La nascita della modernità

Figure centrali nella storia della filosofia del secolo, come Tommaso Moro o Erasmo da Rotterdam, saranno impegnate in quel confronto di dimensioni epocali, i cui risultati ci coinvolgono ancora.

Le periodizzazioni storiche cambiano a seconda delle discipline. Nelle arti un concetto come quello di Rinascimento certamente copre buona parte del Quattrocento e buona parte del Cinquecento (anche se alcuni storici fanno finire il Rinascimento al 1520, anno della morte di Raffaello, e vedono subito dopo l’inizio del manierismo). In letteratura alcuni storici non italiani fanno iniziare il Rinascimento almeno da Petrarca e Boccaccio. In filosofia alcuni considerano umanesimo e Rinascimento come un nuovo capitolo rispetto al pensiero medievale. Eppure, se anche fosse possibile fissare una linea di discrimine, il pensiero filosofico subisce alcune profonde trasformazioni nel passaggio (non computabile in anni o decenni) tra Quattrocento e Cinquecento.

Nella transizione tra i due secoli avvengono alcuni fatti che non hanno un immediato rapporto con la storia della filosofia e che tuttavia impongono al pensiero filosofico una serie di riflessioni che non possono essere eluse. Ecco alcune date non-filosofiche. Nel 1492 la scoperta dell’America apre la cultura europea a nuovi problemi, al confronto con nuove civiltà; la liberazione della penisola iberica dai Mori stabilisce nuovi equilibri tra gli stati europei, e il bando che esilia gli ebrei dai territori sottratti ai Saraceni in Spagna diffonde per tutta l’Europa meridionale la cultura ebraica e in particolare cabalistica.

Nel 1543 la pubblicazione del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico ribalta la visione tradizionale dell’universo e pone il sole al centro e la terra alla periferia del cosmo; Keplero, Galilei e Newton verranno dopo, ma l’impressione rimane indelebile sulla cultura del secolo, e non si potrà più tornare indietro.

Nel 1517 inizia, almeno per convenzione, la Riforma protestante con Lutero e le sue tesi: è una scossa che coinvolge il pensiero teologico, filosofico, ermeneutico dell’intera società europea, che ci si dichiari pro o contro. Persino un’altra data, il 1545, l’inizio del concilio di Trento, con la nascita di una nuova Chiesa cattolica e, in quegli stessi anni, la nascita dei gesuiti, dipende da quel terremoto storico.

Figure centrali nella storia della filosofia del secolo, come Tommaso Moro o Erasmo da Rotterdam, saranno impegnate in quel confronto di dimensioni epocali, i cui risultati ci coinvolgono ancora. Basterebbe aggiungere che nel crinale tra Quattrocento e Cinquecento, gli stati europei prendono forma definitiva e per la loro legittimazione, o per una nuova teoria dello Stato, si battono alcune delle più fervide menti dell’epoca. Comunque si vogliano considerare pensatori come Machiavelli o Bodin (che esprimono differenti concezioni della politica), essi si sforzano di presentare due diverse soluzioni teoriche alla nuova situazione politica europea.

Intanto, persino in pensatori politici della potestà regia come Bodin e in scettici individualisti come Montaigne, si sviluppa una idea della tolleranza che sarà pienamente trattata solo nei secoli successivi. Ma mentre prima si cercava ancora di comporre un’armonia tra l’uomo, nuovo protagonista, e il cosmo, ora l’uomo si misura da solo di fronte al mondo, sapendo che i suoi strumenti di decifrazione del mistero cosmico sono provvisori, terreni, fallibili; per non dire, con Machiavelli o Guicciardini, che l’uomo decide di comportarsi “pragmaticamente” nei confronti del mondo, senza teologie e con disincantato realismo.

Possiamo certo sentire i filosofi del Cinquecento lontanissimi da noi e domandarci che cosa ci leghi a loro. Ma se noi siamo come siamo è perché essi hanno dato inizio a una nuova era, in cui si pensa in modo diverso rispetto ai secoli precedenti. In questo senso possiamo ancora accettare quella che è solo una metafora, quella di “rinascimento”. Forse di rinascita non si tratta, bensì di lento sviluppo di discorsi precedenti, ma certamente di rinnovamento, di rottura, di convinzione che l’ordine del mondo non sia immutabile e che tocchi a noi trasformarlo, dalla scienza (Copernico, Keplero, Brahe) all’interpretazione dei Testi Sacri (Lutero ed Erasmo). “Atteggiamento prometeico”, è stato detto.