6.

Ore 11,15

Nella sala del consiglio d’amministrazione regnava un silenzio sgomento.

“Cosa c’è che non va?” domandò Casey. “Le cifre parlano da sole.”

I quattro uomini seduti intorno al tavolo la fissarono. Andrew Gavallan, Linbar Struan, Jacques deVille e Phillip Chen, tutti membri della Corte Interna.

Andrew Gavallan, quarantasette anni, era alto e magro. Abbassò gli occhi sul fascio di fogli che aveva davanti. Dew neh loh moh a tutte le donne d’affari, pensò irritato. “Forse dovremmo interpellare il signor Bartlett” disse incerto, ancora molto turbato al pensiero di dover trattare con una donna.

“Ho già spiegato che ho l’autorità di trattare in tutti questi campi” disse Casey, sforzandosi di non perdere la pazienza. “Io sono il tesoriere e il vicepresidente esecutivo della Par-Con Industries e sono autorizzata a negoziare con voi. L’abbiamo confermato per iscritto il mese scorso.” Casey frenava la collera. L’andamento della riunione era stato pesante. Dallo shock iniziale quando avevano scoperto che era una donna all’inevitabile, cerimoniosa goffaggine… avevano atteso che lei sedesse, avevano atteso che lei parlasse, e poi non si erano seduti fino a che non li aveva invitati a farlo, avevano chiacchierato del più e del meno, riluttanti a discutere d’affari, riluttanti a negoziare con lei, e avevano detto invece che le loro mogli sarebbero state felici di accompagnarla a far compere, e poi erano rimasti a bocca aperta perché lei conosceva tutti i dettagli dell’accordo in programma. Faceva tutto parte di una situazione che, normalmente, Casey riusciva ad affrontare benissimo. Ma quel giorno, no. Gesù, pensò, devo farcela. Devo convincerli.

“In effetti è molto semplice” aveva detto all’inizio, cercando di cancellare il loro impaccio e usando il suo attacco abituale. “Dimenticate che sono una donna… giudicatemi dalla mia capacità. Ora, ci sono tre argomenti sul nostro ordine del giorno: le fabbriche di poliuretano, la nostra rappresentanza dei computer in leasing, e infine, la rappresentanza generale dei nostri prodotti petrolchimici, fertilizzanti, farmaceutici e articoli sportivi per tutta l’Asia. Per prima cosa, occupiamoci delle fabbriche di poliuretano, le forniture delle materie prime e il progetto del piano di finanziamento.” Aveva cominciato subito a presentare grafici e documentazioni, riassumendo verbalmente tutti i fatti, le cifre e le percentuali, gli interessi bancari e le spese bancarie, con semplicità e prontezza, in modo che anche la mente più tarda potesse afferrare tutto. E adesso stavano lì a guardarla.

Fu Andrew Gavallan a rompere il silenzio. “È… è impressionante, mia cara.”

“Per la precisione, non sono la sua ‘cara’” disse lei con una risata. “Sostengo a muso duro gli interessi della mia società.”

“Ma, mademoiselle” disse Jacques deVille con suadente garbo francese, “il suo musetto è delizioso, e per nulla duro.”

Merci, monsieur” rispose prontamente Casey e aggiunse in tono leggero e in discreto francese: “Ma la prego di lasciar perdere per il momento il mio musetto e di discutere la transazione in corso. È meglio non fare confusione, non crede?”

Un altro silenzio.

Linbar Struan chiese: “Gradisce un caffè?”

“No, grazie, signor Struan” disse Casey, attenta a conformarsi al loro modo di fare e a non chiamarli troppo presto per nome di battesimo. “Possiamo concentrarci sulla proposta? È quella che vi abbiamo sottoposto il mese scorso… Ho cercato di tener conto dei vostri problemi, oltre che dei nostri.”

Vi fu un altro silenzio. Linbar Struan, trentaquattro anni, molto bello, con i capelli chiarissimi e gli occhi azzurri dallo scintillio sfrontato, insistette: “Davvero non vuole un caffè? Un tè, magari?”

“No, grazie. Allora, accettate la nostra proposta così com’è?”

Phillip Chen tossì e disse: “In linea di principio, siamo d’accordo per metterci in affari con la Par-Con in parecchi campi. I Capitolati dell’Accordo lo indicano. In quanto alle fabbriche di poliuretano…”

Casey ascoltò i loro discorsi generici, poi tentò ancora una volta di stringere… era quello, lo scopo della riunione. Ma si procedeva con molta fatica, e lei li sentiva nervosi, agitati. È la situazione peggiore che mi sia mai capitata. Forse perché sono inglesi, e con gli inglesi non avevo mai trattato.

“C’è qualcosa di specifico che richieda un chiarimento?” chiese. “Se c’è qualche particolare che non avete capito…”

Gavallan disse: “Abbiamo capito benissimo. Lei ci ha presentato cifre che non quadrano. Noi finanziamo la costruzione delle fabbriche. Voi ci mettete i macchinari, ma il costo verrà ammortizzato in tre anni, e questo altererà il movimento dei liquidi, e non darà utili per cinque anni almeno.”

“Mi risulta che qui a Hong Kong è consuetudine ammortizzare completamente il costo di un edificio in un periodo di tre anni” rispose Casey, altrettanto bruscamente. Le faceva piacere sentirsi contestata. “Noi ci proponiamo di seguire le vostre abitudini. Se volete cinque anni, o dieci, potete averli, purché la stessa norma valga anche per le costruzioni.”

“Voi non pagate le macchine… sono in leasing, e l’affitto mensile è elevato.”

“Qual è oggi il prime rate della vostra banca, signor Gavallan?”

I quattro si consultarono, poi glielo disse. Casey usò per qualche secondo il regolo calcolatore. “Al prime rate di oggi, risparmiereste 17.000 dollari di Hong Kong per macchina alla settimana, se accettate la nostra proposta che, nel periodo di cui stiamo parlando…” Un altro rapido calcolo, “… farebbe salire la vostra parte di utili del 32 per cento, rispetto al massimo che guadagnereste altrimenti… e stiamo parlando di milioni di dollari.”

Quelli la fissarono in silenzio.

Andrew Gavallan cominciò a interrogarla minuziosamente sulle cifre che aveva esposto, ma lei non si confuse neppure una volta. L’antipatia dei quattro nei suoi confronti stava crescendo sensibilmente.

Silenzio.

Casey era certa che le sue cifre li avevano storditi. Che altro posso dire per convincerli? pensò, con ansia crescente. La Struan guadagnerà un pozzo di quattrini, se questi si danno da fare, noi guadagneremo un patrimonio, e io avrò finalmente il denaro che mi serve per poter dire “crepa”. Solo la produzione di schiuma sintetica arricchirà la Struan e renderà alla Par-Con circa 80.000 dollari netti al mese per i prossimi dieci anni, e io e Linc potremo tagliarci una fetta della torta.

