NOTE

LIBRO SECONDO
Proemio

1. partigiani: estimatori appassionati.

3. partorire: procurare. — amplissime: grandissime.

4. ubbidiscano: indic., come poi accrescano; per il concetto, cfr. I.10.12. — illustrano: magnificano.

6. arti: come nel Proemio al libro I, il discorso sull’antico tocca il dominio delle arti: qui, l’evidenza dello splendore classico autorizza senza dubbio la lode del passato sul presente.

8. giudichino: sogg. «gli uomini». — le cose umane ecc.: cfr. I.6.34; nell’incertezza e nella variabilità delle sorti, se non si cresce in potenza si discende verso la rovina. Ma qui — e soprattutto nel seguito immediato — il pensiero di M. tende a disporsi secondo lo schema classico della àuxesis-akmè-phthìsis (ascesa-culmine-morte) dei corpi politici, che si ritrova per es.in Polibio 6,51 (ove contraddice alla dottrina della anakyklosis,esposta nella prima parte del medesimo libro; cfr. Sasso Studi 196). Per quanto riguarda M., abbiamo identificato il suo «naturalismo politico» nell’idea di fondo per cui la vita del corpo misto coincide — ab origine, si può dire — con il procedere della corruzione, dal capo al busto alle membra (cfr. I.17.2); proprio questo processo, anzi, crea e caratterizza il dominio della politica. Non trova qui luogo, di conseguenza, la visione «naturalistica» (ma diversamente naturalistica) di una «fioritura» degli stati alla metà, circa, del loro cammino. C’è, invece, da constatare il fatto che, nel caso di Roma, la disunione tra patrizi e plebei, saviamente controllata, produsse una akmè di potenza, prima di risolversi nella phthìsis della repubblica: siamo ben lontani da Polibio e solo per un cedimento allo «schema» M.può ora ricondurre la vicenda romana entro il tòpos della legge «biologica» e della translatio imperii (v. oltre).

9. per la virtù ecc.: è un fattore umano, storico-politico; in Polibio, loc. cit., l’«augumento» e lo «splendore» si susseguono “per natura”.

11. più ria: peggiore: si eviti di sovrapporre a questo discorso quello sul «cerchio» dei governi, proposto in I.2. Il cerchio ha infatti un momento «terminale», che non può essere detto «peggiore» degli altri, giacché tutte le diverse forme di cui il cerchio si costituisce sono allo stesso modo «pestifere», avendo ciascuna in sé le ragioni della propria insufficienza e transitorietà.

12. uno medesimo modo: cfr. I. Proemio A.8; ma il problema consiste nel pensare insieme questa “medesimezza” del mondo e il suo variare. M. lo risolve nel concreto dell’analisi storico-politica, dove la “regolarità”, delle passioni e ambizioni umane, è posta come materia di una iniziativa politica, di una «virtù» che, nella sua varia qualità storica, detta la differenza tra situazione e situazione. Certo, non all’altezza di questo concreto operare analitico-storico stanno i tentativi di risoluzione «in universali», come quello che subito segue (dove la virtù del mondo è “qualcosa” di quantitativamente fisso, che si trasferisce di popolo in popolo). — quello si ha ecc.: quel che si sa dei regni antichi, che trasmettevano l’uno all’altro la supremazia.

13. allogata: posta. — in Assiria ecc.: ripete, con qualche differenza, la successione delineata nel capitolo Di fortuna, vv . 130 sgg. Questa sorta di stilizzazione della storia universale — come passaggio dello scettro, di gente in gente — circola ampiamente nella cultura medievale, e ha riferimenti classici: M. ha, in particolare, sott’occhio Plutarco de fort. Roman. 317 f e forse Appiano Punica 132.

14. ritenuta: raccolta. — il regno de’ Franchi ecc.: l’impero di Carlo Magno; l’impero Turco; il sultanato dei Mamelucchi in Egitto (cfr. I.1.18); le città svizzere e tedesche. La «setta Saracina» è l’Islam.

15. si disidera: si ricerca. — vera: giusta.

16. oltramontano ecc.: “oltramontani” (gente nata di là dai monti) e Turchi erano gli stranieri dominanti sull’Italia e sulla Grecia. — in questi ecc. Nel secondo libro, il giudizio di M. sul tempo presente si fa più amaro, a riscontro di una Roma antica più idealizzata; ne consegue un’atmosfera di sfiducia nella possibilità che la corrotta contemporaneità riscatti se stessa attraverso l’azione. Come nell’Arte, l’azione sembra rinviata a un eventuale, più favorevole, futuro. — gli ricomperi: li riscatti. — d’ogni ragione ecc.: da brutture d’ogni genere.

17. coloro che ecc.: i giudici, i principi, i pastori della chiesa.

18. secolo: tempo.

19. variando ecc.: le passioni umane mutano col mutare dell’età, anche se la situazione esterna non è cambiata. Si avverta che il variare, dalla gioventù alla vecchiaia, è pur sempre posto come una regolarità, e rientra per questa via nella “medesimezza” dell’uomo (che non è fissità, ma variazione secondo regole). Rielabora il comune modo di dire secondo cui il vecchio «loda gli antichi e sprezza e moderni, vitupera el tempo presente e commenda el passato» (così Lotario, de contemptu mundi I,10). — quelli medesimi: sogg. i tempi.

21. insaziabili: cfr. I.37.4. — dalla fortuna: ovvero dalla materiale limitatezza delle risorse disponibili. — mala contentezza: scontentezza. — conseguitarne: averne. — fastidio: insoddisfazione.

23. rattenuto: cauto.

24. occasione: il presente, dunque, non appartiene all’azione, ma alla preparazione; ancora una conferma dello spirito che unisce questa parte dei Discorsi all’Arte della guerra.

25. offizio: dovere. — buono... bene: notiamo ancora (cfr. I.55.7; e l’avvertenza valga per molti luoghi seguenti) un trascolorare del bonum pratico-politico nel bonum morale. — malignità: avversità (ossia «disformità»: cfr. III.9). — amato dal Cielo: può tranquillamente intendersi come “favorito dalla Fortuna”, senza alcuna effettiva connotazione religiosa.

26. superiore: precedente. — al di dentro: all’ordinamento interno (cfr. I.1.23). — allo augumento: alla espansione.

I

2. Plutarco: nell’operetta intitolata de fortuna Romanorum. Ma già nel Quattrocento si sospettava — e la congettura viene riproposta dai moderni grecisti — che l’opuscolo fosse monco (o incompiuto) e che in origine alla dimostrazione della fortuna dei Romani seguissero o fossero per seguire, quella della loro virtù e poi la sintesi degli opposti argomenti. — gravissimo: ponderato e autorevole.

3. riconosciute dalla: ascritte alla. — iddio: cfr. de fort. Roman. 318 e.

5. confessare: riconoscere per vera.

6. è nato che: è avvenuto perché. — ordinata: costituita, provvista di ordini (ricorda I.6).

7. la virtù: cfr. I.4.3-4. — fecero: per influenza di eserciti. — datore delle leggi: è la lez. di G+L (B: legislatore; Mazzoni: latore d. l). Si tratta di Romolo (cfr. I.19.2).

8. dicono ecc.: forse da Plutarco de fort. Roman. 321 f (là dove dice che se tutti i suoi futuri nemici si fossero coalizzati, al tempo di Numa, contro Roma, l’avrebbero soffocata sul nascere). Può essere interessante rammentare che ancora Th.Mommsen, commentando la sfasatura temporale tra guerra sociale e guerra mitridatica, scrive che così «si dimostrò ancora una volta la meravigliosa fortuna di Roma»! (II, 295). — accozzate due: impegnate insieme due. — non tanto: non solo. — di quelli: ossia dei Sanniti; cfr. Livio 8,2 sgg. (340 a.C.). — i Toscani: gli Etruschi; furono di fatto sottomessi nel 294. — enervati ecc.: sfiancati per le ripetute sconfitte. — intere: integre («fresche»).

9. eglino: essi, i Romani. — potentissime: pesanti. — tempo: si potrebbe obiettare che, per es., tra il 298 e il 294 a.C., contro Roma si coalizzarono Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli. Ma ricordiamo che M. sta “concedendo” la «minore» del sillogismo (i Romani combatterono una guerra alla volta) per poi colpire meglio la «maggiore» (la non-simultaneità delle guerre è dono di fortuna).

10. i Volsci: piegati nel 345 a.C. (Livio 7,28).

11. a’ Sanniti: nel 343 a.C. (Livio 7,32). — si ribellassero: nel 340 (Livio 8,6). — in lega: Livio 8,2.

12. I quali: i Latini. — di Sannio: nel 327 (Livio 8,25).

13. de’ Toscani: nel 311 (Livio 9,32).

14. composta: conclusa con un accordo, nel 294 (Livio 10,37). — rilevarono: risollevarono. — la passata: la venuta, nel 280. — Pirro: principe dell’Epiro e condottiero di ventura, chiamato in Italia dai Tarantini. Cfr. Plutarco Pyrrhus.

15. in Grecia: nel 275. — Cartaginesi: 264-241 a. C. (Floro 1,18; Polibio 1). — né prima fu: intendi “e non appena fu”. — congiurarono: si accordarono, nel 231 (Polibio 2,22); stavolta le Alpi sono proprio le Alpi, non gli Appennini. — tanto che ecc.: finché furono disfatti in un combattimento alla foce dell’Ombrone (225 a.C.); morirono, secondo Polibio 2,31, quasi quarantamila Galli.

16. Liguri: cfr. Floro 2,19. — in Lombardia: cfr. Polibio 2,34.

17. sedici anni: 218-201 a.C.

18. macedonica: contro Filippo V, dal 200 al 196. — Antioco: re di Siria; sconfitto dai Romani e costretto a un oneroso trattato di pace (189 a.C.).

21. tale fortuna: quella di avere a che fare con un nemico alla volta. — elezione: libera scelta. — quietare: tenere a bada.

23. commerzio seco: rapporti con lui. — longinqua: lontana, non urgente. — appartenga: interessi.

24. mi farò: comincerò. — estimazione: fama. — tutta l’Africa: intendi, la costa africana del Mediterraneo occidentale.

25. discosto ecc.: lontano dai confini. — fecero... più tosto ecc.: agirono in loro favore. — come si fa... crescano: come si usa fare nei confronti delle potenze in ascesa («la frase è poco chiara» al Puppo; ma si cfr. I.33. 7 e si aggiusti, quindi, l’interpunzione). — collegandosi: alleandosi; il primo trattato fra Roma e Cartagine risalirebbe addirittura al 509 a.C. (Polibio 3,22); un nuovo o rinnovato patto di amicizia fu stretto nel 348 (Livio 7,27).

26. avviddono ecc.: avvidero prima... che i Romani... — mezzi: collocati in mezzo. — dello imperio: per il dominio.

27. questo medesimo: collegalo a che a’ Cartaginesi.

28. che loro. Questa lunga e puntigliosa discussione storiografica era necessaria alla dissoluzione della tesi “anti-romana”. Ciò che appare come “fortuna” dei Romani, non altro fu — dice M . — che il risultato della loro somma virtù e prudenza.

29. de’ principati: intorno ai principati (cfr. III.42.8); nel terzo capitolo, intitolato ai Principati misti, il «modo» romano è così riassunto: «mandorono le colonie; intrattennono e meno potenti, senza crescere loro potenzia; abbassorono e potenti e non vi lasciarono prendere reputazione a’ potenti forestieri».

30. lievemente: brevemente. — scala o porta... o mezzo: agente, strumento. — in Sannio: cfr. Livio 7,30; i Campani chiamarono i Romani in aiuto contro i Sanniti. — Camertini: Umbri di Camerino, si allearono a Roma contro gli Etruschi (cfr. Livio 9,36; M. enfatizza l’episodio). — Mamertini: mercenari campani che si erano impadroniti di Messina; ottennero la protezione dei Romani contro i Cartaginesi, creando l’occasione della prima guerra punica (Polibio 1,8 sgg.). — Saguntini: cfr. I.59.12. — Massinissa: re di Numìdia, alleato di Roma nel corso della seconda punica. — Etòli: alleati ai Romani contro Filippo V di Macedonia; cfr. Princ. 3 (e Livio 26,24). — Eumene: re di Pergamo, in Asia Minore; difeso dai Romani contro Antioco. Livio 35,13. — Massiliensi: i Greci di Marsiglia, tradizionali alleati di Roma. — Edui: popolo della Gallia; favorirono le conquiste cesariane.

32. Il che ecc.: quei popoli che osserveranno lo stesso metodo vedranno ecc.

33. quanto possa: quanto abbia contato. — la fortuna: cfr. II. 30. 32 e n.

II

2. libertà: ordinamento libero, repubblicano. — eccessiva virtù: virtù straordinaria; per dire che il favore della fortuna non sarebbe bastato (vedi par. 41)

3. quella: la libertà. — occupata: tolta.

4. nella lezione: grazie alla lettura.

5. una provincia: la Germania; cfr. I.55.9.

7. si ragiona: si legge. — Porsenna: detto «re di Chiusi» da Livio (2,9); cfr. I.24.9.

8. a campo a: all’assedio di. — e tanto odiava ecc.: veramente Livio dice che l’elezione di quel re (il nome ne è ignoto) irritò gli altri Etruschi «meno in odio alla monarchia che per la scelta della persona» (5,1). — sotto il re: cfr. Livio, loc. cit.

10. da Pisistrato: cfr. I.2.29. La potenza ateniese fiorì con Pericle (461-429); i «cento anni» vanno, all’incirca, dalla cacciata dei Pisistratidi alla caduta sotto il predominio spartano (510-404 a.C.). Per la connessione tra libertà e potenza, cfr. Erodoto 5,78 e anche Tucidide 1,17.

11. maravigliosissima: sott. “cosa”.

13. osservato: perseguito. — quello che fa a proposito suo ecc.: ciò che è conveniente al bene comune si esegue e, per quanto esso danneggi questo e quel privato, a trarne giovamento sono tanti che possono farlo valere contro l’opposizione di quei pochi che...

14. uno principe: caratterizzato come un tiranno, come una forza essenzialmente distruttiva, anti-politica.

15. il manco: il meno, il minore. — il più delle volte, anzi sempre: tipico dello stile concettuale machiavelliano: la constatazione di un’esperienza storica trapassa a regola generale. Ma è evidente che, se le città cadute sotto un principe sempre rovinano, il «manco male» prima delineato svanisce in un limbo di astratta eventualità.

16. virtuoso: abile, in senso tecnico. — onorare: facendolo godere delle conquiste fatte. — avere ad avere ecc.: dover nutrire sospetto nei loro confronti. Se i cittadini crescessero in potenza, il tiranno ne avrebbe accresciuto timore; tutt’altro il caso di un principe davvero «virtuoso», che fondasse sul consenso del popolo. Qualche eco di Sallustio Catil. 7.

17. disgiunto: diviso. — terra: città. — riconosca lui: come signore.

19. De tyrannide: o Gerone; meno avverso alla tirannide di quanto l’accenno machiavelliano possa far pensare. Fu tradotto in latino, nel Quattrocento, da Leonardo Bruni. M. potrebbe avere in mente 2,15 sgg., ma lo spunto è stato profondamente rielaborato.

21. Girolamo: Geronimo, nipote e successore di Gerone II, regnò in Siracusa per tredici mesi (215-214 a.C.); l’episodio riferito da M. si trova in Livio 24,21 (cfr. I.58.5). — che venendo: allorché, giungendo. — novelle: notizie.

23. in Corcira: a Corfù, intorno al 425 a.C. — quella provincia: la Grecia. — infra loro: al loro interno. — gli rinchiusero: li (i nobili) rinchiusero — titolo: pretesto. — esempli: supplizi.

24. di quello: di quello che. — fatto uno concorso: accorso sul posto. — scoperse: scoperchiò. — suffocò: cfr. Tucidide 4,46-48 (M. ha modificato notevolmente il racconto).

26. fondata: causata (si osservi che Mazzoni ha «dubbiosamente» emendato dalla in nella: non credo che sia necessario).

27. religione: cfr. I. Proemio A.7. — la verità ecc.: va considerata non più che una concessione formale; nonostante il contrario avviso di alcuni (anche autorevolissimi) studiosi, la fede in Cristo mi pare assente dall’opera e dalla biografia di M.

28. constituzioni: usanze. — sacrifizi: riti. — alla: a fronte della.

29. Qui: nei riti pagani. — aspetto: spettacolo.

32. abiezione: disprezzo di se stessi.

34. maneggiare: trattare. — l’università: la generalità. — battiture: pene. — a vendicarle: vuol dire che la condotta evangelica, non contrastando la malvagità sul terreno dell’azione, lascia il mondo in balìa della corruzione. Il paganesimo antico, invece, riusciva a unire sentimento morale-religioso e virtù civile (cfr. II. Proemio. 25).

35. interpretato ecc. Non è solo un modo elegante di superare il punto critico. M. è, in effetti, ben consapevole della forza, politicamente rilevante, del sentimento religioso; né potrebbe considerare un “ritorno” al paganesimo altro che come una assurda astrattezza. Si tratta allora di diffondere una «interpretazione secondo la virtù» (ossia, in chiave mondana e attivistica) del Cristianesimo stesso. L’interesse retrospettivo per il Savonarola (documentato, nel modo che si è visto, nei Discorsi) può spiegarsi anche da questo punto di vista. Si capisce, anche, quanto tale “reinterpretazione” comporti uno stravolgimento radicale della religiosità cristiana e implichi una sostanziale indifferenza al suo nucleo di fede.

36. la vuole ecc.: essa, la religione, vuole che noi amiamo la patria.

37. queste ecc.: quelle «secondo l’ozio».

38. Ancora che io ecc.: Una volta riconosciuto il ruolo del Cristianesimo, restava la domanda: come ha potuto la «presente religione» soppiantare l’antica? Ed ecco la risposta storico-politica, che toglie alla diffusione del Cristianesimo ogni tratto miracoloso. La dissoluzione dello “spirito” antico è avvenuta a opera dei Romani, negli altri popoli, e, nei Romani stessi, per il procedere della corruzione nel loro «corpo» politico. La nuova fede ha potuto allignare nell’«ozio», aggravandolo e perpetuandolo, ma non ne è — a rigore — la causa.

39. risoluto: dissolto.

40. una congiura: qualche lega.

42. di qualche membro: di alcuna di esse. — lo confessa: 10,31. — quarantasei: prima e seconda guerra sannitica, dal 343 al 295 a.C. (meno due di sosta: 303-302); il computo è liviano, loc. cit. — disabitato: fu devastato e spopolato nel corso delle ultime, terribili, guerre tra Roma e gli Italici (91-82 a.C.).All’epoca di M. (e fin quasi ai giorni nostri) l’Irpinia era una delle plaghe più misere del Mezzogiorno.

45. maggiori: più numerosi. — e connubii ecc.: i matrimoni più facili. — principi: capi della città. Di «onori» e «sostanze» vive l’uomo (cfr. I.37).

46. cultura... arti: agricoltura, industria.

47. commodi: vantaggi. — l’uno e l’altro: bene particolare e bene comune.

48. scemono: scemano, mancano.

49. l’una... l’altra: in primo luogo... in secondo. — enervare: sfiancare.

51. ordini... ordinari: modi normali. — equalmente: tutte allo stesso modo. — l’arti: le attività economiche.

52. di sopra: cfr. par. 15; ma non si può dire che la differenza tra principe straniero e tiranno cittadino sia costruita concettualmente in modo persuasivo.

53. oratori: ambasciatori. — bassezza: debolezza. — in Nola: Livio 23,42.

III

1. ricevendo ecc.: concedendo senza difficoltà i diritti politici agli stranieri.

2. Crescit etc.: cresce frattanto Roma nella rovina di Alba (Livio I,30; ma «Roma interim crescit» etc.). La citazione è ripetuta al par. 17. Un esordio così (e cfr. II. 23 e III.10) dice forse qualcosa sull’aspetto che presentavano le «schede» di M., prima della loro rifusione in un’opera organica. Crescit etc.potrebbe essere stata l’intestazione originaria del primitivo «discorso», concepito come commento alla sentenza liviana.

3. di abitatori: cfr. I.6.21. E ricorda Aristotele Pol. 1270 a.

