Maharaja Parikshit offrì il proprio omaggio a Sukadeva, ringraziandolo per gli insegnamenti che gli aveva offerto e per le risposte che aveva fornito alle sue molte domande. ‘Mi considero molto fortunato,’ disse Parikshit, ‘per aver ottenuto la benedizione della tua compagnia e la tua compassione. Non ho paura di Takshaka o di chiunque altro, e nemmeno della morte in sé, perché la mia mente è ora perfettamente fissa sulla Verità Assoluta e trascendentale. Permettimi ora di tacere e abbandonare questo corpo.’
Allora Sukadeva benedisse Parikshit e si congedò. Parikshit si sedette in silenzio, rivolto a nord, sulla riva del Gange, su una stuoia fatta di erba darbha, con le punte rivolte a est. Immerso profondamente nella meditazione sul Signore, diventò immobile come un albero e le sue arie vitali smisero di circolare.
In quel momento arrivò Takshaka, il serpente alato che era stato inviato dal figlio del brahmana per uccidere Parikshit. Dopo essersi assicurato che non ci fossero antidoti a disposizione, l’uccello serpente assunse la forma di un brahmana e avvicinatosi senza difficoltà, morsicò il re.
Immediatamente il corpo di Parikshit venne ridotto in cenere dal fuoco del veleno, con grande sgomento e dolore di tutti gli esseri.
Saputo che suo padre era stato ucciso dal morso di Takshaka, Maharaja Janamejaya fu preso da una grande collera e chiese ai brahmana di organizzare un grande sacrificio per sterminare tutti i serpenti del mondo.
I rituali erano già cominciati e Takshaka, vedendo anche i serpenti più forti ridotti in cenere dalla potenza del sacrificio, fu preso dalla paura e andò a chiedere protezione a Indra. Janamejaya, che stava osservando le procedure, si accorse che mancava proprio l’uccisore di suo padre e quando ne chiese spiegazione ai brahmana, questi gli dissero cos’era successo. Janamejaya allora chiese ai brahmana di evocare Indra insieme a Takshaka, in modo che entrambi fossero consumati dalle fiamme del sacrificio, insieme a tutti i Deva.
La potenza dei Mantra del sacrificio colpì effettivamente Indra, destabilizzando la sua aereonave e facendola precipitare. Brihaspati, preoccupato, avvicinò Janamejaya per farlo desistere da quell’impresa pericolosa per l’intero universo. ‘O sovrano degli uomini,’ gli disse, ‘Takshaka è re dei serpenti e ha bevuto il nettare dei pianeti celesti, perciò non dovresti cercare di ucciderlo. Ognuno si trova ad affrontare la morte a tempo debito, a causa delle reazioni delle proprie attività passate, non per colpa di altri serpenti, ladri, fuoco, o altro ancora.
Ti prego, fai cessare questi rituali, che sono intesi a causare danno ad altri esseri: molti serpenti innocenti vi hanno già trovato la morte.’
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Onorando la richiesta del sacerdote dei Deva, Maharaja Janamejaya interruppe il sacrificio e gli offrì il suo omaggio.