Amici ascoltatori, benvenuti a una nuova puntata di Sentimentalisti Anonimi.
È venerdì sera e molti di voi sapranno benissimo cosa farsene, di questo weekend.
La mia amica Silvia no.
La mia amica Silvia ha trentadue anni, un figlio che da qualche giorno ha imparato a dire mamma, scrive romanzi per la collana Harmony con lo pseudonimo di Azzurra Cristalli e anche se quando incontra Pietro pensa che il suo matrimonio era in crisi già da un pezzo, in realtà fino a quel momento fra tutti gli uomini che conosceva avrebbe sempre scelto suo marito.
Pietro gli anni se li abbassa ma sicuramente ha passato i cinquanta, ha una figlia adolescente molto tormentata, da giovane suonava il basso in un complesso che si chiamava Funk People e oggi è il più brillante avvocato dello studio di suo suocero.
Quando Pietro, al matrimonio della sua segretaria, le si avvicina e le dice allora sei tu la famosa sorella di cui Ketty parla sempre?, Silvia pensa aiuto.
Parlano dell’ultima puntata di Ballarò, di com’è diverso avere Ketty per sorella e averla come segretaria, della Roma e della Lazio, ridono del cappellino fucsia della madre dello sposo.
Li raggiungono il marito di lei e la moglie di lui, conversano amabilmente tutti insieme finché Silvia si scusa, dice devo andare alla toilette e lancia a Pietro uno sguardo lungo quel che basta per significare fai presto.
Fanno l’amore subito, chiusi a chiave nel bagno del ristorante – Pietro la spinge in quello per gli handicappati – ché almeno è bello grande, dice, e Silvia ride forte, eccitata e pericolosa, la lampo della gonna già abbassata.
Non finirà lì, lo sanno tutti e due.
Ma incontrarsi è difficile, Roma è una città grande solo per chi non ha un segreto.
Fatto sta che il giorno dopo quello del matrimonio di Ketty, finiscono a fare l’amore in macchina, nel parcheggio di un ristorante di Casal Palocco chiuso per lutto. A seconda della durata della pausa pranzo di Pietro, poi, approfittano di un bar della Magliana per un caffè, di un vicolo cieco di Ostia, della casa vuota di qualche amico che capisce tutto ma non chiede niente, di un albergo a ore sull’uscita sette del Grande Raccordo Anulare, della pensione Sisters su via Salaria. Passano settimane, passano mesi, passa un anno. Mi fai ridere, ripete di continuo Pietro a Silvia, mi fai pensare che il mondo sia un bel posto, ripete Silvia a Pietro, quando ti metti quel vestito che ti lascia la schiena nuda non capisco più niente, quando ti metti la giacca beige – quella che ti ho regalato io – ti salterei addosso appena ti vedo, mi fai sentire giovane, mi fai sentire donna, oddio ma io ti amo, che aspettavi a dirmelo? anch’io, anch’io ti amo scemo.
Il giorno in cui Silvia incontra in metropolitana la cassiera del bar della Magliana che la saluta e le chiede: – Suo marito come sta? –, lei si ritrova in faccia un sorriso ebete e capisce che essere scambiata per la moglie del suo amante le piace un po’ troppo.
– Ho lasciato mio marito, – annuncia a Pietro, un attimo prima dell’una e cinquanta, quando il tempo che per un’ora è scivolato lentissimo si mette a correre. Pietro, un calzino in una mano e la cravatta nell’altra, la guarda in cerca di un’espressione giusta. E ovviamente dice la cosa sbagliata: – Sono contento per te. – A Silvia viene un po’ da piangere: – Che cosa vuoi dire? – domanda. – Che il mondo è pieno di donne tradite e di uomini abbandonati. È la natura delle cose. E infatti io tradisco mia moglie e tu abbandoni tuo marito, – risponde lui. E nel frattempo finisce di rivestirsi, le bacia la fronte come fa sempre prima di andarsene e se ne va.