5. disegnassono: disegnassero, desiderassero.

6. sesto re: Servio Tullio; eseguì il primo “censimento” (computo e distribuzione della popolazione in classi, secondo il censo, la ricchezza) della storia romana. — abitavano ecc.: Livio I,44.

7. rimasa ecc.: rimasta quella forza vitale nel fusto. — più verdi: rami più verdi ecc.

8. quanto quelle: cfr. I.2 e I.6.

9. di già: già al tempo di Servio Tullio. — ottantamila: i testimoni concordano nell’incongruo dugentottantamila, passato indenne tra le mani di editori e glossatori, nonostante il riscontro col par. 6. Si può trattare di una svista dell’autore: oppure, un segno prima di 80 m.a. è stato letto dal copista come 2. — ventimila: Tucidide 2,31 riferisce che «il più grande concentramento di forze» ateniesi ammontò a 13 mila effettivi (e più che altrettanti ausiliari); per la battaglia di Platea, Erodoto 9,28 parla di 10 mila opliti Lacedemoni e 8 mila Ateniesi.

11. Licurgo: cfr. I.2.28. — risolvere: corrodere, corrompere. — conversarvi: avere relazioni con Sparta. — civilità: cittadinanza, diritti politici («onori», nel titolo). — di cuoio: cfr. Seneca de benef. 5,14; Plutarco Lyc. 9 parla, invece di monete di ferro. — arte: industria. — di qualità che: di modo che.

12. natura. La vicenda storico-politica è interpretabile secondo un sistema di analogie col mondo naturale (al centro, l’idea di «corpo» statuale). Ma questo non vuol dire che l’agire umano si svolga senz’altro sotto il dettato di una necessità naturale: se così fosse, la politica — che è decisione, prassi — non avrebbe luogo. La conformità tra azione e «necessità» non è data ex ante, ma deve essere conquistata col «vedere discosto» e coi «buoni ordini». — pedale: fusto (anche piede); continua il sistema di metafore aperto al par. 7.

14. ribellarono: cfr. I.6.27.

IV

2. tenuti ecc.: osservato tre metodi di espansione.

3. i Toscani: gli Etruschi. — farsi...compagne: associare alla confederazione (ricorda F. Vettori a N.M., 20 agosto 1513: «[gli Svizzeri] quelli che hanno presi insino ad hora, gli hanno fatti conpagni et non sudditi»). — i Svizzeri: il nucleo originario della confederazione si costituì nel 1291. — gli Achei ecc.: lega achea (280-146 a.C.) e lega etolica (ca 350-167), entrambe vinte dai Romani. Svizzeri, Etruschi, Etoli e Achei sono tutti ricordati nella lettera del 26 agosto 1513 al Vettori.

5. particulare istoria: vuol dire che non esiste un’opera storica dedicata specificamente agli Etruschi. M. trae le sue informazioni soprattutto da Livio 5,33; una breve summa di storia etrusca anche in Leonardo Bruni Hist. flor. I. — memoria: vedi il cap. sg. — segno: traccia, resto. Allude ai primi ritrovamenti di antiquaria etrusca (cfr. Tommasini II,155).

6. mare di sopra: «mare superum», in Livio, loc. cit. (qui seguito puntualmente). — nobile: importante.

7. delle alpi ecc.: ossia, delle nostre Alpi (il grosso è la parte più ampia dell’Italia, il Settentrione). — dugento ecc.: «ducentis quippe annis ante quem... [Galli] urbem Romam ceperunt», dice Livio al loc. cit. — Franciosi: consueto per “Galli”. — da necessità: secondo Livio (5,34) i Celti, afflitti da eccesso di popolazione, inviarono una spedizione in Germania e un’altra, guidata da Belloveso, in Italia. — o dalla dolcezza ecc.: cfr. Livio 5,33, che però si riferisce al passaggio dei Galli in Toscana, di due secoli successivo. — i provinciali: gli abitanti della regione, ossia gli Etruschi. — di molte ecc.: «una città, che chiamarono Mediolanio», secondo Livio.

8. equalità: eguaglianza fra le diverse città. — dodici: così il Bruni, loc. cit.; Livio parla di «due gruppi di dodici città ciascuno», di qua e di là dagli Appennini. — i quali: concord. a senso con città (= stati).

9. uscire ecc.: spingere la conquista fuori d’Italia. — intatta: libera.

10. compagni ecc.: alleati, ma conservando a sé il comando supremo, la sede dell’impero e il nome nel quale si combattono le guerre.

11. immediate: lat., senz’altro.

13. cura: la briga, l’onere. — libere: cfr. Princ. 5, dove pure è addotto il confronto tra Spartani e Romani, sia pure in una luce diversa (gli Spartani «tennono Atene e Tebe creandovi uno stato di pochi [ossia, in un certo senso, se le fecero «compagne»], tamen le riperderno. Li Romani, per tenere Capua, Cartagine e Numanzia le disfeciono e non le perderno»). In realtà, la “regola” originaria è quella per cui gli uomini si hanno a beneficare o a spegnere: quindi, o vera alleanza (come qui suggerito) o distruzione (come in Princ. 5), — evitando le «vie del mezzo» su cui hanno camminato i Greci. Si segua, per altro, nel resto del capitolo, lo svolgimento del motivo generale a riscontro della vicenda romana: l’alleanza offerta alle «repubbliche» italiche si rivelerà un «inganno», quando Roma, forte dei «sudditi» acquisiti fuori d’Italia, imporrà violentemente a quelle il suo dominio.

14. grosso: ben fornito.

15. le tua: da riportare, forse, a la tua.

17. però salse: perciò salì. — eccessiva: eccezionale.

18. equali leggi: accordi da pari a pari. — che non ecc.: non avvedendosene.

19. Perché ecc.: periodo di faticosa sintassi. Nell’insieme, è una causale indipendente, come nell’uso machiavelliano; la funzione principale è dunque: «perché... quegli compagni... si trovarono» ecc. La causale interna è: «come ei cominciarono a uscire... e farsi suggetti» ecc. (a sua volta intessuta di causali secondarie); di modo che stabilisce un nesso consecutivo, sovrapposto a quello causale espresso — ma troppo lontano — da come.

20. le provincie esterne: la decisiva guerra tra Roma e gli Italici fu combattuta tra il 91 e 1’88 a.C.; le province esterne conquistate fino a quel momento erano: Gallia Cisalpina, Narbonense, Grecia, Asia Minore, Africa (= Tunisia), Sicilia, Spagna. Il contributo dato dalle forze provinciali alla vittoria di Roma è storicamente accertato; ma M. non rileva il fatto — decisivo — che una parte degli Italici godeva già della cittadinanza romana: così che, al momento del confronto finale, i cittadini erano quasi pari, per numero, ai confederati (cfr.Mommsen II, 269 sgg.).

21. congiurassero: formarono una lega italica con capitale a Corfinio. — ancora loro: anch’essi. — sudditi: per la verità, i Romani, dopo lo scoppio dell’insurrezione, si decisero a concedere la cittadinanza a tutti gli Italici che erano rimasti fedeli e a quelli che recedessero dalla ribellione. E, alla fine, solo gli irriducibili Sanniti furono sterminati.

24. disgiunta: disunita; o «divulsa», per dirla con Francesco Vettori (lett. cit.). — Nel carteggio del 1513, M. si spinge fin quasi a dichiarare «simile a quella de’ Romani» la virtù degli Svizzeri, dei quali, comunque, si «ha da temere maravigliosamente» (10 agosto). Alle obiezioni del Vettori — centrate proprio sulla debolezza intrinseca delle «republiche divulse» — si oppone quindi l’esempio di Etruschi, Etoli e Achei, delineato in modo da mostrare che «fu più la forza d’altri, che l’ordine loro, che non li lasciò ampliare» (26 agosto); anche nel Principe, del resto, «e Svizzeri sono armatissimi e liberissimi» (c. 12).Solo dopo la crisi dell’espansionismo elvetico (1515), il giudizio di M. recupera appieno la distanza tra il «modo romano» e il «modo», apprezzabile ma difettoso, delle «leghe» antiche e moderne; così da rielaborare in questa pagina dei Discorsi anche alcuni spunti vettoriani. — posta ecc.: i responsabili delle decisioni sono sparsi in varie sedi.

26. per concilio: per mezzo di organi collegiali. — conviene: bisogna, è inevitabile. — tardi: lenti. — cerchio: come dire “cinta di mura”, confine cittadino.

27. un termine fisso: un limite invalicabile. — aggiugnere: arrivare. — comunità: vuol dire che una confederazione non può estendersi indefinitamente (per le ragioni esposte più avanti); l’indicazione numerica ricalca l’esperienza etrusca (vedi par. 3) e quella svizzera (nel 1513, lega dei tredici cantoni).

29. ricevere ecc.: accettare tributi, prendere protettorati.

30. Livio: cfr. 32,32-34. — a parlamento: a colloquio. — pretore: comandante; si chiamava Fenea e partecipava alla trattativa in quanto alleato dei Romani. — a parole: a lite. — ancora a servigio: anche al servizio.

32. Vedesi... avere: coordina modo finito (che... è stato) e infinito. — egli: essi, i confederati. — il modo: il limite, di cui si è detto.

34. vero: il solo efficace; lo schema della dimostrazione è simile a quello in I.6: una gradualità di apprezzamento, per i diversi modelli proposti dalla storia, si risolve nell’unica autentica esemplarità di Roma.

35. di Svevia: costituita nel 1488 tra principi e città della Germania meridionale; duramente sconfitta dagli Svizzeri nel ’99, restò formalmente in vita fino al 1534.

36. nel fine ecc.: nelle conclusioni di questo libro; cfr. in particolare II.30.30-32. — alle cose ecc.: all’ordinamento interno (libro I) e alla guerra di conquista (1.II). — e inutili: ricorda sempre I. Proemio. — correre: scorrere, invadere.

37. a’ presenti Toscani: imitazione più facile, dal momento che «gli uomini che nascono in una provincia osservino per tutti i tempi quasi quella medesima natura» (III.43), ma vedi più avanti. Un’eco di questo «discorso» machiavelliano si trova già nella lunga epistola di Lodovico Alamanni ad Alberto Pio, 27 dicembre 1516 (ed. von Albertini). A quella data, l’Alamanni poteva già avere una nozione della tesi machiavelliana, grazie ai suoi rapporti con l’ambiente “oricellario” (cfr. Nota al testo).

39. Il che: la quale potenza. — laude: buona fama. — di religione: cfr, Livio 5,1, dove gli Etruschi sono detti «gens ante omnes alias... dedita religionibus».

41. oblivione delle cose: dimenticanza del passato, ma oblivione «è più di dimenticanza; che in questa la cosa sfugge di mente... in quella se ne ricoprono le tracce, sì che è difficile rinnovarle» (Tommaseo). Nota giustamente Sasso che l’imitazione degli Etruschi è proposta e subito dissolta; nell’evanescenza della loro «memoria»: come «imitare» qualche cosa che non si può conoscere? Anche per questa via, insomma, M.conforta la superiorità del modello romano.

V

2. quegli filosofi: Aristotele, in primo luogo (cfr. de caelo 283 b, ecc.; e, come tradizione indiretta, Cicerone Tuscul. 1,28,70 e de nat. deor. 1,19-20); ma anche Plotino (per es., Enn. 2,1), di cui M. poteva avere qualche nozione per il tramite della cultura ficiniana. La tesi dell’eternità del mondo è, naturalmente, discussa attraverso tutta la cultura filosofica medievale e rinascimentale, argomentata dagli aristotelici più conseguenti e violentemente oppugnata dalla Chiesa. Nettissima — e di particolare interesse in questa sede — è la posizione assunta dal Savonarola in luoghi come Triumphus crucis 4,2 e la predica dell’11 dicembre 1496 (e vedi par. 8). — sia stato eterno: sia stato eternamente, ci sia sempre stato. — si potesse ecc.: si potrebbe (nota la sintassi: si potrebbe replicare... se non si vedesse... ). — memorie: l’argomento che trae dalla limitatezza delle “memorie” umane la confutazione della eternità del mondo, è di estrazione epicurea (cfr. Lucrezio 5,324-44). — cinquemila: la cifra tradizionalmente ricavata dal racconto biblico (e cfr. il brano di Agostino cit. più avanti). — quando ecc.: dovrebbe essere chiaro — ma non sempre, agli interpreti, lo è stato — che il ragionamento delineantesi è “a favore” della eternità del mondo: l’argomento della “memoria breve”, dice M., varrebbe se noi non sapessimo che di quella brevità è causa la distruzione che «cagioni» diverse, naturali o accidentali, periodicamente producono della civiltà umana, e quindi della sua memoria. Questo elemento (che balena già in I. Proemio A.9, nell’accenno all’eternità del moto [e cfr. Aristotele Metaph. 1071 b]) associato, come è, alla tesi del sorgere e morire delle religioni, caratterizza il capitolo come il documento più impegnativo (al di là delle innegabili cautele espositive) dell’ “anticristianesimo” filosofico dell’A. È probabile, fra l’altro, che il punto di riferimento polemico immediato di questo testo sia una pagina di S. Agostino, de civ. Dei, XII, 10-11: «Alii namque, sicut de ipso mundo crediderunt, semper fuisse homines opinantur... Et cum illis dictum fuerit, si semper fuit humanum genus, quonam modo verum eorum loquatur historia narrans qui fuerint quarumque rerum inventores [etc.]... vel a quibus primum illa vel illa regio parsque terrarum, illa atque illa insula incoli coeperit, respondent diluviis et conflagrationibus per certa intervalla temporum non quidem omnia, sed plurima terrarum ita vastari, ut redigantur homines ad exiguam paucitatem, ex quorum progenie rursus multitudo pristina reparetur... Fallunt eos etiam quaedam mendacissimae litterae, quas perhibent in historia temporum multa annorum milia continere, cum ex litteris sacris ab institutione hominis nondum completa annorum sex milia computemus. Unde ne multa disputem quem ad modum illarum litterarum, in quibus longe plura annorum milia referuntur, vanitas refellatur et nulla in illis rei huius idonea reperiatur auctoritas» etc. M. ne riprende quasi tutti gli spunti, rielaborandoli e riconnettendoli in una argomentazione di segno contrario. [Altri ritengonoche il genere umano, come il mondo, sia eterno. E quando si sia obiettato loro che, se l’umanità fu sempre, la storia non potrebbe narrare chi fossero i primi inventori di questa o quella cosa, o da chi per primo fosse abitata quella o quell’altra regione — rispondono costoro che, a certi intervalli, da eruzioni e diluvi, non tutte ma molte regioni del mondo sono sconvolte, e gli uomini ridotti a una quantità piccolissima, dalla cui progenie si riforma in seguito la massa.Costoro sono tratti in errore anche da certi scritti falsissimi, nei quali essi vantano di trovare la storia di molte migliaia di anni, benché grazie ai libri sacri noi possiamo computare quasi seimila anni dalla creazione dell’uomo. Non mi soffermerò a confutare la vanità di quei testi che pretendono di riferire molte migliaia di anni, né a dimostrare che essi non hanno alcuna valida autorità circa questo problema.]

4. il primo ecc.: la sua prima cura. — gli occorre che: capitata che.

5. Gentile: pagana, — ogni memoria: ogni traccia “vivente”, non però ogni «notizia» (v. par. sg.). — antica teologia: traduce «prisca theologia», del Ficino.

6. di quella: appartenenti alla «setta gentile». — quella: la «setta cristiana». — feciono: essi, i Cristiani (o «gli ordinatori della nuova setta»). — forzatamente: costretti. — non ci sarebbe ecc.: il patrimonio culturale latino si è conservato, pur attraverso la tempesta cristiana, grazie alla sua insostituibilità di documento linguistico. Considerazione non priva di verità storica.

8. San Gregorio. Si è suggerito molto opportunamente che qui M. attinga a ricordi savonaroliani, e per es. alla predica del 9 febbraio 1497: «San Paulo fece ardere tante cose e libri... San Gregorio fece spezzare quelle belle figure di Roma e ardere le Deche di Tito Livio. Parti che fussi un pazzo San Gregorio?» (Sopra Ezechiele). Dove, certo, l’accanimento di Gregorio contro il testo liviano non avrà mancato di colpire profondamente M. (e cfr. la «malignità dei tempi», in I. Proemio A. 9!).Gregorio Magno fu papa dal 590 al 604.

10. quello che ecc. Nota che la setta Cristiana ha «voluto» annientare le memorie del Gentilesimo, ma non ha “potuto” farlo, a causa del mantenimento della lingua latina (e greca, bisognerebbe aggiungere); mentre la setta Gentile «ha fatto» quel che voleva, ha distrutto ciò che le preesisteva.

11. queste sètte: il Cristianesimo — inserito in un “ciclo” delle religioni e destinato a perire, non diversamente da come era perito, prima di lui, il Gentilesimo — perde di fatto il carattere privilegiato di “verità rivelata”. M. rielabora il motivo dell’«oroscopo delle religioni», secondo cui certe rare «grandi congiunzioni» celesti scandiscono la nascita e la morte delle religioni (cfr. ps. - Ovidio de vetula e i testi medievali cit. dal Garin, Lo Zodiaco, pp. 24 sgg); di questa tradizione, per altro, M. non raccoglie né l’indirizzo provvidenzialistico (che di solito consentiva di riaccordare l’oroscopo alla rivelazione: la fine del Cristianesimo e l’avvento dell’Anticristo erano integrati nella dimensione apocalittica) né la connessa articolazione in sei «sectae principales» (dal Giudaismo alla setta dell’Anticristo). Semmai, per M., la “caducità” delle religioni è analoga a quella delle repubbliche (cfr. III.2.38, ecc.) e la loro successione può venire restituita solo per via storiografica, nei limiti, quindi, della «vera memoria». Così che, dice M., in «cinque o in seimila anni» (cfr. par. 2), le sette variano «due o tre volte», avendo in mente — ritengo — le «sette» gentile, cristiana e «saracina». — alcun segno: al naufragio del mondo pre-classico (per così dire) qualcosa è scampato. Ma non tanto da potere restituire quel tessuto di conoscenze che solo può sopportare il peso della critica storica. Gli avvenimenti di quel remoto passato non hanno, quindi, ormai altro profilo se non quello, incerto e sfuggente, della «favola». — fede: vuol dire che il racconto degli storici, quando si spinge oltre il limite della «vera memoria», non può essere accettato come documento “diretto” (e, d’altra parte, in qualche caso, anche le favole, lette «sensatamente», possono restituire qualche segreto: cfr. II. 12.9-10 e III.39.5). — Per il motivo dell’eredità «favolosa» lasciata dalle religioni perite, cfr. — a conferma delle ascendenze già indicate — il lamento di Ermete in Asclepius, 24: «O Aegypte, Aegypte, religionum tuarum solae supererunt fabulae eaeque incredibiles posteris tuis...» [O Egitto, Egitto: della tua religione, avanzeranno solo favole, incomprensibili dai tuoi posteri] (ed. a c. A. D. Nock e A. J. Festugière, Les Belles Lettres, Paris 1945, p.327). — Diodoro: vissuto nel I sec. a.C., autore di una storia universale (la Biblioteca) dalle origini dell’umanità a Cesare. — quaranta ecc.: Diodoro dichiara che la sua storia copre «millecentotrentotto anni, più quanto precede la guerra di Troia» (I, 5); più avanti riferisce (e critica) la cronologia egiziana che calcolava un tempo di ventitremila anni tra Osiride e Alessandro Magno (I,26). Non è chiaro come M. arrivi alla sua cifra di «quaranta o cinquantamila»: è come se desse per buoni i ventitremila anni di “storia” egizia, e ne calcolasse poi altrettanti dall’Image — l’inizio del mondo — all’avvento di Bacco-Osiride, figlio di Giove e Giunone. — è riputato ecc.: cfr. Agostino, loc.cit. («mendacissimae litterae» etc). — mendace: non veritiero, nel senso giustificato più sopra, che quindi lascia qualche spiraglio all’indagatore dei tempi “antichissimi”. Del resto, M. ha fornito — sia pure con estrema concisione — la sua versione sul «principio» dell’umanità (1,2; che, nella prospettiva dell’eternità del mondo, diventa “uno dei principi” di una delle grandi epoche della storia umana) e lo ha fatto utilizzando, fra gli altri, proprio Diodoro. Ma c’è da chiedersi se considerasse quelle descrizioni dell’umanità primitiva come ricostruzioni “filosofiche” o come estremi bagliori di «memoria», più o meno favolosamente rivestiti.

