“Vittoria Conti. Ho un appuntamento con Anna Castelmagni,” dico alla ragazza che mi apre la porta.
Di sicuro è una stagista, lo capisco dallo sguardo deferente e dalla pelle così giovane da rendere inverosimile un contratto da dipendente.
Lei annuisce e scompare in un lungo corridoio dal pavimento in graniglia.
L’agenzia Castelmagni. Sono stata qui nella mia vita precedente, quella da grafica. Si erano accaparrati la comunicazione di brand della ditta per cui lavoravo e per alcuni mesi ho partecipato a riunioni infinite sulla sinergia, l’immagine coordinata, l’analisi del target, il posizionamento del marchio. Uno degli investimenti più sprecati della storia imprenditoriale di Genova – visto l’epilogo della Queirolo, pochi anni dopo – per una delle più note agenzie di comunicazione genovesi, gestita da Anna Castelmagni, moglie di un imprenditore dello shipping, gente da Lyons ogni primo martedì del mese, Cortina d’Ampezzo d’inverno e Costa Smeralda d’estate.
È Alice che mi ha mandata qui oggi. O meglio, la Castelmagni – evidentemente immemore del nostro passato comune – ha chiamato Alice per chiederle di metterla in contatto con la sua amica fotografa bravissima, quella della gente in bottiglia e dei ballerini sugli spilli, per un progetto a cui tengono molto.
“Dai che qualcosa comincia a muoversi,” mi ha detto ieri sera Alice, carica di ottimismo e Traminer.
E se qualcosa comincia a muoversi, io non glielo impedisco di certo. Ho chiamato stamattina e la Castelmagni mi ha dato appuntamento per oggi stesso, ringraziandomi a profusione per la sollecitudine e la disponibilità.
Cinquantasette anni in una taglia quarantadue, due figli all’estero e una alla Bocconi, tailleur impeccabile, camicetta che sembra appena stirata anche alle cinque del pomeriggio, capelli lucidi, trucco leggero, sorriso che sfavilla, eccola che spunta e mi tende la mano prima ancora di raggiungermi.
“Vittoria, che piacere!” mi dice con la sua erre arrotata.
Le stringo la mano. “Anche per me, Anna. È da un bel po’ che non ci vediamo.”
Nel suo sguardo passa un lampo di perplessità, che da perfetta pr simula con eleganza. Non mi ha riconosciuto. Probabilmente non aveva neppure memorizzato il mio nome, ai tempi, ero solo una dello staff, non una referente.
La aiuto.
“Non credo che lei possa ricordarselo, lavoravo alla Queirolo. Ci eravamo incontrate alle riunioni per il rilancio dell’azienda.”
Lei stringe più forte, credo mi sia grata per averla salvata da una piccola impasse.
“Ma certo che mi ricordo! Ma certo! Sono contenta di rivederla. Anzi, rivederti, diamoci del tu.” E mi fa strada verso il suo ufficio, una stanza che potrebbe ospitare una conferenza stampa o una festa di bambini, con due pareti di finestre, una scrivania di cristallo, un tavolo da riunioni, rotondo, molto democratico, un tappeto persiano e sparse in giro le foto di una famiglia felice, con le varie fasi anagrafiche dei figli, e momenti sociali significativi, come l’incontro della Castelmagni col presidente della Repubblica.
Ci sediamo.
“Vuoi un caffè?”
Chiedo un decaffeinato.
Fa un cenno alla stagista che scompare chiudendo la porta. Poi si appoggia allo schienale, gomiti sui braccioli, mani intrecciate.
“Adoro le tue fotografie.”
Sorrido. Ringrazio. Non so mai come rispondere quando mi dicono così.
“Davvero,” ribadisce.
Il grazie evidentemente non basta, il grazie fa sentire a chiunque l’esigenza di assicurare la sincerità del proprio apprezzamento, lo faccio anch’io, ma non ho ancora scoperto quale sia la parola giusta per rassicurarci tutti fin dall’inizio.
