All’inizio del Cinquecento si aprono nuovi spazi alle relazioni economiche e politiche internazionali, si dilatano i confini del mondo e si impongono potenziali umani e risorse finanziarie prima sconosciuti. In questo contesto diventano protagoniste della scena politica solo grandi costruzioni statali, come la Francia e la Spagna. In questo secolo prende forma e si afferma il termine Stato. La parola nel suo senso moderno s’impone nella lingua italiana e trionfa rapidamente nella seconda metà del Cinquecento. Durante tutto il XVI secolo la sensibilità e il pensiero politico sono travagliati da questo concetto. Esso, inoltre, si ritrova attraverso tutta la riflessione di Jean Bodin e di Niccolò Machiavelli, teorico dello Stato assoluto il primo, attento indagatore della “verità effettuale” al di là di ogni considerazione morale il secondo.
La modernità segna un’irruzione dell’utopia nella storia. Il termine nasce con il testo di Tommaso Moro, Utopia, pubblicato nel 1516, e presenta un approccio alla riflessione politica condotto attraverso la costruzione di un modello coscientemente ideale di Stato, sul modello della teorizzazione di Platone nella Repubblica.
Se Lutero nutre profonda diffidenza per le humanae litterae, Melantone opera un recupero della tradizione aristotelica e dà impulso all’insegnamento delle scienze. La concezione calvinista della natura e della conoscenza umana mette in discussione la filosofia aristotelica e apre la strada allo sviluppo di un approccio sperimentale. Tra i calvinisti, l’attivismo etico e l’ideale di perfezionamento professionale contribuiscono allo sviluppo delle tecniche.
Nonostante alcune convergenze, sul piano della critica all’autorità della Chiesa e sulla riforma della vita pastorale, il disaccordo sulla nozione di libertà fra Erasmo e Lutero rinvia a due concezioni antropologiche incompatibili. Se per Erasmo, convinto della realtà sostanziale dell’uomo come anima e corpo, gli uomini cooperano liberamente all’azione divina della grazia, per Lutero occorre distinguere l’illusorio libero arbitrio dalla libertà interiore, totalmente dipendente dall’onnipotenza divina.
In età moderna rifiorisce lo scetticismo: a differenza di quello antico, lo scetticismo moderno si distingue per l’interesse verso i temi epistemologici, mentre passa progressivamente in secondo piano il risvolto etico. In Montaigne, figura difficilmente classificabile di letterato e filosofo, i due aspetti sono ancora bilanciati nei suoi Saggi: lo scetticismo si presenta coi caratteri di filosofia del dubbio costante e dell’infinita introspezione, ma non si risolve nell’impossibilità di agire quanto nella tranquillità e nell’imperturbabilità del saggio che non oscilla di fronte ai dubbi e alle agitazioni che provengono dalla conoscenza.
Alla concezione geocentrica dell’universo, elaborata a partire dai modelli di Aristotele e Tolomeo, l’astronomo polacco Niccolò Copernico oppone un sistema eliocentrico, pensato per risolvere gli innumerevoli problemi sorti per conciliare il modello geocentrico con i dati dell’osservazione. Il De revolutionibus orbium coelestium (1543) di Copernico, con le discussioni che ne seguono – e che vedranno protagonisti astronomi come Brahe, Keplero fino a Galileo Galilei –, non soltanto costituirà l’avvio della rivoluzione scientifica moderna, ma muterà profondamente il modo di intendere il rapporto tra uomo e cosmo.
R. H. Bainton, La Riforma protestante, Einaudi, Torino 1958
N. Bobbio, Società e Stato nella filosofia politica moderna, Il Saggiatore, Milano 1984
J. Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1959
A. Koyré, Dal mondo chiuso all’universo infinito, Feltrinelli, Milano 1961
T. Kuhn, La rivoluzione copernicana, Einaudi, Torino 1972
S. Menchi, Erasmo in Italia. 1520-1580, Bollati Boringhieri, Torino 1987
N. Panichi, Montaigne, Carocci, Roma 2010
P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza, Roma-Bari 2005
G.H. Sabine, Storia delle dottrine politiche, Etas, Milano 1978
C. Vivanti, Niccolò Machiavelli: i tempi della politica, Donzelli, Roma 2008