SIRACUSA E LA NECROPOLI DI PANTALICA

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Percorriamo molte culture e molte epoche in un’unica città piena di tesori.

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Pantalica: l’insediamento e la necropoli

Muovendoci dal cuore della Terra a un’altra delle isole più importanti del nostro Paese, incontriamo un’area, costituita dalla città siciliana di Siracusa e dalle sue immediate vicinanze, che, secondo l’Unesco, “rappresenta un’eccezionale testimonianza dello sviluppo della civilizzazione di oltre tre millenni senza soluzione di continuità”.

È come se le culture del Mediterraneo si fossero date appuntamento in questi pochi chilometri di terra affacciati sul mare, per lasciare traccia del loro passaggio.

La più grande testimonianza delle civiltà preistoriche nell’area è costituita dalla necropoli di Pantalica, a quaranta chilometri da Siracusa, dove possiamo trovare reperti risalenti all’età del Bronzo e del Ferro. Si tratta di migliaia di tombe scavate nelle pareti rocciose della valle del fiume Anapo, un fiume che attraversa l’altopiano ibleo con tortuosi canyon, fino a raggiungere Siracusa.

La necropoli è parte dell’insediamento pregreco che si articola intorno a un centro, posto nell’area più rialzata, in cui sono stati rintracciati i resti di un edificio rettangolare del XII secolo a.C.

Citazione di Marco Tullio Cicerone. Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, e inoltre bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare, e possiede due porti quasi racchiusi e abbracciati dagli edifici della città.

Il ritrovamento è stato chiamato Anaktoron, Palazzo del Principe, in quanto probabilmente era sede di un potere monarchico, antichissima testimonianza di un’organizzazione politica antecedente all’insediamento greco. A livello architettonico sono state riscontrate diverse somiglianze con i palazzi micenei, scoperta che testimonierebbe l’esistenza di rapporti e influenze tra i popoli del Mediterraneo già in epoca pregreca.

L’Anaktoron è l’unica traccia rimasta dell’insediamento, la cui esistenza è invece abbondantemente testimoniata dalle cinquemila tombe delle necropoli. Ma perché di questa remota civiltà sono rimaste solo le sepolture e nessuna traccia della vita quotidiana, delle abitazioni o di altri edifici con diverse funzioni? L’archeologo Paolo Orsi, che sul finire dell’Ottocento ha avviato i primi scavi nell’area, ritiene che l’unica struttura in pietra fosse quella del Palazzo del Principe mentre gli altri abitanti risiedessero in capanne di paglia, probabilmente trascinate via dal tempo, dagli smottamenti, dall’incuria.

Le tombe si aprono nella parete come bocche squadrate, intagliate nella roccia: la loro realizzazione copre un arco temporale che va dal XIII all’VIII secolo a.C.

Queste caratteristiche tombe a grotticella non sono solo reperti preistorici, ma una vera e propria cerniera tra storia e preistoria, ospitando altri tipi di testimonianze sin quasi al XIII secolo d.C.

È il caso della caratteristica necropoli di San Martino che ospita, oltra alle tombe a tholos (a cupola) dell’età del Bronzo, la struttura che ha preso il nome di ipogeo di Dionisio, tomba di un presbitero vissuto in epoca bizantina (IV-V secolo), e alcuni affreschi ritraenti santa Maria, san Pietro e sant’Anastasia databili dall’XI al XIII secolo.

La città di Siracusa: dalla preistoria alla storia

Le necropoli del siracusano testimoniano che l’area è stata abitata sin dal XIII secolo a.C. e lungo tutto il Neolitico. La città di Siracusa è però anche il simbolo della presenza greca sulle coste della nostra penisola e rappresenta l’inizio di un’altra epoca, il passaggio tra preistoria e storia.

L’antica colonia greca di Siracusa, fondata nell’VIII secolo a.C., si è sviluppata dal nucleo oggi costituito dall’isola di Ortigia. Questo insediamento era talmente grande e articolato da essere chiamato Pentapoli, le cinque città, in quanto diviso in cinque diverse parti.

Immagine dell'Orecchio di Dionisio, grotta calcarea nota per l’insolita acustica, Siracusa.

Dal XIX secolo, di fatto, Siracusa è stata il simbolo più rappresentativo della classicità greca in Italia, visitata dagli artisti (e dai giovani nobili) di tutto il mondo per trarre ispirazione dai suoi monumentali reperti.

Box Un oggetto una storia. Titolo: La fonte Aretusa. A Ortigia ci si può imbattere nella fonte Aretusa, uno specchio d’acqua oggetto di un mito davvero poetico. Aretusa, bellissima ninfa protetta dalla dea Artemide, suscitò l’amore di Alfeo, divinità delle acque, che prese a inseguirla. Aretusa pregò Artemide di salvarla e la dea la tramutò in una nube, traportandola in Sicilia: qui la sciolse nello specchio d’acqua che possiamo ancora ammirare. Ma Alfeo, ormai folle d’amore, chiese al padre Oceano di raggiungere la Sicilia dove convinse Aretusa ad amarlo. Per suggellare l’unione Artemide scavò una caverna sotto la fonte dove corrono le acque di Alfeo, intrecciate a quelle dell’amata. Il luogo è ancora meta di coppie di innamorati che, toccando le acque, sperano di ottenere felicità per il loro amore.

