Marino Danizzetti era furioso.
Non era in collera con l’ispettore Rossetti e gli altri imbecilli della giudiziaria, ce l’aveva con se stesso perché era riuscito a mettere insieme una squadra di mentecatti.
«Dottore, si calmi» lo esortò Artini, seduto nello studio del dirigente.
«Calmarmi? Li strozzerei con le mie mani» Danizzetti era una furia. Si muoveva nella stanza come un animale braccato. «Non farò sconti a nessuno e anche il procuratore vuole andarci duro. Questa gente infanga la polizia, guarda» porse un quotidiano al sovrintendente, «la notizia è su tutti i giornali. Poliziotti giustizieri della notte, titola questo.»
«Là fuori ci sono i giornalisti, vogliono parlare con lei.»
«Sì, sì, falli aspettare. Prima devo sbollire un po’.»
«Non vorrei buttare benzina sul fuoco, ma ho sentito dire che faranno un’inchiesta parlamentare sull’operato della polizia nei confronti degli extracomunitari» aggiunse Artini.
Il dirigente si sedette sconsolato, rimase per un istante in silenzio e poi decise: «Fai entrare i giornalisti.»
L’altro annuì. Stava per uscire dalla stanza quando fu richiamato.
«Rocco.»
«Sì dottore.»
«Domenica mia moglie ti aspetta a pranzo.»
«Non mancherò.»
«E grazie, grazie per tutto» terminò il funzionario.