12. spengono ecc.: colpiscono la razza umana. — di parte: di una regione; (cfr. Agostino, loc. cit.); non si parla, quindi, di catastrofi che coinvolgono tutto il mondo (come invece, mi pare, in Polibio 6,5,5).

13. o per peste ecc.: cfr. Platone Timeo 22 c, e Polibio 6,5.Vedi anche Lucrezio 5,338-344 e Cicerone de rep. 6,21 — dove il motivo è però assunto in ipotesi filosofiche che negano l’eternità del mondo. — è più universale: colpisce con maggior forza, lascia meno scampo. — montanari: le cime montagnose non sono state sommerse dal diluvio. — rozzi ecc.: cfr. Platone Timeo 22 d-e, 23 a-b; Leggi 677 d-e.

14. perverte: modifica. Anche in questo caso, le vestigia del passato dovranno (o dovrebbero) essere ritrovate al di là del «pervertimento» che hanno patito; ma quasi tutto sarà irrimediabilmente perduto.

15. ragionevole: i «diluvi» sono, in primo luogo, attestati nelle fonti (filosofiche, storiche e, ovviamente, bibliche); sono poi necessari a spiegare l’effetto della «oblivione»; trovano, infine, la loro deduzione razionale nella fondamentale omogeneità tra universo naturale e universo sociale (vedi oltre).

16. corpi semplici: qui nel senso di “organismi individuali”. — muove ecc.: sommuove essa stessa il corpo e lo purifica. — in questo corpo ecc.: nel genere umano, che è un corpo misto, un organismo collettivo (abbiamo già visto che «corpi misti», in senso più stretto, sono anche le repubbliche). — di necessità. All’idea propriamente machiavelliana di una necessità intrinseca al corso delle cose, si sovrappone quella — di tradizione astrologica — di una “congiunzione” tra vicenda umana e movimento della natura. L’intervento del diluvio, a sanare la massima corruzione dell’umanità, non può spiegarsi se non alla luce di una causalità extrastorica (cfr. appunto Asclepius 26; e al par. 30 il tema del «mundus sempiternus»). — battuti: colpiti, provati (il che li rende «migliori»).

17. di sopra: nel cap. prec. — la sua lingua: intorno alla lingua degli Etruschi, avevano intrattenuto una discussione epistolare due personaggi molto vicini a M ., Marcello Virgilio e Francesco Soderini. Agli inizi del 1508, sollecitato dalla recente scoperta di un sepolcreto nel Chianti, Messer Marcello aveva interessato il Cardinale — allora a Roma — al problema della decifrazione delle iscrizioni etrusche. Dopo qualche ricerca, il Soderini concluse la «memoria» di quell’antica lingua doversi considerare senza rimedio «spenta». Mi pare possibile che da quell’episodio M. abbia tratto qualche suggestione, se non anche lo stimolo iniziale (scrive il Soderini: «contingit enim de litteris etruscis, quod fortasse de graecis latinisque aliquando continget...»)[infatti avviene, della lingua etrusca, quello che forse un dì avverrà del greco e del latino] a ragionare sull’oblivione che, talora, avvolge le «memorie delle cose» (cfr. le due lettere del Cardinale a Marcello Virgilio, 23 febbraio 1508, in Angelo Bandini, Coll. veter. aliq. mon., Arezzo 1752, pp. 31-32; e 1° gennaio 1509, in Carlo Fea, Miscell. filol. critica e antiq., Roma 1790, pp. 327-28) [vedi anche III.19.6]. — spento: i Romani hanno «spento» la lingua e i costumi degli Etruschi (non la loro religione, che è «Gentile» anch’essa; cfr. II.2. 26 sgg.), e hanno così tolto alle «memorie» etrusche ogni vitalità e autonomia.Per intendere appieno il senso polemico di questa battuta, bisogna rammentare che una certa tradizione fiorentina (esemplarmente, Leonardo Bruni) rivendicava un magistero etrusco su Roma in materia di ordinamenti e di religione. Cfr. II.4.41..

VI

2. ampliare: è la conquista, sotto il rispetto politico, distinto da quello strettamente militare. — universale degli altri: seguito da tutti gli altri.

3. elezione: scelta, contrapposto a «necessità»; chi fa guerra per «elezione» è mosso dall’«ambizione» (con le avvertenze date in n. a I.37.3). — con essa: con la guerra.

4. del publico: delle casse dello Stato.

5. corte e grosse: brevi e potenti (brevi, perché condotte con tutta l’energia possibile). — campagna: operazioni militari. — spedirano: spedirono (con la solita morf. vernacolare), compirono.

6. ossidione ecc.: assedio di Veio.

7. scoperta: dichiarata. — giornata: battaglia campale.

8. guasto... affatto: rovinato del tutto. — in terreni: a cedere dal terreno. — convertivano ecc.: assegnavano in proprietà a privati. — di coloro: verso i nimici.

9. in su i campi: scesi in campo. — grossi: in forze. — ancora: anche. — grave condizione: plurale, secondo il Puppo; e può essere: ma perché non singolare?

11. gli ordinarono: essi stabilirono. — non gli pagavano: cfr. I.51.

12. per farle ecc.: facendole più lontano. — ordine: metodo. — le colonie: cfr. Princ. 3.

13. gli tenne: li mantenne. — a stare: in carica. — alle stanze: negli alloggiamenti invernali; il tempo utile alle operazioni si riduceva a una metà dell’anno. — trionfare: godere l’onore del trionfo.

15. liberali: con i soldati stessi. — ingrassare ecc.: rimpinguare con esse l’erario tanto da non essere costretti a imporre tributi...

19. sendo ecc.: ma essendo in grado, se necessario, di tirarle in lungo per stancare i nemici (come nel caso di Annibale).

VII

3. parca: a ogni colono veniva concesso un piccolo appezzamento. — diputati ecc.: incaricati di difendere la regione in cui si trovavano.

4. Livio: cfr. 5,30. Il testo critico ha septena iugera, ma si trova la variante terna iugera et septunces (Walker). — al modo nostro...: lacuna dell’originale; M. ha lasciato una “finestra” riservandosi di effettuare il calcolo in un momento successivo. L’oncia è un dodicesimo dello iugero; 3 i. e 7 o. equivalgono quasi a un ettaro, ossia a poco più di 7 staia (cfr. I.24.10).Tommasini II, 157 calcola invece un’equivalenza a dieci staia.

7. bene: bensì, invero.

VIII

2. alieno dalla: estraneo alla. — discorrere ecc.: spiegare che si combattono guerre di due tipi.

5. ma per possederla ecc.: per impadronirsi di tutto, anche dei beni dei singoli.

6. paventosissima: tremenda.

7. lugurtino: Bell. Iug. 114 (è l’ultimo cap.). — Franciosi: «Galli» li dice anche Sallustio, ma si tratta di Cimbri e Teutoni; guerreggiarono contro i Romani dal 113 al 101 a.C. — che il popolo ecc.: il testo critico legge: «...Romani sic habuere: alia omnia virtuti suae prona esse; cum Gallis pro salute, non pro gloria certari». Ma esiste una lezione deteriore, da cui dipende M.: «cum ceteris gentibus a populo Romano de imperio tantum fuisse dimicatum. Cum Gallis, de singulorum hominum salute» (Walker).

10. di sopra: cfr. II.4. 7 (anche per le citazioni da Livio). — sedia: sede. — nutrire: meno razionale, Livio dice che «Gallia adeo frugum hominumque fertilis fuit ut abundans multitudo vix regi videretur posse» (5,34). — in Ispagna: secondo Livio, nella selva Ercinia, in Germania.

11. che prima: che per la prima volta (l’assedio di Roma è del 390 a.C.; cfr. I.8.2).

12. Franciosi: cfr. II. 1. 15 («dugentomila» è troppo, parlando le fonti di quaranta-cinquantamila vittime; alle Aquae Sextiae, invece, si dice perissero duecentomila Teutoni).

13. da Mario: alle Aquae Sextiae, in Gallia, e ai Campi Raudii, presso Vercelli (102-101 a.C.).

15. occidentale: cfr. Ist. fior. 1,1; M. tiene presenti le Deche di Flavio Biondo.

17. o e’ sono ecc.: l’altro membro della disgiunzione si trova al par. 23.

18. raccontare: cfr. Ist. fior. 1,5.

19. Sorìa: Siria.

20. Maurusii: abitanti della Mauritania, attuale Marocco.

21. Procopio: cfr. Bella 4,10. — Belisario: condottiero bizantino, sottomise i Vandali nel 534. — Nos ecc.: noi Mauri che fuggimmo dinanzi al figlio di Nava, il predone Giosuè [successore di Mosé alla guida di Israele].

22. formidolosissimi: lat., temibilissimi. — ultima: estrema. — riscontrano: si trovano contro. — sostenuti: fermati.

23. con arte: con astuzia (ma più in generale “con le buone”). — per via ecc.: per mezzo di accordi e patti.

24. Enea: fu accolto nel Lazio dal re Latino che gli permise di fondare Lavinio (Livio 1,1). — Didone: fuggita dalla Fenicia in Africa, si procurò con l’astuzia il terreno necessario alla costruzione di Cartagine (Giustino 18,5). — Massiliesi: i Greci che fondarono Marsiglia; secondo la leggenda, furono accolti dagli abitanti del luogo con grande benevolenza. — dov’e’ ecc.: poterono restare dove si erano fermati.

25. Scizia: Russia meridionale, o più genericamente Europa centro-orientale.

26. da cinquecento ecc.: si riferisce alle incursioni degli Ungheri tra l’899 e il 955.

27. nella declinazione ecc.: all’epoca del declino dell’impero romano. — popoli: una lunga lista di tribù germaniche si legge nella Germania di Tacito.

28. bonificato: lo sviluppo agricolo della Germania a partire dal XI sec., grazie a bonifiche e a nuovi metodi di coltivazione, è un fatto storicamente accertato.

29. gli Sciti: ossia gli Slavi dell’est.

30. Tartari: dominarono la Russia dalla metà del Due alla fine del Quattrocento.

31. prefati: predetti.

IX

2. in lega: cfr. Livio 7,19.

4. ai Romani: cfr. Livio 7,29 sgg.; si tratta della prima guerra sannitica (cfr. II.1.11).

5. oppressati: vinti. — della opinione: della previsione, dell’intenzione. — furono forzati: sogg. i Romani.

6. raccomandati: protetti. — tòrre la via a: scoraggiare, allontanare.

7. Per che: per la quale ragione.

8. in Sicilia: cfr. II.1.30.

9. i Saguntini: cfr. I.59.12. — muovere ecc.: provocare i Romani alla guerra.

10. appiccare: accendere. — che si hanno ecc.: che hanno qualche rispetto della parola data, o d’altro vincolo (altrimenti, si attaccherebbero senza cercare occasioni).

11. fermi capitoli: stabiliti patti. — colore: pretesto. — che lui: piuttosto che lui. — arò lo intento mio: avrò compiuta la mia intenzione. — di non: consistente nel non.

12. due cose: debolezza e infedeltà. — è per torli ecc.: gli toglierà prestigio e farà più facili...

13. dedizione: affidamento di sé (ai Romani).

14. liberamente: spontaneamente. — disegni: desideri. — Capovani: Capuani (prima chiamati col nome etnico di Campani). — i Fiorentini ecc.: sconfitti ad Altopascio da Castruccio Castracani, signore di Lucca (settembre 1325), i Guelfi che governavano Firenze conferirono al duca di Calabria, figlio di Roberto d’Angiò, re di Napoli, la signoria sulla città per dieci anni (ma il duca morì nel ’28). M. nomina qui il re padre invece del figlio; più che una «confusione e alterazione» (come scrive il Gaeta, in nota a un analogo passo della Vita di Castruccio) si tratta di una semplificazione: il vero padrone era pur sempre Roberto.

X

2. a sua posta: quando vuole (una guerra si incomincia quando si vuole, ma si finisce quando si può). — forze sue: vedi anche Princ. 10 («in che modo si debbino misurare le forze di tutti i principati»); il Discorso sopra le cose della Magna (1509) presenta uno schema appena abbozzato: «la guerra si ha a misurarla con le genti, con il danaio, con il governo [= l’abilità] et con la fortuna; et chi ha più di queste cose si ha a credere che vincerà».

3. sito: posizione geografica (più o meno forte). — degli uomini: perché «ognuno corre, ognuno promette e ciascuno vuole morire per [lo stato] quando la morte è discosto; ma ne’ tempi avversi, quando lo stato ha bisogno de’ cittadini, allora se ne truova pochi» (Princ. 9). — armi proprie: cfr. I.21.

4. le cose ecc.: danari, sito e benevolenza sono elementi utili, ma non possono bastare (e non possono nemmeno mantenersi) senza la forza delle armi proprie.

5. non gli potendo ecc.: non potendoli tu difendere. — Nessuno resta fedele a un governo senza forze.

7. predare: depredare; un paese debole e ricco suscita maggiori appetiti.

8. il nervo della guerra: il mezzo principale per condurre la guerra. Era un modo di dire proverbiale all’epoca di M. (Gilbert); ma si ritrova anche in autori classici, da Plutarco (Cleom. 27) a Cicerone (Phil. 5,2).

9. Quinto Curzio. Il testo di Curzio Rufo presenta, in realtà, una lacuna proprio in corrispondenza dell’episodio cui M. si riferisce; e nel lacerto superstite (= 6,1) la «sentenza» non si trova. Si può supporre che M. abbia avuto sott’occhio un testo in cui la lacuna era stata in qualche modo, colmata; non ci è stata possibile una ricerca sistematica in proposito. — nella guerra: a proposito della guerra. — Antipatro: generale di Alessandro. — il re spartano: Agide III; si ribellò ai Macedoni e fu sconfitto e ucciso nel 331 a.C. (non «pochi giorni», ma otto anni prima della morte di Alessandro).

11. non tanto ecc.: non abbastanza prudenti. — seguitata: osservata, tenuta per vera.

12. tesoro assai: denari sufficienti. — Dario: Dario III, ultimo imperatore di Persia; l’osservazione di M. è suggerita da Curzio Rufo 3,13. — Carlo: detto il Temerario, duca di Borgogna; nel 1476 fu sconfitto dagli Svizzeri a Grandson e Morat. — pochi giorni sono: è un punto da tener presente per decidere il problema cronologico dei Discorsi. Lorenzo de Medici il Giovane (1491-1519), nipote del Papa, ricevette da questi l’investitura del ducato d’Urbino (agosto 1516), tolto «con arte... in pochi giorni» (Vettori) a Francesco Maria della Rovere. Ma nel febbraio seguente, lo spodestato signore riapparve in armi, riprese il ducato e lo tenne per ben otto mesi contro le forze fiorentine e papali («dalla parte del pontefice furono spesi ottocentomila ducati...», Guicciardini). E evidente che le osservazioni di M. si riferiscono alla «riconquista» e sono state scritte «pochi giorni» dopo il settembre del ’17. — il Papa: Leone X, Medici (1513-21).

14. Creso: il re lidio celebre per l’immensa ricchezza; Solone è il legislatore di Atene. — per quello: per il tesoro. — toglierne: toglierlo; cfr. Luciano Caronte 12.

15. Franciosi: sono i Galati, popolo danubiano di origine celtica, che invase Grecia e Asia Minore nel 280 a.C. — il re di Macedonia: Antigono Gonata.

16. come ferma: quasi decisa. — quell’oro: l’episodio in Giustino 25,1-2. — spogliato: depredato; ma in seguito sconfisse i Galati e li scacciò dalla Grecia. — per quella: a causa di quella.

17. pochi anni sono: nel 1509; cfr. I.6.28.

18. grida: proclama. — trovare l’oro: luogo classico dell’oratoria machiavelliana. Ma si colgano, in generale, le implicazioni politiche e politico-sociali di questa “critica del denaro”: se la potenza non è nella ricchezza, ma nella massa armata, ne consegue che lo stato non può privilegiare i Grandi (i depositari dell’oro) ma deve “fondare” sul popolo, che solo può fornire «i soldati». Anche nella contrapposizione tra fanteria e cavalleria (vedi II.18) si può ritrovare l’alternativa tra popolo della città e Gentiluomini, o Grandi, risolta, attraverso la solita idealizzazione, nella superiorità della Plebe in armi.

20. era portato: in tributo o in dono. — ne’ campi: negli accampamenti («per corrompere i generali romani», suggerisce il Raimondi).

21. quel re: cfr. par. 9. — per conto: a causa. — il partito: la decisione. — per essere: perché è. — e dove: e tale che in essa.

22. veggendo ecc.: un capitano, vedendo che sta per giungere un soccorso all’esercito nemico. — o... avere: piuttosto che dovere. — in ogni modo: se lo scontro è inevitabile, non si deve aspettare che il nemico si rafforzi.

23. Asdrubale: è il fratello di Annibale; fu affrontato e vinto sul Metauro, nelle Marche, da Claudio Nerone e Livio Salinatore (207 a.C. Livio 27,48). — necessitato: costretto. — come: dichiarativo, ripete il che; intendi: si è visto che un capitano elegge sempre ... — ancora che ecc.: benché incerto e pericoloso.

24. Sono: vi sono.

26. come che ecc.: come è impossibile che i denari bastino a creare i buoni soldati.

27. Mostra: sogg. «ogni istoria». — industria: astuzia. — Pericle: cfr, Tucidide 1,142.

28. prosperassino: avessero fortuna. — il consiglio: l’abilità — perderono: Atene capitolò nel 404 a.C., e dovette accettare l’egemonia spartana sulla Grecia.

29. danari: cfr. 9,17. Si tratta del celebre paragone tra Alessandro e Roma, che consente a Livio di scrivere una delle sue pagine più intense. La «conclusione» è, come si sa, che il Macedone non avrebbe potuto trionfare sui Romani.

30. Doverono... misurare: è verisimile che misurarono; si tratta infatti di una considerazione di M., non direttamente enunciata da Livio. — i Capovani: cfr. II.9. 4 sgg. — dai danari: Livio li dice «opulenti» e «fluentes luxu», enervati dal lusso (7,29).

XI

1. opinione: prestigio; cfr. Princ. 13 e lì la citazione da Tacito Ann. 13,19.

2. Sidicini: riprende dalla fine del cap. prec. — «Campani etc.: i Campani soccorsero i Sidicini col nome, più che con forze a difesa loro (cfr. 7,29, leggermente modificato da M.).

3. commodità: possibilità. — da farlo: per fare ciò, per aiutarti. — per suo disordine: dato il cattivo ordinamento del suo stato. — nel 1479 ecc.: Sisto IV e.Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, si erano alleati per abbattere la signoria medicea in Firenze; alla fine del ’79, Lorenzo il Magnifico riuscì a rappacificarsi con l’Aragonese. Cfr. Ist. fior. 8,12 ss. — Massimiliano: d’Asburgo, imperatore germanico dal 1493 al 1519 [e nota che qui se ne parla come di un vivente]. Il giudizio severo di M., su di lui e sulla debole struttura dell’impero, era formato sin dai tempi del Rapporto di cose della Magna (1508).

5. i Tarentini: nel 320 a.C.; l’anno prima i Romani erano stati vinti e umiliati dai Sanniti alle Forche Caudine. — allo incontro: in campagna contro. — erano degni: cfr. Livio 9,14; M. abbrevia la narrazione.

6. departiti... contrario: degli errori che fanno i principi.

XII

1. inferire: dare, portare.

2. principi: vale come “potenze”, in generale. — bandito: dichiarato.

3. Ciro: il fondatore dell’impero persiano (559-529 a.C.). — Massageti: popolo dell’Asia Centrale; l’episodio è ripreso da Erodoto 1,205 sgg. — Tamiri: o Tomiri.

4. in discettazione: all’esame della corte di Ciro. — Creso: cfr. II.10.14; era divenuto un vassallo di Ciro.