“Quanto vuoi?” le aveva chiesto Linc, poco prima che partissero dagli Stati Uniti.

“Il 51 per cento” aveva risposto lei con una risata, “dato che me lo domandi.”

“Il 3 per cento.”

“Suvvia, Linc, ho bisogno del denaro per poter dire ‘crepa’.”

“Concludi su tutta la linea e avrai un’opzione su 100.000 Par-Con, a 4 dollari meno della valutazione in Borsa.”

“D’accordo. Ma voglio anche la fabbrica di schiuma sintetica” aveva risposto lei, trattenendo il respiro. “Questo affare l’ho cominciato io, e la voglio. 51 per cento. Per me.”

“In cambio di cosa?”

“La Struan.”

“Ci sto.”

Casey attendeva, apparentemente calma. Quando giudicò che fosse venuto il momento disse con aria innocente: “Allora siamo d’accordo? La nostra proposta viene accettata com’è? Siamo a cinquanta e cinquanta, cosa si potrebbe fare di meglio?”

“E io sostengo ancora che voi non finanziate la joint venture per il 50 per cento” ribatté bruscamente Andrew Gavallan. “Ci mettete le macchine e i materiali in leasing, e quindi il vostro rischio non equivale al nostro.”

“Ma lo facciamo a fini fiscali e per ridurre l’esposizione di liquidi, signori. Noi facciamo il finanziamento con i contanti disponibili al momento. Il risultato è lo stesso. Il fatto che noi abbiamo una quota di ammortamento e vari sconti non c’entra.” E in tono ancora più innocente, Casey mise l’esca nella trappola: “Noi finanziamo negli Stati Uniti, com’è nostra competenza. Voi finanziate a Hong Kong, dove gli esperti siete voi.”

Quillan Gornt voltò le spalle alla finestra del suo ufficio. “Le ripeto, siamo in grado di offrire condizioni migliori di quelle che potrà ottenere dalla Struan, signor Bartlett. Condizioni migliori.”

“Dollaro per dollaro?”

“Dollaro per dollaro.” L’inglese tornò a sedersi alla scrivania immacolata e fissò di nuovo Bartlett. Erano all’ultimo piano del Rothwell-Gornt Building, affacciato su Connaught Road e il lungomare. Gornt era un uomo tozzo, barbuto, dalla faccia dura, alto un metro e ottanta, con i capelli neri brizzolati, folte sopracciglia grigie e occhi castani. “Non è un segreto che tra le nostre compagnie c’è una forte rivalità, ma le assicuro che noi siamo in grado di fare offerte migliori, e che provvederei entro una settimana alla nostra parte del finanziamento. Io e lei potremmo iniziare una collaborazione proficua. Proporrei di creare una compagnia congiunta secondo le leggi di Hong Kong… qui le tasse sono davvero molto ragionevoli: il 15 per cento su tutto quello che si guadagna nella colonia, e il resto del mondo esentasse.” Gornt sorrise. “Meglio che negli Stati Uniti.”

“Molto meglio” disse Bartlett. Era seduto su una poltrona di pelle dall’alto schienale. “Molto, molto meglio.”

“È per questo che le interessa Hong Kong?”

“È una delle ragioni.”

“E le altre?”

“Qui non è ancora presente una società americana grande come la mia: e ci dovrebbe essere. Questa è l’era del Pacifico. Ma lei potrebbe trarre beneficio dalla nostra venuta. Noi abbiamo un’esperienza che voi non avete e un notevole peso in certi settori del mercato, negli Stati Uniti. D’altra parte, la Rothwell-Gornt – e la Struan – hanno l’esperienza che a noi manca e un notevole peso nei mercati asiatici.”

“E come potremmo concludere un accordo?”

“Prima devo scoprire cosa vuole la Struan. Avevo cominciato a negoziare con loro, e non mi piace cambiare aereo in mezzo all’oceano.”

“Posso dirglielo io che cosa vogliono: utili per loro e al diavolo tutti gli altri.” Il sorriso di Gornt era duro.

“L’accordo che abbiamo discusso con loro sembra onesto.”

“Sono maestri nell’apparire molto onesti e nell’offrire un 50 per cento; e poi vendono a modo loro per scremare gli utili conservando il controllo.”

“Con noi non sarebbe possibile.”

“Lo stanno facendo da quasi un secolo e mezzo. Ormai qualche trucco l’hanno imparato.”

“E anche voi.”

“Naturalmente. Ma la Struan è molto diversa da noi. Noi siamo proprietari di beni e compagnie… loro vanno a percentuali. Hanno poco più del 5 per cento in quasi tutte le loro consociate, eppure esercitano un controllo assoluto mediante azioni speciali con diritto di voto, o mediante statuti che stabiliscono che il loro tai-pan è anche il tai-pan della consociata, con poteri assoluti.”

“Mi sembra un sistema molto astuto.”

“Lo è. E loro sono veramente astuti. Ma noi siamo più onesti… e i nostri contatti e la nostra influenza in Cina e in tutto il Bordo del Pacifico, esclusi gli Stati Uniti e il Canada, sono più forti dei loro, e si rafforzano di giorno in giorno.”

“Perché?”

“Perché l’attività della nostra compagnia ebbe origine a Sciangai, la più grande città dell’Asia, dove eravamo i dominatori. La Struan è sempre stata concentrata a Hong Kong che, fino a tempi recenti, era quasi un angoletto provinciale.”

“Ma con Sciangai è tutto finito da quando i comunisti hanno isolato la Cina continentale nel ’49. Oggi il commercio con l’estero non passa più per Sciangai… passa tutto per Canton.”

“Sì. Ma sono stati gli sciangaiesi che hanno lasciato la Cina e sono venuti al sud con il loro denaro, la loro intelligenza e il loro coraggio. Sono stati loro a fare di Hong Kong ciò che è adesso e ciò che sarà domani: l’attuale e futura metropoli dell’intero Pacifico.”

“Più di Singapore?”

“Assolutamente.”

“Manila?”

“Assolutamente.”

“Tokyo?”

“Tokyo lo sarà sempre e soltanto per i giapponesi.” Gli occhi di Gornt brillarono, le rughe s’incisero più profondamente. “Hong Kong è la più grande città dell’Asia, signor Bartlett. Chi la domina finirà per dominare l’Asia… Naturalmente mi riferisco al commercio, alla finanza, alla navigazione e ai grandi affari.”

“E la Cina comunista?”

“Noi riteniamo che Hong Kong sia utile alla RPC… la Repubblica Popolare Cinese. Noi siamo per loro la ‘porta aperta’. Hong Kong e la Rothwell-Gornt rappresentano il futuro.”

“Perché?”