Silvia il giorno dopo torna all’attacco: – Non ti chiedo di lasciare tua moglie, – spiega a Pietro, – ma di farmi sentire un po’ più, come dire? autorizzata a stare con te. Sono stanca di stanze d’albergo, parcheggi e pause pranzo. Non ne posso più di tutto questo altrove, ho bisogno di un po’ di dove. – Lui prova a scherzarci su: – Ti ha mai detto nessuno che parli come un Harmony? – Lei lo guarda severa. Pietro capisce che stavolta la questione è seria: – Ti rendi conto che è proprio questa mancata autorizzazione la nostra forza? Non esiste un dove, come lo chiami tu, senza la ricerca di un’uscita di sicurezza, senza la necessità di andarsene altrove, appunto. Ma noi invece siamo già altrove: e non abbiamo bisogno di niente. – Silvia fa no con la testa. Il discorso di Pietro poteva avere senso quando anche lei aveva qualcuno con cui commentare il telegiornale della sera, con cui mangiare gli avanzi del giorno prima, con cui decidere di cambiare la tinta della cucina. Adesso che è rimasta sola, nella casa che le ricorda ogni giorno il fallimento del suo matrimonio, non le serve nessuna uscita a una sicurezza che non ha. – I soldi non ci mancano. Affittiamo un appartamentino solo per noi, che sia casa nostra dall’una alle due del pomeriggio e tutte le volte che pensiamo a quel posto. E dài.
Silvia si occupa di tutto. Convinta che la zona ideale per lei e Pietro sia il centro – perché facilmente raggiungibile per tutti e due e perché se qualche conoscente li incontrerà da quelle parti potranno comunque usare scuse che in quartieri più periferici non reggerebbero, del tipo cercavo un libro che hanno solo alla Feltrinelli di largo Argentina o volevo approfittare dei saldi a via Condotti – si innamora di un bilocale all’ultimo piano di una palazzina fresca di ristrutturazione, alle spalle di piazza della Pigna.
Allora? Chiede, emozionata, quando Pietro vede l’appartamento. Bello, risponde Pietro, e lei ride e dice ma non è finita qui, questo pavimento in cotto lo so che non è il massimo, ma noi lo scaldiamo con un tappeto colorato, magari arancione, alle finestre ci mettiamo delle tende, sopra al letto ci vedo benissimo il quadro con gli unicorni che ho nel salotto di casa mia, e su questo tavolino fiori, fiori freschi tutti i giorni.
Comincia così per Pietro e Silvia una nuova epoca. Non devono più fare la fatica d’inventarsi ogni volta il dove, il come e il quando dei loro appuntamenti. Verso mezzogiorno Silvia arriva nel bilocale carica di spesa, prepara il pranzo, apparecchia la tavola e quando, verso l’una e cinque, sente girare la chiave nella toppa, va incontro a Pietro e gli dice bentornato a casa amore. Nel frattempo quel posto si trasforma da uno spazio asettico a una casa vera e propria: arriva il tappeto arancione, arrivano le tende e il quadro con gli unicorni. Sopra il televisore all’improvviso spunta perfino una piccola cornice d’argento con una foto di Pietro e Silvia a Parigi, scattata durante l’unico weekend che in un anno e mezzo sono riusciti a trascorrere insieme.
Anche quando Pietro non c’è, a Silvia piace restare il più possibile nell’appartamento. Se il figlio passa il fine settimana con il suo ex, lei si ritira lì per due giorni, e le sembra un po’ più facile pensare che dal venerdì sera al lunedì mattina Pietro sia impegnato a fare il padre e il marito e lei non possa mandargli nemmeno un messaggio sul telefonino per dirgli mi manchi.
Passa così, inavvertitamente, un altro anno. E un giorno, Silvia la trova. Una sigaretta sporca di rossetto, spenta in una tazzina da caffè dimenticata vicino al letto. Lei non fuma. E non fuma nemmeno Pietro (che, comunque, non usa il rossetto).
Le gira la testa. Ricorda quello che le ha detto Pietro, tempo fa. Non esiste un dove senza la possibilità di andarsene altrove. Respira forte. Sa che quello è il momento. Che se non abbandonerà Pietro oggi, ogni giorno penserà tanto prima o poi lo faccio, ma non lo farà mai più. La chiave gira nella toppa. Silvia butta nella spazzatura tazzina e mozzicone di sigaretta, tutti insieme. Poi va incontro a Pietro e gli dice bentornato a casa amore. Perché il mondo è pieno di donne tradite, di uomini abbandonati e di persone come Silvia. Che pensano tanto prima o poi lo faccio. Proprio a tutti loro, a tutti voi che prima o poi pensate di farlo, è dedicata questa nuova puntata di Sentimentalisti Anonimi e il pezzo di Mina e Alberto Lupo che stiamo per ascoltare. Chiamate, come al solito, al numero verde 800 77 71 77. E vediamo di rendere questo venerdì sera un po’ più sopportabile. Per Silvia, per voi. E anche per me.