Jeanne Antoinette Poisson marchesa di Pompadour distolse gli occhi dal vetro della finestra esposta a Nord dove la neve e il vento di tramontana avevano ricamato delicati fregi di imponderabile bellezza.
«Forza e coraggio» si disse, intingendo il pennino nell’inchiostro, «che si cominci».
Dicono che i miei occhi abbiano una grazia particolare perché il loro colore è incerto. Io ho sempre saputo che incerto è solo ciò che vedo. Non ho mai avuto certezze. Che cos’è certo?…
‘Già, che cos’è certo?’ si chiese la marchesa posando la piuma sul tavolo.
«Nulla si sa, tutto s’immagina!» affermò a voce alta.
Abbandonò lesta la sedia, raggiunse il caminetto dove il fuoco scoppiettava lieto e ignaro delle umane incertezze.
«Nulla si sa, tutto s’immagina… No, non lo posso scrivere, il Puledro io non l’ho immaginato, quindi, ricominciamo: che cos’è certo? Certo è ciò che sappiamo, e non sappiamo niente – sì, così – certo è ciò che sappiamo, e non sappiamo niente» stabilì, tornando allo scrittoio.
Certo è ciò che sappiamo, e non sappiamo niente scrisse rapida la marchesa. I nostri instabili sensi, vittime di emozioni e aspettative, ci ingannano. Ma ieri sera io, Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, per la prima volta nella vita ho visto e ho sentito, senza incertezza alcuna, ieri, 31 dicembre 1763, ho visto e sentito il piccolo Mozart e l’ho riconosciuto, ho riconosciuto la Grazia. E tremo
‘Tremo è forse troppo drammatico?’ si chiese. ‘Ho riconosciuto la Grazia e vacillo! Ho riconosciuto la Grazia e sussulto! E traballo… ma che cosa sto dicendo? Io tremo, eccome se tremo, tremo di gioia! E forza, mia cara, dimentichiamoci i sinonimi, non c’è tempo da perdere, il conte di Saint-Germain deve sapere al più presto’ decretò, riprendendo a scrivere di buona lena.
E tremo di gioia! L’amico Friedrich Melchior von Grimm, che come voi sapete ha già scritto dei due fratelli Mozart nella Correspondance littéraire, ha introdotto Leopold Mozart e i due figli a corte. Wolfgang è fanciullo gentile, occhi limpidi, la tenera schiena diritta, ha suonato con leggiadria inquieta il solito repertorio gradito a Luigi e alcuni piccoli intrattenimenti da lui appositamente composti per omaggiare il nostro re, è un tale inspiegabile fenomeno! E ora io sono un fuoco, mi credevo pronta al congedo, senza rimpianti, certa di aver assolto al mio compito, la sensazione di aver fatto tutto quello che potevo fare, ero pronta a posare pennelli e belletti nell’astuccio. Stupida donna affrettata, è arrivato il tempo.
Un rumore proveniente dal corridoio la interruppe.
«Dio pietoso, fai che non sia lui» sussurrò, facendo scivolare veloce il foglio dentro il cassetto.
In quei giorni il re era irrequieto e la cercava continuamente, non che la cercasse fisicamente, questo no, per fortuna, ma voleva parlare, il re parlava e parlava, politica estera, politica interna, spagnoli, inglesi, gesuiti, giansenisti. Voleva essere approvato, rassicurato, blandito, perché Luigi XV Borbone, detto il beneamato, non era più amato da nessuno. Comunque, non era più amato da lei, che pure lo aveva amato e voluto a ogni costo. Jeanne Antoinette aveva sempre saputo che un giorno Luigi sarebbe stato suo, fin da ragazza aveva avuto quel presentimento, e poi la notte del 25 febbraio 1745, al ballo in maschera, il re travestito da tasso e lei da Diana cacciatrice… Aveva scoccato la sua freccia colpendolo al cuore. Dopo quella notte non si erano più lasciati, ma adesso: tout passe tout casse tout lasse. Tutto passa, tutto si rompe, tutto si stanca, ‘anche i re, soprattutto i re’ si disse la signora marchesa.
Silenzio.
Recuperò il foglio dal cassetto.
Ma lasciate, amico mio, che vi racconti: Mozart è entrato in sala con il padre e la sorella. Leopold Mozart è uomo legnoso, rigido, l’incarnato giallo di chi soffre di fegato o reni, la ragazza, che risponde al nomignolo di Nannerl, è graziosa e suona il clavicembalo con una precisione impressionante, anche i pezzi più lunghi e difficili. Ma il fanciullino, un fanciullino che credo non abbia più di sette anni, ebbene, è luce pura, non bello, ma delicato e vivacissimo: camminava diritto, le ginocchia leggermente valghe, ogni tanto strattonava la mano del padre come se volesse liberarsene, poi i nostri sguardi si sono incontrati, e ci siamo capiti, potete crederci? Egli è consapevole, è consapevole del suo compito, ne sono certa. È lui, il Puledro dorato.
Jeanne Antoinette Poisson, marchesa di Pompadour, maîtresse-en-titre del re di Francia, si sfregò le mani e valutò soddisfatta il lavoro compiuto. Ancora qualche parola e la relazione per Saint-Germain, il conte alchimista, Rocco, il padre delle sue perfettissime figlie, era pronta, conclusa, definitiva. Era giunta l’ora di partire.