5. Annibale ecc.: cfr. Livio 34,60. — Antioco: cfr. II.1.18. — altrui: impersonale. — valere: giovare.

6. Agátocle: tiranno di Siracusa dal 316 al 289 a.C.; è uno dei protagonisti dell’ottavo cap. del Principe («di quelli che per scelleratezze sono pervenuti al principato»). — di casa: sul suo territorio. — la Africa: cfr. I.53.21.

8. Allegane: allega a questo proposito. — in Sicilia: 415-13 a.C.; la spedizione finì con la distruzione della flotta ateniese, e aprì la strada alla vittoria finale di Sparta. Fonte, per questa vicenda, è naturalmente Tucidide 6-7.

9. le favole: intese, oltre il velo mitologico, nel loro nucleo storico o protostorico (cfr. II.5.11).

10. Anteo: cfr. Diodoro 4,17; Lucano Phars. 4,609 sgg.; ecc. — sendo in terra: toccando il suolo.

12. Ferrando: Ferdinando o Ferrante, re dal 1458 al ’94. Cfr. I.40.45. — la fama: la voce. — ad assaltarlo: gli Aragonesi avevano soppiantato, sul trono di Napoli, una dinastia angioina, la cui eredità e i cui diritti erano stati raccolti da Carlo VIII. — ricordi: raccomandazioni. — per cosa ecc.: per nessuna ragione al mondo. — tutto intero: con le forze integre.

13. lo stato: Alfonso mandò la flotta contro la Liguria e l’esercito in Romagna, senza ottenere alcun risultato concreto. Quando il nemico penetrò nel Regno, egli abdicò in favore del figlio Ferdinando (1495), più benvoluto dai popoli. Nemmeno questo poté impedire l’occupazione francese, che durò alcuni mesi.

14. da ogni parte: da una parte e dall’altra; intanto, enumera quelle dell’una (per l’altra, vedi par. 16). — confidente: fiducioso. — affaticargli: imporgli altri sacrifici.

15. più volte: cfr. I.1.14, ecc.

16. notizia: conoscenza. — incontrarlo: affrontarlo. — per poterle ecc.: perché puoi facilmente riunire insieme tutte le tue truppe, mentre non potresti portarle tutte fuori del tuo paese (dovendo lasciarne una parte in guardia). — propinqui: vicini, e noti. — il supplimento ecc.: il rinforzo non deve venire di lontano. — arristiare: arrischiare (fonetica toscana). — le forze: cfr. I.23.

18. distinzione: come di consueto, M. supera l’alternativa posta dalla tradizione, ridefinendone razionalmente i termini. — il mio paese: il mio popolo (vedi par. 31).

19. discosto a: lontano da. — virtù: forza (non è la “vera” virtus). — impedita ecc.: tolta la possibilità di procurartelo.

20. l’avevano assaltata: il loro paese era assaltato.

21. i Fiorentini ecc.: cfr. II.9.14.

22. morto ecc.: nel 1328. — il duca: si tratterà di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano dal 1385 al 1402, duca dal 1395; cfr. Ist. fior. 3,25. — Secondo il Walker è invece l’arcivescovo Giovanni, che ebbe la signoria di Milano nel 1351-54 (senza mai il titolo ducale) e che pure combatté contro Firenze (Ist. fior.2,42). Ma in quella occasione la guerra si svolse tutta in Toscana (Fiorini); Gian Galeazzo, invece, «molte volte fu... più presso al pericolo di perdere che i Fiorentini» (come dice M. stesso, nelle Istorie, al suo luogo). — operare: qui il Mazzoni segue le stampe, contro il suo proprio canone editoriale, che avrebbe dovuto fargli preferire sperare, del ms.

24. muove: convince. — la passione ecc.: l’odio contro i Romani e il desiderio di riavere un comando.

25. in tanto: in tale, in così breve. — tre rotte: sul Ticino, presso il lago Trasimeno e a Canne (218-216 a.C.); ma i Romani toccarono anche un’altra sconfitta, sul fiume Trebbia in Emilia.

26. ai Franciosi: cfr. II. 1.15. — diciotto ecc.: il dato suscita qualche perplessità. Polibio 2,24 — poco prima di accennare, appunto, alla battaglia di Talamone — fa il conto delle forze di cui disponevano i Romani e gli alleati alla vigilia della seconda guerra punica, e dà la cifra complessiva di 770 mila uomini. Non escluderei quindi che il testo machiavelliano debba emendarsi: otto centinaia.

28. Cimbri: cfr. II.8.7. — nella Magna: presso Noreia, nell’attuale Stiria (113 a.C.).

29. gli: quelli, i Cimbri. — ei: essi, i Romani. — gli spacciarono: i Romani annientarono i Cimbri, nella battaglia dei Campi Raudii, presso Vercelli (101 a.C.).

30. fuori di casa: M. pensa alla battaglia di Marignano, del 1515 (anche se, quella volta, la vittoria dei Francesi non fu «facile»).

31. Conchiuggo: concludo. — non la vadia ecc.: non vada incontro a quella.

XIII

2. di piccola ecc.: salgano dal basso ad alte posizioni. — pure che: salvo che. — altri: un altro, che poi lo doni o lasci in eredità a lui.

3. Filippo: il padre di Alessandro; attaccò la Grecia subito dopo aver pronunziato un giuramento di pace (da Giustino 8,3-5). — Agatocle: cfr. II.12.6.

4. vita di Ciro: cfr. Cyropaedeia 2,4. Nel racconto senofonteo, Ciro è un vassallo di Ciassarre II, re dei Medi («fratello della madre di Ciro», 1,5). La vicenda storica è parecchio diversa: re dei Persiani dal 558, Ciro combatté i Medi e li sottomise (550).

5. conchiude: dimostra.

6. in più modi: cfr., per es., Cyrop. 4,1 (dove Ciro falsifica un ordine di Ciassarre per reclutare un potente esercito).

7. costituto: collocato. — ingenuamente: senza finzioni. — Giovan Galeazzo: Gian Galeazzo Visconti, detto Conte di Virtù; si impadronì di Milano, nel 1385, uccidendo a tradimento lo zio Bernabò (cfr. Ist. fior. 1,27).

10. di sopra: cfr. II.4.20

11. convicini: circostanti. — pigliare ecc.: acquistare fama di stato possente.

12. due rotte: al monte Gauro e a Saticola, nel corso della prima guerra sannitica (343-341 a.C.).

13. longinqui: lontani; allude ai Cartaginesi (cfr. Livio 7,38). — non l’armi: ammiravano la potenza romana, ma non ne sentivano la minaccia. — i Latini: la connessione causale tra sconfitta dei Sanniti e rivolta latina è ricavata da M., più che esplicitamente proposta da Livio; cfr. ad ogni modo in 8,4 il discorso del pretore latino Lucio Annio.

14. essi: i Romani; colonie ribelli erano per es., Sezze, Circeo, Segni, Velletri (citate da Livio 8,3). — congiurarono: si confederarono. — il nome: lat., il popolo.

15. mossono: provocarono. — di sopra: cfr. II.9.10. — Sidicini: erano Sanniti della zona di Teano (cfr. II.9.4).

16. Annio: il già ricordato Lucio Annio, di Sezze. — concilio: assemblea. — Nam si etc.: infatti, se anche ora sopporteremo la servitù sotto il colore di una equa alleanza ...(8,4)

17. non essere ecc.: non avere fatto a meno neanche della frode. — sublimi: altissimi. — vituperabile: condannabile; il punto di vista è politico (cfr. III.40-41 e Princ. 18). — coperta: nascosta.

XIV

2. insolenti: orgogliosi, arroganti. — concetto ecc.: concepito odio contro di te.

3. lo istorico: Livio (8,2). — in questa ecc.: a proposito dell’occasione da cui nacque la guerra.

4. i Sanniti: divenuti alleati dei Romani, dopo la sconfitta (cfr. II.13.12). — irritare: esasperare: temevano infatti che «un richiamo li alienasse definitivamente da Roma» (Livio). — non gli irritò: vuol dire che l’effetto andò ben al di là del voluto: i Latini si sentirono non solo “rassicurati” ma addirittura «inanimiti» a ribellarsi.

5. medesimo: ricordato al par. prec. — Tentastis etc.: Avete saggiato la pazienza (dei Romani) quando rifiutaste di fornire i soldati (per la guerra contro i Galli). Chi dubita che ne ardessero d’indignazione? Eppure sopportarono l’offesa. Seppero che noi preparavamo eserciti contro i Sanniti, loro alleati, e non si sono mossi da Roma. Da dove nasce in loro tanta acquiescenza, se non dall’aver misurate le loro forze e le nostre? (da Livio 8,4, con qualche alleggerimento).

6. la pazienza: connotata negativamente, “arrendevolezza”, cfr. III. 3. 6 e capitolo Di fortuna, v. 87. Un accenno interessante è anche nella lettera di F. Soderini a M., 29 maggio 1504.

7. principe: capo di stato (anche in senso collettivo: un governo di repubblica). — mancare ecc.: diminuire la propria dignità. — lasciare... d’accordo: cedere senza opposizione. — si crede: da parte dell’alleato-avversario, dell’interlocutore. L’idea di «onore» è sita sul piano della «riputazione», della «opinione»: donde l’importanza di quel che «si crede». — quasi: vedi l’ultimo par. — con le forze: può sembrare in contrasto con I. 51; ma lì si parla dei rapporti tra sovrano e sudditi, qui tra potenza e potenza.

8. levarti: evitarti. — scoperta: aperta, dichiarata. — quello: concordato a senso con cosa; la Giuntina e poi il Mazzoni hanno “aggiustato”: quella. — saldo: fermo (perché soddisfatto). — vile: cfr. Princ. 19.

9. la voglia: le mire. — stimare: considerare, temere. — a tale ecc. Intendi: a uno che, se tu ti abbandonassi, non ti aiuterebbe, verrà invece voglia di soccorrerti, se ti armi. Motivi non dissimili sono svolti nella lettera a F. Guicciardini del 15 marzo 1526.

10. Questo ecc.: questa regola vale nel caso che tu abbia a che fare con un solo nemico. — ismembrarlo: distaccarlo. — prudente: M. ha in mente Venezia: per non rinunciare a nessuno dei suoi possedimenti, andò incontro a una catastrofica guerra contro la lega di Cambrai (cfr. I.53.9).

XV

1. fiano ecc.: saranno incerti nelle decisioni.

2. consulta: assemblea; termine del lessico politico-istituzionale della Firenze machiavelliana. — allo individuo: ai particolari. — in ambiguo ecc.: nell’ambiguità o nella incertezza.

3. alienarsi: lat., dividersi. — umore: la solita metafora medico-naturalistica. — certificarsi: accertarsi.

4. fecioro: fecero. — ordinare: decidere. — e darli ecc.: e stabilire quello che dovessero dire.

5. Ad summam etc.: Credo più giovevole all’insieme dei nostri interessi che voi stabiliate il da farsi, piuttosto che la forma in cui dirlo. Chiarite le decisioni, sarà facile accomodare le parole alle cose (8,4)

6. gustate: apprezzate, comprese. — altri voglia: impers., “uno voglia”. — fermo ecc.: presa finalmente la decisione.

7. più ecc.: tanto più volentieri in quanto io. — nostra: vedi l’es. ai par. 18 sgg.; ma si pensi anche alle incertezze della Repubblica di fronte all’esplodere della lotta tra Giulio II e i Francesi (e quindi alla lett. che M. scrisse da Blois ai Dieci, il 9 agosto 1510, esortando il governo fiorentino a uscire dall’ ambiguità).

8. ne’ partiti ecc.: nei casi più incerti (ossia proprio là dove è maggiormente necessaria l’audacia della decisione), più si manifesta l’ambiguità dei deboli. — consigliati ecc.: considerati e decisi.

9. massime: soprattutto. — amico: è ancora l’esempio di Firenze e dei Francesi. — persona: nessuno.

10. lo stato: si indovina trattarsi di forze, per così dire, “di opposizione” che pure partecipano alle deliberazioni, e possono così intralciarle e ritardarle, allo scopo di far rovinare il regime in carica; ancora un tratto “fiorentino”. — attraversono: contrastano.

11. una foga: l’entusiasmo. — voltarsi ecc.: volgersi a una scelta pericolosa. — di quelle ecc.: intorno a cose di estrema urgenza.

12. Girolamo: Geronimo (cfr. II.2.21). — essendo... grande: infuriando. — in disputa: a discutere.

13. Apollonide: cfr. Livio 24,28. — la rovina ecc.: nel racconto liviano, Apollonide accentua soprattutto il rischio che la divisione tra le due parti sbocchi in una lotta intestina. — aderirsi: allearsi. — tardità: lentezza.

14. più ch’e’ ecc.: meglio di quanto faccia in questo punto.

15. de’ Latini: riprende dal par. 4. — i Lavinii: gli abitanti di Lavinio; il caso è narrato in Livio 8,11. — ricerchi: richiesti. — differirono ecc.: «deliberando terunt tempus», dice Livio (è la frase che ha colpito M.). — eglino: essi, i Lavimi. — appunto: appena.

16. della via: di strada.

18. notato ecc.: compreso, fatto tesoro di questo testo (dell’episodio storico in quanto rielaborato e narrato da Livio; cfr.par. 15, n.); è lo spirito dei Discorsi. — passata: calata; Luigi entrò in Italia nel 1499, per togliere Milano a Ludovico Sforza, il Moro.

19. trattando: preparando diplomaticamente. — ricercò ecc.: chiese ai Fiorentini di accordarsi con lui. — oratori: ambasciatori; Cosimo de’ Pazzi e Piero Soderini. — accordarono che ecc.Nel giugno del 1499, gli ambasciatori spedirono in Firenze uno schema di accordo col re di Francia: in cambio dell’aiuto fiorentino all’impresa contro Milano, il Re si impegnava a prendere la protezione della città e a fargli recuperare tutte le terre perse nel ’94 (e soprattutto Pisa); cfr. Buonaccorsi, Sunmario 22 r. — neutrali: sembra che M. alteri un po’; l’accordo prevedeva, infatti, che Firenze avrebbe fornito 500 uomini d’armi all’impresa contro lo Sforza (Buonaccorsi). — un mese: tre mesi, secondo il Buonaccorsi.

20. Fu differita ecc. È autografo di M. il verbale della Consulta del 26 giugno. A Domenico Bonsi, primo intervenuto, «pare che si possa godere el beneficio del tempo infino che non se ne veggha manifesto danno... però li pare da stare sospeso». Sulla stessa linea si schierano Paolantonio Soderini e pressoché tutti gli intervenuti (con una sfumatura di simpatia per il Moro nelle parole di Piero Popoleschi e Francesco Gherardi); accenti preoccupati sono invece in Piero Antonio Bandini e Francesco Pucci («confermò el decto, ma ricordava si facessi in modo da non restare inimico dell’uno et dell’altro»). Si decise così di «andare temporeggiando» sia col Re che con il Duca, «usando el beneficio del tempo». — di Lodovico: l’accordo non fu ratificato «per il favore che havea qui il Duca di Milano» (Buonaccorsi, Sunmario, 27 r). — intanto che: finché. — in su la: certo della. — ratificare: «a dì 30 d’agosto... finalmente si mandò alli ambasciatori in Francia la ratificazione dello accordo... quale non fu ad tempo: perché, vedendo el Re vinta l’impresa sua et non temendo più, volse indugiare la conclusione per farla con più suo vantaggio...» (Buonaccorsi). — come quello ecc.: perché (il Re) aveva visto che i Fiorentini avevano accettato per forza, e non per libera scelta, l’amicizia sua.

21. fu per ecc.: rischiò di perdere la libertà. L’accordo tra Francesi e Fiorentini si firmò il 12 ottobre (un mese dopo la presa di Milano) «con somma grande di danari et con poco proficto della città: che così interviene a chi vuole tenere e pié in due staffe» — commenta il Buonaccorsi (22 r). Firenze si obbligò a pagare venticinquemila fiorini già dovuti al Duca di Milano (Guicciardini St. fior. 19; da vedere anche perché il comportamento dei governanti fiorentini è presentato in una luce più favorevole, coerentemente all’atteggiamento politico, tendenzialmente anti-francese, del giovane Guicciardini). — altra volta: nel 1512 (cfr. il giudizio in 11.27.16-17).

23. capitolo: cfr. I.38. — per uno etc: grazie a un altro esempio storico. — replicare: ribadire il mio pensiero. — alla nostra: anche in 1.38, tre esempi su quattro sono tratti dalla storia recente di Firenze.

XVI

1. si disformino: si discostino, si comportino in modo disforme.

2. giornata: battaglia campale (cfr. II.17.2). — Torquato ecc.: Tito Manlio Torquato e Publio Decio Mure, consoli per l’anno 340 a.C. Romani e Latini si scontrarono alle falde del Vesuvio (cfr. Livio 8,8 sgg.).

4. Livio: cfr. 8,6 («lingua, moribus, armorum genere, institutis ante omnia militaribus congruentes»), 8 (per l’accenno alla parità numerica), 9 («eodem ardore animorum» etc.). e 10 («praecipue laus eius belli penes consules fuit»).

5. maneggio: conduzione. — due ecc.: due casi mai avvenuti prima e di rado esemplati in seguito. — fermi: disciplinati e animosi. — diliberati: ben decisi. — l’uno: si tratta di Decio, che nel corso della battaglia si fece uccidere, immolandosi agli dei inferi, per propiziare la vittoria romana (Livio 8,9). — l’altro: Manlio, prima della battaglia, fece decapitare il figlio Tito, che contro gli ordini ricevuti aveva accettato un duello con un Latino (8,7).

6. ordinare la zuffa: disporsi a battaglia. — gli ordini: le schiere (vedi più avanti).

7. altre volte: cfr. I.14.13, I.15.3. — danno volta: si voltano, fuggono.

10. non replicherò altrimenti: non ripeterò. — discorrerò: esaminerò. — notabile: degno di nota. — per essere ecc.: essendo trascurato. — disordini: cattivi effetti.

11. il testo di Livio: 8,8. Il Pieri (associandosi a H. Delbrück) rileva che «questa descrizione non può... riferirsi che ad esercitazioni di piazza d’armi, che Livio probabilmente prese dalla perduta opera del vecchio Catone, de re militari» (Guerra e politica, p. 35). Anche l’elaborazione machiavelliana risulterà allora, da un punto di vista tecnico-militare, «irreale e dottrinaria» (p. 40), come si vedrà in particolare più avanti. — si raccoglie: ~i apprende. — divisioni: parti. — toscanamente: in lingua toscana, italiana. — schiere: è il lat. acies. — i suoi cavagli: propri corpi di cavalleria. Livio dice, in effetti, che ciascuna legione aveva trecento cavalieri (vedi par. 13).

12. ei: i Romani. — nel secondo ecc.: in seconda linea. — per ritto: sulla medesima verticale (poi, «nel medesimo filo»).

13. I cavagli: i cavalieri. Utilizza qui Vegezio 2,1 e 15 (Burd). — battaglie: linee. — stiere: schiere (fonetica toscana). — dalla forma ecc.: cfr. per es. la «figura quarta» dell’Arte. — alie: ali (forma toscana. Rohlfs 360).

14. nella fronte: in prima linea. — serrata... insieme: schierata senza intervalli; oppure: con brevi spazi tra un reparto e l’altro (Livio: «manipuli quindecim distantes inter se modicum spatium»; e Arte 3,337a: «pongansi cinque battaglie l’una allato all’altra nella fronte, in modo che tra l’una e l’altra rimanga uno spazio di quattro braccia»). — spignere ecc.: portare l’assalto o sostenerlo.

15. ma bene: ma piuttosto. — le conveniva ecc.: aveva il compito di portare soccorso alla prima, quando questa fosse respinta o sopraffatta. — stretta: «serrata», come la prima. — i suoi ordini ecc.: i suoi reparti ben distanziati, in modo che attraverso i vuoti potessero passare i soldati della prima linea costretti a ritirarsi. «Il principio che la schiera battuta debba ritirarsi su quella retrostante è... dogma... per il segretario fiorentino», ma «in combattimento ciò potrebbe avvenire solo se il nemico, dopo essersi azzuffato cogli astati, stesse tranquillamente a vederli ritirare, aspettando che i prìncipi con tutto il loro comodo venissero ad assalirlo», obietta il Pieri (vedi par. II, n.). — spinta: respinta. — necessitata: costretta a.

