Giro la chiave nella toppa, Efexor mi viene incontro saltandomi addosso e per aria, pazzo di felicità. Ancora non dà per scontato che se esco di casa, prima o poi tornerò. Nessuno può capirlo più di me: ormai sono quasi due anni che Lorenzo vive a casa mia, ma come ogni sera anche stasera mi assale l’ansia sottile di non trovarlo più. D’altronde non ha mai messo il suo spazzolino accanto al mio in bagno, non ha mai sistemato i suoi vestiti in un armadio.
Vivo con un uomo che tiene il suo beauty-case sul tavolo della cucina e i suoi vestiti sparsi per la casa, un po’ accartocciati in una busta, un po’ in uno zaino, un po’ per terra, dove capita.
Lo trovo sul divano, che dorme. Ha la bocca aperta e russa. Sul pavimento qualche filtro di sigaretta, nella tazza con i gatti dove bevevo il latte da piccola ci sono i mozziconi di una ventina di canne. Da qualche parte, nel sonno, si accorge che sono tornata. Ciao piccola, mastica. Gli carezzo la testa e lui scatta in piedi, impaurito. Che c’è?, domanda. Niente, c’è che ti amo, gli dico io. Lo sai che non devi spaventarmi mentre dormo, mi sgrida lui, e torna nella sua posizione. Dopo pochi minuti russa di nuovo. Controllo la mia mail. Vado a dormire anch’io. Se durante la notte si sveglierà per pisciare forse si sposterà nel letto con me.
Altrimenti no.
Si sveglia verso mezzogiorno, come al solito.
– Come va?
– Di merda.
– Coraggio.
Lo accompagno a fare colazione al bar sotto casa. Sembra avere fretta.
– Dove devi andare?
– Alla Biblioteca Nazionale. Ma odio certe domande, lo sai.
– Dicevo per dire.
– E io no. Lo dico perché lo penso veramente.
Ultimamente le nostre giornate cominciano sempre così, ma può capitare che nel pomeriggio vadano un po’ meglio e di sera diventino perfino belle.
Al processo di Lorenzo manca solo l’udienza finale, ci siamo.
Il suo libro invece continua ad affondare nel pantano di una forte crisi creativa. L’ha ambientato a Parigi, negli anni in cui studiando alla Sorbona con un dottorato ha scoperto tante cose. Ha scoperto il canto delle sirene, come lo chiama lui. E così vuole intitolare il suo libro. Che però rimane fermo a pagina sessantasei.
– Chissà, magari anche quello che scrivi paga il prezzo della carcassa di un personaggio che avevi creato fuori e dentro ai libri e che non corrisponde più alla persona che sei diventato.
– Secondo te uno che ha sempre scritto di essere un fallito e che la vita fa schifo all’improvviso dovrebbe mettersi a dire che la vita è bella? Magari potrebbe lanciarsi in un elogio della vita di coppia e delle agrodolci abitudini del fine settimana, che ne dici?
– Non intendevo questo.
È sempre più faticoso parlare con lui.
Lo bacio e gli dico a più tardi.
È sabato e oggi il mio programma non va in onda.
Lorenzo torna a casa a sera inoltrata e mi trova sotto la doccia.
Entra in bagno e mi dice di sbrigarmi, perché deve raccontarmi una cosa.
Lo fa con il distacco di sempre, senza quello che propriamente si definisce entusiasmo, ma è comunque strano da parte sua un comportamento del genere. Di solito sono io a chiedergli se gli è capitato qualcosa di bello durante la giornata e lui a rispondermi con monosillabi vaghi e piuttosto infastiditi.
Lo raggiungo in cucina, dove lo trovo con lo sguardo perso sullo schermo del suo computer portatile.
– Siediti e mettiti comoda. – Mi dice. – Leggi questa mail che mi è arrivata oggi. – E gira verso di me il computer.
>––––– Original Message –––––
>From: brianahern@hotmail.com
>To: lorenzoferri@yahoo.it
>Sent: Saturday, February 11, 2006 2:34 AM
>Subject: LA ZONA CIECA
>Caro Lorenzo,
>ti chiamo caro perché quella, e un po maleducata
>confidenza che chi legge un libro si prende nei
>confronti con chi l’ha scritto. È tempo che desidero
>contattare te, ma aspettavo fino adesso perché non
>volevo fare questo a mani vuote, come si dice.
>I tuoi libri anche se non sono scritti nella mia lingua di
>originale sono dal sempre per me fonte della ispirazione,
>della meravilia e dello conforto, e già parlare di essi (se
>pure propio a te) mette fra me e loro delle espressioni
>e dunche una distanza che disturba me.
>Scusa per il mio italiano e per la fatica in generale a
>fare capire me: sul primo sto cerco di fare il possibile
>da dieci quasi anni, sulla seconda lasciavo da tempo la
>speranza di risolvere lei.
>Mi chiamo Brian, sono di Dublino, potremmo esserti
>padre. Ho conosciuto la strada, la prigione, una certa
>fama come musicista (forze la prova più dura!) e dopo
>la morte del mio compagno italiano ho traferito
>me qui e trovato una specie di pace nel Monastero
>Tibetano di Pomaia, dove insegnio meditazione e ho
>tanto tempo per il mio interesso principale, quello del
>astrologia e del sensitismo, pratica che imparavo
>directamente da uno sciamano durante quella che mi
>sembra la vita di un altro e invece era la prima metà
>della mia.
