Fra poco firmerò il contratto per l’acquisto definitivo della mia casa.
Ho appuntamento con Lorenzo alle quattro davanti al Colosseo.
Come al solito è in ritardo.
Stamattina, quando si è svegliato, mi è sembrato a modo suo felice di accompagnarmi. Ovviamente ci ha tenuto a specificare che non ha ancora preso nessuna decisione definitiva, ma l’idea di non essere sola in un giorno importante come questo basta a emozionarmi, e ho scelto di lasciarlo parlare.
Sto imparando lentamente a tenere a freno l’ansia che ho di definire il nostro rapporto e il nostro futuro e a prendere atto della sua incapacità di farlo. Tutto quello che è venuto finora non è stato mai stabilito prima di succedere. Non era nei piani. Magari sarà così anche per quanto riguarda la nostra vita insieme nel nuovo appartamento.
Le quattro e un quarto.
Mi telefona l’agente immobiliare per sapere dove sono. Mi dice che lui e i proprietari dell’appartamento mi stanno aspettando. Gli rispondo che sarò lì fra pochi minuti.
Telefono a Lorenzo. Il cellulare squilla a vuoto.
Le quattro e mezza.
L’agente immobiliare mi telefona di nuovo, mi fa capire che i proprietari hanno una certa fretta.
Il cellulare di Lorenzo continua a squillare a vuoto. Gli mando un messaggio con l’indirizzo della casa e gli scrivo di raggiungermi direttamente lì.
Quando arrivo all’appuntamento provo a chiamarlo di nuovo.
Ha staccato il cellulare.
– Sei un vero pezzo di merda, ecco che cosa sei.
Torno a casa e lo trovo sul divano, a fumarsi una canna e a leggere.
– Ma che hai, Lilo?
Mi guarda allargando gli occhi, non m’interessa sapere nemmeno se stia recitando o se davvero non si renda conto di quello che ha fatto. Comunque sia, stavolta ha superato ogni limite.
– Adesso arriva, adesso arriva, continuavo a ripetere all’agente immobiliare e alla coppia dei proprietari della casa. Un’ora e mezzo, Lorenzo, mi hai tenuta un’ora e mezzo ad aspettarti come una stronza di fronte a tre sconosciuti che non sapevano se piangere o se ridere a vedermi così. Gli uomini sono tutti uguali, mi ha detto alla fine la signora, quando ci siamo salutate. Sicuramente troverà il modo di farsi perdonare, ha aggiunto il marito. Magari gli è successo qualcosa, ha buttato lì l’agente immobiliare, e vuoi sapere che ti dico?
Sto alzando la voce come non mi è mai capitato di fare prima d’ora. Lorenzo mi guarda sfoderando uno sguardo di biasimo per la mia mancanza di controllo e non mi risponde.
– Beh, io te lo dico lo stesso. Quasi lo speravo, che ti fosse successo qualcosa.
Prendo il piatto che sta usando come posacenere e lo lancio contro il muro.
– Vaffanculo Lorenzo. Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo. Sì, lo speravo che ti fosse successo qualcosa, perché anche la tua morte sarebbe stata più facile da sopportare di quanto lo è ritrovarti qui, con la tua faccia di cazzo, a cacare sopra a tutto quello che parla di noi.
– Per favore, Lilo. Guarda come ti sei ridotta.
Lancio contro il muro il telecomando, il libro che sta leggendo, il suo telefonino, tutto quello che mi capita sotto mano. Brian comincia ad abbaiare, Efexor si rifugia sotto il divano.
– Guarda come mi hai ridotto tu.
E finalmente comincio a piangere. Piango l’umiliazione di oggi pomeriggio, piango lo sguardo divertito e rammaricato dei proprietari della casa, piango il fatto che adesso la proprietaria di quella casa sono io che invece di festeggiare piango, piango tutti insieme i giorni in cui Lorenzo mi ha fatto sentire rifiutata, piango tutti insieme i mesi, piango questi anni. Urlo come se qualcuno mi stesse togliendo via la pelle.
– Senti, adesso basta! – All’improvviso Lorenzo si alza e mi dà uno schiaffo.
Mi avvento su di lui con tutta la mia forza. È poca, rispetto a quella con cui riesce a bloccarmi i polsi.
– Adesso basta. Se lo schifo che tu chiami amore porta a comportarsi così, sono fiero di non ricambiare il tuo. – Come al solito per non sapersi difendere attacca. In questo momento però non riesce a farmi sentire peggio di come già mi sento.
– Che cazzo ti è successo oggi? – Continuo a piangere, ma in un modo più umano. La rabbia sta già lasciando il posto al male che c’è sotto. – Perché non sei venuto? Perché non mi hai nemmeno risposto al cellulare?
