Testi

T1 Francis Bacon Gli idoli del foro

Gli idoli sono quei pregiudizi che generano errori nella ricerca scientifica. Gli idoli del foro, in particolare, sono legati al linguaggio, spesso composto da parole i cui referenti non esistono, o che vengono impiegate in modo improprio: un esempio è il termine “umido”, che rimanda in realtà all’acqua.

Novum organum

da Francis Bacon, Opere filosofiche, Laterza, Roma-Bari - 1965

Gli idoli che penetrano nell’intelletto per mezzo delle parole sono di due specie: o sono nomi di cose inesistenti […]; o sono nomi di cose che esistono, ma confusi ed indeterminati e impropriamente astratti dalle cose. Della prima specie sono la fortuna, il primo mobile, le orbite planetarie, l’elemento del fuoco, e altri concetti fantasiosi che provengono da teorie false e vane. […]

L’altra specie è più complicata e anche più radicata, perché sorge da una cattiva e inetta astrazione.

Si prenda, ad es., la parola “umido”, e si elenchino i significati che può avere. Si troverà che questa parola indica note confuse di diverse operazioni, che sono tra loro irriducibili e non possono essere ricondotte ad un significato comune. Significa infatti: [1] tutto ciò che si spande prontamente attorno ad un altro corpo; [2] tutto ciò che in sé non ha né coesione, né consistenza; [3] tutto ciò che facilmente cede da ogni lato; [4] tutto ciò che si lascia facilmente dividere e distendere all’intorno; [5] tutto ciò che si lascia facilmente unire e tenere insieme; [6] tutto ciò che facilmente scorre e si pone in moto; [7] tutto ciò che facilmente aderisce ad un corpo e lo inumidisce; [8] tutto ciò che facilmente si rende liquido, disciogliendosi dallo stato di solidità in cui era. Dati tutti questi diversi significati, quando si va ad applicare ed imporre la parola umido ad una sostanza, accadono incongruenze come queste: in un senso, si può dire che la fiamma è umida; in un altro che l’aria non è umida; per un verso si dice che la polvere non è altro che minuta umidità; per un altro anche il vetro è umido. Ci si avvedrà, allora, che codesto concetto è stato astratto unicamente dall’acqua e dai liquidi più comuni e diffusi; e che nessuno si è poi dato la pena di verificarne l’esatta portata.

T2 Galileo Galilei La scienza e le Scritture

In questa lettera a Cristina di Lorena, Galilei sostiene la necessità di non tenere conto dell’autorità delle Sacre Scritture nella ricerca scientifica. La Bibbia, infatti, non può essere interpretata alla lettera perché destinata al “vulgo assai rozo e indisciplinato”. L’unico criterio di riferimento è costituito dall’esperienza condotta secondo ragione e dalle dimostrazioni condotte secondo criteri rigorosamente scientifici.

Lettera a Cristina di Lorena

da Galileo Galilei, Opere, Barbera, Firenze - 1968

Mi par che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio; ed essendo, di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al nudo significato delle parole, dal vero assoluto: ma, all’incontro, essendo la natura inesorabile ed immutabile, e mai non trascendente i termini delle leggi impostegli, come quella che nulla cura che le sue recondite ragioni e modi d’operare sieno o non sieno esposti alla capacità degli uomini; pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone dinanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio, non che condennato, per luoghi della Scrittura che avessero nelle parole diverso sembiante.

T3 Galileo Galilei Qualità primarie e secondarie

Oggetti della scienza, o almeno trattabili scientificamente, sono solo le proprietà geometriche dei corpi (grandezza, figura, moto, disposizione delle parti…), che possono essere attribuite a essi con necessità. Gli aspetti qualitativi (odori, sapori, colori…) sono l’effetto di un’affezione del corpo sensibile del soggetto, e quindi scientificamente irrilevanti. Si inaugura così quella distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie che sarà qualificante di tutto il meccanicismo.

