…e insomma ci invitano a questa festa di Carnevale e anche se ci sentiamo un po’ ridicoli per l’età che abbiamo, andiamo ad affittare due costumi. Il tema della festa è i personaggi della televisione e allora mia moglie sceglie un costume da Sbirulino e io uno da Gomez, non so se hai presente, quello della Famiglia Addams, il marito di Morticia per capirci. Quella sera ci divertiamo molto e torniamo a casa con una strana voglia, beh, ci mettiamo a farlo come non lo facevamo più da un sacco di tempo, come forse non l’avevamo fatto mai in vent’anni che ci conosciamo e diciotto che siamo sposati. Tre volte in una notte sola, tanto per darti un’idea. Passa qualche giorno e ci riproviamo. Ma niente. Tutto è tornato come prima. Allora mi viene in mente di affittare di nuovo quei costumi, ma così, tanto per farci due risate. E invece ce li mettiamo e succede di nuovo quello che era successo l’altra volta. Mia moglie urla come un coyote, tanto per darti un’idea. Ecco, a quel punto decidiamo di comprarli, quei costumi. E ormai facciamo sesso solo quando ce li mettiamo, non ci proviamo nemmeno più a farlo, come posso dire, canonico. Mia moglie è preoccupata, dice che c’è qualcosa di patologico in tutto questo, ma io non ci vedo niente di male, secondo me l’importante è farlo e farlo bene. Tu che ne pensi?
>––––– Original Message –––––
>From: brianahern@hotmail.com
>To: lorenzoferri@yahoo.it
>Sent: Tuesday, March 7, 2006 11:34 AM
>Subject: LA COLPA CHE NON ESISTE
>Lorenzo caro,
>alla posta dicono a me che al indirizzo tuo manca il
>codice, lo puoi scrivere a me?
>Penso a te e benedico te tutti i giorni, ma prego a te
>non fare a te del male tutto solamente. Non dare
>guerra a quello che vuoli e rimanere così tutto solo
>per essere triste come pensi che devi essere per LA
>COLPA CHE NON ESISTE. So che il momento come tu
>anche mi dici è dificile ma sopratuto lo sento forte
>adeso che ho messo te nei miei contacti di tutti i
>giorni. Sento tanto dolore ma prego a te non fare che
>vince lui. Lo prometto a te, non sei cattivo ma solo ti
>sei fatto tanto male nel tempo della infanzia. Adesso
>basta tuttavia! Fai questo anche nel nome di un
>vecchio frocio come me che troppo tardi ha sveliato
>se. E se lo facevo prima vivevo con Enrico
>quantomeno tre anni di più. Sembrano pochi ma ti
>dico io che diventano tanti se poi la persona tua va
>via, muore.
>Scusame quella invasione, ma sento te come un
>fratello più minore, davero.
>Manda a me il codice se vorrai.
>Non avere paura, fida te stesso delle cose che ho
>scritto a te, e se avevo sbaliato dillo a me, prego, devi
>farlo!
>Tuo
>Brian
Mi sta succedendo qualcosa di inspiegabile.
Quando scrivo per mano di Brian e parlo con la sua voce, entro in una specie di trance e sento franare tutte le certezze che fino a questo momento ho eretto in risposta alle resistenze di Lorenzo.
Comincio a pormi domande che non mi sono mai posta prima. Mi chiedo se non mi sia innamorata di un uomo del genere anche perché dichiara esattamente le mie stesse paure. E perché cercando di asciugare le sue io possa asciugare le mie.
Quelli che ho sempre contrabbandato come desideri lucidi – un legame stabile, una vita insieme, tutto quello che può succedere dopo – si spogliano della necessità di contrastare le insicurezze di Lorenzo, e si rivelano come altrettante insicurezze.
Sarà che sono la sola a conoscere il segreto dell’identità di Brian e voglio ricambiarlo con la stessa sincerità. O forse sarà l’effetto di quella lingua tanto più esatta quanto più inciampa in un errore grammaticale.
Forse sono le fragilità che mette in gioco Brian, e non il suo coraggio, a fare tanta presa su Lorenzo.
E su me.
Passeggiamo lungo le Mura Aureliane.
Le giornate ancora non si decidono ad allungarsi, è un tardo pomeriggio di inizio marzo e sta già per fare buio.
Efexor ci segue fiducioso e zompettante, com’è nella sua natura.
È un posto commovente questo. Una striscia infinita di mattoni messi uno sull’altro che quasi mai è servita allo scopo per cui era stata costruita. Evitare saccheggi, impedire invasioni.
Abito poco lontano da qui e non c’ero mai stata prima d’ora. Ma Lorenzo sta scrivendo un saggio su tutta la cerchia di mura che un tempo circondava Roma e che oggi l’attraversa come una specie di spina dorsale. E allora siamo qui.
Come al solito è lui che mi presenta qualcosa che in realtà dovrebbe essermi familiare. E che invece senza di lui non avrei mai scoperto.
– La bellezza di questo posto è proprio nel suo essere involontaria, – dice. – I romani volevano solo fare in fretta a mettere un mattone sopra all’altro. Mica volevano costruire un’opera d’arte. E invece eccola qui. Guarda oggi che effetto ci fa. Quello che non è stato desiderato ha molto più valore di tutto il resto.
Rimaniamo per un po’ in silenzio.