– Lidia, ti prego. Lo sai che non sopporto quando usi questo tono da inquisizione.
Mi chiedo che cosa gli ho fatto per meritarmi questo. Ho la faccia piena di lacrime e moccio. Mi faccio schifo. Mi fa schifo lui.
– E adesso che farai, Lorenzo? Te ne andrai in campagna, immagino.
– Penso di sì.
– Bene.
– Perché così sai dove sono e puoi tenermi sotto controllo, vero?
– No. Perché così posso venire qui a scopare con il mio amante.
– Bella questa.
Mi è venuto a prendere in radio. Non ha fatto domande, non gli servono risposte. Quando gli ho telefonato non sembrava nemmeno troppo stupito che dopo avergli chiesto di non cercarmi più, l’avessi cercato io.
Abbiamo cominciato a toccarci in macchina. Siamo entrati a casa mia e l’abbiamo fatto subito, sul tappeto dell’ingresso.
– Continuerei per tutta la notte, – mi ha detto Riccardo.
– Nessuno te lo impedisce, – gli ho detto io.
Siamo andati in camera mia e ha ricominciato a baciarmi dalle dita dei piedi risalendo per tutto il corpo fino alla bocca e poi dalla bocca alle dita dei piedi. Alle tre di mattina ci è venuta fame e ci siamo preparati una frittata. Poi abbiamo ricominciato a fare l’amore. Efexor e Brian a un certo punto si sono messi a ringhiare, pensando che mi volesse fare del male. Invece proprio in quel momento mi stava facendo benissimo.
Adesso dorme, con la testa sulla mia pancia. Mi sto per addormentare anch’io. In salotto. Proprio sul divano dove a Lorenzo piace tanto rimanere invece di venire a letto con me.
>––––– Original Message –––––
>From: brianahern@hotmail.com
>To: lorenzoferri@yahoo.it
>Sent: Friday, April 28, 2006 3:23 AM
>Subject: NON VELENARE!
>Caro Lorenzo,
>mio fratelo, perdona me se scrivo a te nuovamente,
>anche se non ho ricevuto la risposta tua, ma in questi
>giorni preoccupo me stranamente.
>Attento, amico mio. Vedo che IL LIVIDO tuo rota
>come una girandola, imagine che a volte compare
>quando qualcuno ha male dentro e invece di toliere
>questo male lo espande fuori, nelle forme delle parole
>e dei gesti cativi. Sono talmente sincero con te come
>non lo ero mai perché la paura che se tu fai così perdi
>le persone preciouse e le occasioni è forte. Sento il
>dolore tuo, sento la rabbia, sento e vedo tutto,
>Lorenzo. Ma temo per te e Lidia. I nostri compagni
>sono quelli che più il livido può fare male e umiliare:
>se poi, feriti, vanno via, come dire loro “Scusa sai ma
>non ero io che facevo male te! Era il livido! La parte
>nera!”?
>Ripeto perdono per la mia sincerita, ma io volio
>davero bene a te e vedo Lidia in questi giorni SOLA
>completamente, che non dice tutto il male suo per
>non fare più male a te e perché comprende te nel
>profondo come dice la stella della sua fronte, tipico.
>Ma non sempre si è forti per rimanere saldamente
>mentre il livido tuo espande e velena il latte
>del’amore per te. Enrico dopo che avevo fatto a lui di
>tutto, tornò ma solo dopo mesi e sapevo da subito
>che era la ultima occasione mia, se di nuovo facevo
>male lui stavolta lo perdevo per sempre. Anche per
>questo dico a te ATENTO: non trovare per te Lorenzo
>una nuova occasione di dire io sono bruto e cativo.
>Lidia non ha bisogno dela punitione perché ama te!
>Tu non hai bisogno dela punitione perché ami lei!
>Forza! Sei CARO NEL PROFONDO anche se nel sopra fai
>disastri, non usare il sangue nero del livido come
>veleno!
>Tu ora pensi è buono CAMBIARE SPESSO CONDITIONE,
>perché dopo poco quella che vivi sembra a te quella
>meno desiderata: e dunque vai indietro e avanti fra
>stare in un posto e in un altro, da solo o con la
>compagnia. Bene. Tutto questo movimento finto
>inganna te e fa fare tardi allo appuntamento con le
>cose che sono scritte per te, come Lidia e il libro
>nuovo tuo.
>Non velenare il latte del amore!
>Calma te Lorenzo, tempo tre mesi e, se tu permetti, la
>vita tua melio sarà: propio per questo motivo io
>prendo la parola, sempre scusando l’invasione!
>Abbraccio te e Lidia tua,
>Brian