Il saggiatore

da Galileo Galilei, Opere, Barbera, Firenze - 1968

Io dico che ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata e figurata di questa o di quella figura, ch’ella in relazione ad altre è grande o piccola, ch’ella è in questo o quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una, poche o molte, né per veruna imaginazione posso separarla da queste condizioni; ma ch’ella debba esser bianca o rossa, amara o dolce, sonora o muta, di grato o ingrato odore,

non sento farmi forza alla mente di doverla apprendere da cotali condizioni necessariamente accompagnata: anzi, se i sensi non ci fussero scorta, forse il discorso o l’immaginazione per se stessa non v’arriverebbe già più. Per lo che vo io pensando che questi sapori, odori, colori, etc., per la parte del suggetto nel quale ci par che riseggano, non sieno altro che puri nomi, ma tengano solamente lor residenza del corpo sensitivo sì che rimosso l’animale1, sieno levate ed annichilate tutte queste qualità.

1. Ossia: fatta astrazione dal corpo sensibile.

T5 René Descartes Le regole del metodo

Descartes enuncia quattro regole metodologiche fondamentali che devono guidare la ricerca del filosofo e dello scienziato. La scelta del filosofo obbedisce a un criterio di semplicità logica, utile a un corretto funzionamento di quel metodo che nel Discorso egli va elaborando.

Discorso sul metodo

da René Descartes, Discorso sul metodo, Mondadori, Milano - 2012

Pensai che si doveva ricercare qualche altro metodo che, assommando in sé tutti i vantaggi di queste tre scienze1, fosse tuttavia esente dai loro difetti. E come spesso il gran numero delle leggi fornisce scuse ai vizi, per cui uno Stato è tanto meglio regolato quando, avendone pochissime, esse vi vengono rigorosamente osservate, così invece del gran numero di precetti dei quali è composta la logica, ritenni che mi sarebbero bastate le quattro regole seguenti, purché prendessi la ferma e costante risoluzione di non venir meno, neppure una volta, alla loro osservanza.

La prima era di non accogliere nulla come vero che non conoscessi con evidenza essere tale : di evitare cioè accuratamente la precipitazione e la prevenzione, e di non comprendere nei miei giudizi nulla che non si presentasse alla mia mente con tale chiarezza e distinzione da non aver alcun motivo per metterlo in dubbio.

La seconda prescriveva di suddividere ciascuna difficoltà da esaminare in tutte le parti in cui era possibile e necessario dividerla per meglio risolverla.

La terza consisteva nel condurre con ordine i miei pensieri iniziando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscersi per salire progressivamente, come per gradi, fino alla conoscenza di quelli più complessi; e supponendo un ordine anche tra quelli di cui gli uni non precedono naturalmente gli altri e viceversa.

E infine l’ultima era di fare ovunque enumerazioni così complete e rassegne così generali, da essere certo di non aver tralasciato nulla.

1. Matematica, geometria, algebra.

T6 René Descartes Il meccanicismo

Nello scritto L’uomo, pubblicato postumo nel 1664, Descartes tenta una spiegazione meccanicistica del funzionamento del corpo umano a partire dall’ipotesi di un mondo fittizio creato da Dio, in modo da renderlo conforme alla ragione umana e a essa comprensibile.

L’uomo

da René Descartes, Opere, Mondadori, Milano - 1986

Suppongo che il corpo non sia altro che una statua o una macchina di terra, formata espressamente da Dio per renderla quanto più è possibile simile a noi: e quindi Dio non soltanto dia ad essa il colore e la figura esteriori di tutte le nostre membra, ma che disponga nel suo interno tutte le parti necessarie perché cammini, mangi, respiri e imiti, infine, tutte quelle funzioni che si può immaginare procedano dalla materia e dipendano esclusivamente dalla disposizione degli organi.

