Il fatto che a Fedora i bei ragazzi facessero simpatia era contato relativamente, anche se qualcosa era contato. L’aveva condotto a palazzo e fatto entrare senza troppe cautele, se c’era qualcosa di cui lei si fidava a occhi chiusi era il proprio intuito. Dopo avergli indicato la porta del bagno, con la preghiera di lavarsi le mani, l’aveva fatto accomodare in cucina dove un piatto di tordi con la polenta e una bottiglia di vino rosso lo stavano aspettando. Paolo aveva mangiato in silenzio mentre Fedora, inforcati gli occhiali, si era messa a cucire; ogni tanto alzava gli occhi, osservandolo senza essere vista. Valutava la sarta il suo potenziale protetto, considerava la bocca vorace, i lucidi capelli castani che cadevano sulla fronte, l’energica mano destra che teneva la forchetta nel pugno chiuso come fosse stata una zappa, le ampie spalle rilassate, i gomiti appoggiati al tavolo.
Avevano trovato un accordo: per alcuni mesi, in cambio di vitto e alloggio, Paolo era stato incaricato di badare alla manutenzione del palazzo; c’era il piccolo orto che andava curato, i rubinetti che perdevano, gli scarichi intasati, gli impianti elettrici da sistemare, le pareti da rinfrescare. Paolo lavorava, leggeva, faceva flessioni sulle braccia, si allenava prendendo a pugni un sacco appeso sotto il portico, usciva brevemente per fare commissioni e comprare le sigarette, dormiva dodici ore a notte e, soprattutto, onorava la tavola di Fedora. Con il tempo e le tranquille chiacchierate post pasto, nel fumo di innumerevoli tazze di tisane bollenti e sigarette indolentemente accese, Fedora aveva rafforzato la sua convinzione: il ragazzo possedeva una speciale propensione non solo per i suoi manicaretti, ma anche per le istanze dei Saint-Germain, quel ragazzo dagli onesti occhi grigi, la zazzera castana, il fisico atletico, uniti a un’intelligenza svelta e curiosa di tutto, faceva al caso suo. Poteva essere la nuova linfa capace di colmare le sue inevitabili debolezze dovute all’età che avanzava e, soprattutto, poteva essere quel figlio adottivo in grado di sopperire alla mancanza di eredi sicuri cui affidare il grande segreto.
Quando, da casa di Samuela, Paolo tornò al Palais de l’Humilité, Fedora si preoccupò solo di sapere: «Sei almeno riuscito a inserire il GPS nel cellulare di Samuela?»
«Ho inserito tutto quello che c’era da inserire» l’aveva tranquillizzata lui, guardando il monitor. «Tondi è appena arrivato a casa di Samuela con il violino».