“Perché fin da quando Sciangai era il cuore industriale e commerciale della Cina, gli sciangaiesi sono i grandi imprenditori di quella terra, lo sono sempre stati e lo saranno sempre. E adesso, i migliori sono qui con noi. Scoprirà presto la differenza tra cantonesi e sciangaiesi. Gli sciangaiesi sono gli imprenditori, gli industriali, i promotori, gli internazionalisti. Non c’è un grande magnate delle tessiture, un grande armatore o industriale che non sia sciangaiese. Le aziende di famiglia in mano ai cantonesi, signor Bartlett, sono isolate, ma gli sciangaiesi conoscono il valore delle società, delle partecipazioni, e soprattutto delle banche e della finanza.” Gornt accese un’altra sigaretta. “Questa è la nostra forza. È per questo che siamo meglio della Struan… e finiremo per diventare il numero uno.”

Linc Bartlett studiò l’uomo che gli stava di fronte. Dal fascicolo preparato da Casey sapeva che Gornt era nato a Sciangai da genitori inglesi, aveva quarantotto anni, era vedovo con due figli grandi, e aveva prestato servizio con il grado di capitano nella fanteria australiana, nel Pacifico, dal ’42 al ’45. Inoltre, sapeva che governava la Rothwell-Gornt come un suo feudo privato e con molto successo, ormai da otto anni, da quando aveva preso il posto del padre.

Bartlett si assestò meglio nella poltrona di pelle. “Se ha questa rivalità con la Struan ed è tanto sicuro che alla fine diventerà il numero uno, perché aspetta? Perché non la sistema subito?”

Gornt lo stava scrutando, impassibile. “Non c’è nulla al mondo che farei più volentieri. Ma non posso. Non ancora. C’ero quasi riuscito, tre anni fa… si erano esposti troppo, e il joss del precedente tai-pan s’era esaurito.”

Joss?

“È una parola cinese che significa fortuna, fato, ma anche qualcosa di più.” Gornt lo fissò, pensieroso. “Qui siamo molto superstiziosi. Il joss è molto importante: come l’esatto tempismo. Il joss di Alastair Struan s’era esaurito, o era cambiato. Il suo ultimo anno fu disastroso: per disperazione lasciò il posto a Ian Dunross. Quella volta, poco mancò che colassero a picco. Era incominciato un attacco alle loro azioni. Io cercai di schiacciarli, ma Dunross se la cavò e stabilizzò il mercato.”

“Come?”

“Diciamo che esercitò un’indebita influenza in certi ambienti bancari.” Gornt ricordava con freddo furore che Havergill, alla banca, nonostante tutti i loro accordi segreti personali, non si era opposto quando la Struan aveva chiesto un enorme credito temporaneo che aveva dato a Dunross il tempo di riprendersi.

Gornt ricordava con quanta rabbia aveva chiamato Havergill. “Perché diavolo l’hai fatto?” aveva chiesto. “Cento milioni di credito straordinario? Gli hai salvato l’osso del collo, perdio! Li avevamo in pugno. Perché?” Havergill aveva spiegato che Dunross era riuscito a rimediare un numero sufficiente di voti in consiglio d’amministrazione e aveva esercitato su di lui un’enorme pressione personale. “Non ho potuto farci nulla…”

Sì, pensò Gornt, fissando l’americano. Quella volta ho perduto, ma credo che tu sia il detonatore a ventiquattro carati della bomba che cancellerà la Struan dalla faccia dell’Asia, una volta per sempre. “Quella volta Dunross era sull’orlo dell’abisso, signor Bartlett. Si fece alcuni nemici implacabili. Ma ora noi siamo altrettanto forti. È una situazione di stallo, diciamo. Loro non possono far fuori noi e noi non possiamo far fuori loro.”

“A meno che loro commettano un errore.”

“O che lo commettiamo noi.” Gornt lanciò un anello di fumo e lo fissò. Dopo qualche istante, tornò a guardare Bartlett. “Alla fine vinceremo noi. Il tempo, in Asia, è diverso dal tempo negli Stati Uniti.”

“Me l’hanno detto.”

“Non lo crede?”

“So che qui, là e ovunque valgono le stesse regole di sopravvivenza. Cambia soltanto la misura.”

Gornt seguì con lo sguardo il fumo della sigaretta che saliva a volute verso il soffitto. L’ufficio era grande, e c’erano vecchie poltrone di pelle, ed eccellenti quadri a olio alle pareti, e vi regnava l’odore del cuoio ben lucido e dei sigari di marca. Il seggiolone di Gornt, di vecchia quercia intagliata con il sedile e lo schienale di velluto rosso, aveva l’aria dura, funzionale e solida, pensò Bartlett, esattamente come quell’uomo.

“Noi possiamo fare offerte migliori della Struan, e abbiamo dalla nostra il tempo, qui, là e ovunque” disse Gornt.

Bartlett rise.

Gornt sorrise, ma Bartlett notò che gli occhi non sorridevano. “Si informi qui a Hong Kong, signor Bartlett. Chieda di noi e della Struan. E poi decida.”

“Sì, è quel che farò.”

“Ho saputo che le hanno sequestrato l’aereo.”

“Sì. Sì, infatti. La polizia dell’aeroporto ha trovato a bordo alcuni fucili.”

“L’ho saputo. Strano. Bene, se le occorre un aiuto per dissequestrarlo, forse potrò esserle utile.”

“Potrebbe essermi utile subito, se mi dicesse chi è stato e perché.”

“Non ne ho idea… ma scommetterei che qualcuno della Struan lo sa.”

“Perché?”

“Loro conoscevano i suoi movimenti.”

“Anche lei.”

“Sì. Ma noi non c’entriamo.”

“Chi sapeva che avremmo avuto questo incontro, signor Gornt?”

“Io e lei. Come d’accordo. Qui non ci sono state fughe di notizie, signor Bartlett. Dopo il nostro incontro privato a New York, lo scorso anno, tutti i contatti sono avvenuti per telefono… neppure un telex di conferma. Approvo la prudenza che l’ha ispirata a usare la massima riservatezza e a trattare di persona. In privato. Ma chi, tra i suoi, sa dei nostri… dei nostri contatti?”

“Nessuno, tranne me.”

“Neppure la sua tesoriera e vicepresidente esecutiva?” chiese Gornt, con stupore.

“Nossignore. Quando ha saputo che Casey è una donna?”

“A New York. Suvvia, signor Bartlett, era impensabile che progettassimo di associarci senza controllare le sue credenziali e quelle dei suoi principali dirigenti.”

“Bene. Tutto tempo risparmiato.”

“È strano che sia una donna a occupare una posizione chiave.”

“È il mio braccio destro, il mio braccio sinistro, e il mio miglior dirigente.”

“E allora perché non è stata informata del nostro incontro di oggi?”

“Una delle prime regole della sopravvivenza è tenere aperta più di una porta.”

“E cioè?”