Vediamo infatti che orologi, fontane artificiali, mulini e altre macchine di questo genere, pur essendo costruite da uomini, non per questo mancano della forza di muoversi da sole in vari modi diversi; e anche per quella macchina, che suppongo essere fatta dalle mani di Dio, non mi sembra di poter immaginare tanti tipi di movimenti, né attribuire ad essa tanto artifizio, in modo da impedirvi di pensare che non ve ne possano essere ancora di più.

T7 René Descartes “Io sono una cosa che pensa”

All’inizio della Terza Meditazione, Descartes riprende il filo delle analisi precedentemente svolte e, per meglio definire la natura del cogito e la sua sostanzialità, lo definisce come “res cogitans”, ossia come una “cosa” i cui attributi sono tutti gli atti di pensiero, che includono tanto le idee, quanto le immaginazioni, i desideri e le volizioni.

Meditazioni metafisiche

da René Descartes, Meditazioni metafisiche, Laterza, Roma-Bari - 1997

Ora chiuderò gli occhi e le orecchie, metterò da parte anche gli altri sensi, eliminerò dal mio pensiero persino le immagini delle cose corporee, o comunque (poiché eliminarle è davvero ben arduo) le considererò vane e false, per non tenerne alcun conto; e, solo con me stesso, guardandomi dentro a fondo, cercherò di conoscermi meglio, e di rendermi a poco a poco più familiare, per così dire, a me stesso.

Sono dunque, io, una cosa che pensa, vale a dire che dubita, afferma, nega, intende con l’intelletto (anche se per ora ben poco), ignora (di certo ancora molto), vuole, non vuole, ed anche immagina e sente (anche immagina e sente, perché, come ho già notato, io sono certo che, pur nel caso che quel che immagino o sento non esistesse fuori di me, in me ci sono tuttavia quei modi di pensare che chiamo immaginazioni e sensazioni, in quanto sono appunto soltanto dei modi di pensare).

T9 Isaac Newton Contro le ipotesi

Secondo Newton, la ricerca scientifica parte dall’esperienza per risalire induttivamente alle leggi generali. Ne segue il rifiuto di tutto ciò che non deriva dall’esperienza stessa. Le ipotesi, formulate come sostituto di ciò che non può essere ricavato sperimentalmente, vengono escluse dalla scienza. Newton, nel passo qui proposto, rifiuta di formulare ipotesi sulle cause della stessa legge di gravitazione.

Principi matematici della filosofia naturale

da Isaac Newton, Principi matematici della filosofia naturale, Utet, Torino - 1965

Fin qui ho spiegato i fenomeni del cielo e del nostro mare mediante la forza di gravità, ma non ho mai fissato la causa della gravità. Questa forza nasce interamente da qualche causa, che penetra fino al centro del Sole e dei pianeti, senza diminuzione della capacità, e opera non in relazione alla quantità delle superfici delle particelle sulle quali agisce (come sogliono le cause meccaniche) ma in relazione alla quantità di materia solida. La sua azione si estende per ogni dove ad immense distanze, sempre decrescendo in proporzione inversa al quadrato delle distanze. La gravità verso il Sole è composta della gravità verso le singole particelle del Sole, e allontanandosi dal Sole decresce costantemente in ragione inversa del quadrato delle distanze fino all’orbita di Saturno, come è manifesto dalla quiete degli afelii1 dei pianeti, e fino agli ultimi afelii delle comete, posto che quegli afelii siano in quiete.

In verità non sono ancora riuscito a dedurre dai fenomeni la ragione di queste proprietà della gravità, e non invento ipotesi.

Qualunque cosa, infatti, non deducibile dai fenomeni va chiamata ipotesi: e nella filosofia sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche, sia fisiche, sia delle qualità occulte, sia meccaniche. In questa filosofia le proposizioni vengono dedotte dai fenomeni, e sono rese generali per induzione.

1. L'afelio è il punto dell'orbita di un pianeta che si allontana maggiormente dal sole.