Cominciava a sentirsi in trappola

Parigi, Aeroporto Le Bourget, 12 gennaio 2019

Samuela cominciava a sentirsi in trappola.

«Questa situazione non mi convince per niente, Flavio. Credo che dovremmo riflettere ancora un po’ prima di accettare l’invito del tuo amico. Ci riporti subito indietro, altrimenti chiamo la polizia» stabilì, bussando al vetro che la separava dall’autista.

«Dottoressa, si tranquillizzi» le rispose lui, «per quel tipo di telefonata c’è sempre tempo. E poi siamo già arrivati a destinazione».

«Non essere così drammatica» disse Flavio. «Sono sicuro che Carlos sia animato dalle migliori intenzioni».

«Gli dia retta, dottoressa, è la scelta più ragionevole» s’inserì di nuovo l’autista, aprendo la portiera per aiutarli a uscire. «E permettetemi di presentarmi, avrei dovuto farlo subito: mi chiamo Boris». L’uomo tese la mano destra.

Il maestro Tondi la strinse frettolosamente e si avviò sulla pista di decollo, in direzione del jet privato che li aspettava: «Saliamo a bordo».

Samuela Bravermann decise di rassegnarsi al volere dell’ex marito: afferrò lo strumento e, reggendolo come il corpo di un neonato, le braccia strette al petto, si avventurò al suo fianco verso l’ignoto.

Solo una volta arrivata ai piedi della scaletta alzò lo sguardo dalla custodia per dirigerlo alla carlinga dell’aereo.

«Flavio. Guarda».

«Dove?»

«Su, in alto, a destra» indicò lei.

«Cosa?»

«L’aquila, guarda l’aquila!»

Flavio scrutò tra le nuvole. «Quale aquila?»

«Non in cielo, stupido! Guarda, è sulla coda dell’aereo, l’aquila con due teste, identica a quella del violino, le corone, le due teste orientate entrambe a destra, gli artigli che afferrano il mondo, e quella scritta: Ordo Mundi

«Ordo Mundi» sussurrò Flavio.

Presero a salire la scaletta, silenziosi e meditabondi.

«Ordo Mundi» ripeté lei, lasciandosi cadere sulla poltrona in pelle. «Ti dice niente?»

L’interno del jet di Carlos Buyer era la sintesi del lusso che lo circondava normalmente nella vita. Per quanto fosse piccolo e raccolto, trasudava un senso di potere esasperato: arredi in radica e pelle color prugna, bottiglie di champagne si affacciavano dalle frappeuse rugiadose e monticelli di caviale svettavano brillanti dalle coppette in osso; l’eleganza del canto di Enfin il est en ma puissance dall’Armide di Lully, proveniente dagli amplificatori, ingigantiva l’effetto cinque stelle luxury dell’abitacolo.

«Ordo mundi… non mi dice niente, ma devo ammettere che la coincidenza è quantomeno inquietante» mormorò lui.

Il rumore dei motori annunciò il decollo e Boris raccomandò di allacciarsi le cinture.

Flavio prese la custodia del violino dal grembo di Samuela: «Vediamo cosa mi dice il violino». Aprì la custodia.

«Che strumento straordinario. Dopo aver cantato per secoli, morendo parla» mormorò Samuela.

Flavio inforcò gli occhiali e con pazienza dispose tutti i pezzi caratterizzati da linee grafiche escludendo quelli con i numeri, fino a comporre la figura dell’aquila a due teste, proprio come l’aveva vista sulla coda dell’aereo e come la poteva vedere impressa sulla pelle della poltrona davanti a lui.

«Lungi dall’empio mostro, ovunque ella s’annidi» declamò Samuela appoggiata al sedile di Flavio.

«Cosa?» chiese lui.

«Leggi cosa c’è scritto su questo pezzo: Lungi dall’empio mostro, ovunque ella s’annidi».

Prese fra le mani un frammento di forma rettangolare e lo avvicinò al lato destro di quello che riproduceva l’aquila: combaciavano perfettamente.

«È un avvertimento» stabilì, «il tuo violino ci dice di stare attenti all’aquila a due teste. Quella scritta a fianco dell’aquila ci avverte che l’empio, il mostro, è l’aereo su cui stiamo volando e con ‘mostro’ temo non si intenda portare una valutazione puramente estetica, sarebbe troppo facile».

«Signori, stiamo sorvolando la Manica ed entriamo in una zona di turbolenze, sedetevi con le cinture allacciate» avvisò la voce del comandante.

Boris prese posto vicino a Samuela.

«Posso?»

«Prego, si accomodi» disse lei.

«Maestro Tondi, chiuda la custodia, altrimenti rischiamo di trovare frammenti di violino appiccicati al soffitto».

Istantanea arrivò la prima turbolenza e, contemporaneamente, il monitor posto accanto alla cabina di pilotaggio cominciò a crepitare, attirando l’attenzione dei passeggeri.

«Maestro Tondi, una videochiamata dal professor Carlos Buyer» annunciò la voce del pilota.

«Houston, Houston…» ridacchiò Samuela.

«Sempre ironica, la dottoressa Bravermann». Il volto di Carlos Buyer apparve sullo schermo. «Sono lieto che abbiate accettato il mio invito a un’ora così antelucana. Avrete tempo per riposarvi appena arriverete nella mia tenuta di Exning, poi nel pomeriggio lavoreremo al violino. Sir Mark Curtis Prise e Dante Fulvio Lazzari sono già qui, Sonoda Nobuhiro arriverà nella notte con uno speciale scanner, normalmente usato in microchirurgia, ma perfetto per le nervature del legno».

«Carlos, diciamolo: è eccessivo questo dispiegamento di forze. Che cosa c’è sotto?» chiese Flavio con voce carica di sospetto.

«Fidatevi di me. Vi spiegherò tutto appena arriverete, ci sono storie che non si trovano in nessun libro» rispose pacatamente Carlos, portandosi alle labbra una coppa di champagne.