“E cioè, non dirigo la mia compagnia affidandomi a una commissione. E poi, preferisco tenere segrete certe operazioni.” Bartlett rifletté un momento, poi soggiunse: “Non è sfiducia. Anzi, sto facilitando le cose a quella ragazza. Se qualcuno alla Struan scoprisse la verità e le chiedesse perché in questo momento io sono qui, la sua sorpresa sarebbe sincera.”

Dopo una pausa, Gornt disse: “È molto difficile trovare qualcuno veramente degno di fiducia. Molto difficile.”

“Perché qualcuno può aver voluto portare a Hong Kong fucili M14 e bombe a mano, e perché si è servito del mio aereo?”

“Non lo so ma cercherò di scoprirlo.” Gornt spense il mozzicone della sigaretta. Il portacenere era una ciotola di porcellana della dinastia Sung. “Conosce Tsu-yan?”

“L’ho incontrato un paio di volte. Perché?”

“È una bravissima persona, sebbene faccia parte del consiglio d’amministrazione della Struan.”

“E sciangaiese?”

“Sì. Uno dei più in gamba.” Gornt alzò la testa. I suoi occhi erano molto duri. “Potrebbero esserci benefici marginali se trattasse con noi, signor Bartlett. Ho sentito dire che la Struan in questo momento si è esposta troppo… Dunross punta parecchio sulla sua flotta, in particolare sui due supermercantili che ha commissionato in Giappone. Il primo dovrebbe venire pagato in buona parte entro una settimana. E poi, c’è la voce insistente che intenda fare un’offerta per le Asian Properties. Le ha mai sentite nominare?”

“Una grossa immobiliare, estesa in tutto Hong Kong?”

“Sì. È la più grossa… ancora più della K.I. di Dunross.”

“La Kowloon Investments fa parte della Struan? Credevo che fosse una compagnia separata.”

“Ufficialmente sì. Ma Dunross è tai-pan della K.I. Hanno sempre lo stesso tai-pan.”

“Sempre?”

“Sempre. Fa parte del Capitolato d’Accordo. Ma Ian sta esagerando. La Nobil Casa presto potrebbe diventare ignobile. Lui è molto a corto di liquidi in questo momento.”

Bartlett rifletté per un istante, poi chiese: “Perché lei non si allea a un’altra compagnia, magari le Asian Properties, e non s’impadronisce della Struan? Negli Stati Uniti io lo farei, se volessi una compagnia e non potessi prendermela da solo.”

“È ciò che intende fare qui, signor Bartlett?” chiese prontamente Gornt, fingendosi scandalizzato. “‘Prendere’ la Struan?”

“È possibile?”

Gornt scrutò attento il soffitto prima di rispondere. “Sì… ma avrebbe bisogno di un socio. Forse potrebbe riuscirci con le Asian Properties, ma ne dubito. Jason Plumm, il tai-pan, non ne ha il fegato. Dovrebbe appoggiarsi a noi. Soltanto noi abbiamo la perspicacia, la competenza, l’energia e il desiderio di farlo. Tuttavia, lei dovrebbe rischiare parecchio. In contanti.”

“Quanto?”

Gornt scoppiò a ridere. “Ci penserò. Ma prima deve dirmi se fa sul serio.”

“E se facessi sul serio, lei ci starebbe?”

Gornt ricambiò l’occhiata, impassibile. “Prima vorrei essere sicuro, molto sicuro, che lei fa sul serio. Non è un mistero che io detesto la Struan in generale e Ian Dunross in particolare e vorrei vederli annientati. Quindi lei conosce già le mie intenzioni a lungo termine. Io non conosco le sue. Per ora.”

“Se potessimo impadronirci della Struan… ne varrebbe la pena?”

“Oh, sì, signor Bartlett. Oh, sì… sì, ne varrebbe la pena” disse giovialmente Gornt; poi la sua voce ridivenne di ghiaccio. “Ma devo sempre sapere se lei fa sul serio.”

“Glielo dirò dopo aver visto Dunross.”

“Ha intenzione di proporgli la stessa idea… di dirgli che insieme potreste fagocitare la Rothwell-Gornt?”

“Sono qui per trasformare la Par-Con in una compagnia internazionale, signor Gornt. Potrei arrivare fino a un investimento di 30 milioni di dollari per coprire tutta una gamma di commerci, fabbriche e magazzini. Fino a poco tempo fa non avevo mai sentito parlare della Struan… né della Rothwell-Gornt. Né della vostra rivalità.”

“Molto bene, signor Bartlett, lasciamo le cose a questo punto. Qualunque cosa farà, sarà interessante. Sì, sarà interessante vedere se sa tenere un coltello.”

Bartlett lo fissò senza capire.

“È un vecchio detto della cucina cinese, signor Bartlett. Lei cucina?”

“No.”

“È un mio hobby. I cinesi dicono che è importante saper tenere un coltello, e che non lo si può usare se non lo si sa tenere nel modo giusto. Altrimenti ci si taglia e si comincia male. Non le sembra?”

Bartlett sorrise. “Tenere un coltello? Me lo ricorderò. No, non so cucinare. Non ho mai imparato… e neppure Casey è una buona cuoca.”

“I cinesi dicono che ci sono tre arti nelle quali nessun’altra civiltà può paragonarsi alla loro… la letteratura, la pittura e la cucina. Sono piuttosto d’accordo. Lei è un buongustaio?”

“Il miglior pasto che abbia mai fatto in vita mia è stato in un ristorante appena fuori Roma, sulla via Flaminia, il Casale.”

“Allora abbiamo almeno qualcosa in comune, signor Bartlett. Il Casale è anche uno dei miei ristoranti preferiti.”

“Mi ci portò Casey, una volta… spaghetti all’amatriciana al dente con una bottiglia di birra ghiacciata e poi la piccata e altra birra. Non lo dimenticherò mai.”

Gornt sorrise. “Dovrebbe venire a cena da me, dato che è qui. Anch’io posso offrirle gli spaghetti all’amatriciana… e spero di non sfigurare: la ricetta è la stessa.”

“Con piacere.”

“E una bottiglia di Valpolicella, o uno dei grandi vini toscani.”

“Personalmente, con la pasta preferisco la birra. Birra americana ghiacciata in lattina.”

Dopo una breve pausa, Gornt chiese: “Per quanto tempo si tratterrà a Hong Kong?”

“Il tempo necessario” rispose Bartlett senza esitare.

“Bene. Allora verrà a cena da me un giorno della settimana prossima? Martedì o mercoledì?”

“Martedì andrà benissimo, grazie. Posso portare anche Casey?”

“Naturalmente.” Poi Gornt aggiunse, in tono più secco: “Forse allora avrà deciso che cosa vuol fare.”

Bartlett rise. “E nel frattempo lei avrà scoperto se so tenere un coltello.”