– Ma tu questo sembri non capirlo, – prosegue, con vaga tenerezza. – Quando dico che mi maledico per quanto è successo fra noi, per come abbiamo perso irrimediabilmente qualsiasi distanza di sicurezza, ci rimani male. Ti senti rifiutata. Non pensi che un attaccamento involontario a una persona sia ancora più forte di un attaccamento che ogni giorno ha coscienza di sé. Il mio attaccamento per te non solo è involontario, ma è assolutamente contrario alle mie convinzioni sul fatto che se fossimo rimasti semplicemente amici tutto sarebbe stato più facile e più bello fra noi. Convinzioni che rimangono. E non parlano di una mancanza d’amore, come pensi tu. Tutto il contrario. Questo, per esempio, il mio amico Brian l’ha capito benissimo. È proprio l’amore, se vogliamo usare questa parola orrenda, il mio problema. E il mio problema sei tu.
Gli prendo la mano.
– Anche tu sei il mio problema. Io ti sembro tanto sicura di me perché fa comodo a tutti e due che sia così. Ma mi fa paura tutto. Come fai a non rendertene conto? Io l’ho capito chiaramente proprio nei mesi in cui ci eravamo lasciati. Era come se da quando ci eravamo conosciuti in qualche modo mi aspettassi che dovesse succedere. Insomma, di ogni persona a cui mi lego quello che penso per prima cosa è che un giorno potrà non esserci più. Che potrà abbandonarmi, morire. I miei genitori, perfino Efexor, tu. La vostra mortalità mi è davvero sempre presente, più di quanto mi siete presenti voi. Non lo do mai a vedere, ma è una condizione di angoscia continua, la mia. Chissà cosa succederebbe se avessi un figlio. Chissà dove lo troverei, il coraggio.
– Al di là di tutte le nostre differenze, l’ho capito subito che in questo eravamo uguali, noi due. Bravi ad amare solo quello di cui percepiamo la caducità.
Non ho mai conosciuto nessuno che quando vuole sappia essere tanto esatto e intenso come Lorenzo.
Mi investe forte il mio amore per lui.
E solo ora, dopo tanto tempo, realizzo che le ragioni di questo mio amore – l’esatta intensità di Lorenzo, la sua profonda tolleranza, la sua evidente incapacità di stare al mondo, la sua fiducia completa in uno sciamano che non esiste, la sua ricerca continua, la sua bellezza rara, il suo senso dell’umorismo, la sua diversità da tutto il resto, la faccia che fa quando mangia qualcosa che non gli piace – hanno la stessa origine di quei comportamenti che mi fanno male.
Quella ferita bambina, direbbe Brian.
– Ormai non si vede più niente, torniamo a casa, – dice lui.
Andiamo a casa.
Ci infiliamo sotto al piumone già completamente nudi.
Mi scivola dentro subito e si spinge fino in fondo, lentamente.
Facciamo l’amore e parliamo e rimaniamo in silenzio e ancora parliamo e ancora facciamo l’amore.
So benissimo che mai nessuno mi raggiungerà dove mi ha raggiunto lui.
Glielo dico.
– È perché ho un cazzo enorme, – mi risponde. Ridiamo.
Questa è una notte in cui niente può fare paura.
>––––– Original Message –––––
>From: lorenzoferri@yahoo.it
>To: brianahern@hotmail.com
>Sent: Friday, March 10, 2006 2:39 PM
>Subject: LIDIA
>Carissimo Brian,
>come stai? Il mio codice postale è 00184, scusami se
>non lo avevo scritto, come ti ho già detto in questi
>anni ho cambiato casa tante di quelle volte che quasi
>non lo ricordavo più!
>Ancora non mi capacito, caro Brian, di quanto la tua
>energia mentale riesca a vedere perfettamente nella
>mia vita. E nello stesso tempo, accanto a questo tuo
>potere sento una bontà d’animo altrettanto grande.
>Non ho affatto il sentimento di un’ “invasione”, come
>l’hai definita, ma di un’enorme PROTEZIONE che mi
>viene da te.
>E sono sempre più convinto che puoi vedermi e
>capirmi con molta più esattezza di quanto io abbia
>mai fatto.
>Proprio per questo, dato che credo tu sappia già
>tutto, è inutile che ti faccia una mia autobiografia
>completa. Ma è arrivato il momento di parlarti senza
>inibizioni, anche se non è la mia specialità. Insomma,
>c’è questa ragazza molto giovane, molto bella,
>straordinariamente sensibile, che ha sofferto davvero
>troppo a causa mia (mi ha pure trovato a letto con
>un’altra!!), con cui sono profondamente unito.
>Io penso di averle un po’ rovinato la vita, invece lei
>mi dice che le ho insegnato tante cose e che
>è felice con me. So che lei sente il mio dolore, ma so
>anche che soffre comunque per come mi comporto
>e a quel punto soffriamo tutti perché io soffro
>più di lei per non riuscire a capire e a esprimere
>i miei sentimenti. Non so cos’è: anche una carezza
>a volte mi dà fastidio, o meglio, mi rende triste,
>mi rende triste che qualcuno mi ami, non so
>accettare questo regalo. Ma nello stesso tempo,
>non sono capace di staccarmi da questa persona,
>che si chiama Lidia e mi fa ridere, mi distrae
>dai pensieri spaventosi che ho, mi piace molto
>fisicamente. Pensa che quando mi è arrivata la tua
>prima lettera gliel’ho fatta leggere e anche lei è
>rimasta stordita dal tuo potere. Spero di non
>aver fatto male a condividerti con lei e che per questo
>non ti sentirai tradito da me: scusami, ma lei è
>veramente una parte di me. Proprio per questo vorrei
>tanto essere meno triste per farla felice.
>Intanto ti mando tanti baci, spero che stia bene,
>Tuo,
>Lorenzo