La nobiltà del sangue non ha nulla a che vedere con la nobiltà dell’anima

Versailles, 1760

«Io sono la vita e voi non mi cercate, se siete infelici non rimproveratelo a me! E Dio disse a Mosè, così dirai ai figli d’Israele: ‘Colui che si chiama Io sono colui che sono mi ha mandato da voi’».

«Cosa avete detto, conte, voi siete la vita?» domandò distrattamente la marchesa di Pompadour, tirando il lenzuolo di lino bianco sul seno nudo, per proteggersi da un refolo estivo.

«Be’, mia cara, in fondo da dove arriva la vita se non da questo perlaceo liquido che ora vi sto nettando dal viso?» spiegò lui pulendole il labbro inferiore ancora lucido di seme.

«Conte, ma siete consapevole di avermi rivelato cose che io potrei usare contro di voi? La vostra vera identità è quella di un uomo socialmente inferiore… Rocco! Che nome plebeo per chi ha la sfrontatezza di interpretare un ruolo e un rango che non gli appartengono dalla nascita».

«Eppure, signora, siete proprio voi il più fulgido esempio di come la nobiltà del sangue non abbia nulla a che vedere con la nobiltà dell’anima, mia cara Jeanne Antoinette Poisson. Vi ricordate da dove venite, no?»

«Siete doppiamente sfrontato».

«Non doppio ma trino: non dimenticate Marius e Albert, signora la marchesa».

«Ah già, i vostri sodali d’avventura, il trio trucco e parrucco» lo derise Jeanne Antoinette.

«Forse non avete capito con chi state parlando e con chi avete giaciuto. Eppure la mia essenza più autentica si esprime in questo nome, anche se non è quello che ho ricevuto alla nascita. Ma il suo valore è più grande, perché l’ho conquistato a prezzo di una dura selezione: io sono il conte di Saint-Germain!»

«Incauto bambino, truffatore avventato, potrei consegnarvi alle guardie del mio re».

«Perché non farlo, allora, Jeanne Antoinette?»

«Incauto bambino, truffatore avventato, ma inarrivabile amante è per questo che non vi voglio lontano dal mio letto».

«Tutto qui?» s’informò il conte di Saint-Germain.

«No, molto è anche qui» spiegò la marchesa portandogli la mano aperta sul cuore, «e infine qui» concluse, cercando di sfiorargli la fronte ma ritraendosi subitaneamente: «Mi fate paura» disse.

«La possanza è la ragione per cui la vostra mano è rimasta sospesa nell’aria senza riuscire a toccarmi, la possanza è la qualità di chi sta nel vero ed è pronto a difenderlo con la vita».

«Ma cosa siete pronto, voi, a difendere con la vita? Spiegate!»

«Son pronto a difendere la verità del tempo senza inizio, la verità dell’Io Sono, ho messo la mia vita nelle vostre mani, madame, per poter domandare a voi di mettere la vostra nelle mie».

«Non capisco».

A quel punto l’uomo si alzò dal letto e si avvicinò alla sedia sulla quale aveva posato l’inquartata, traendone dalla tasca interna una busta sigillata con ceralacca blu che porse alla donna.

«È per voi. Arriva dall’eterno passato, dal tempo senza inizio: leggete».

Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, accolse tra le sue mani la busta, fece saltare la ceralacca, con dita incerte spiegò il foglio e cominciò a leggere.

Io Sono.

A te che leggi io parlo. A te che per anni hai cercato la verità, la felicità, la libertà, Dio. A te senza guida io sono venuto.

A quanti hanno fame del vero pane di vita io sono venuto.

Sei tu pronta a ricevere il mio cibo? Se lo sei, fa’ cuore.

La donna alzò lo sguardo:

«Sta parlando del Cristo?»

«Sì, e sta parlando di Lucifero, e sta parlando di te, Jeanne Antoinette».