“Può darsi. Ma ricordi una cosa, signor Bartlett. Se mai uniremo le nostre forze per attaccare la Struan, quando avremo dato inizio alla battaglia, non ci sarà quasi modo di ripiegare senza subire gravi perdite. Perdite gravissime. Devo essere assolutamente sicuro. Dopotutto, lei può sempre ripiegare negli Stati Uniti per riprendere a combattere in futuro. Noi invece resteremo qui… perciò i rischi non sono eguali.”

“Ma non sarà eguale neppure il bottino. Lei guadagnerebbe qualcosa d’inestimabile che per me non vale 10 cents. La Rothwell-Gornt diventerebbe la Nobil Casa.”

“Sì” disse Gornt, abbassando leggermente le palpebre. Si tese per scegliere un’altra sigaretta e mosse il piede sinistro sotto la scrivania per premere un interruttore sul pavimento. “Lasciamo tutto in sospeso fino a mar…”

Il citofono ronzò. “Mi scusi, signor Gornt, vuole che rinvii il consiglio d’amministrazione?” chiese la voce della segretaria.

“No” disse Gornt. “Possono aspettare.”

“Sì, signore. C’è la signorina Ramos. Può dedicarle qualche minuto?”

Gornt si finse sorpreso. “Un momento solo.” Alzò gli occhi verso Bartlett. “Abbiamo concluso?”

“Sì.” Bartlett si alzò. “Allora siamo d’accordo per martedì. Lasceremo cuocere tutto fino ad allora.” Si voltò per andarsene, ma Gornt lo trattenne. “Un momento, signor Bartlett” disse. Poi, nel citofono: “La faccia entrare.” Si alzò. “È stato un incontro molto piacevole.”

La porta si aprì e la ragazza entrò. Aveva venticinque anni ed era stupenda, con i corti capelli neri e gli occhi a mandorla: un’eurasiatica, abbigliata con molta disinvoltura, jeans americani sbiaditi e molto aderenti, una camicetta. “Ciao, Quillan” disse con un sorriso che riscaldò la stanza. Parlava inglese con un lieve accento americano. “Mi dispiace disturbarti, ma sono appena tornata da Bangkok e volevo salutarti.”

“Hai fatto benissimo, Orlanda.” Gornt sorrise a Bartlett che stava fissando la ragazza. “Questo è Linc Bartlett. Viene dall’America. Orlanda Ramos.”

“Salve” disse Bartlett.

“Sal… oh, Linc Bartlett! Il milionario americano, esportatore clandestino di fucili?” disse lei, e rise.

“Cosa?”

“Oh, non si scandalizzi, signor Bartlett. A Hong Kong lo sanno tutti… Hong Kong è solo un paesino.”

“No, sul serio… come l’ha saputo?”

“L’ho letto sul giornale del mattino.”

“Impossibile! È successo alle cinque e mezzo.”

“Era sul Fai Pao, l’Espresso, nella colonna delle Ultimissime, alle nove. È un giornale cinese, e i cinesi sanno sempre tutto quel che succede qui. Non si preoccupi, i giornali inglesi non riprenderanno la notizia prima delle edizioni del pomeriggio; ma può aspettarsi un assedio della stampa alla sua porta verso l’ora felice.”

“Grazie.” L’ultima cosa che desidero è avere la stampa alle costole, pensò acido Bartlett.

“Non si preoccupi, signor Bartlett, non le chiederò un’intervista, anche se faccio la giornalista per la stampa cinese. Anzi, sono molto discreta” disse la ragazza. “Non è vero, Quillan?”

“Assolutamente. Lo garantisco” disse Gornt. “Orlanda è assolutamente fidata.”

“Certo, se lei vuole offrirmi un’intervista… sarò ben lieta di accettarla. Domani.”

“Ci penserò.”

“Le prometto che le farò fare una splendida figura!”

“Davvero i cinesi, qui, sanno sempre tutto?”

“Certo” rispose pronta la ragazza. “Ma i quai loh, gli stranieri, non leggono i giornali cinesi… eccettuati pochi veterani come Quillan.”

“Più tutta la Special Intelligence, il Servizio Speciale e la polizia in generale” disse Gornt.

“E Ian Dunross?” aggiunse lei, toccandosi i denti con la punta della lingua.

“È così efficiente?” chiese Bartlett.

“Oh, sì. Ha nelle vene il sangue di ‘Diavolo’ Struan.”

“Non capisco.”

“Capirà, se resterà qui abbastanza a lungo.”

Bartlett rifletté e aggrottò la fronte. “Anche lei sapeva dei fucili, signor Gornt?”

“Sapevo solo che la polizia aveva scoperto armi di contrabbando a bordo ‘del jet privato del milionario americano arrivato ieri sera’. Era sul mio giornale cinese del mattino. Il Sing Pao.” Il sorriso di Gornt era sardonico. “Vuol dire Times, in cantonese. Era nella colonna delle Ultimissime. Ma, a differenza di Orlanda, mi sorprendo che lei non sia già stato intercettato dai giornalisti inglesi. Sono molto diligenti, qui a Hong Kong. Molto più diligenti di quanto voglia ammettere Orlanda.”

Bartlett sentì il profumo della ragazza, ma non desistette. “Mi stupisce che non me ne abbia parlato, signor Gornt.”

“Perché avrei dovuto farlo? Che c’entrano i fucili con la nostra possibile collaborazione?” Gornt ridacchiò. “Nella peggiore delle ipotesi, io e Orlanda verremo a trovarla in carcere.”

La ragazza rise. “Sicuro.”

“Mille grazie.” Di nuovo il suo profumo. Bartlett accantonò i fucili e si dedicò a lei. “Ramos… è un cognome spagnolo?”

“Portoghese. Di Macao. Mio padre lavorava per la Rothwell-Gornt a Sciangai… mia madre è sciangaiese. Io sono cresciuta a Sciangai fino al ’49, poi sono andata negli Stati Uniti per qualche anno. Frequentavo un liceo a San Francisco.”

“Davvero? Io sono di Los Angeles… ho fatto le superiori nella Valley.”

“Io adoro la California” disse Orlanda. “E a lei piace Hong Kong?”

“Sono appena arrivato.” Bartlett sorrise ironicamente. “A quanto pare, ho fatto un’entrata esplosiva.”

Lei rise. Splendidi denti bianchi. “Hong Kong va benissimo… purché si abbia la possibilità di andarsene tutti i mesi. Dovrebbe visitare Macao, durante un weekend… è molto antiquata, molto graziosa, dista solo una sessantina di chilometri e c’è un buon servizio di traghetti. È molto diversa da Hong Kong.” Si rivolse a Gornt. “Scusami ancora per il disturbo, Quillan, volevo solo salutarti…” Accennò ad andarsene.

“No, abbiamo finito… stavo per uscire” disse Bartlett, interrompendola. “La ringrazio di nuovo, signor Gornt. Ci vedremo martedì, se non prima… Mi auguro di rivederla, signorina Ramos.”

