Diego
La parete di vetro è utile perché fa passare la luce, ma non aiuta quando hai la mente che si rifiuta di collaborare e davanti a te il cursore che lampeggia come una sirena impazzita.
Devo scrivere la quarta di copertina del romanzo di Guenda, nome d’arte di una YouTuber dai capelli color arcobaleno-unicorno che recensisce film cult. È ambientato negli anni Cinquanta, come i film che lei predilige, e altrettanto ovviamente era pieno di incongruenze storiche da far impallidire i kolossal hollywoodiani dedicati al mondo classico (chi non ricorda l’aereo nel cielo in Troy?). Dico “era” perché mi sono divertito (si fa per dire) a correggergliele tutte con Wikipedia. E ora che è giunto il momento di mandare in stampa questo piccolo capolavoro, liberandomene una volta per tutte, l’unica cosa a cui riesco a pensare è Giulia. Giulia che è scappata via dal mio letto con una scusa che faceva acqua da tutte le parti.
Sono passato diverse volte davanti al suo laboratorio, indeciso sul da farsi. Non sono mai stato uno che chiede, che prega, questa situazione è ridicola. Eppure non riesco a togliermi dalla testa il pensiero di lei, non riesco a decidermi a uscire e cercarmi una donna qualunque da portarmi a casa.
Guardo attraverso la parete. I miei colleghi battono furiosamente i tasti delle loro tastiere, fissano lo schermo, rispondono al telefono. Intravedo sul fondo Anna, la nuova stagista, che mangia un tramezzino, Camilla e Zoe dell’amministrazione che parlottano tra le due postazioni raccontandosi chissà quali segreti e Marco, del commerciale, che si alza ed esce per concedersi un’ennesima pausa sigaretta. Prima delle leggi antifumo la redazione era una specie di antro infernale: l’odore di sigaretta impregnava anche i muri e una sottile nebbiolina gravitava su tutto l’open space. Sul riflesso del vetro noto che Marisa mi sta fissando la schiena. Si sarà accorta che non sto facendo niente da un po’. Sorrido. Dopo cinque anni di condivisione di questo ufficio con un occasionale momento di condivisione del mio letto… be’, credo di conoscerla abbastanza bene. So cosa sta passando dentro la sua testolina ricciuta. Ha sempre avuto l’istinto da buona samaritana, fastidiosamente attenta, sempre, ai malesseri degli altri. Inizio a contare: uno, due e…
«Diego, tutto bene?»
Mi volto verso di lei. «Ho un po’ di nausea, sai, qualche bagordo di troppo» le dico facendole l’occhiolino, per farle pensare il solito di me.
Infatti sospira: «Chi è la malcapitata, questa volta?».
Marisa si diverte nel sentire i racconti delle mie prodezze notturne. Sa che sono fatto così, non giudica. D’altronde, anche lei si è divertita, con me. Ma questa volta non ho prodezze da raccontare. Ciò che ho vissuto con Giulia non arricchirà il mio medagliere e di certo non diventerà un gossip da ufficio. Solo l’idea mi irrigidisce la mascella.
«No, è stata colpa di una festa e di una sbronza di troppo» le rispondo. «Non ho più l’età per quelle cose.»
Mi osserva, indugiando un po’ troppo sulle labbra. Credo non le sia mai passata del tutto la voglia di venire a letto con me.
«In effetti hai un po’ l’aria sbattuta. Hai preso qualcosa?»
Magari potessi prendere qualcosa per dimenticare Giulia!
«Sì, però fatica a passare. E ho la scadenza del libro di Guenda…»
«Se vuoi scrivo io la quarta.»
Il suo sguardo di compassione mi infastidisce un po’.
«No, dài. Magari il lavoro mi distrae» le dico.
E cerco di immergermi di nuovo nella storia di Guenda. In fondo sono solo mille caratteri, spazi inclusi, e ho già i testi del marketing come spunto. Non sarà mica un’impresa impossibile, no?
Dopo un’affannosa ricerca di sinonimi e un copia e incolla degno di un ragazzino delle medie, voilà, il testo è pronto. Non sarà un capolavoro, ma credo che per gli acquirenti del libro – gli stessi svitati che seguono Guenda online – basterà e avanzerà. La grafica mi passa la copertina impaginata con la quarta e finisco di controllare anche gli altri testi: la cortissima biografia di Guenda, una citazione dal libro, ISBN, prezzo, titolo sul dorso, marchio della casa editrice. Correggo qualche banale refuso e do l’ok a procedere. Via. Via da qui. Vai in libreria a fare danni.
Fosse così facile mandare via anche Giulia dalla mia testa. Sarei disposto a scrivere i testi di dieci, cento copertine di YouTuber con i capelli arcobaleno-unicorno, pur di sganciarmi da lei e dalle immagini della notte scorsa.