16. ancora... più radi: cfr. di nuovo la figura ricordata in n. al par. 13 — bisognando: in caso di bisogno.

17. appiccavano: accendevano, attaccavano. — sforzati: respinti. — nella radità degli: nei vuoti tra gli. — un corpo: i prìncipi davanti e gli astati, non appena riorganizzatisi, dietro di loro.

18. tutt’a tre: tutte e tre. — dove ecc.: e allora, se toccavano una nuova sconfitta, non avendo più riserve, avevano perduta la battaglia.

19. Res etc.: La situazione è nelle mani dei triarii (da Livio, loc. cit.). — a uso ecc.: nell’uso italiano equivale a. — messa: giocata; cfr. II.27.20.

20. si ordina ecc.: si organizza in modo che può rifarsi. — ha ad avere ecc.: perde soltanto se la fortuna gli è nemica tre volte. — per iscontro: contro di sé.

21. chi non sta ecc.: chi è ordinato a reggere (e a portare) un solo assalto. — ogni disordine ecc.: ogni errore (proprio), ogni mediocre virtù (del nemico).

22. perduto: dimenticato; per l’espressione e per il concetto, cfr. Arte 3,334 a sgg. — il modo ecc.: ossia, l’ordinamento “a scacchiera” dei reparti in campo. Non si sfugge a un’impressione di artificiosità e dottrinarietà di tutto il discorso; fra l’altro, la grandezza della virtù romana perde non poco, quando la si immiserisce in simili determinazioni di “tecnica” e tattica militare.

23. disordini: cattivi modi, errori. — a spalle ecc.: una subito dietro l’altra; lo schieramento risulta, così, molto più largo che profondo. — per avere ecc.: essendoci breve tratto fra la prima e l’ultima linea; e quindi scarsa capacità di “incassare” l’assalto nemico (stiene è ovviamente “schiene“). Contro uno schieramento «largo e sottile», anche Arte 4,347b.

24. farla: fare «la battaglia», ossia lo schieramento. — ei riducano ecc.: essi dispongano le linee in modo simile a quello romano (ma senza gli intervalli!). — rompono: spezzano, disordinano. Analoghe, non identiche, critiche al «modo» svizzero, in Arte 3,335-336.

26. zuffa di Ravenna: combattuta I’ll aprile 1512; le forze francesi erano capitanate da Gastone di Foix. Fu uno scontro lungo e sanguinosissimo; i Francesi vinsero la giornata, ma le gravi perdite e la morte del condottiero indussero, di lì a poco, Luigi XII a ritirarsi dall’Italia. — secondo ecc.: ossia, per quanto consente la decadenza della virtù militare nei moderni. A Ravenna era anche Fabrizio Colonna (condottiero per la Lega), colui che M. scelse come protagonista dell’Arte, in quanto massimo duce italiano. — a spalle: in «stiera» unica, insomma (vedi sopra).

27. egli: essi, i moderni capitani. — hanno ecc.: dispongono di un vasto e piano campo di battaglia.

28. mettendosi ecc.: quando si ordinano nel senso della lunghezza con i reparti in fila uno dietro l’altro. — fuggono: evitano. — il paese ecc.: le condizioni del terreno impediscono lo spiegamento. — al rimedio: che sarebbe poi, al solito, l’ordinamento a “scacchiera”.

29. cavalcano: il discorso, ai par. prec., riguardava essenzialmente le fanterie. — o se... o se: sia che... sia che.

30. da’ Pisani: alla fine di maggio del 1498; lo scontro è ricordato anche nel Decennale, v. 185. — ribellione: cfr. I.38.13; la «passata» di Carlo VIII è del ’94, come si è già detto. — d’altronde che: da altro che. — amica: nostra (ma si tratta comunque di mercenari); capitano dei Fiorentini era Rinuccio da Marciano (Guicciardini St. Fior. 17).

31. davanti: in prima linea. — percosse nella: travolse la. — dierono volta: fuggirono, si dispersero. — Ciriaco dal Borgo: il suo nome si incontra in vari momenti della storia militare della Repubblica (cfr. Tommasini I,321, 372). — antico: vecchio, quindi esperto. — mai stato rotto ecc. non sta «raccontando a M. la battaglia di Santo Regolo», come intende il Tommasini (I,148); enuncia, piuttosto, una «regola» generale tratta dalla sua lunga esperienza di capo di fanterie.

34. tripartito: come i Romani (ma M. ha semplificato l’esposizione liviana, che nominava altri corpi di fanteria, i rorarii e gli accensi, schierati alle spalle dei triarii). — antiguardo: avanguardia (battaglia è il “grosso” dell’esercito; retroguardo, la retroguardia). — a comandarli ecc.: a dividerli nelle esercitazioni al campo. — non faccino ecc.: ossia, non li impieghino tutti nello stesso momento (cfr. par. 20).

35. scusarne: scusare così. — patisce: permette. — che non: costruz. lat.

XVII

1. opinione che ecc.: opinione comune.

2. giornate: dal fr. journée. — che vuole: la quale opinione pretende. — lecito: possibile. — sì gagliardi: così estesi.

3. instrumenti ecc.: armi da fuoco.

4. tenere dentro: osservare (nelle battaglie). — si ridurrà ecc.: si deciderà sempre più con le artiglierie.

6. Sopra che: a proposito della quale opinione. — le faccino: esse (le artiglierie) facciano.

7. sia che dire ecc.: vi siano argomenti in pro e contro.

8. una terra: una città con mura. — in sui campi ecc.: in accampamenti fortificati.

9. a questo: a impedire l’entrata dei nemici. — una massima: cioè, una regola indiscussa. — in frotta: in massa, aggruppati. — gli sostengono: li fermano. Si tenga sempre presente la limitatissima potenza di fuoco delle artiglierie del tempo: nel corso della battaglia di Fornovo, ad es., non più di una decina di uomini (su un totale di circa tremila) furono messi fuori combattimento da colpi d’arma da fuoco (Borgatti).

10. i furori ecc.: i furiosi assalti dei Francesi (e degli stranieri in genere). — son bene: sono invece. — i quali: gli uomini d’arme italiani. — spicciolati: in ordine sparso. — per nome ecc.: con nome molto appropriato: scaramuccia è infatti un diminutivo da scherma. La notazione linguistica è centrata: scaramuccia nasce in Italia e passa di qui in Francia, escarmouche (Prati).

11. freddezza: mancanza di ardore; si tratta infatti di truppe mercenarie (e ricorda gli Orsini che vanno «freddi» ad assaltare Bologna per il Duca Valentino, Princ. 7). — rottura: breccia. — vagliano. L’argomentare è un po’ capzioso, perché contro assalitori tanto scombinati ogni poco di difesa «vale»; ma le artiglierie, forse, meno di altro. È chiaro infatti che esse sono tanto più efficaci quanto più «condensati» si presentano i bersagli. L’attacco di fanti contro una postazione di artiglieria è meglio studiato in Arte 3,340 a. — in frotta ecc.: in una massa compatta. — essere tanti: i morti.

12. Questo ecc.: che questo sia vero. — Brescia. Il 2-3 febbraio del 1512, truppe veneziane la occuparono con l’aiuto della popolazione; ma dopo soli diciassette giorni Gastone di Foix riprese la città e le inflisse uno spaventoso saccheggio (Guicciardini St. d’It. 10,10) — la fortezza: la cittadella di Brescia era rimasta sempre in mano francese.

13. di Fois: era penetrato nella cittadella con quattrocento uomini scelti. — disceso: appiedato (si trattava di uomini d’arme, di cavalieri). — di quelle: artiglierie (quindi, per quelle, “a causa di quelle”). — memorabile: degno di memoria.

16. nuoca: nuoccia, faccia danno. — levarti... dal piano: sollevarti a una certa altezza dal suolo (pensa a dei tiri tesi, diretti; ma vedi par. 38).

17. tirarti ecc.: portarti sul camminamento in cima alle mura. — in qualunque modo: per es., con terrapieni. — trarre ecc.: impiegare quello che sta fuori (l’assediante). — fedeli: efficaci. — salvare: dai tiri nemici.

18. minuta: leggera, di piccolo calibro. — rispetto a questa: grazie a questa (poi rispetto a quella, “a causa di quella”, “per poterla usare”). — si riducano: si abbassano (e poi battute, “abbattute”, sempre per poter meglio dirigere il tiro contro gli assalitori). — di mano: all’arma bianca, a corpo a corpo. — allora: anticamente. Siamo sempre nell’ambito di un confronto fra antichi e moderni.

19. campeggia: assedia.

20. più rimedio ecc.: maggiore possibilità di sfuggire il combattimento. — ordinariamente: di solito.

21. del paese: di posizione (per es., si trovi più in alto, come dice appunto M.). — argini: terrapieni. — disalloggia: sloggia, costringe (con tiri di cannone) a uscire fuori dal campo e accettare la battaglia.

22. Ravenna: cfr. II. 16.26. — muniti: trincerati. — alla zuffa: il caso è ricordato anche dal Guicciardini St. d’It. 10,13.

23. preso: occupato. — più eminente ecc.: più rilevato degli altri di fronte a lui. — a quegli modi ecc.: a usare quegli stessi modi di guerreggiare cui anticamente si ricorreva. — in lato: in posizione. — correre ecc.: guastare la campagna intorno.

25. di quali ecc.: che genere di guerre. — se le fossono ecc.: se le artiglierie ci fossero state. Non nega l’efficacia dell’arma da fuoco, ma piuttosto ne individua la natura specifica di mezzo di offesa; vero è che questa limitazione nasce da incomprensione e si risolve quindi in una cattiva valutazione (vedi oltre).

26. mediante: a causa della. — spicciolati ecc.: devono comparire in ordine sparso. — non ristretti ecc.: non riuniti insieme, ma isolatamente.

27. aggiunti: raggiunti, colpiti. — muniti: protetti, circondati.

28. ossidione: lat., assedio.

29. cose ecc.: macchine per lanciare; cfr. ad es. Livio 6,9 — furiose: spaventose (per il fragore delle esplosioni; cfr. par. 44).

30. ventiquattro: le guerre d’Italia furono inaugurate dall’invasione francese, nel settembre 1494; M. sta scrivendo nel 1517 ex.-1518 in. (cfr. II.10.12).

31. Lodovico: Ludovico Pico della Mirandola, condottiero della Chiesa; rimase ucciso alla fine del 1509, in uno scontro con i Veneziani presso Comacchio (Guicciardini St. d’It. 8,14). — il Duca: Luigi d’Armagnac, duca di Nemours e viceré francese di Napoli. — Cirignuola: o Cerignola; borgo pugliese presso cui ebbe luogo (il 28 aprile 1503) lo scontro decisivo tra Francesi e Spagnoli per il possesso del Napoletano. Le armi francesi furono superate e lo stesso comandante in capo, il duca di Nemours, perdette la vita (Guicciardini St. d’It. 5,15). — occorso: capitato. — di Fois: cfr. IL 16.26.

34. fitti: simulati. — di sotto: al cap. sg.

35. fuggire: schivare. — falcati: attrezzati con lance e lame sporgenti. — riscontri ecc.: reazioni inconsuete, a sorpresa. — il rimedio. Contamina sottilmente due argomentazioni; per un verso smonta facilmente le obiezioni (ma quanto fictae?) di chi mette avanti le artiglierie per sminuire la virtù,romana: a questi, M. risponde che i Romani avrebbero saputo certamente «rimediare», adeguare il loro modo di far la guerra alle mutate condizioni tecniche. Dall’altro canto, egli ribadisce l’efficacia del «modo romano», immutato, di fronte all’artiglieria moderna, e così sacrifica proprio quella capacità di adeguamento in cui aveva riposto la «vita» del modello.

37. disordinavano: scompigliavano. — sole innanzi alla: solamente prima della; sole è un avverbio accordato, che il Mazzoni senza necessità trasforma in solo. — quando le tirano. M. vede solo la possibilità di tiri contro bersagli fermi, come preparazione al combattimento vero e proprio; cfr. Arte 3,342. — coperte: riparate.

38. artiglierie grosse: bombarde e mortai, per un tiro molto arcuato. — le quali ecc.: delle quali non si può regolare l’alzo con precisione, cosicché se il tiro è lungo ecc.; cfr. Arte 3 ,341a. L’osservazione risponde al vero, ma è significativo e caratteristico che M. non pensi affatto alla possibilità che un progresso tecnico risolva il problema: il mondo ideale del Segretario, con il suo culto dell’Antico, è per questo verso ben al di qua dello “spirito” leonardesco. — arrivino: raggiungano, colgano.

39. se quello ecc.: se le artiglierie del nemico sono davanti alle sue fanterie, cadono nelle tue mani perché non c’è chi le difenda; se sono dietro, nel momento in cui tu attacchi battaglia, il tiro nemico colpisce più facilmente i propri fanti (più vicini) che i tuoi; né possono prenderti alle spalle senza che tu corra subito ad assalirle.

40. ha molta ecc.: può essere messo in dubbio. — nel 1513: il 6 giugno; gli Svizzeri combattevano per il duca di Milano, Massimiliano Sforza, e respinsero un tentativo francese di rientrare in Lombardia (cfr. II.16.26). — fortezze: campi trincerati; ma dice il Guicciardini che i Francesi non avevano avuto il tempo di fortificarsi (St. d’It. 11,12). — ruppono: ruppero, sgominarono. Novara segnò il trionfo della fanteria svizzera; per le conseguenze politiche della battaglia, cfr. la lettera di M. a F. Vettori del 20 giugno 1513. — da quelle: dalle artiglierie, ovviamente.

41. guardata: difesa, da mura o da fossi o da terrapieni. Quando, invece, deve essere difesa da uomini — dice poi M. — diventa inutile, perché, nel momento dello scontro, i nemici si frammischiano agli amici.

42. Per fianco: per colpire i fianchi del nemico. — da trarre: da lancio. — dagli ordini: dalle righe. — spinti: attaccati.

44. contro al Sofì ecc.: lo Scià di Persia, Ismail (sconfitto dai Turchi a Cialdiran, nel 1514) e il Sultano d’Egitto (cfr. I.1.18).

45. Conchiuggo ecc. La conclusione rileva, per un verso, l’essenza non tecnica, ma politica o etico-politica, della «antica virtù», che può essere quindi corroborata, non sostituita, dalla “macchina” (o dal denaro: cfr. II.10.4). Per altro verso — ed è elemento forse superficiale, nel complesso dell’opera, ma certo appariscente in questo giro di capitoli — la virtù è fatta coincidere proprio con una specifica soluzione tecnica, cioè con la guerra di fanteria (di massa) all’arma bianca. Quanto alla svalutazione dell’artiglieria (che appartiene appunto a quest’ultimo “piano” del discorso) essa è certo anacronistica nel suo estremismo, ma trova pure qualche riscontro nella situazione reale della tecnica militare e nella «opinione comune» di un periodo in cui «domina il principio della superiorità incontrastata dell’azione tattica risolutiva all’arma bianca» (Pieri, p. 48). C’è poi un fattore “culturale” da non trascurare. F. Guicciardini, che pure poté apprezzare — e di fatto apprezzò — meglio di M. l’efficacia delle armi da fuoco, non mancò di qualificarle come «peste» e «diabolico instrumento» (St. d’It. 1, 11); mentre l’Ariosto, come è noto, fa distruggere da Orlando il «maledetto» archibugio del Re di Frisia, «fabricato nel tartareo fondo... per man di Belzebù maligno» (Fur. 9,91) Per quanto luogo si voglia fare — nel caso del Furioso — allo scherzo, l’arma da fuoco era diventata un po’ il simbolo del furore oltramontano e il riconoscimento della sua potenza si tingeva di fatalismo. Proprio ciò contro cui si scaglia M., forzando magari il giudizio sull’artiglieria («altro che Belzebù!», pare che dica) a tutto vantaggio dell’«antica virtù». Non si può escludere, infine, un’eco di certa avversione «politica» all’arma da fuoco, quale era stata, per es., nel secolo precedente, quella di Roberto Valturio («Bombarda... quo nostri temporis duces ac imperatores, ut liberos populos veliugo vel excidis premant, utuntur» [Duci e signori del nostro tempo usano il cannone per schiacciare i popoli liberi], de re militari, cit. dal Dionisotti, p. 354).

XVIII

2. i disegni: i piani. — lago Regillo: nel 496 a.C. — inclinato: vacillante sotto i colpi. — fecero: sogg. generico «i Romani». — la vittoria: cfr. Livio 2.20.

5. Quam etc.: Livio 22,49 (ma senza equites).

6. se si ha ecc.: se si deve prestar fede alla autorità. — una Republica romana. M. ha percepito lucidamente, al di là degli esempi addotti, il fatto storicamente accertato che i Romani, non disponendo di una buona cavalleria, si affidarono soprattutto alla forza dei fanti. Ma non saranno state senza effetto, su di lui, anche battute liviane come questa: «Mezio combatteva in quel momento a cavallo, per cui fu più facile respingerlo» (1,12).

7. autorità... ragioni: prevalgono, comunque, queste ultime (cfr. la lettera del 29 aprile 1513 al Vettori, già ricordata). — servare ecc.: osservare la formazione prestabilita. — turbato: scompigliato (l’ordine). — riassumere: ricomporre.

10. coloro che ecc.: sono gli scrittori di storia, da cui si devono appunto ricavare le regole della vita civile. — in prima ecc.: ricorda, forse, un verso di Lucrezio (5,1297: «et prius est armatura in equi conscendere costas» etc.) che però fa seguire l’uso dei carri, non il combattimento a piedi. Lo schema machiavelliano ricalca, ad ogni modo, l’evoluzione dell’arte militare greco-classica, con il passaggio dalla cavalleria aristocratica alla “democratica” fanteria degli opliti.

11. scoperte: esplorazioni. — iscorrere: devastare. — seguitare: inseguire. — e per essere ecc.: e anche per contrastare, in una certa misura, la cavalleria avversaria. — le fanterie. Ha indubbiamente visto il declino della cavalleria, che aveva dominato il combattimento per tutto il Medioevo; ma le «funzioni secondarie» che le assegna «non corrispondono all’importanza che in realtà essa ancora conservava» (Pieri). Vedi II.10. 18 e n.

12. i peccati: quasi una citazione da Princ. 12 («E chi diceva come e’ n’erano cagione e peccati nostri» ecc.)

13. la malignità ecc.: la malvagità dei condottieri e l’insipienza dei principi.

14. da venticinque ecc.: «negli ultimi venticinque anni» (Puppo), o, per la precisione, da venticinque anni a questa parte; ma che vuol dire? Altrove — e con ragione — M. fa risalire alla fine del Trecento la fioritura delle milizie mercenarie (cfr. Princ. 12; e vedi anche Ist. fior. 5,1). Il testo dei Disc. potrebbe essere, in questo punto, corrotto. — pensarono: sogg., i capitani. — la riputazione: il prestigio, la fama (anche: la temibilità).

15. continovamente: in permanenza. — valersene: usare (come fanti).

16. seguisse: avvenisse. — l’affezione: la stima. — ridussonla: la trasferirono.

19. a Sora: in realtà a Saticola, nel Beneventano; Livio 9,21-22. — turma: lat., torma, squadrone. — il Maestro ecc.: Quinto Aulo Cerretano, magister equitum. — datosi ecc.: venuti alle mani. — governo: guida. — con tutto questo: per questo mezzo; annota Livio che «nel combattimento a piedi il soldato romano è decisamente superiore».

20. fazioni: fatti d’arme.

22. Crasso: Marco Licinio C., triumviro con Cesare e Pompeo; morì nel 53 a.C. combattendo contro i Parti (popolo scita che dominò l’Iran dal 140 a.C. al 227 d.C.).

24. afflizioni: sconfitte. — Marc’Antonio: combattè i Parti nel 36 a.C., senza riuscire a batterli, e a stento riportando in salvo l’esercito. Il «giudizio» dei nemici è riferito da Plutarco Ant. 49. — ebbeno: sogg. è il collett. «la cavalleria». — tentare: mettere alla prova, attaccandoli.