>Tutto quello per dirti che sulla copertina dell’ultimo
>libro tuo ho trovato la data tua della nascita, e per
>ringraziare te del dono che ogni libro tuo è stato per
>me, ho fatto una mappa astrale che se darai a me un
>indirizzo manderò a te (ho trovato questo tuo indirizzo
>di mail dopo che ho chiesto gentilmente alla tua casa
>editrice). Ma inoltre alla mappa concentrato sulla
>tua persona ho fatto anche un viaggio nel passato tuo,
>nel presente e soprattutto nel futuro. Concentrandome
>su di te e poi abbandonandome, secondo la pratica
>sciamana, ho visto prima di tutto un livido enorme che
>proibiva me nello andare avanti e che forze lo fa anche
>con te. Appartienge a una ferita bambina ma causava
>tante altre ferite.
>Poi mi sono concentrato sui fati della tua vita (di solito
>più utili a chi ascolta me) e ho visto nell’origine la
>figura di due donne buone (tua madre? tua sorela?) e
>due uomini (tuo padre? tuo fratelo?). Deto questo nel
>passato proximo tuo ho visto molte figure di donne
>che noi chiamiamo demoni, perché è chi sta
>male che attira loro ma lo fa in buona fede e loro fanno
>quello che lui vuole in realtà e non ha il coraggio di
>fare: distruggerlo, morirlo. Queste donne viaggiano
>tutte insieme, come spesso succedde in questi casi
>sembrano diverse ma vengono dalla stessa parte.
>Dovrebbero già però avere fatto male e tu le stai per
>eliminare. Se non è così fai l’attentione, perché adesso
>vedo nel tuo presente e sopratuto futuro GIOIA E LUCE –
>che pero non ti tolieranno mai il buio da dove
>prendi la scrittura, questa è una maledizione ma anche
>una benedizione del destino tuo – e queste presenze
>anche se tu credi di gestire sono loro che gestiscono la
>tua possibile gioia.
>Nel tuo presente perché vedo la cosa che
>maggiormente ha stordito me, una donna di quelle che
>noi chiamiamo figure angeliche nel senso di
>trasportatrici da una zona a un’altra della
>COMPRENTIONE e dunque della ESPERIENZA. Vedo una
>donna molto bella con LA STELLA DELLA
>COMPRENTIONE sulla fronte. Vedo fra voi una energia
>che quasi fa male a me che il mio compagno che
>amavo l’ho perso. Naturale che in questo quadro non
>manca la luce del successo, ma è una luce che è
>spontanea, l’avrai SENZA DUBBIO, mentre l’altra, quella
>della vita personale, non è così scontata.
>Se mi darai il tuo indirizzo manderò la mappa con
>tutte queste cose scritte melio, sperando di non avere
>disturbato te o impaurito. Non avrei contactato te se
>avessi visto cose spaventose, ma siccome ho visto per
>te delle cose grandi e miliori pensavo era giusto farlo
>sapere a te: sai Lorenzo, dele volte siamo tanti stanchi
>e se qualcuno magari guarda noi, affera
>posibilità che a noi fuggono. Le cose che li altri
>observano di noi e che noi nemmeno imaginiamo,
>quela che inzomma nela pratica sciamana si dice
>ZONA CIECA, a volte vede in maniera miliore dei occhi
>nostri. Da una foliolina di inzalata che è rimasta a noi
>frai denti dopo mangiato, a un futuro con la luce, chi
>guarda da fuori può indicare a noi cose che noi su noi
>non sapiamo e invece è bene sapere. Tutto qui. Questo
>il senso del mio abandonare me con la mente per avere
>visioni sule persone care.
>Forze penserai che sono solo un vecchio frocio
>colione. Sicuro sono anche quello!
>Un abbraccio forte e grazie per tutto,
>Tuo Caro
>Brian.
Lorenzo mi guarda con l’ansia di un bambino in attesa di risposte. Non l’ho mai visto così sinceramente emozionato, prima d’ora. Anzi, non l’ho mai visto sinceramente emozionato, prima d’ora.
– Allora? – Mi chiede.
– Straordinario, – gli dico.
– Ti rendi conto, Lilo?
– Davvero, non ho parole. La composizione della tua famiglia, il livido, le donne del tuo passato. Me. Ha indovinato tutto, pazzesco.
– Ma non è mica quello l’importante. – E torna immediatamente alla stizza di sempre. – Non credo che le sue parole vadano prese alla lettera.
– Come no?
– Ma no, è chiaro.
– Secondo me sbagli. Lui parla di visioni precise, più chiaro di così. Anzi, ti prego, gli scrivi la mia data di nascita così fa la mappa pure a me?
– Lo vedi che non capisci proprio niente? Il mistero di questa lingua, il suo potere taumaturgico. Non meriti più che ti legga mezza riga di quello che mi scriverà Brian. È uno che sicuramente ha studiato sul Libro tibetano dei morti, lui, è uno che ha letto Gurdjieff. Mica è l’astrologo di “Vanity Fair” che piace a te.