“Sì, mi farebbe molto piacere. Eccole il mio biglietto da visita… se mi concederà l’intervista, le garantisco buona stampa.” Gli tese la mano, e Bartlett la strinse, ne sentì il calore.

Gornt lo accompagnò sulla soglia, poi chiuse la porta, tornò alla scrivania e prese una sigaretta. Orlanda gliel’accese, soffiò sul fiammifero e sedette nella poltrona lasciata libera da Bartlett.

“Un tipo simpatico” disse.

“Sì. Ma è americano, poco sofisticato, e un bastardo presuntuoso che ha bisogno di qualcuno che gli faccia abbassare la cresta.”

“E vorresti che lo facessi io?”

“Può darsi. Hai letto il suo fascicolo?”

“Oh, sì. Molto interessante.” Orlanda sorrise.

“Non dovrai chiedergli denaro” disse brusco Gornt.

Ayeeyah, Quillan, mi credi così stupida?” ribatté lei in tono tagliente.

“Bene.”

“Perché, avrebbe contrabbandato fucili a Hong Kong?”

“Già, perché, mia cara? Forse qualcuno si è servito di lui.”

“Deve essere la spiegazione. Se avessi tutto il suo denaro, non commetterei una simile stupidaggine.”

“No” disse Gornt.

“Oh, ti è piaciuta la mia idea di spacciarmi per giornalista? Credo di esserci riuscita molto bene.”

“Sì, ma non sottovalutarlo. Non è uno sciocco. È molto acuto. Molto.” Le parlò del Casale. “È difficile che sia una coincidenza. Anche lui deve avere un dossier sul mio conto, molto dettagliato. Sono pochi a conoscere la mia predilezione per quel ristorante.”

“Forse anch’io figuro in quel dossier.”

“Può darsi. Ma non farti smascherare da lui. Per la storia del giornalismo.”

“Oh, andiamo, Quillan. Chi, fra i tai-pan, legge i giornali cinesi, esclusi tu e Dunross…? E persino tu non puoi leggerli tutti. Ho già pubblicato qualcosa, come ‘corrispondente speciale’. Se lui mi concede un’intervista, la scriverò. Non preoccuparti.” Gli avvicinò il portacenere. “È andato tutto bene, vero? Con Bartlett?”

“Perfettamente. Sei sprecata. Dovresti darti al cinema.”

“Allora parla di me al tuo amico, ti prego, ti prego, Quillan caro. Charlie Wang è il più grosso produttore di Hong Kong, e tu gli hai fatto tanti favori. Charlie Wang sta producendo tanti film che… mi basta avere un’occasione… Potrei diventare una diva! Ti prego!”

“Perché no?” chiese Gornt in tono secco. “Ma non credo che tu sia il suo tipo.”

“Posso adattarmi. Con Bartlett non ho recitato esattamente come volevi? Non sono vestita perfettamente all’americana?”

“Sì, sì.” Gornt la guardò poi disse, delicatamente: “Potresti essere l’ideale per lui. Pensavo che forse potresti concludere qualcosa di più duraturo di una relazione…”

Lei divenne attentissima. “Cosa?”

“Tu e lui potreste armonizzare come un perfetto rompicapo cinese. Hai un buon carattere, l’età giusta, sei bella, intelligente, istruita, meravigliosa tra le lenzuola, molto furba, e con una patina americana sufficiente per farlo sentire a suo agio.” Gornt lanciò un altro sbuffo di fumo e soggiunse: “E tra tutte le signore di mia conoscenza, sapresti spendere veramente il suo denaro. Sì, voi due potreste armonizzare alla perfezione… lui andrebbe benissimo per te, e tu animeresti considerevolmente la sua vita. Non è così?”

“Oh, sì” disse subito Orlanda. “Oh, sì, certo.” Sorrise, ma subito aggrottò la fronte. “E la donna che è con lui? Dividono un appartamento al Vic. Ho sentito dire che è molto bella. E lei, Quillan?”

Gornt sorrise a denti stretti. “Le mie spie dicono che non dormono insieme, anche se sono più che amici.”

Orlanda fece una smorfia. “Non è un omosessuale, vero?”

Gornt rise. Una risata cordiale. “Non ti giocherei mai uno scherzo simile, Orlanda! No, sono sicuro che non lo è. Ma ha uno strano accordo con Casey.”

“Quale?”

Gornt scrollò le spalle.

Dopo un momento, Orlanda chiese: “Come devo comportarmi con lei?”

“Se Casey Tcholok ti intralcia la strada, toglila di mezzo. Gli artigli li hai.”

“Sei… Qualche volta non mi piaci affatto.”

“Siamo realisti, tu e io. Non è vero?” Gornt lo disse in tono molto secco.

Lei riconobbe quella sfumatura di violenza repressa. Si alzò, si protese attraverso la scrivania e lo baciò, lievemente. “Sei un diavolo” disse per placarlo. “Questo in ricordo dei tempi andati.”

Gornt le posò una mano sul seno e sospirò, ricordando, godendo il calore che filtrava attraverso la stoffa sottile. “Ayeeyah, Orlanda, ci siamo divertiti insieme, no?”

Lei aveva diciassette anni quando era diventata la sua amante. Era stato il suo primo uomo; l’aveva tenuta per quasi cinque anni, e avrebbe continuato così, ma lei, durante le sue assenze, andava con un giovane a Macao, e lui l’aveva saputo. E allora aveva troncato. Subito. Sebbene avessero una figlia di un anno.

“Orlanda” le aveva detto, quando lei aveva invocato perdono, “non c’è niente da perdonare. Te l’ho detto un’infinità di volte che la gioventù ha bisogno della gioventù, che sarebbe venuto un giorno… Asciugati le lacrime e sposa quel ragazzo… Ti darò una dote e la mia benedizione.” Era rimasto incrollabile, nonostante i pianti di lei. “Resteremo amici” le aveva assicurato. “E mi prenderò cura di te quando ne avrai bisogno…”

Il giorno dopo aveva sfogato la sua rabbia repressa sul giovane, un inglese, funzionario delle Asian Properties; e in meno di un mese l’aveva rovinato.

“Non potevo perdere la faccia” le aveva detto con molta calma.

“Sì, lo capisco, ma… e adesso cosa farò?” aveva singhiozzato Orlanda. “Lui parte domani per l’Inghilterra, e vuole che vada con lui e lo sposi, ma non posso sposarlo adesso: non ha denaro né avvenire né un lavoro…”

“Asciugati le lacrime e poi vai a far spese.”

“Cosa?”