25. ingannato: cfr. Plutarco Crassus 30 sgg.; i Parti lo invitarono a una trattativa e lo assassinarono. — sforzato: vinto con la forza. — mai... ardirono: cfr. Plutarco Crassus 24. — disordini: errori, e quindi situazioni di svantaggio. — costeggiandolo: logorandolo ai fianchi. — e promettendogli ecc.: «Lunga promessa con l’attender corto», direbbe Dante. — a una estrema ecc.: a morte.

27. disopra: cfr. II.17.40. — offendere: colpire; i quadrati di picchieri svizzeri riuscirono superiori alla cavalleria francese. — guascona: di Guascogna, regione della Francia meridionale che forniva una fanteria di qualità non eccellente. — la stimavano: rif. a «gente».

28. sopra a Milano: a Marignano (Melegnano), il 13 settembre 1515. — Francesco: re di Francia dal 1515 al ’47; riconquistò Milano, nel ’15, e la tenne per dieci anni. — carra: carri (plur. di tipo neutro con idea di collettivo: cfr. Rohlfs 368).

29. Marco: console e condottiero romano, sconfitto e catturato dai Cartaginesi durante la prima guerra punica (255 a.C.); la battaglia, combattuta non lontano da Cartagine, è descritta da Polibio 1,34. — tanta ch’e’ ecc.: anche qui l’argomentazione può apparire alquanto capziosa.

31. Filippo Visconti: duca di Milano dal 1402 al 1447. — il Carmignuola: Francesco Bussone, capitano del Visconti fino al 1424. Sconfisse gli Svizzeri ad Arbedo (nel Canton Ticino, allora milanese) nel 1422; cfr. Arte 2, 319-20.

33. immobili: invincibili. — rifattosi ecc.: rinforzatosi con truppe fresche. — fatto testa ecc.: messele davanti alle fanterie. — facilmente: fortissimi contro i cavalieri, «li Svizzeri hanno ad avere paura de’ fanti, quando li riscontrino nel combattere ostinati come loro» (Princ. 26.).

35. Vuno e l’altro: l’antico e il moderno. — si ravvegghino: si ravvedano. — tenergli appresso: curarli attentamente. — riputazione... vita: prestigio e forza.

XIX

1. sono a ecc.: provocano la rovina, non il rafforzamento, dello stato.

3. Novara: cfr. II.17.40.

4. tamen: lat., pure — s’arma meglio: si dispone di armi migliori. — uomini d’arme: a cavallo. — urtare ecc.: spezzare una roccia (iperbolico).

5. Lucullo: Lucio Licinio L. (106-57 a.C.), guerreggiò in Asia Minore contro Mitridate e Tigrane, re dell’Armenia, il quale ultimo sconfisse a Tigranocerta nel 69. La battaglia è descritta da Plutarco Lue. 26-28: i Romani erano circa ventimila e si trovarono contro centocinquantamila fanti e cinquantamila cavalieri. Il dato fornito da M. non corrisponde a quello attestato dalla fonte: può trattarsi di una svista, ma non si può escludere un errore del copista. — una sorte: un tipo; erano diciassettemila cavalieri corazzati (Plutarco).

6. questa fallacia: questo errore. — oltramontane: qui, gli Svizzeri. — e come ecc.: la punteggiatura corrente (... oltramontane. E...) non dà senso, ed è stata convenientemente riformata. — essere vero: l’esempio moderno autentica gli esempi tramandati dalle storie.

8. E crederebbono ecc.: paragrafo riassuntivo; il «modo romano» vi è riepilogato, con riferimenti ai capitoli 11.3,4,6 ecc. (vedi anche I.37.8). — compagni: alleati, federati. — fare capitale delle: accumulare le. — ossidioni: assedii. — studio: applicazione.

9. le republiche ecc.: cfr. I.55.9; II.4.24. Ma qui la «bontà» degli ordini Svizzeri è seriamente limitata, «proibendoli lo acquistare». Rispetto al Principe e al carteggio del 1513-14, entra ora nel ragionamento il ricordo della rotta di Malignano (1515), dopo la quale gli Svizzeri dovettero rinunziare a ogni espansionismo. — un tempo: un certo tempo.

10. altra volta: cfr. I.6. — differenza... da: differenza tra. — gli pochi confini: il poco dominio. — in casa: accenno, non svolto, al nesso tra potenza e guerra civile. Sembra che qui M. veda nella potenza/conquista un mezzo di controllo della lotta interna; ma abbiamo visto che, invece, essa ne è alimento decisivo.

12. il titolo: Carlo Magno ricevette la corona imperiale d’Occidente nell’800. Poco dopo i Franchi occidentali (= Francia) si separarono dagli orientali (= Germania), cui rimase la dignità imperiale. — ricomperandosi: riscattandosi. — censo: tributo. — erano ecc.: erano suddite dirette dell’imperatore (immediate è un lat., “immediatamente”).

13. Filiborg: Friburgo; sotto il dominio degli Asburgo dal 1277 al 1452, aderì nel 1481 alla confederazione elvetica. — i Svizzeri: i cantoni si confederarono contro gli Asburgo a partire dal 1291 (lega perpetua tra Schwytz, Uri e Unterwalden). — sono in timore: fanno paura.

15. è quel ecc.: è l’insegna, il prestigio dell’imperatore. — mezzano: mediatore. — scandolo: disordine, controversia.

16. da molti anni ecc.: dal 1438, con l’elevazione di Alberto d’Austria al trono imperiale.

17. non sanno: ossia, non vogliono. — sua: intendi “della Casa d’Asburgo”.

18. le discordassono: vi penetrasse la discordia.

19. se quella ecc.: se la situazione politica della Germania fosse diversa. — quiete. Ha ricondotto il «caso» delle città tedesche alla misura dell’eccezione, rispetto alla regola che obbliga ogni stato ad «ampliare»: la presenza dell’Imperatore, che con la sua reputazione garantisce un pur precario equilibrio delle forze, fa della Germania un caso “particolare”; si noti per altro che la “regola generale” non ne esce contraddetta ma soltanto condizionata a uno svolgimento peculiare (e altrove irripetibile: vedi par. sg.).

22. gli sta molto bene: è facile.

23. impoverisce: contraddicendo al «modo romano» di «fare capitale delle prede» (par. 8). — mette: rimette. — quando l’uno era ecc.: l’espansione veneziana in terraferma è successiva al 1330; «sei miglia di confini» Firenze li aveva, forse, al tempo di Cacciaguida.

25. delizie: lussi. — conversazione: frequentazione. — nello acquisto: nel 343 a.C. i Romani installarono una guarnigione in Capua per proteggerla dai Sanniti. — Annibale: fece svernare le sue truppe a Capua nel 216 a.C., con effetti deleterii per la disciplina e l’addestramento.

26. dalla città: da Roma. — corrotta: bisogna intendere che la tendenza alla corruzione era ancora ben frenata e controllata, non che la città ne fosse del tutto immune (cfr. I.17).

27. Iam tunc etc.: già fin d’allora Capua si rivelò deleteria per la disciplina militare, per il mezzo d’ogni sorta di piaceri offuscando, negli animi sedotti dei soldati, il pensiero della patria (Livio 7,38; il latino di M., o meglio dell’archetipo, offre però instrumentum, che preferisco emendare).

28. tristi: corrotti.

29. peregrini: stranieri («peregrinos mores», Sat. 6,298). — gula etc.: la gola e la lussuria presero stanza, e vendicavano il mondo dei vinti (Sat. 6,293; gula et è un’aggiunta di M. all’esametro giovenaliano).

30. fu per: rischiò di. — discosto: in maniera difforme.

XX

2. opera: cfr. Princ. 12-13.

3. Né mi ecc.: né mi è parso opportuno ometterla completamente.

4. al testo: 7,32 sgg. — in due... luoghi: cfr. II. 13.12. — liberi: avendo liberati. — spogliati ecc.: privi di protezione.

5. Le quali legioni ecc.: cfr. Livio 7,38-41.

6. presentita: scoperta, prima che i ribelli passassero all’azione. — oppressa e corretta: repressa la congiura e riportata all’ordine la situazione: delle congiure: in III.6.189.

9. condotti: assoldati, o meglio: chiamati in aiuto.

11. Regini: gli abitanti di Reggio, in Calabria; avevano accolto, all’epoca delle guerre con Pirro, un presidio romano, che dopo qualche tempo si impadronì della città (279 a.C.). Nel 271 Roma mandò un altro esercito che stroncò la ribellione e restituì la libertà ai Reggini. L’episodio in Polibio 1,7.

12. più leggieri: meno gravosa, meno pericolosa.

13. leggeranno ecc.: la storia antica è già “leggibile”, già “formata” secondo ragione nel testo degli storici; quella moderna deve essere «discorsa», ragionata — oltre l’apprensione empirica — e portata così allo stesso grado di purezza dell’altra.

15. per difendersi: in tal caso la «necessità» lo scuserebbe in parte; altrimenti, l’errore è inescusabile e si verifica quando la cieca ambizione, la passione della «rapina», travolge ogni freno razionale. — gliene acquista: lo acquista per conto di lui. La logica della potenza è ferrea e non si lascia giocare: chi ha le forze è il padrone.

17. muovono: persuadono, inducono a riflessione. — più alieno da: meno desideroso di.

XXI

2. la giurisdizione: il dominio. — di sopra: soprattutto in II.4. — disfacevano: la solita alternativa tra «vezzeggiare» e «spegnere», senza smarrirsi nelle «vie del mezzo». — segno ecc.: insegna del potere romano.

3. provincia: ossia territori conquistati, non associati ma sottoposti a Roma.

4. Pretore: Lucio Furio; cfr. Livio 9,20. — a Capova: ca. nei 318 a.C.

5. uno Prefetto: secondo Livio, per la precisione, si trattò di alcuni patroni, scelti dal Senato tra i coloni romani (loc. cit.). — quod etc.: che già non solo le armi, ma le norme di Roma dispiegavano la loro forza (loc. cit., ma «late pollebant»).

7. questo modo: cioè il metodo di non imporre magistrati romani. — per sua ecc.: per mezzo dei propri cittadini. — gravezza: durezza, oppressività. — ogni giorno: essendovi un rappresentante permanente dei dominatori. — rimproverata: rinfacciata.

8. il principe: la potenza dominante. — i magistrati ecc.: le magistrature che amministrano la giustizia civile e penale. — carico: responsabilità, biasimo.

10. Genova ecc.: appartenne ai Francesi dal 1499 all’ottobre 1506 e dal maggio 1507 al 1512. Nel 1515 il doge, Ottaviano Fregoso cedette nuovamente la città al Re di Francia, ottenendone per sé il governatorato (vedi par. sg.), che tenne fino al ’22, quando Genova cadde nelle mani degli Imperiali.

12. dello imperio: nel possesso. — quegli popolari: quel popolo.

13. dimestico: affabile.

14. a’ Romani ecc.: da parte dei Romani si fosse mostrata. — ingelositi: preoccupati, insospettiti.

16. Pistoia: i Fiorentini se ne impadronirono nel 1328 «per trattato» (Ist. fior. 2,30), ossia con la complicità di fuorusciti. Dopo alterne vicende di guerra con Castruccio Castracani, la ripresero definitivamente nel ’31.

17. prezzino: apprezzino, stimino. — da quanto gli altri: pari agli altri. — come frategli: sin troppo, bisogna pensare, se per eccesso di male usata «pietà» il popolo fiorentino «lasciò distruggere Pistoia» nelle lotte di fazioni (III. 27 e Princ. 17). Ad ogni modo, la «dimestichezza» occorre prima della conquista.

19. insalvatichiti: esasperati.

20. in ultimo luogo: alla forza l’ultima e decisiva parola; del resto gli «altri modi» sono efficaci soltanto se non «viziati» di «viltà», e cioè soltanto se sono garantiti da una salda riserva di potenza.

XXII

3. nei tempi quieti: ossia, quando il pericolo è ancora «discosto» e gli ammonimenti dei «savi» non sono ascoltati. — inimicati: avversati. — più presto: piuttosto. — messo innanzi: proposto.

4. si rifugge: si ricorre. — nel suo luogo: cfr. III.16. — in questa parte: per questo aspetto.

5. dove: nei quali. — verisimili: sost., apparenze di verità.

6. Numicio: Lucio Numisio, di Circeo, pretore dei Latini nella ribellione del 340 a.C. (cfr. II.13.16). Dopo la sconfitta toccata presso il Vesuvio (cfr. II.16), Numisio persuase i Latini a continuare la guerra — sostenendo che l’esercito romano era stato prostrato dalle perdite — e li condusse così alla disfatta finale (Livio 8,11).

7. morto: il 31 dicembre 1514. — pochi anni ecc.: nel 1512, sollecitati da papa Giulio II, gli Svizzeri avevano rimesso in Milano Ercole Massimiliano Sforza. — desiderava: sogg. è Francesco. — riguadagnati: con gli accordi del 1513; ma quell’anno gli Svizzeri riuscirono a respingere l’attacco franco-veneziano (battaglia di Novara). — tentava: saggiava. — Leone X: papa dal marzo 1513 (cfr. II.10.12).

8. neutrale. M. era intervenuto di persona, con due importanti lettere a F. Vettori (10 e 20 dicembre 1514), per consigliare al Papa di schierarsi al fianco dei Francesi e, comunque, di non restare neutrale tra i due contendenti. — non si faceva: non era conveniente. — il re: di Francia. — volendola: rif. a «l’Italia».

10. a ordine ecc.: pronte a presentarsi. — colore: giustificazione. — le cose sue: i propri possedimenti in Lombardia (Parma e Piacenza).

12. lo evento: lo svolgimento reale. — zuffa: presso Marignano, nel settembre 1515. — freddezza: irresolutezza. — con la Chiesa: cfr. Guicciardini St. d’It. 12,16.

15. se... il quale: le due determinazioni logiche (ipotetica e relativa) interferiscono, se le si riferisce entrambe a andasse; per salvare il testo, si può, forse, pensare che il primo se anticipi l’altra ipotetica se già e’ non fusse... (costruzione simile a quella del tipo «io dico che, volendola vedere, che tu vada...«).

16. dall’altro: sull’altro.

17. la fallacia che... prese: l’errore in cui cadde. — il quale: Numicio (vedi par. 6). — solo: rif. a il nome (per dire che i Romani non avevano tratto dalla battaglia alcun vantaggio concreto). — sopportati: patiti. — era per: poteva.

XXIII

2. Iam Latio etc.: la condizione dei Latini era tale che non potevano fare né la guerra né la pace (Livio 8,13).

4. di sopra: cfr. II. 10.2.

5. quando non dovevano ecc.: agli inizi, quando Roma era ancora una piccola potenza. — rompere: muovere, dichiarare. — dannosa: l’amicizia, prima, e l’ostilità, poi.

6. al tutto afflitti: completamente disfatti. — Cammillo: Lucio Furio C., console nel 338 a.C. — messa la guardia: posti dei presidii. — statichi: ostaggi.

7. notabile: degno di nota; tanto che M. ne aveva già fatto il perno del suo discorso sul Modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati (1503). — ne’ giudizi ecc.: nelle decisioni politiche. — la via del mezzo: i «mediis consiliis» che invece, secondo Livio (loc. cit.), erano cari ai Latini.

8. uno governo ecc. Cfr. questa definizione del «governo» con quella che apre il Principe: «tutti li stati, tutti e dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra li uomini...». La funzione di comando identifica radicalmente il potere politico. — via da: modo di.

10. Dii etc. Gli dei immortali vi hanno dato tanto potere sullo stato delle cose, che nelle vostre mani è la decisione se il Lazio debba essere o non essere. Così potete, o con la severità o con il perdono, assicurare a voi stessi — per quanto è dei Latini — una pace perpetua. Volete deliberare, contro arresi e vinti, con il massimo rigore? Avete la potestà di distruggere completamente il Lazio. Oppure volete, sull’esempio degli avi, accrescere la potenza romana accettando i vinti nella cittadinanza? C’è materia per salire al sommo della gloria. Di certo, il potere più saldo è quello cui si ubbidisce con giovamento. Dunque gli animi di coloro, finché sono sospesi nell’attesa, bisogna conquistare col castigo o con la benevolenza (Livio, loc. cit., un po’ alleggerito nel finale). Vedi anche la versione che M. stesso ne ha dato nel Modo di Trattare: «Iddio vi ha facti al tutto potenti di potere deliberare se Latio debba mantenersi o no et potere in perpetuo assicurarvene. Pensate adunque se voi volete acerbamente correggere quelli che vi si sono dati, et se volete rovinare al tutto Lazio (...); et se volete con lo exemplo de’ maggiori vostri accrescere la republica romana, faccendo venire ad habitare in Roma quelli che gli havevono vinti; et così vi è data occasione di accrescere gloriosamente la città. Ma io vi ho solo a dire questo: quello imperio essere fermissimo che ha i sudditi suoi fedeli et al suo principe affettionati (...). Tanti popoli (...) bisogna trarre di questa ambiguità et preoccuparli o con pena o con premio».

11. secondo le: conforme alle. — che, recatosi ecc.: in modo che, fatti venire, uno per uno, i rappresentanti dei popoli più importanti. — spensono: annientarono. — la città: la cittadinanza (così ai Lanuvini). — sfasciarono: distrussero (fu il caso di Velletri). — ridussongli: li condussero. — dissiparongli: li dispersero. — con il consiglio: con gli intrighi.

14. i Fiorentini: è appunto la tesi del discorso del 1503 (vedi par. 7). — quegli campi ecc.: una campagna tanto ricca da soddisfare tutti i bisogni di Firenze (nel caso, s’intende, che Arezzo fosse non «carezzata», ma «disfatta»; vedi oltre).

16. si disfacesse: è anche la soluzione dichiarata preferibile nel discorso sul Modo di trattare... — La regola per cui «i popoli ribellati si debbono o beneficare o spegnere», mentre esclude la via del mezzo, non pone i due termini dell’alternativa come equivalenti e intercambiabili: tra benevolenza e castigo bisogna scegliere sulla base di un’analisi della situazione concreta. Nei confronti degli Aretini, ribelli recidivi e irriducibili, si imponeva di necessità — secondo M. — la massima durezza.

17. parricida: traditore, nemico della patria. — scandoloso: suscitatore di disordini.

18. particularmente: in quanto singoli. — tal volta... che: in forma tale che. — principe: capo di stato. — spegnerla: rif. a città.

20. che dettero ecc.: che pronunciarono contro i Privemati, ribellati e domati nel 330-329 a.C.

23. quam etc.: quale pena ritenesse aver meritato i Privemati (Livio 8,21).

24. Eam etc.: quella meritata da coloro che si ritengono degni della libertà.

25. Quid etc.: e se noi vi prosciogliamo da ogni pena, quale pace possiamo sperare da voi?

26. Si bonam etc.: fida e perpetua, se onorevole; se disonorevole, non duratura.

27. alterassono: irritassero. — se audivisse etc.: di avere udito la voce di un uomo libero; e di non potersi credere che un popolo, o anche un uomo solo, rimanesse, in una condizione per lui odiosa, più a lungo di quanto ve lo obbligasse una forza maggiore. E che una pace sicura può aversi solo con coloro che vi aderiscono volontariamente; né si può sperare fedeltà dove si voglia mantenere la servitù.

28. civiltà: cittadinanza; più in generale, la partecipazione alla vita dello stato. — eos demum etc.: che, insomma, coloro i quali non hanno altro pensiero se non della libertà, sono ben degni di essere Romani.

29. vera: sincera.

30. altrimenti: che, cioè, sottovalutano le passioni degli uomini, il loro attaccamento alla indipendenza e alla libertà. — a loro: ai sudditi.

32. use ecc. Cfr. Princ. 5, più rigoroso: «in verità non ci è modo sicuro a possederle [le città use a vivere libere] altro che la ruina. E chi diviene patrone di una città consueta a vivere libera e non la disfacci, aspetti di essere disfatto da quella; perché sempre ha per refugio nella rebellione el nome della libertà e li ordini antiqui suoi; e quali né per la lunghezza de’ tempi né per benefizii mai si dimenticano». — carezzarle: beneficarle; ma vedi par. 16.

33. alle Forche Caudine: nel 321 a.C. — quel vecchio: Erennio Ponzio, padre del comandante sannita Caio Ponzio; Livio 9,3. — via di mezzo: «media via», dice Livio, loc. cit. — mettendogli ecc.: pubblica umiliazione, consistente nel passare disarmati e a capo chino sotto un’asta.

