«Così, spacciano al Parco delle Rimembranze?» chiese Danizzetti all’ispettore Rossetti, responsabile della giudiziaria del commissariato.
«Sì, dottore, e se mi mette a disposizione otto uomini li prendo» rispose l’ispettore con sicurezza.
«È attendibile la fonte da cui hai avuto la notizia?»
«Sì. L’informatore mi ha detto che sono algerini, in cinque. Uno di loro ha la droga, gli altri quattro, in coppia, controllano il territorio.»
«Ma il parco di notte non è chiuso?»
«I giardinieri chiudono l’ingresso principale, mentre un piccolo cancello, posto nella zona nord, rimane aperto. È in una posizione particolare, dove l’illuminazione pubblica non arriva. Si può entrare anche dalla parte opposta, in una zona in cui il muraglione che circonda il perimetro del parco è interrotto da una ringhiera facilmente scavalcabile.»
«Come vuoi organizzare il servizio?»
«So che gli algerini si muovono con un’auto nera, non conosco la targa. La cosa migliore è appostarsi nei pressi del cancello nord e aspettare che arrivino.»
«Vi serviranno delle colleghe per dare meno nell’occhio.»
«Sì dottore. Non vedo l’ora di mettere le mani addosso a quei negri di merda» aggiunse Rossetti con piglio arcigno.
Danizzetti s’indispettì.
«Ti ho detto più volte che sul lavoro devi assumere un atteggiamento distaccato senza coinvolgimenti personali o emotivi. Devi essere asettico e professionale.»
«Non sopporto chi spaccia, specie se sono extracomunitari. Sono dei maledetti che fanno la bella vita sulle spalle degli italiani.»
Danizzetti con lui stava perdendo ogni speranza. L’ispettore, in passato, si era trovato immischiato in brutte storie d’intolleranza razziale, eppure continuava a persistere in atteggiamenti estremisti e pericolosi. Cercò di ignorare la frase e si concentrò sul servizio.
«Vuoi organizzare per domani sera?» chiese poi.
«Sì, di notte, dopo l’una. Gliela faccio mangiare quella schifezza a quei musi neri» disse d’impeto.
«Adesso basta Rossetti, cerca di controllarti! Non sei uno sceriffo!» proruppe spazientito il dirigente. «E ricorda che per ogni cosa che farai, ogni passo, ogni gesto ne dovrai rispondere a me e alla Procura della Repubblica. Ti avverto, niente azioni personali altrimenti sarò costretto a prendere provvedimenti.»
Danizzetti non attese che l’altro replicasse, era deciso a non ascoltarlo e a toglierlo quanto prima dalla giudiziaria. Prese il telefono e compose il numero interno dell’ufficio servizi.
«Artini, vieni da me» comandò.
Pochi istanti e il sovrintendente entrò nello studio.
«Mi dica, dottore».
«Allora è confermato il servizio per domani notte. Rossetti ha bisogno di otto colleghi, di cui almeno tre donne. Mettetevi d’accordo sia per il personale che per l’orario.» Poi, rivolgendosi all’ispettore, aggiunse: «Mi raccomando l’autocontrollo e dopodomani mattina voglio tutti gli atti sulla mia scrivania.»
«Non si preoccupi dottore, sarà fatto» terminò Rossetti con lo sguardo torvo.