“Mi fa piacere, sul serio,” rispondo.
“Fin dalla prima volta che le ho viste ho pensato che avrei voluto tantissimo una fotografa con quell’occhio, per le nostre campagne di comunicazione.”
Uno potrebbe chiedere perché, allora, non mi abbia mai chiamata. Ma lo ha fatto adesso, dunque sorrido ancora e lei prosegue: “Hai mai sentito parlare del nostro progetto Turisti per gioia?”.
Mai sentito, ma non serve che risponda, me lo sta già spiegando. È un portale che coinvolge tutte le regioni italiane, rivolto ai turisti in cerca di informazioni e consigli pratici per godersi al meglio le vacanze. Un enorme bacino di sponsor, intuisco quando mi elenca catene alberghiere, ristoranti, musei, villaggi turistici, aziende di trasporti di ogni tipologia, stabilimenti termali, centri benessere e un’altra miriade di piccole realtà interessate ai turisti fai-da-te.
La stagista entra con un vassoio e il terrore di rovesciarlo. Le mani artigliate ai bordi, un passo alla volta, le labbra strette. Riesco a ringraziarla prima che sgattaioli rapidissima fuori dalla stanza e richiuda la porta. La Castelmagni versa mezza bustina di dolcificante nella sua tazzina, mescola e riprende a parlare.
“Abbiamo più di trentamila contatti, copriamo tutte le età, dai venti agli ottant’anni. Mandiamo una newsletter settimanale, diamo informazioni, offriamo pacchetti e consigli, organizziamo eventi sul territorio nazionale, specialmente a Roma e Milano.”
Decisamente impegnativo.
“Tengo moltissimo a questo progetto, l’ho voluto e difeso con i miei collaboratori, che all’inizio non ci credevano. E invece, dopo pochi anni, siamo nella prima pagina di Google quando digiti turismo in Italia.”
Annuisco, mi congratulo, aspetto.
“Quello che voglio è arricchirlo di contenuti,” prosegue. Ci siamo. “Voglio offrire informazioni di qualità. Ho già una cuoca che terrà un blog di cucina tipica italiana, una stilista che terrà un blog di moda, con dritte per gli acquisti nelle varie città, una libraia che recensisce romanzi italiani... E adesso mi piacerebbe un blog di fotografia. Perché quello che tutti fanno quando vanno in vacanza è mangiare, fare shopping, magari leggere un po’ e soprattutto scattare foto. Tanti usano solo il cellulare, quindi non serve qualcosa di troppo tecnico. Mi piacerebbe poter offrire consigli su come fare foto migliori o, perché no, su come fare bene un selfie.”
Ed ecco perché mi ha cercata, conclude. Ha chiesto di me in giro, poi si è ricordata di Alice.
Ho un sito attraverso cui posso essere contattata e sono su Facebook, ma evidentemente la Castelmagni preferiva un approccio più confidenziale, più in amicizia.
“Be’, grazie per aver pensato a me,” le dico. “Che tipo di impegno ti servirebbe?”
Un articolo a settimana, con immagini in concessione d’uso gratuito e l’utilizzo delle giuste parole chiave per essere indicizzati al meglio sui motori di ricerca. Ogni pezzo pubblicizzato nella newsletter settimanale.
“E mi piace molto l’idea che siamo tutte donne. Con te sareste quattro blogger, e io che coordino. Noi donne dobbiamo aiutarci a vicenda, spalleggiarci, sostenerci. Perché possono continuare a dire che abbiamo raggiunto la parità, ma sappiamo benissimo che non è così. C’è ancora molta strada da fare.”
Eccome se ce n’è. Quello che ancora mi sfugge è il compenso per questo lavoro. Lei non ne ha fatto cenno e io mi trovo nella fastidiosa situazione di doverlo chiedere. Che poi non ci sarebbe niente di male, ma c’è sempre una certa reticenza ad affrontarlo, soprattutto per i lavori cosiddetti artistici.