34. nel suo luogo: cfr. III.40-41.

XXIV

1. dannose. Cfr. Platone Leggi 6,778d sgg. (e contra Aristotele Polit. 1330b).

2. questi savi ecc.: espressione di trasparente disprezzo. In realtà, le tesi machiavelliane non sono così prive di riscontro nell’opinione dei contemporanei. Ricorda, per es., quello che scriveva Isabella d’Este al marito Francesco III Gonzaga: «questo caso debbe essere exemplo a tutti li signori et potenti del mondo de far più extima di cuori de li subditi che de fortezze, tesoro et gente d’arme...» (28 febbraio 1495), in «Arch. stor. lomb.», 17,1890, p. 622. — Priverno: cfr. cap. prec. — in fede: fedeli, sottomessi (i Privemati). — un detto: cfr. Princ. 20.

4. salvò bene: conservò tuttavia. [A meno di non leggere: mai n’edificò... ma’ (=mai) salvò..., dato che al par. 40 i Romani «smuravano e non muravano»]

6. suggetti: sudditi.

8. prima conviene: in primo luogo bisogna (ritenere) — l’odio: sott. “nasce”. — portamenti: comportamenti. — tenergli: tenerli sottomessi.

9. loro addosso: sopra di loro. — nocive. Il pensiero di M. è chiarissimo: le fortezze generano nel principe l’illusione di potere «forzare» i propri sudditi, e così lo trascinano alla tirannide e alla rovina (vedi par. 11).

10. ne’: con i. — sono nulla: non bastano. — in campagna: in campo, in azione. — dissipi: disperda (come «disgiunga»). — spenga, disordini: annienti come entità politica. — convenire a: organizzarsi per. Entrambe le ipotesi riguardano popoli «esterni» assoggettati; cfr. par. 14 e sgg.

11. spoliatis etc.: a coloro che sono stati spogliati, resta sempre qualche arma (Giovenale Sat. 8, 124). — furor etc.: l’ira provvede, comunque, le armi (Virgilio Aen. 1,150). — segui di: continui a. — Idra: mitico mostro dalle molte teste; per ognuna che se ne tagliava, ne rinascevano due (Ovidio Met. 9, 70-72). — inutili: la lez. dell’archetipo (utili) nasce da non avere inteso il senso della contrapposizione con «inutilissime»; come si è visto prima, le fortezze non sono mai «utili»: dare animo al principe di «fare male» ai sudditi è già un danno (cfr. i par. 9-5 e soprattutto 18: «e nella pace» ecc.). Si potrebbe anche integrare: le non sono utili.

12. sono: lo sono. — rispetto: contro. — altri: per esprimere una persona indeterminata, come già si’è visto. — di sopra: cfr. II.17.14.

13. tritamente: nei particulari.

15. voltare: rivolgere, col discorso. — respettivo: cauto. — disposti alla: desiderosi della.

16. tristi: malvagi, tirannici.

17. Francesco Sforza: celebre capitano di ventura, conte di Altomonte (dal 1418); fu signore di Milano dal 1450 al 1466 (cfr. I.17.11) — una fortezza: il Castello Sforzesco. — eredi: si riferisce a Galeazzo Maria, figlio di Francesco, che tenne tirannicamente il ducato, dopo la morte del padre, fino a che non fu ucciso in una congiura [cfr. III.6.154] e anche all’altro figlio, Ludovico detto il Moro, che s’impadronì di Milano nel 1480 e a cui la signoria fu tolta dai Francesi nel 1499-1500. Nel momento in cui M. scrive queste pagine, inoltre, gli Sforza hanno perduto Milano per la terza volta (1515), di nuovo travolti dall’«impeto francioso».

18. perdonarono ecc.: risparmiarono ai sudditi alcuna sorta di sopraffazione. — perderono ecc.: il ragionamento si incastra con quello delineato in Princ. 3, a proposito del dominio francese su Milano. — avuto quella: si tratta sempre della fortezza. — agramente ecc.: crudelmente governati. — sarebbonsene ecc.: se ne sarebbero astenuti.

19. Le quali: le fortezze. — alcuna parte: alcun modo. — guarda: difenda.

20. conviene: è necessario. — eziandìo: anche se. — gli uomini: i popoli, la cui «amicizia» è fondamentale. — per l’orgoglio della: per l’arroganza che ti dava il possesso della.

21. agli Sforzeschi ecc.: vedi par. 17. — mediante: data la presenza di. — onesto: e, soprattutto, efficace.

22. Guidubaldo: duca di Urbino dal 1482 al 1508. Cesare Borgia gli tolse lo stato nel giugno del 1502, ma lui ne riprese possesso nell’ottobre seguente, approfittando della lotta scoppiata tra il Valentino e i suoi capitani. Costretto nuovamente a cedere di fronte alla superiorità militare dell’avversario, Guidobaldo fece atterrare le rocche di Gubbio e Pergola, al fine di concentrare le forze nella difesa di San Leo e Urbino (fine novembre); ed è l’episodio cui M. si riferisce in questo capitolo. Ai primi di dicembre, Guidobaldo abbandonò Urbino: vi rientrò, definitivamente, nell’agosto del 1503, quando la morte di Alessandro VI provocò la disgregazione della signoria borgesca. L’abbattimento delle fortezze è ricordato da M. per la prima volta nella lettera “publica” del 23 dicembre 1502, senza alcun commento. Nei Ghiribizzi a G.B. Soderini, del 1506, l’episodio è invece già assunto come un vero e proprio exem- plum: «e Vitelli in Castello et questo duca d’Urbino nello stato suo disfeciono le fortezze per tenere quelli stati; el conte Francesco in Milano et molti altri le edificorno nelli stati loro, per assicurarsene». Ma i due modi di procedere si presentano ancora come sostanzialmente equivalenti, colti nella loro antinomia ma tutt’e due “giustificati” entro quella universale dottrina del «riscontro» che la lettera tratteggia. Ben diversa è la situazione in Princ. 20: prescindendo da qualche espressione incerta, o comunque formalmente meno rigida che nei Discorsi, il comportamento di Guido e quello di Francesco Sforza vi sono opposti come positivo a negativo, alla luce del criterio di fondo secondo cui «la migliore fortezza che sia, è non essere odiato dal populo». In tale quadro evolutivo, merita una particolare attenzione l’accenno contenuto nel celebre “ritratto” del Modo tenuto dal duca Valentino nello amazzare Vitellozzo...: «Guidobaldo duca d’Urbino di nuovo si fuggì et ritornossi ad Vinegia, havendo prima facto minare tucte le fortezze di quello stato perché, confidandosi ne’ populi, non voleva che quelle fortezze ch’egli non credeva potere defendere, el nimico occupassi et, mediante quelle, tenessi in freno gli amici sua». Per il nesso tra «fortezze» e «popoli» questo brano pare assai più vicino all’impostazione del Principe-Discorsi che non a quella dei Ghiribizzi: ed è questo un elemento che potrebbe aiutare a risolvere il problema cronologico del Modo tenuto... (1503 o 1514?). — Federigo: da Montefeltro, duca di Urbino dal 1444 all’82. — Cesare: cfr, I.38.7; Alessandro VI regnò dal 1492 ai 1503. — uno accidente: la ribellione di Paolo Orsini, Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo e Giampaolo Baglioni contro il Borgia. L’8 ottobre del 1502 i congiurati, riuniti nel castello di Magione, sul Trasimeno (era presente anche un emissario di Guidobaldo) firmarono un patto di confederazione, e lo stesso giorno Urbino si sollevava nel nome dei Montefeltro. — dannose: semplifica per far risaltare l’elemento principale; in effetti, il duca non fece diroccare i forti quando «ritornò», ma quando dovette di nuovo fuggirsene (cfr. il brano dei Modo tenuto... cit. più sopra).

23. quello: Guidobaldo. — per rispetto ecc.: non ne aveva bisogno per difendersi dai popoli. — per conto de’: per quanto riguardava i. — si volse a: preferì, si decise a.

24. cacciati ecc.: nel 1506; cfr. I.27.2. — una fortezza: presso porta Galliera; fu distrutta dai Bolognesi L’rivolta (vedi oltre; e cfr. Princ. 20). — assassinare: vessare, tormentare. — governatore: Francesco Alidosi, legato a Bologna dal maggio 1508; provocò col suo malgoverno la rivolta del 1511.

25. talché: cosicché. — si ribellò: nel maggio 1511, appressandosi un esercito francese (durante la guerra della Lega Santa) i Bolognesi insorsero e richiamarono i Bentivoglio. — perdé: sogg. papa Iulio. — intanto che: mentre.

26. Niccolò: Vitelli (1414-86), il padre di Paolo e di Vitellozzo. Capitano di ventura, fu signore per brevi periodi della sua patria, Città di Castello. L’esempio del Vitelli, oltre che in Princ. 20, è già nei Ghiribizzi, cit. più sopra. — tornato: nel 1482, con l’aiuto di Lorenzo il Magnifico (cfr. Ist. fior. 8,23; ma non vi si fa menzione delle fortezze). — Sisto IV: Francesco della Rovere, papa dal 1471 all’84.

27. in ogni parte: da ogni punto di vista. — seguito ecc.: verificatosi poco tempo fa.

28. Genova: cfr. II.21.10. — fortissima: più forte. — sito: posizione naturale. — circustanza: aspetto. — che si estende ecc.: a picco sul mare. — Codefà: co (=capo) di faro; è la Lanterna. — per questo ecc.: da questo forte teneva sotto tiro.

29. nel 1512: come già più volte ricordato. — lo stato: il governo. — Fregoso: cfr. ancora 11.21.10.

30. come prudentissimo: in quanto era uomo di somma prudenza.

32. lo hanno ecc.: verso la fine del 1513, le famiglie Adorno e Fieschi, rivali del Fregoso, attaccarono Genova da Levante; gli armati, secondo il Guicciardini St. d’It. 11,16, erano tremila. Non si riferisce né (come vorrebbe il Walker) al modesto “colpo” del dicembre 1514, che il Fregoso liquidò personalmente, affrontando gli avversari sulla piazza del Palazzo, alla testa della sua guardia (cfr. Guicciardini St. d’It. 12,8), né, tanto meno, a quello dell’estate 1521 (come ritenne, fra gli altri, il Villari). — offendere: colpire, rovesciare.

36. che le: che esse.

37. questa fallacia: l’errore di confidare nelle fortezze. — conobbero: capirono. — rifugio: figuratamente, per dire che i Pisani trovano, nel ricordo della antica libertà, la forza di ribellarsi. — il modo romano: cfr. cap. prec.

38. nella venuta ecc.: cfr. I.38.13, n. — poca fede: malafede. — chi le guardava: chi le comandava, chi le difendeva.

41. Taranto: Annibale la espugnò nel 212 a.C.; il presidio romano, asserragliato nella rocca, riuscì a resistere fino all’arrivo dell’esercito liberatore (209); cfr. Livio 27,15-16. — eziandio ecc.: un tale giudizio può essere basato, per es., su Plutarco Fab. 23.

43. Capova: occupata da Annibale nel 216, fu riconquistata, dopo lungo assedio, nel 211 a.C. (cfr. Livio 26, 14).

44. rebellione: cfr. II.17.12. — per la fortezza: grazie alla resistenza della cittadella.

46. a volere ecc.: a rendere un buon servigio.

47. allo incontro ecc.: non basta a bilanciare gli esempi contrari. — fortuna: qui semplicemente “sorte”, “vicenda”.

48. i buoni eserciti: ma questi altro non sono che i popoli stessi, «armati» e «amici» del proprio stato; il discorso ruota sempre attorno al medesimo perno.

49. non permettevano ecc.: ispirato a Plutarco Lyc. 19. — la virtù ecc.: il valore individuale di ciascuno. — defensivo: mezzo di difesa.

50. da donne: motto di Agesilao, ma riferito a una città non determinata (Plutarco Apopht. Laconica 212e).

51. in sulle marine: presso alla costa. — alla fronte: alle frontiere; Mazzoni integra e alla f., ma non ce n’è bisogno. — sostenere: trattenere. — che sia ecc.: che l’esercito del paese assalito si ordini alla battaglia.

52. per il suo stato: in mezzo al suo territorio. — gli fanno guerra: perché il nemico le utilizza contro di lui. — quando non ecc.: se non vengono affrontati gagliardamente. — rispetto: timore. — Francesco Maria: cfr. II.10.12; e Guicciardini St. d’It. 13,1: «voltassi adunque F.M., non perduto tempo altrove, a Urbino».

53. fare sanza: fare a meno di.

54. Debbe: sogg. è il principe «che non ha lo esercito buono». — munita: provvista. — bene disposti ecc.: che è l’elemento decisivo. Ma siamo qui in una situazione intermedia: il popolo non è tanto «amico» del principe da fornirgli un «esercito buono», ma è ancora (o già) disposto a sostenerlo nella resistenza. — tanto: fin tanto.

56. in questo giudizio ecc.: cfr. cap. prec. — virtuosi... savi: valorosi e prudenti; i termini sono, in realtà, fusi, nel designare il sommo grado di virtus politica cui i Romani pervennero.

XXV

1. mediante la: approfittando della. — partito contrario: scelta errata.

2. con gli Etrusci: s’intenda “con gli altri Etruschi” (anche Livio «Veiens hostis Etruscique» 2,45). — romano: cfr. Livio 2,44 (480-474 a.C.)

3. fatto: messo insieme. — corso: compiuto scorrerie. — Manilio: cfr. I.36.2. — obbrobri: ingiurie. — ruppano: ruppero, sconfissero.

4. di sopra: cfr. II.22. — de’ partiti: certe decisioni.

6. l’ozio: cfr. I.6.35.

7. con l’arti ecc.: cercato di sottometterli con l’astuzia, nel «modo» che viene spiegato subito dopo.

8. diventare ecc.: conquistare la fiducia. — non vengono: sogg. “le parti”. — maneggiarsi: destreggiarsi.

9. lenti favori: aiuti scarsi, sufficienti ad alimentare la guerra ma non tali da rendere possibile la vittoria di una fazione sull’altra. — dubitare: paventare.

10. questa parte: questa politica. — presupposto: prefisso.

11. discorso: cfr. II.21.16-17. — sanza carico: ma senza provocare la rovina. — stracca in: stanca di.

12. Siena: nel marzo 1516, il vescovo Alfonso Petrucci, con l’aiuto di Leone X e dei fiorentini, aveva spodestato il fratello Borghese; cfr. Guicciardini St. d’It. 12,18.

13. di quello ecc.: del governo in carica.

15. Filippo: cfr. II.18.31; combatté contro i Fiorentini, a più riprese, dal 1424 al ’46. — le disunioni: nel 1436 Rinaldo degli Albizzi, capo dei fuoriusciti fiorentini, indusse il Visconti a muovere guerra contro Firenze, allora controllata da Cosimo de’ Medici (cfr. Ist. fior. 5,8). — gli ebbe: egli ebbe. — due milioni: di fiorini.

16. Toscani: Etruschi. — una giornata: una battaglia.

17. uno popolo. Nel Principe (c. 20) M. si domanda se a un popolo dominante giovi alimentare la disunione entro i popoli dominati, e risponde che le fazioni «fanno solo profitto a tempo di pace, potendosi mediante quelle più facilmente maneggiare e sudditi; ma venendo la guerra» si vede che le città divise «si perdono subito». Il problema posto qui è — come si sarà notato — un altro.

XXVI

3. superiore: precedente. — ingiuria: offesa materiale.

4. Gabade: Cabades (o Kavat) re dei Persiani; avrebbe conquistato Amida, in Mesopotamia, nel 503 d.C. (Procopio Bella 1,7; ma sembra un calco da Ammiano Marcellino 19,1 sgg.). — non perdonarono a: non si astennero da.

6. gli antedetti: i prenominati abitanti di Amida. — contumacia: lat., arroganza.

8. nel suo luogo: cfr. III.6.189. — quietata: repressa. — costituzioni: clausole; per cui cfr. Livio 7,41. — convenzione: patto.

9. Gracco: il prozio dell’omonimo tribuno. — servi: schiavi o debitori insolvibili, arruolati dopo Canne; erano detti volones, volontari. — carestia: mancanza. — di loro: l’episodio in Livio 23,35 (non dice, però, che la violazione di tale comando fosse punita con la pena di morte).

11. Nam facetiae etc.: infatti i motti pungenti, se hanno in sé troppa verità, lasciano un segno crudele (da Tacito Ann. 15,68).

XXVII

1. si perde: cfr. Ist. fior. 4,14: «quegli che vogliono sopravincere spesso perdono».

4. un termine: una regola. — particularmente: con una serie di esempi particolari, «non si potendo dimostrare» la tesi, «in universali», per via di «ragioni». — distintamente: chiaramente, persuasivamente.

5. oratori: ambasciatori; si trattava di Magone, fratello di Annibale. — significare: annunziare. — sussidi: rinforzi.

7. Annone: sull’episodio cfr. Livio 23,11-13.

9. Alessandro: cfr. Curzio Rufo 4,2-4. Tiro: in Fenicia. — ributtò: respinse. — a campo: all’assedio.

11. praticarlo: trattarlo.

13. taglieggiare: imporre taglie. — condotti: chiamati. — subito: non appena. — nel piano: nella pianura; l’esercito spagnolo veniva da Bologna e aveva attraversato gli Appennini. — tentarono: provarono a chiedere. — l’accordo: vedi più avanti. — Prato: presa e saccheggiata il 29 agosto; seguì, due giorni dopo, la deposizione di Pier Soderini e la resa di Firenze.

14. basso: sfavorevole.

15. assai: sufficiente. — condiscendere: accondiscendere alle proprie richieste. — uno tanto: un così grande, potente.

16. voglie di quello: desideri del popolo fiorentino. — mutare lo stato: restaurando la signoria dei Medici. — divozione di: alleanza con.

17. l’ultime: la circostanza è confermata da Guicciardini St. d’It. 11,3; ma vi è detto che gli Spagnoli insistevano per la riammissione dei Medici in città, sia pure come «eguali agli altri cittadini». — dello stato suo: cioè del governo libero.

18. vivo: perché libero. — quando bene: quando pure. — quella: la «conservazione dello stato». — andandone ecc.: correndo il rischio supremo.

19. d’Italia: nel 203 a.C. — Asdrubale: figlio di Giscone; da non confondere con l’omonimo fratello di Annibale. — Siface: re dei Nùmidi e alleato di Cartagine. — refugio: speranza.

20. l’ultima posta: come dire “l’ultima carta”. — non si vergognò ecc.: Livio, 30,30-31. — la quale: la pace.

21. quella: la zuffa.

XXVIII

1. una ingiuria ecc.: una violazione del diritto pubblico o di quello privato.

2. gli sdegni: i risentimenti. — i tre Fabii ecc.: tre figli di Marco Fabio Ambusto; furono inviati in ambasceria presso i Galli che minacciavano gli Etruschi di Chiusi alleati dei Romani (Livio 5,35 sgg.; 390 a.C.)

3. mandato... per: richiesto. — significassero: intimassero.

4. a quelli: ai Galli. — avevano... volsero: sogg. “i Galli”.

5. avendo i Franciosi ecc.: essendosi gli ambasciatori dei Galli lagnati presso il Senato dell’offesa ricevuta. — tribuni ecc.: cfr. I.39.12,

6. quelli onorati che. Sciogli così:... che erano innalzati agli onori coloro i quali... — ripresono ecc.: ritennero che tutto questo fosse fatto per disprezzo e in disonore loro.

7. contra etc.: contro il diritto delle genti, contro le norme che regolano i rapporti tra i popoli (e che prevedono appunto la neutralità degli ambasciatori); cfr. Livio 5,36.

8. tenere conto di: guardarsi dal. — una universalità: una collettività, un popolo. — uno particulare: un individuo singolo.

9. o dal publico ecc.: dallo stato o da un altro privato. — generosità: grandezza d’animo, orgoglio. — contro a di colui: contro di lui. — come che: anche se.

11. Pausania ecc.: l’episodio in Giustino 9,6. — presso a: alla corte di. — ricerco: cercato di persuaderlo.

12. baroni: cortigiani, notabili. — allo stretto: alle strette, nell’impossibilità di sfuggire. — vituperare: violentare.

