condizionata che vive al centro della famiglia celebra i rituali prescritti allo scopo di ottenere benefici materiali e gode dell’acquisizione di ricchezze e della gratificazione dei sensi, ma fintanto che queste attività religiose sono compiute con una mentalità materialista, possono al massimo rendere propizi i Deva e gli antenati e procurare la promozione al paradiso, alla dimensione lunare o a Pitriloka, ma quelle posizioni sono temporanee. Dopo aver esaurito i loro meriti, queste persone devono tornare a rinascere sulla terra, e alla fine del ciclo della creazione e manifestazione dell’universo, perdono ogni cosa.
Chi invece si distacca dall’attrazione ai benefici materiali raggiunge l’illuminazione e può entrare facilmente nel regno personale di Dio, che è il proprietario di tutti i mondi, materiali e spirituali.
A questo scopo, una persona che ha compreso i vari metodi della realizzazione del sé serve la Divinità Suprema compie i propri doveri professionali e familiari, celebra le cerimonie di sacrificio, distribuisce la carità, si dedica all’austerità, studia le varie scritture, esplora la conoscenza filosofica, controlla la mente e i sensi, accetta l’ordine di rinuncia, pratica lo Yoga, offre servizio devozionale e si sforza di comprendere la scienza della realizzazione del sé.
Queste istruzioni non devono essere offerte a coloro che sono invidiosi, agnostici o dediti a pratiche degradate, agli ipocriti o a coloro che sono orgogliosi dei loro possedimenti materiali, che sono molto avidi o attaccati alla famiglia. Sono destinate piuttosto a coloro che sono rispettosi verso la scienza spirituale, amichevoli verso tutti gli esseri e sinceramente desiderosi di servire.
* * *
‘Dopo aver ascoltato gli insegnamenti di Kapila, sua madre Devahuti raggiunse la perfetta comprensione del servizio devozionale e della conoscenza trascendentale, e offrì preghiere amorevoli al suo divino figlio, l’Avatara di Vishnu.
La missione di Kapila era ormai compiuta: si congedò quindi da sua madre e lasciò la casa. Da parte sua, Devahuti si dedicò all’austerità e alla meditazione sulla Divinità nella casa di Kardama a Siddhapada, accettando soltanto ciò che era strettamente necessario al suo mantenimento, nonostante le grandi ricchezze e comodità che la circondavano. Si stabilì infine nel samadhi e gli elementi del suo corpo si sciolsero nell’acqua, diventando parte del più sacro tra tutti i fiumi. Chiunque si bagni in quelle acque benedette ottiene la perfezione.
Dopo aver lasciato la casa di sua madre, Kapila proseguì verso nord-est fino alla riva dell’oceano, dove stabilì il proprio Ashram.’