Thomas Hobbes sviluppa un sistema articolato che da una teoria convenzionalistica del linguaggio, secondo cui la ragione non è altro che calcolo di nomi, attraverso una fisica meccanicistica e deterministica in cui nessuno spazio è lasciato al possibile e al contingente, giunge a una antropologia materialistica in cui è negata ogni forma di libero arbitrio a vantaggio di una concezione della libertà come assenza di ostacoli all’azione. Su queste basi giunge a formulare una teoria dello Stato in cui il sovrano, monarca o assemblea, istituito da un patto stipulato in uno stato di natura conflittuale, lo trascende dando vita al grande Leviatano, sciolto da qualsiasi vincolo normativo.
La filosofia di Pascal, orientata nelle due direzioni della ricerca scientifica e della meditazione religiosa, si fonda su un metodo geometrico e razionale. Ma nell’indagine della natura umana la ragione cartesiana si sdoppia nell’esprit de géométrie e nell’esprit de finesse, sgomenta di fronte allo spettacolo dell’infinitamente grande del cosmo e dell’infinita profondità dello spirito. In questo quadro la fede diventa non più dimostrazione, ma scommessa.
Filosofo olandese di origine ebraico-iberica, Spinoza costruisce, secondo un “metodo geometrico”, un sistema panteistico fondato sul concetto dell’assoluta necessità della natura, che egli identifica con Dio (Deus sive natura). Per Spinoza ogni aspetto della realtà è divino allo stesso titolo, e Dio non sta all'origine dell'essere, né ne rimane separato: Dio è l’insieme di tutto ciò che è. La natura si articola negli attributi e nei modi, come manifestazioni dell’unica sostanza. Il problema della conoscenza si spiega con il parallelismo psicofisico: pensiero ed estensione seguono lo stesso ordine necessario e pertanto “l’ordine e la connessione delle cose sono lo stesso dell'ordine e la connessione delle idee” (Etica II, prop. 7).
Preoccupati di salvaguardare la spiritualità dell’anima e allo stesso tempo di dimostrare l’agire diretto di Dio sul mondo, i filosofi dell’occasionalismo, tra i quali spicca la figura di Nicolas Malebranche, giungono a negare l’azione dell’anima sul corpo e a sostenere che è Dio a intervenire direttamente, anche nel caso in cui sembra che una delle due sostanze agisca sull’altra.
Figura centrale della tradizione empirista, Locke circoscrive il campo dell’indagine filosofica sulla conoscenza allo studio dei limiti dell’intelletto umano. Fondamentale è la sua critica all’innatismo: la mente è una tabula rasa ed è attraverso l’esperienza che l’uomo forma le proprie conoscenze. Anticipatore di temi illuministici, pone le basi filosofiche dello Stato costituzionale moderno e propugna un regime di libertà religiosa, sia pure con alcuni limiti.
Scienziato e filosofo, Leibniz ha esercitato, e continua a esercitare, un’influenza profonda sulla cultura occidentale. Scopritore, con Newton, del calcolo infinitesimale, cerca di ricondurre la logica tradizionale a un calcolo di tipo algebrico, avviando un progetto più generale per la costruzione di modelli matematici del ragionamento umano. Gli interessi di Leibniz sono orientati alla teoria della conoscenza e a una metafisica fondata sul concetto di “mondo possibile”. A fondamento della realtà Leibniz pone le “monadi”, atomi immateriali infiniti.
Vico è una figura originale e difficilmente inquadrabile nel contesto della filosofia a cavallo tra Seicento e Settecento. La sua Scienza nuova coniuga alcune istanze del pensiero classico con l’idea della fondazione di una vera e propria filosofia della storia. Vico distingue tra la conoscenza del mondo naturale e quella del mondo storico e quindi umano, sulla base dei concetti di “vero” e “fatto”: il vero, oggetto della conoscenza dell’uomo, è il fatto, cioè ciò che l’uomo produce. Così come la natura è conoscibile solo da Dio che l’ha creata, all’uomo è dato conoscere la storia, ovvero ciò che egli ha fatto e costruito.
N. Badaloni, Introduzione a Vico, Laterza, Roma-Bari 2008.
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