“Sì. Eccoti un regalo.” Le aveva consegnato un biglietto di andata e ritorno in prima classe per Londra, sullo stesso aereo su cui il giovane viaggiava in classe turistica. E 1000 sterline in biglietti nuovi e fruscianti da 10. “Comprati tanti bei vestiti e vai a teatro. Hai la camera prenotata al Connaught per undici giorni – basta che firmi il conto – e la prenotazione per il volo di ritorno è confermata, quindi divertiti e torna qui fresca e senza problemi!”

“Oh, grazie, Quillan, tesoro, oh, grazie… Mi vergogno tanto. Mi perdoni?”

“Non c’è niente da perdonare. Ma se parli di nuovo con lui o lo rivedi a quattr’occhi… non sarò mai più un amico per te e per la tua famiglia.”

Orlanda l’aveva ringraziato profusamente tra le lacrime, maledicendo la propria stupidità, pregando che l’ira del cielo si abbattesse su chi aveva tradito il suo segreto. Il giorno dopo il giovane aveva cercato di parlarle all’aeroporto e durante il volo e poi ancora a Londra, ma lei l’aveva scacciato. Sapeva bene dove stava il suo piatto di riso. Il giorno in cui Orlanda era ripartita da Londra, lui si era ucciso.

Quando Gornt lo aveva saputo, aveva acceso uno dei suoi sigari migliori e l’aveva portata a pranzo sulla terrazza del Victoria and Albert tra i candelieri e le splendide tovaglie e la magnifica argenteria e poi, dopo aver bevuto il suo cognac Napoléon e averle offerto una crème de menthe, l’aveva rimandata a casa, sola, nell’appartamento che continuava a pagarle. Aveva ordinato un altro cognac ed era rimasto a guardare le luci del porto, e il Peak, crogiolandosi nella gioia della vendetta, nella maestà della sua vita, nella soddisfazione di aver recuperato la faccia.

Ayeeyah, ci siamo divertiti” disse di nuovo Gornt. La desiderava ancora, sebbene non fosse più andato a letto con lei da quando aveva saputo della storia di Macao.

“Quillan…” cominciò lei, riscaldata dalla sua mano.

“No.”

Orlanda guardò la porta interna. “Ti prego. Sono passati tre anni, non c’è mai stato nessun altro…”

“Ti ringrazio, ma no.” Gornt la scostò, tenendola per le braccia con gentile fermezza. “Abbiamo già avuto il meglio” disse, come avrebbe fatto un intenditore. “Non voglio niente di seconda scelta.”

Lei sedette sul bordo della scrivania e lo guardò imbronciata. “Le hai sempre tutte vinte, no?”

“Quando diventerai l’amante di Bartlett ti farò un regalo” disse lui con calma. “Se ti porta a Macao e tu resti con lui per tre giorni, ti regalerò una Jaguar nuova. Se ti chiede di sposarlo, avrai l’appartamento e tutto quel che c’è dentro, e una casa in California come regalo di nozze.”

Orlanda soffocò un’esclamazione, poi sorrise, trionfante. “Una XK-E nera, Quillan, oh, sarebbe meraviglioso!” Poi la sua felicità svanì. “Che cos’ha di tanto importante? Perché è così importante per te?”

Gornt si limitò a guardarla.

“Scusami” disse lei. “Scusami, non dovevo chiederlo.” Con aria pensierosa prese una sigaretta, l’accese e gliela passò.

“Grazie” disse lui. Vedeva la curva del seno di Orlanda e l’apprezzava: e nello stesso tempo lo rattristava che quella bellezza fosse così effimera. “Oh, a proposito, preferirei che Bartlett non sapesse del nostro accordo.”

“Anch’io.” Lei sospirò e sorrise con uno sforzo. Poi si alzò e scrollò le spalle. “Ayeeyah, tra noi due non sarebbe durata comunque, Macao o non Macao. Saresti cambiato… ti saresti stancato. Gli uomini si stancano sempre.”

Si sistemò il trucco e la camicetta, gli lanciò un bacio e se ne andò. Gornt fissò la porta chiusa, poi sorrise e spense la sigaretta che lei gli aveva passato. Non aveva tirato neppure una boccata: non voleva essere contaminato dalle labbra di Orlanda. Ne accese un’altra, canticchiando.

Magnifico, pensò soddisfatto. E adesso, mio caro Bartlett, così americano, così sicuro di te, adesso vedremo come maneggerai questo coltello. La pasta con la birra… puah!

Poi Gornt aspirò un soffio del profumo di Orlanda e per un momento fu riassalito dal ricordo di quando andavano a letto insieme. Quando lei era giovane, si disse. Grazie a Dio, qui la bellezza e la gioventù non scarseggiano, e una sostituzione implica solo una telefonata o un biglietto da 100 dollari.

Prese il telefono e fece un numero privato, rallegrandosi all’idea che Orlanda fosse più cinese che europea. I cinesi erano molto pratici.

Lo squillo cessò, e fu sostituito dalla voce energica di Paul Havergill. “Sì?”

“Paul, sono Quillan. Come vanno le cose?”

“Salve, Quillan… Naturalmente, sai già che Johnjohn prenderà il mio posto alla banca, in novembre.”

“Sì. Mi dispiace.”

“Maledizione! Pensavo che sarei stato riconfermato e invece il consiglio d’amministrazione ha scelto Johnjohn. La notizia è diventata ufficiale ieri sera. È ancora Dunross, con la sua cricca e le loro maledette azioni. Com’è andato l’incontro?”

“Il nostro americano morde il freno, proprio come ti avevo predetto.” Gornt trasse una lunga boccata dalla sigaretta e cercò di dissimulare l’emozione. “Ti andrebbe qualcosa di speciale, prima di andare in pensione?”

“Che cos’hai in mente?”

“Te ne vai alla fine di novembre?”

“Sì. Dopo ventitré anni. Da un certo punto di vista, non mi dispiacerà.”

Neppure a me, pensò soddisfatto Gornt. Sei antiquato, troppo tradizionalista. L’unica cosa a tuo favore è che odi Dunross. “Mancano quasi quattro mesi. Questo ci lascia molto tempo. A te, a me e al nostro amico americano.”

“Che cos’hai in mente?”

“Ricordi uno dei miei ipotetici piani di gioco, quello che avevo chiamato ‘Concorrenza’?”

Havergill rifletté un momento. “Come impadronirsi di una banca avversaria o eliminarla, no? Perché?”

“Diciamo che qualcuno ha rispolverato il piano, ha introdotto qualche modifica e ha premuto il pulsante d’avviamento… due giorni fa. Diciamo che qualcuno sapeva che Dunross e gli altri avrebbero votato contro di te e voleva vendicarsi. La concorrenza funzionerebbe benissimo.”

“Non capisco perché. A che serve attaccare la Blacs?” La Bank of London, Canton and Shangai era la principale avversaria della Victoria. “Non ha senso.”

“Ah, ma supponiamo che qualcuno abbia puntato su un altro obiettivo, Paul.”