La prendo alla lontana.
“C’è già un blog di fotografia sul portale o partirebbe con me?” domando.
La bocca le si arriccia.
“C’è già, ma la persona che lo seguiva ha rinunciato,” mi dice, e percepisco la sua disapprovazione per l’ammutinamento. “Era una mia amica, bravissima, e andava anche bene, ma dopo due mesi mi ha detto che non aveva più tempo di occuparsene. Non riesco a capire perché, per lei era un’ottima vetrina.”
Un articolo a settimana a tema libero sulla fotografia sono alcune ore di lavoro, tra ricerca e stesura, un impegno conciliabile con altri. Il mio sospetto comincia a piantare radici, soprattutto quando dice “vetrina”.
“Che compenso avevate stabilito?” chiedo.
Lei sgrana gli occhi, raddrizza collo e schiena, posa il palmo di una mano sulla scrivania. “Non è previsto un compenso. Voglio che questo progetto lo sentiate vostro. Quel blog diventa il vostro spazio. Io garantisco trentamila contatti e una visibilità su tutto il territorio nazionale: potete promuovere, in modo discreto, indiretto, le vostre attività, la gente le conosce e poi magari vi si aprono possibilità di guadagni al di fuori del portale.”
Chiaro. Chiarissimo. I soliti dobloni di visibilità, umilianti e offensivi ma ormai moneta corrente. È questo il valore che viene dato alle opere d’ingegno: il nulla, l’inezia di una visibilità mai comprovabile.
In fondo, cosa mi costa scrivere un articolo a settimana e offrire contenuti gratis e autorevoli a chi si tiene tutti gli introiti?
Se fossi in un’altra situazione, mi alzerei e me ne andrei. Ma io, in questo momento, non ho niente.
Faccio un lungo respiro, poi la fisso negli occhi.
“Per principio sono contraria a lavorare gratis, ma possono esserci altri modi per compensarmi.”
“E ti ha detto di no?” mi chiede Alice scolando la pasta.
“Mi ha detto di no.”
Le avevo proposto tre mesi di gestione del blog, un articolo a settimana con le keyword che voleva, in cambio di essere presa in considerazione per i servizi fotografici delle loro campagne di comunicazione. Tra tutte le aziende per cui lavora, ce ne sarà almeno una a cui servano delle foto per i loro bulloni, le loro cravatte o il loro cibo per gatti.
Imitando la erre arrotata della Castelmagni, ripeto le sue parole. “Turisti per gioia e le attività dell’agenzia sono due cose separate. Non posso garantire niente e non voglio mischiarle.”
Non chiedevo una garanzia ma una possibilità. Se dopo tre mesi non usciva niente, amiche come prima: dopotutto tra donne è giusto aiutarsi a vicenda, no?
Alice rovescia il pesto sulle trenette e le mescola per condirle. Ha messo a bollire nell’acqua anche patate e fagiolini, da vera genovese.
“Non ho parole. Se lo avessi capito, non ti avrei neanche detto di chiamarla.”
Figuriamoci se adesso è colpa sua.
“Credi che quando dal giornale mi chiedono una foto per un articolo mi paghino? È già tanto se dicono grazie, più facile che si aspettino che glielo dica io. Vuoi sapere quanti contatti in più mi porta fargli quel favore? Nessuno.”
Scrolla la testa. La direttrice di un’agenzia di viaggi, dipendente a tempo indeterminato, per sua fortuna non affonda nel fango del mondo “artistico”, quello dove ogni giorno paghi le tue scelte, quando sono scelte, e devi pagare col sorriso del privilegiato che si concede il lusso di fare l’artista. Facendo la fame e con poche alternative.
“E comunque,” le dico versandole il vino, “se digiti agenzia di comunicazione Genova su Google, la Castelmagni la trovi in quinta pagina. Ci si facciano una frittura, con le loro parole chiave.”