XIV

Ancora una volta è lo spettacolo della natura a mettere in moto l’immaginazione e la memoria di Giacomo. Il presente diventa un’occasione per rievocare il passato, per fare un bilancio della sua esperienza di vita. C’è qualcosa di eterno che, nonostante lo scorrere del tempo, resta identico e che, nella sua immutabilità, gli si ripresenta davanti spingendolo a una continua indagine su se stesso e sul proprio esserci nel mondo.

C’è una magia, legata a un meccanismo della mente, che lo fa riappropriare anche del vissuto che non c’è più. Non riesce bene a definire cos’è, ma ogni volta che quei moti dell’anima si innescano prova una sensazione di piacere e ha la percezione che ci siano davanti a lui situazioni passate, anche se di fatto non ci sono più. Quando quel moto interiore si risveglia, ama andare in un luogo in cui è avvenuto qualcosa che considera significativo; e anche se questo è cambiato, gli capita tuttavia di trovare le tracce, anche se fallaci, di percezioni ed emozioni che continuano a vivere nella sua coscienza.

Giacomo a distanza di un anno sale ancora su un colle e lì si ferma a osservare la luna che splende in cielo in tutto il suo fulgore e rischiara, con i suoi raggi, il borgo di Recanati e i boschi che si stendono intorno al paese. È una notte forse serena, di pace, di comunione tra gli uomini e tutto ciò che li circonda. La vista della luna però fa nascere in lui dei ricordi. Con la mente va al passato, alla sua condizione esistenziale, alla storia della sua vita, ai suoi tormenti e sofferenze interiori. Alla luna, come a un’amica o una madre buona, comincia a parlare di se stesso e a raccontarle quanti dolori ha provato e prova. Quella notte, come un anno prima, è uscito per ammirarne lo splendore. Allora però era pieno d’angoscia e lei, come una divinità tutelare delle ombre notturne, pendeva sul colle e lo rischiarava con la sua luce. Nulla però nel frattempo è cambiato. Allora piangeva davanti al suo volto le proprie sventure e, nonostante sia trascorso altro tempo e i giorni si siano sommati ai giorni, continua a essere infelice. Nella sua coscienza come in un pozzo oscuro si nasconde tutto il tesoro e la ricchezza della sua esistenza. Però questo è incomprensibile agli altri esseri umani, che non entrano mai in sintonia con lui. Solo la luna è disposta ad ascoltarlo. È l’unica presenza che infonde conforto al suo cuore perennemente in affanno, e quella notte, come un anno prima, è di nuovo alta in cielo.

Giacomo la guarda e sa che il male che rode il suo spirito è nulla rispetto all’infinità dell’universo; però le apre di nuovo il suo cuore perché farlo, come in un rito di purificazione, dà conforto alla sua sofferenza. Rimembrare le età del suo dolore è fonte di piacere e sollievo. È ancora giovane, ha ancora molto da vivere: anche se non ha grande esperienza della vita e ha pochi avvenimenti da ricordare, fare memoria del passato e ritornare in luoghi dove è già stato e coltivare gli anniversari non può che giovare al suo animo, specie quando si sente triste e infelice.

La data di composizione è il 1819, a Recanati. Il metro utilizzato è l’endecasillabo sciolto.