“Su chi?”

“Verrò alle tre e te lo spiegherò.”

“Su chi?”

“Richard.” Richard Kwang controllava la Ho-Pak Bank… una delle più grosse banche cinesi di Hong Kong.

“Buon Dio! Ma…” Vi fu una lunga pausa. “Quillan, hai veramente cominciato il gioco della Concorrenza… l’hai già messo in atto?”

“Sì, e nessuno lo sa, tranne te e me.”

“Ma a cosa servirà contro Dunross?”

“Te lo spiegherò poi. Ian è in grado di pagare le rate delle sue navi?”

Vi fu un’esitazione che a Gornt non sfuggì. “Sì” disse Havergill.

“Sì, ma…?”

“Ma sono sicuro che ce la farà.”

“Quali altri problemi ha Dunross?”

“Mi dispiace, ma sarebbe contrario all’etica professionale.”

“Certo.” Gornt soggiunse: “Mettiamola così: diciamo che la loro barca dondola un po’. Eh?”

Questa volta, la pausa fu più lunga. “Al momento giusto, anche un’onda da poco potrebbe rovesciarli. Loro o qualunque altra compagnia. Inclusa la tua.”

“Ma non la Victoria Bank.”

“Oh, no.”

“Bene. Ci vediamo alle tre.” Gornt depose il ricevitore e si asciugò di nuovo la fronte, eccitatissimo. Spense la sigaretta, fece un rapido calcolo, accese un’altra sigaretta e riprese il telefono. “Charles, sono Quillan. Sei occupato?”

“No. Cosa posso fare per te?”

“Voglio un bilancio di esercizio.” Un bilancio d’esercizio era un segnale; l’avvocato doveva telefonare a otto prestanome che avrebbero acquistato o venduto azioni in Borsa per conto di Gornt, in segreto, per evitare che le operazioni venissero fatte risalire a lui. Tutte le azioni e tutto il denaro sarebbero passati esclusivamente per le mani del legale, e i prestanome e gli agenti di cambio non avrebbero saputo per conto di chi erano state effettuate le transazioni.

“Sta bene, un bilancio d’esercizio. Di che genere, Quillan?”

“Voglio vendere allo scoperto.” Vendere allo scoperto significava che intendeva vendere azioni che non possedeva, in previsione del fatto che perdessero di valore. Poi, prima che dovesse ricomprarle – a Hong Kong aveva un margine massimo di due settimane – se le azioni erano scese davvero, avrebbe intascato la differenza. Naturalmente, se avesse sbagliato le previsioni e le azioni fossero salite, la differenza sarebbe stato costretto a pagarla di tasca sua.

“Che azioni e quante?”

“Centomila della Ho-Pak…”

“Dio Cristo…”

“Altrettante domani appena apre la Borsa e altre duecento durante la giornata. Poi ti darò ulteriori istruzioni.”

Un silenzio sbigottito. “Hai detto Ho-Pak?”

“Sì.”

“Ci vorrà un po’ per farmi prestare tutte quelle azioni. Buon Dio, Quillan, quattrocentomila?”

“Già che ci sei, aggiungine altre cento. Mezzo milione tondo.”

“Ma… ma le Ho-Pak sono tra le azioni più stabili. Non scendono da anni.”

“Sì.”

“Che cos’hai saputo?”

“Voci” rispose in tono serio Gornt e ridacchiò fra sé. “Ti andrebbe di pranzare sul presto, al club?”

“Ci sarò.”

Gornt riattaccò e fece un altro numero privato.

“Sì?”

“Sono io” disse guardingo Gornt, senza fare il suo nome. “Sei solo?”

“Sì. Allora?”

“Nel nostro incontro, l’americano ha proposto un colpo di mano.”

Ayeeyah! E allora?”

“E Paul ci sta” disse Gornt, esagerando con disinvoltura. “In assoluto segreto, naturalmente. Ho appena parlato con lui.”

“Allora ci sto anch’io. Ma voglio il controllo delle navi della Struan, la loro immobiliare di Hong Kong e il 40 per cento delle loro proprietà terriere in Thailandia e a Singapore.”

“Starai scherzando!”

“Non è un prezzo troppo alto per distruggerli. Vero, vecchio mio?”

Gornt sentì l’educata risata sarcastica e maledisse Jason Plumm. “Tu lo disprezzi quanto lo disprezzo io” disse Gornt.

“Ah, ma avrai bisogno di me e dei miei amici. Anche se Paul ci sta, tu e l’americano non potete farcela, senza me e i miei.”

“E perché starei parlando con te, se no?”

“Senti, non dimenticare che non sto chiedendo una fetta della torta dell’americano.”

Gornt mantenne un tono calmo. “E questo che c’entra?”

“Ti conosco. Oh, sì, ti conosco bene, vecchio mio.”

“Davvero?”

“Sì. Non ti accontenterai di distruggere il nostro ‘amico’: vorrai la torta intera.”

“Davvero?”

“Sì. È da troppo tempo che sogni di mettere piede nel mercato americano.”

“Anche voi.”

“No. Noi sappiamo dov’è il nostro pane e burro. Ci accontentiamo di accodarci. Ci accontentiamo dell’Asia. Non vogliamo diventare una Nobil Casa.”

“Oh?”

“No. Allora siamo d’accordo?”

“No” disse Gornt.

“Allora lascerò perdere le navi. Invece, prenderò la Kowloon Investments di Ian, la gestione del Kai Tak, e il 40 per cento delle proprietà terriere in Thailandia e a Singapore e accetterò il 25 per cento della Par-Con e tre posti nel consiglio d’amministrazione.”

“Vai al diavolo!”

“L’offerta è valida fino a lunedì.”

“Che lunedì?”

“Lunedì prossimo.”

Dew neh loh moh a tutti i tuoi lunedì!”

“E ai tuoi! Ti faccio un’ultima offerta. La Kowloon Investments e la gestione del Kai Tak, il 35 per cento di tutte le loro proprietà terriere in Thailandia e a Singapore e il 10 per cento della torta dell’americano con tre posti nel consiglio d’amministrazione.”

“È tutto?”

“Sì. Ripeto, l’offerta è valida fino a lunedì prossimo. E non credere di riuscire a fagocitarci.”

“Sei impazzito?”

“L’ho già detto… ti conosco. D’accordo?”

“No.”

Di nuovo quella risata sommessa, malevola. “Fino a lunedì… lunedì prossimo. Hai tutto il tempo per decidere.”

“Ti vedrò stasera alla festa di Ian?” chiese Gornt a denti stretti.

“Dai i numeri? Non ci andrei neanche se… Buon Dio, Quillan, davvero ci andrai? Di persona!

“Non ne avevo l’intenzione… ma ora penso che andrò. Non vorrei perdermi quella che forse sarà l’ultima grande festa dell’ultimo tai-pan della Struan…”