Camminando tra le strade di Ortigia, organizzata secondo l’antica pianta ortogonale greca, si respira ancora un’aria intrisa della bellezza della Magna Grecia e dei suoi miti.

Ma oltre ai miti le strade di Ortigia sono popolate dai segni tangibili e possenti della gloria greca. Il tempio di Apollo, databile al VI secolo a.C., è il più antico tempio dorico della Sicilia e ha un’importanza fondamentale, rappresentando il momento di passaggio dai templi lignei a quelli edificati completamente in pietra. A un secolo dopo risale il tempio di Atena, costruito dal tiranno Gelone per festeggiare la vittoria contro i Cartaginesi. Di questo tempio abbiamo la preziosa descrizione di Cicerone il quale magnifica i dipinti che adornavano le mura interne.

Ma i tesori di Siracusa non si limitano al periodo greco: ogni diversa epoca del Mediterraneo ha lasciato qui la sua impronta. Dalle catacombe paleocristiane (le più grandi dopo quelle di Roma), ai resti del passaggio arabo e normanno, sino ai meravigliosi monumenti del barocco.

In una sola città è custodita la scatola nera di un passato di gloria e bellezza, iniziato nelle buie grotte di Pantalica.

Il racconto di Alberto. Titolo: Un clima inaspettato. Sull’Etna in inverno si può sciare. C’è un impianto sciistico che più volte è stato distrutto dalle colate laviche e più volte è stato ricostruito. Ma pochi sanno che anche d’estate ci sono sull’Etna delle nevi perenni che non si sciolgono sotto il sole. Capita di vedere distese nere di lava ormai raffreddata, ma sotto lo strato di cenere a volte si nasconde la neve. Se dopo una nevicata c’è uno sbuffo di cenere e lo strato è molto spesso, i raggi del sole non penetrano e la cenere può nascondere blocchi di neve consolidatasi in ghiaccio. Ma non c’è solo la neve, sul vulcano. Giravamo proprio sull’orlo del cratere principale, quando uno sbuffo inaspettato, un misto di zolfo, vapore e nebbia, mi nascose completamente alla vista della troupe. La troupe non mi vedeva e io non vedevo la troupe. Continuammo a girare, con la mia immagine che appariva e scompariva continuamente, quasi come un miraggio.
Immagine del vulcano Stromboli in eruzione.

Il monte Etna

Citazione di Edgar Morin. È la sorpresa, lo stupore che ci obbliga ad evolverci.

“L’Etna nevoso, colonna del cielo, d’acuto gelo perenne nutrice lo comprime. Sgorgano da segrete caverne fonti purissime d’orrido fuoco.” Così scrive Pindaro nel 470 a.C. Il monte Etna, del resto, è cantato da Virgilio, Dante e tutti i nostri più grandi poeti di ogni epoca. Proprio l’incredibile testimonianza storica e letteraria sull’Etna e sulla sua attività vulcanologica è tra le caratteristiche che hanno fatto ottenere a questo monte il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. La commissione ha ritenuto che l’Etna rappresenti una delle più antiche testimonianze di vulcanologia documentata del mondo.

Il fascino del vulcano siciliano, il più alto vulcano attivo della placca euroasiatica, è indiscutibile: in quanti altri luoghi possono convivere due elementi antitetici come il fuoco e la neve?

Foto di Alberto Angela dell’Etna ricoperto di neve.

La stessa leggenda mitologica delle sue origini è intrisa di poesia. Il mito racconta che il gigante Encelado, ribellatosi contro gli dei, venne sconfitto e sepolto da Atena sotto un cumulo di terra. Il corpo disteso del gigante divenne così l’isola di Sicilia e la sua bocca, posta all’altezza del monte Etna, sospira e sputa fuoco, animata dalla rabbia e dalla sete di vendetta.

Il racconto di Alberto. Titolo: Quella volta sul cratere.  Dopo ore di cammino estenuanti lungo le pendici dell’Etna, arrivammo sul luogo delle riprese piantando finalmente il cavalletto. A quel punto accaddero tre cose che non dimenticherò mai.  Stavamo girando su una bocca eruttiva effusiva laterale, da dove fuoriusciva la lava che sbuffava in verticale. A un certo punto sentimmo un botto, dal magma si levò una sorta di albicocca infuocata che puntava dritto verso di me. Avevo i guanti, spessi, come quelli da giardinaggio, e allora mi dissi che non dovevo spostarmi dopo tutta la fatica per trovare il posto giusto per le riprese e diedi come una racchettata alla palla incandescente. Risultato? Ho ancora il guanto bucato come ricordo.  Poi, con uno strumento in ferro, squartai letteralmente il magma e la porzione estratta prima evaporò e poi si solidificò formando una roccia, una roccia più giovane di me. Non capita spesso. Ma non era finita: dopo un po’, mentre parlavo alla telecamera, mi resi conto che il masso su cui stavo era bucato. Sotto, passava la lava, le suole delle mie scarpe si erano praticamente sciolte.
Immagine del Tempio dei Dioscuri, V secolo a.C., Agrigento, Valle dei Templi