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LA RISPOSTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE DOPO L’INCHIESTA DI TPI.IT SULLA MANCATA ZONA ROSSA: «SE LA LOMBARDIA AVESSE VOLUTO, AVREBBE POTUTO FARLA TRANQUILLAMENTE»

di Francesca Nava, 6 aprile 2020

A seguito dell’inchiesta da noi condotta sulla mancata zona rossa, lunedì 6 aprile 2020 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte fa pervenire al nostro giornale una risposta ufficiale, rilasciando alcune importanti dichiarazioni sull’operato del governo e su quello di Regione Lombardia. Di chi era la responsabilità, chi doveva agire: il governo o la Regione? E perché non si è deciso di chiudere? A una nostra richiesta di chiarimento, Conte ha risposto: «Non vi è argomento da parte della Regione Lombardia per muovere contestazioni al governo nazionale o ad altre autorità locali. Se la Regione Lombardia ritiene che la creazione di nuove zone rosse andasse disposta prima, con riguardo all’intero territorio regionale o a singoli comuni, avrebbe potuto tranquillamente farlo, in piena autonomia. A conferma di questo assunto si rileva che la Regione Lombardia ha adottato – nel corso di queste settimane – varie ordinanze recanti misure ulteriormente restrittive, le ultime delle quali il 21, il 22 e il 23 marzo 2020».

E in merito alla nota del’ISS e alla richiesta di chiudere i comuni di Alzano e Nembro arriva anche la conferma di Palazzo Chigi: «Nella tarda serata di giovedì 5 marzo, il presidente dell’ISS rispondeva con una nota scritta, nella quale segnalava che, pur riscontrandosi un trend simile ad altri comuni della regione, i dati in possesso (l’incidenza di nuovi casi e il loro incremento, nonché la stretta vicinanza a una città) rendevano opportuna l’adozione di un provvedimento volto a inserire i comuni di Alzano Lombardo e di Nembro nella cosiddetta zona rossa».

«Il giorno successivo, il 6 marzo» continua il presidente del Consiglio «maturava l’orientamento di superare la distinzione tra zona rossa, zona arancione e resto del territorio nazionale in favore di una soluzione ben più rigorosa, basata sul principio della massima precauzione, che prevedesse la distinzione del territorio nazionale in due sole aree: la Lombardia e province focolaio di altre regioni e il resto d’Italia».

Prosegue così la ricostruzione del presidente del Consiglio in merito alla mancata chiusura dei due comuni della bergamasca: «La notte stessa del 7 marzo, sentite le Regioni e i ministri interessati, veniva dunque adottato il decreto del presidente del Consiglio, che reca la data di domenica 8 marzo, in quanto firmato nelle primissime ore del mattino, con il quale l’intera regione lombarda diventava zona rossa, in quanto l’intero territorio regionale veniva sottoposto a un regime uniforme di misure particolarmente restrittive». Poi, la stoccata finale al governatore Attilio Fontana circa la responsabilità nella competenza territoriale per la decisione sulla zona rossa: «Quanto invece alle competenze e ai poteri della Regione Lombardia, si fa presente che le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti. Al pari di quanto hanno fatto altre Regioni» conclude Conte «come il Lazio, la Basilicata e la Calabria, nei cui territori, con ordinanza, sono state create zone rosse limitatamente al territorio di specifici comuni».

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