«Madame de Pompadour è ancora una bella donna e comanda su tutto a partire dal re» stabilì Nannerl infilandosi sotto le coperte.
«Sarà pure, sorellina, ma io non gradisco la disdegnosa damigella sempre in posa, lei non ride neanche un poco e ha la faccia del mio cuoco».
Nannerl sogghignò, spingendo Amadeus verso la sponda del letto.
«Ma chi? Il nostro Threzel?»
«Facci caso sorellina, colei che ambisce a esser regina è uguale a Threzel la mattina, l’ho già detto a nostro padre, lui ha riso e approvato».
«Sì, ma poi ti ha schiaffeggiato».
Amadeus si gettò sui piedi della sorella e cominciò a morderli.
«Ecco perché non ti ha voluto baciare, la tua bocca sa di piedi, stupida bestia presuntuosa» gridò lei.
Amadeus uscì dal letto e cominciò a saltare avanti e indietro per la stanza.
«Vieni sotto le coperte che fa freddo, ti ammalerai di nuovo» lo biasimò Nannerl.
«Io ho le labbra di velluto, quella donna mi ha offenduto…»
«Non si dice ‘offenduto’, si dice: ‘offeso’» lo redarguì piccata la sorella.
«Offenduto, offenduto, offenduto, ho le labbra di velluto come nota sull’acuto, ho la bocca delicata come croma biscromata».
«Quando arriverà nostro padre a spegnere il lume e ti troverà a saltare come una scimmia, ti frusterà ben bene i calcagni».
Amadeus salì su di una sedia e si appese all’anta dell’armadio.
«Ecco sorella, ho i piedi innalzati, ed ecco i miei calcagni… son stati salvati».
«Quando crescerai dovrai imparare ad accettare il rifiuto di una donna, se non vorrai che ti si spezzi il cuore ogni volta».
L’anta dell’armadio cedette e Amadeus cadde a terra.
«Ti sei fatto male?»
«No, ma forse nostro padre avrà sentito!» Il bambino si fiondò lesto sotto le coperte stringendo le gambe della sorella. «Sorellina proteggimi ti prego, devi dire a nostro padre che l’armadio era vecchio, che ci sono milioni di milioni di insetti mangia armadi che l’hanno distrutto e che il tuo amatissimo e pregiatissimo fratellino era sotto le coperte stringendo la sua deliziosissima e profumatissima sorellina».
Dopo pochi secondi entrò Leopold.
«Che spavento padre, un rumore ci ha svegliati» disse Nannerl sgranando i grandi occhi scuri.
Leopold avanzò verso il letto, scoprì i bambini, poi toccò la fronte e il collo di Nannerl e di Amadeus.
«Tuo fratello è così sudato solo per lo spavento, immagino».
E colpì Nannerl sul viso, poi la guardò fisso negli occhi:
«Non si dicono le bugie, neanche per amore di tuo fratello. Il bruciore sulla tua guancia te lo ricorderà».
Scesero le lacrime sul volto della bimba.
«No, padre» s’inserì pronto Amadeus, «sono sudato perché stavo sognando la signora di Pompadour».
«Ora silenzio!»
Leopold prese l’anta, la sollevò e vide che la cerniera era rotta.
«Cos’è questa storia, chi è stato?» chiese cercando con gli occhi quelli della figlia.
«Amadeus» frignò lei. «Si è appeso come una scimmia, io gli avevo detto di stare buono».
Leopold si avvicinò al letto, sollevò la coperta, afferrò il figlio per le spalle e lo mise a sedere, poi cominciò a parlare piano.
«Mi stai deludendo, figlio. Io faccio di tutto per te, per permetterti di coltivare il tuo talento, e tu ti comporti come un piccolo animale ignorante. Non ho più intenzione di perdonare, anche se tua madre disapproverà, d’ora in poi verrai a dormire nella nostra stanza e non ti sarà più permesso di giocare con tua sorella, è deciso: da domani si cambia musica…»
Appena pronunciate le parole «si cambia musica» Leo-pold fu costretto a interrompersi perché il bambino, ridendo, gli era saltato al collo.
«Oh, padre, padre, proprio di questo volevo parlarvi, perché, a questo proposito, avrei giustappunto un paio di componimenti da sottoporvi, sono sonate per clavicembalo con accompagnamento di violino, vorrei dedicarle a Madame Victoire, la figlia del re che è stata così carina con me, e ha permesso che la baciassi, proprio come mi fu permesso dalla regina Maria Teresa d’Austria, non come quella stecchita Pompadour che sembra il nostro cuoco e ha fatto la sdegnosa, superba, boriosa…»
«Taci figlio!» ingiunse Leopold. «Taci una buona volta, anche questo tuo vezzo delle rime baciate mi sta sfinendo, tu sei un virtuoso, un musicista, non un librettista».
«È vero!» approvò il bambino saltando in piedi sul letto, mentre la sorella, ben consapevole di come la situazione stesse prendendo una pessima piega, cercava riparo portando la testa sotto le coperte.
«Avete ragione» cominciò a smaniare il bambino, saltando a piè pari sul materasso, «io sono un musicista, io compongo, le note dispongo e, nel rispetto del padre, i vostri forzieri d’oro inondo».
La sberla partì precisa sulla guancia del bambino, Amadeus finì gambe all’aria e cominciò a ululare.
«Fuori di qui, subito!» ordinò Leopold indicando la porta. «Una punizione esemplare ti attende».