14. solenne ecc.: di festa, in occasione delle nozze.

15. notabile ecc.: degno di nota da parte di chiunque governi. — particulare: proprio.

XXIX

2. i cieli: nel senso, già visto, che identifica la «fortuna», i «tempi», con il moto naturale delle cose, in chiara relazione alla cultura ermetico-astrologica dell’epoca e dell’ambiente di M. — al tutto: assolutamente. — si provvegga: si provveda (si provvedano difese efficaci contro di essi).

4. Livio: cfr. la frase cit. al par. 13 (che ha ispirato l’intero capitolo) e anche le parole in 5,36: «urgentibus Romam urbem fatis, legati contra ius gentium arma capiunt» — a qualche fine: per un qualche suo scopo (e vedi par. 19). — gli concitò: eccitò i Galli.

5. ordinò: fece sì. — in esilio: cfr. III.23.

6. finitimi: popoli confinanti. — non lo crearono: così Livio 5,37.

7. la elezione: la leva militare (lat. delectus). — sanza ecc.: anche questa osservazione è in Livio, loc. cit. — dieci: «ad undecimum lapidem» (Livio).

8. posero ecc.: Livio 5,38. — non prevedendo ecc.: «senza aver predisposto il terreno per l’accampamento» (Livio). — non usando ecc.: «non deorum saltem, si non hominum, memo-res, senza avere tratto gli auspici né offerto preghiere propiziatorie, i tribuni schierarono l’esercito» (Livio).

9. radi: assottigliati; ricorda 11.16. — né i soldati ecc.: «non apud duces, non apud milites» etc. (Livio).

10. sanza... sangue: «non vi furono morti in combattimento», dice Livio, ma la fuga si trasformò ben presto in una carneficina: molti furono uccisi da commilitoni, perché la massa rallentava la fuga; molti altri annegarono nel Tevere. — i quali: rif. a «l’altra (parte)». — le porte: «ne clausis quidem portis» (Livio). — se ne fuggì: Livio racconta che i senatori più anziani rimasero a Roma, in attesa degli invasori, mentre la gioventù armata, con la parte più valida del Senato, si asserragliava in Campidoglio, e una turba di plebei e donne si rifugiava sul Gianicolo. Quando i Galli penetrarono in città, si trovarono di fronte le maestose figure dei vecchi patrizi e, secondo Livio, rimasero per un tempo ad ammirarle come statue di divinità: poi un Gallo stese la mano a toccare la barba di Papirio e questi lo colpì sul capo con lo scettro d’avorio. Rotto così l’incantesimo, si venne al massacro. A M. questo punto della leggenda non è parso utilizzabile, e lo ha escluso dalla ricostruzione.

11. qualche ordine ecc.: qualche criterio ragionevole. Comincia la “risalita” della virtù romana; anche Livio dice che i Romani non erano già più quelli dell’Allia (5,39). — non aggravarono ecc.: non affollarono di cittadini inutili alla difesa.

13. disordini: cattivi modi di procedere. — Adeo etc.: a tal punto il destino (la Fortuna) acceca gli uomini, quando non vuole che il suo impeto sia arginato (5,37).

14. ordinariamente: comunemente; e formano così la “materia” delle «regole» della politica («extraordinaria», «eccessiva», è invece la virtù di taluni grandi uomini che possono, in qualche circostanza, essere regola a se stessi: cfr. l’es. di Annibale nella lettera al Vettori, del 26 agosto 1513). — avversità ecc.: successi o rovesci. — manco ecc.: meno lode e meno biasimo. Ma non dice: “nessuna lode...”; la potenza della fortuna non agisce come una necessità totale.

15. il più ecc.: si osservi, ancora, la volontà di non imporre una irrigidita assolutezza della conclusione. — convinti: vinti, condotti. — commodità grande: opportunità, condizione; e può essere buona o cattiva (grande vale “forte, irresistibile”). — occasione: nel Principe (c.6) è la modalità minima, e irriducibile, di intervento della Fortuna, coincidente con il presentarsi delle condizioni necessarie all’esplicazione della Virtù: questa, si intenda, non può produrre dal nulla le condizioni della propria attuabilità e, senza un concorso di Fortuna, si «spegne» o vibra in un incerto statuto di mera potenzialità (come la virtù di un Fabrizio Colonna, nell’Arte). In questo capitolo dei Discorsi, il nesso virtù-occasione è a sua volta ricompreso nella logica della Fortuna che, da una parte, provvede o nega l’occasione, ma dall’altra «elegge», suscita, uomini capaci di «operare virtuosamente» oppure uomini atti a precipitare nella rovina. Anche Tesserci o il non esserci della virtù è materia di «Fortuna» — è, in altre parole, elemento “storico” (in diversa declinazione: “provvidenziale”) e non fondato sul suo semplice voler esserci.

16. la elegge: sceglie, suscita; prevale il tono “provvidenzialistico”, dettato dalla pagina liviana, che culmina nelle affermazioni del par. 19.

17. vi prepone ecc.: affida lo stato delle cose nelle mani di uomini che...

18. ostare: resistere, contrastare. — facultà: possibilità, mezzi.

19. Conoscesi questo: riferiscilo a «come la fortuna» ecc. — maggiore: più potente. — batterla: colpirla. — libro: cfr. III.1. — rovinarla: il ruolo qui attribuito alla Fortuna contrasta, indubbiamente, con la tesi svolta in III, intorno alla virtù dei Romani. Ed è singolare che M. interpreti, ora, la “crisi” dell’invasione gallica in questi termini e non (come ci si aspetterebbe) riferendo senz’altro la sconfitta ai «disordini» dei Romani e la loro ripresa alle ancora sane “radici” della virtù repubblicana. 10 credo, per altro, che questo sia bensì il senso profondo del capitolo, — dal momento che tutti i passaggi “positivi” ascritti alla Fortuna si innestano, in realtà, sui «buoni ordini» (la stessa sopravvivenza di Camillo si lega al fatto che «i tumulti di Roma. .. partorivano radissime volte sangue», e così discende dalla “struttura” più che da un “accidente”). Come spiegare, allora, il tono e l’aspetto della pagina? Intanto, è pensabile che, dopo quasi trenta capitoli giocati tutti sul versante della Virtù, M. abbia avvertito la necessità (magari come anticipazione di III.9) di richiamare il termine del riscontro, e con esso la concretezza del quadro, ribadendo il fatto, essenziale, che gli «uomini possono secondare la fortuna e non opporsegli» (par. 24). Ma si può anche supporre — forse con migliore aderenza — che M. abbia così voluto ristabilire soprattutto una connessione tra modello e prassi, tra antico e moderno: il secondo libro ha, come si è visto, condotto una serrata distruzione etico-politica del “moderno”, a petto della «antica virtù»; arrivato al punto in cui tale distruzione rischia di annientare la possibilità stessa di una efficace «imitazione» politica (posta l’abissale inconfrontabilità tra modello ideale e materia reale), M. cerca un motivo su cui costruire il principio del «continuare», del «non si abbandonare mai», e lo trova appunto nella potenza sotterranea della Fortuna, nell’imprevedibile movimento dei «tempi», nella perenne instabilità delle «cose»; onde può, in ogni momento, squarciarsi la tenebra più opprimente e riaprirsi un’arena alla Virtù.

20. riparare: proteggere.

22. da potere: così che fosse possibile. — grossa testa: una forza compatta. — non maculato ecc.: non disonorato dalla sconfitta (perché non vi aveva avuto parte) e di reputazione integra.

24. tessere ecc. Nel lavoro di tessitura, si tendono prima i fili orizzontali (ordito) e quindi si intrecciano a essi altri fili, inseriti in verticale (trama). M. vuol dire che la Fortuna offre un disegno di base, di cui l’uomo non può fare a meno e che l’uomo non può disfare — dovendo però contribuire con i suoi mezzi al compimento dell’opera.

25. Debbono ecc.: debbono tuttavia non abbandonarsi mai, non rinunciare mai alla lotta — per quanto le condizioni siano difficili e per quanto doloroso possa apparire il prezzo da pagare alla prosecuzione di un impegno efficace (cfr. II.27, 111.41, ecc.), — fortuna: situazione, sorte.

XXX

2. cacciati: forzati. — composizione: accordo (e convenzione, “patto”). — ricomperarsi ecc.: riscattarsi pagando una certa quantità d’oro (mille libre; cfr. Livio 5,48). — ut etc.: affinché i Romani non salvassero la vita a riscatto (da Livio 5,49: «sed diique et homines prohibuere redemptos vivere Romanos»).

3. la qual cosa: il fatto che i Romani non si affidavano alla forza del denaro, ma a quella delle armi. — è notabile ecc.: può essere osservato in questo episodio, ma anche nella storia delle azioni...

5. pensionari: tributari.

6. Legghinsi: si leggano. — i Massiliensi ecc.: gli abitanti di Marsiglia, i Galli Edui, gli abitanti di Rodi, Gerone di Siracusa (cfr. Dedica 10), Eumene re di Pergamo e Massinissa re di Numìdia (cfr. II.1.30).

8. nella sua ecc.: concessivo: anche nei momenti di maggior prestigio (cioè, sotto Lorenzo il Magnifico; cfr. Ist. fior. 8,36). — provvisione: tributo, di solito nella forma di una condotta militare. — di più: inoltre. — Castellani: i Signori di Città di Castello cioè i Vitelli (come i Perugini sono i Baglioni).

10. tributario ecc.: con un accordo del 1515, confermato nel ’16, Francesco I aveva comprato la neutralità degli Svizzeri, impegnandosi a versare 400 mila ducati più altri contributi periodici (Guicciardini St. d’It. 12,18); nel ’14, Luigi XII aveva ottenuto la pace dagli Inglesi pagando 600 mila scudi (Guicciardini, cit., 12,6).

11. disarmati ecc.: cfr. I.55.8. — prenominati: Fiorentini e Veneziani. Se la attribuzione a Venezia di una identità politica “ottimatizia” («saccheggiare i popoli») non giunge nuova, va invece osservata l’estensione a Firenze della medesima caratterizzazione (in riferimento soprattutto all’epoca dei Medici, ma non senza una proiezione sul contrastato decennio repubblicano). — godersi ecc.: godere il vantaggio immediato di sfruttare il popolo (una volta disarmatolo) e fuggire l’immaginario pericolo di essere sopraffatti da quello. — cose che ecc.: l’instaurazione di una milizia tratta dal popolo — con tutte le implicazioni politico-costituzionali del caso.

13. regno: di Francia. — si sono ecc.: si sono tratti fuori da una guerra pagando una somma di denaro. — furono per: furono sul punto di.

14. terre: città. — il disordine: l’errore nel modo con cui furono condotte quelle imprese. — e come: e si è visto che.

15. generosità: condotta generosa, virile. — cattivi: incuranti del bene pubblico. La differenziazione tra imperatori «buoni» («principi in una repubblica») e «cattivi» imperatori, veri e propri «tiranni», è già in 1.10. — più l’ombra ecc.: più le mollezze che l’esercizio delle armi; così in Arte 1,303 b. — ancora essi: anch’essi. — a ricomperarsi ecc.: a comprare (con denaro e terre) la pace con i Germani e i Parti e gli altri popoli confinanti. Nel 217, l’imperatore M. Opellio Macrino pagò un tributo al re dei Parti, Artabano (cfr. Erodiano 4,15). Ricorda anche la pace del 348 con i Persiani (parziale cessione dell’Armenia) e gli accordi con cui fu consentita a vari popoli germanici l’occupazione di regioni dell’impero.

18. provvisione: contributi, danari. — propinqui: vicini.

21. le estremità: le mani e i piedi. — offeso questo: colpito il cuore.

22. che come ecc.: cioè che, quando un esercito ecc. — Mazzoni preferisce e come ecc. dal ms., ma è costruzione più debole e incerta.

23. pochi anni sono: nel 1509. Nonostante il contrario avviso del Walker, si tratta sempre della catastrofe di Agnadello.

24. superiori: maggiori di forze. — gli Inghilesi: alleati dell’Imperatore Massimiliano, invasero la Piccardia (cfr. I.21.7); la campagna si protrasse fino all’anno seguente. — giudicava: pensava, temeva. — una rotta sola: una sola sconfitta (toccata a Guinegatte, nell’agosto) fece temere il peggio.

26. tre rotte: cfr. II.12.25. — sostenere il: tenere testa al.

28. il nome: la nazione. — compagne: federate.

29. Annone: cfr. II.27.7. — intera: traduce «integrum» di Livio, e vuol dire che la guerra è ancora tutta da combattere.

32. la fortuna. La relazione con la Virtù è proposta in una forma molto simile a quella che caratterizza la prima parte di Princ. 25 (la fortuna-fiume «dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle»). — Nota come, in questo II libro, la Fortuna si mostri con tre volti diversi: in II.1 la Virtù è causa, «cagione», della Fortuna; in II.29, invece, è la Fortuna a causare, «eleggere», la Virtù; in II.30, infine, la Fortuna è la forza che la Virtù deve e può domare. Invero, ferma restando la prevalenza materiale del tema “virtuistico”, proprio del libro, i tre momenti vengono a produrre — anche in questo ambito circoscritto — quel “circolo” di pensiero (dalla Virtù alla Fortuna alla Virtù) che è poi il nucleo e il motore dell’intero mondo concettuale machiavelliano [cfr. I.19.13,n.] — è varia: è mutevole. — cagione: occasione, possibilità.

XXXI

2. Livio: 8,24. — fuora del ecc.: estraneo all’argomento principale della sua opera.

3. Alessandro: detto il Molosso (362-330 a.C.), fratello della madre di Alessandro Magno e marito della sorella di lui [cfr. II.28.14]. — sbanditi: esuli, fuorusciti. — mediante loro: con il loro aiuto.

4. fu morto: fu ucciso. — la ritornata: il ritorno.

5. quanto sia ecc.: da Livio («teneva al suo seguito circa duecento esuli lucani che giudicava fedeli, pur essendo di solito costoro [i fuorusciti] di tale carattere che mutano la propria lealtà con il mutare della fortuna»), ma con un particolare scavo psicologico e politico. Ricorda anche Tucidide 6,12.

7. naturalmente: sinceramente. Gli «sbanditi» sono come accecati dal desiderio di rientrare in patria, il che non consente loro di comportarsi da politici razionali. — Ricorda Guicciardini St. d’It. 11,9.

8. Temistocle: celebre condottiero ateniese (528-462 a.C.), ostracizzato (471) e perseguitato dai concittadini, passò ai Persiani. Ma, al momento di assumere il comando della guerra, si uccise, o per non tradire la patria o perché, insinua Plutarco, temeva di non poter portare a buon fine la spedizione (cfr. Them. 31). — fatto ribello: dichiarato ribelle, costretto all’esilio. — Dario: fu invece Artaserse I, re dal 465; cfr. Plutarco Them. 27, e Tucidide 1,137.

11. sopra la ecc.: sulla base delle informazioni ricevute da un fuoruscito.

12. di furto ecc.: con l’inganno e grazie al tradimento di qualcuno degli assediati.

XXXII

3. ossidione: assedio.

7. percuotere: abbattere. — aggredi etc.: assaltare la città con uno schieramento a corona.; cfr. Livio 10,43; ecc. — Scipione ecc.: cfr. Livio 26, 44-46 e Arte 7, 381b. Cartagena (Carthago Nova) fu espugnata nel 209 a.C. — si dirizzavano: si rivolgevano. — arieti: travi con testa di ferro, per sfondare porte e mura. — cava: galleria. — de’Veienti: Livio 5,19. — per essere ecc.: per annullare il vantaggio dell’altezza, dato agli assediati dalle fortificazioni.

8. intorno intorno: col metodo della «corona». — più subito: più immediato, improvviso (v. par. 10). — dubbi: incerti. — cambiarsi: darsi il cambio. — inchinata: inclinata, volta a favore dell’attaccante.

10. eruzione: sortita.

11. si opponevano: sogg. “gli assediati”.

12. una contracava: un cunicolo a intercettare la galleria scavata dai nemici. — ingegni: espedienti. — dogli: grossi vasi.

15. Utica: nel 204-203 a.C., sul finire della guerra annibalica (Livio 29,35 sgg.). — si levò ecc.: abbandonò l’assedio e cercò lo scontro aperto con gli eserciti nemici. — Veio: cfr. I.12.10. — Capova: cfr. II.24.43. — Cartagine: fu espugnata nel 146 a.C. — Jerusalem: nel 37 a.C.; cfr. Giuseppe Flavio Bell. Jud. 1,18.

16. occorre ecc.: capita quel che capitò a Palepoli (città che sorgeva «poco lontana dal posto in cui ora è Napoli», Livio; assediata e occupata dai Romani nel 327-26 a.C.). — per trattato ecc.: d’accordo con alcuni di dentro (l’episodio in Livio 8,25-26).

18. e con chi non ti è ecc.: e cioè con coloro coi quali non ti è permesso... — colore: finzione.

19. maneggiarla: prepararla.

20. del Campidoglio: cfr. I.8. 2 e n. — se si rompe ecc.: se cambia improvvisamente qualche disposizione (per es., sulle modalità della guardia) a riscontro della quale tu avevi elaborato il tuo piano. — fallacia: errore.

22. inesperti ecc.: si tratta di uomini armati tratti dall’esercito assediante. — si... inviliscono ecc.: si impauriscono e si imbrogliano. — immagine falsa: pericolo immaginario. — in volta: in fuga.

23. Arato: condottiero della lega achea (275-213 a.C.); M. si ispira al ritratto che ne dà Plutarco Arat. 10. — fazioni: combattimenti. — naturalmente: necessariamente. Vuol dire che la frode non è per sua natura più efficace della lotta aperta; ma che, semmai, era in Arato una predisposizione all’una piuttosto che all’altra.

24. Di questi ecc.: la critica delle congiure, in generale, tornerà con ampiezza in III.6.

25. per dedizione: perché esse si danno spontaneamente.

26. estrinseca: esterna. — Capova: cfr. II. 1.30. — i Rodiani ecc.: cfr. II. 30.6.

28. quattrocento ecc.: grosso modo, dalla cacciata dei re alla signoria di Cesare. — altre volte: II.4 e 6.

XXXIII

1. commissioni libere: poteri discrezionali sulla condotta delle operazioni (ma vedi par. 7).

3. sono: «la cosa che si osserva è una sola [“vedere...”], ma usa il plur. perché la vede e la espone in tutti i suoi particolari» (Carli). — fuori: fuori dalle mura, in guerra.

4. il Senato ecc.: con una netta distinzione tra la sfera della decisione politica (sulla guerra e sulla pace) e quella della direzione militare.

5. verbigrazia: per esempio. — una giornata: una battaglia. — campeggiare: assediare.

7. Fabio: Quinto F. Rulliano (cfr. I.31.16), console per il 310 a.C.; comandava le operazioni militari contro gli Etruschi, nell’Alto Lazio. — la selva ecc.: vasta zona boscosa presso Viterbo, «tum invia atque horrenda», secondo Livio. — nuovo: sconosciuto.

8. allo incontro ecc.: a questo proposito. — partito: la decisione. — due Legati: cinque legati con due tribuni della plebe (Livio 9, 36). Dal racconto di Livio si deduce che, se il Senato poteva vietare le azioni che ritenesse dannose, il console non era però tenuto a richiedere un’autorizzazione preventiva delle sue mosse; e quindi, in assenza, o in anticipo sugli ordini, agiva liberamente.

9. termine: criterio. — meno circunspetto: meno attento (perché meno responsabilizzato). — con el consiglio ecc.: secondo il parere del quale.

10. che non ecc.: di cui non poteva avere piena cognizione di causa.

11. per sé: da sé.

12. piantare: mettere in batteria. — lo vogliono ecc.: pretendono di esserne informati e di dare pareri. Sferzante allusione alle sistematiche ingerenze degli organi politici nella condotta della guerra, di cui M. aveva fatto lunga esperienza al tempo della Cancelleria.

13. ne’ termini ecc.: nelle condizioni presenti, Firenze sotto i Medici e Venezia dissanguata dalla guerra contro l’Impero (cfr.Guicciardini St. d’It. 12,22).