La chaconne

Parigi, aprile 1764

La chaconne è musica circolare: un giro di basso che forma un cerchio armonico, un gorgo avvolgente che imprigiona e inghiotte. Come la vita.

La mia vita.

Ho le mani sporche di sangue nero e vedo il mio corpo al suolo. Morto.

Voglio rompere questo cerchio maledetto che mi imprigiona, questa impossibilità di vedere altri cieli, suonare altre armonie.

Le forme musicali sono i contenitori del pensiero umano, la forma della chaconne è una scala elicoidale che non ti permette di sapere se stai salendo nei cieli o scendendo nella disperazione.

La chaconne è formata da un giro di quattro note: la, sol, fa, mi, quattro note.

Quattro come i punti cardinali che danno all’uomo la strada, la direzione, quattro note in scala discendente che si ripetono e che, invece di mostrare la via, alterano la percezione di ogni cosa, come il vino, come la follia, come l’amore.

L’amore.

La, sol, fa, mi e poi si ripete, si ripete ancora e ancora. Quattro note.

Quattro note come le quattro cose che stanno portando la mia anima alla disperazione: il viso di Marie-Rose mia moglie, l’unica donna che io abbia amato e che invoco e piango, per cui non mi so dare pace. È lei il primo pensiero, la prima nota della chaconne che mi conduce alla follia.

La Profezia, il Puledro dorato, un bambino che dovrebbe creare l’uomo nuovo: ecco la seconda nota.

La terza è il giuramento fatto al conte di Saint-Germain che mi ha fatto parte della Luce; ma si sa, un sole potente crea ombre ancora più nette e dure.

Nella chaconne il mi che è la quarta nota viene armonizzata con la sensibile di la, il sol diesis, e così si compie il prodigio del ritorno alla prima nota.

Il sol alterato, con il diesis.

Un’alterazione è una cosa innaturale che diventa naturale solo in musica per far quadrare l’armonia: come il tradimento nella vita per sopravvivere a se stessi.

Sì, questa è la quarta nota della mia ossessione armonica: il tradimento.

Ho passato l’informazione a Tintenfisch, una lettera lasciata a Versailles che lo informava del concerto privato del giorno 9 di aprile, dove Madame de Pompadour avrebbe ascoltato ancora i piccoli figli di Leopold Mozart.

Ho tradito per ritornare alla prima nota di questa straziante armonia, per tornare a Marie-Rose, riaverla con me.

Ma questa era l’illusione delle tenebre a cui ho ceduto, la promessa avuta dopo la seduta spiritica in cambio della musica del Puledro dorato.

La follia.

Il corpo lo vedo sempre più livido sul pavimento della mia casa.

Il mio corpo.

Tintenfisch voleva avere quello che noi abbiamo nascosto, la composizione del piccolo Mozart, dettata al padre nella febbre del vaiolo; diceva che così avrei salvato i regni di tutta Europa e potuto riabbracciare la mia Marie-Rose.

Alchimia e magia nera, oggi mi è chiaro; manipolazione ipnotica.

Dopo quella carneficina nell’appartamento di Madame ho visto finalmente la mia follia, e sono scappato con l’involto che conteneva la partitura del Puledro dorato.

Via, lontano, nella periferia di Parigi, quella degli assassini, dove nessuno conosce la mia identità.

Ma la chaconne non ti dà pace, come la vita, non scappi dal giro armonico creato dalle tue azioni, da quattro note che ti chiudono i cieli della speranza.

Oggi muoio, muore Jean-Marie Leclair, traditore della Luce e traditore delle Tenebre.

Oggi muore Jean-Marie Leclair perché nessuno avrà questo miracolo in musica che tengo ancora con me, che proteggerò: Tintenfisch non avrà la musica di Wolfgang Amadeus Mozart, così come non avrà la sua vita.

Ma intanto per vivere devo morire.

L’idea mi è venuta mentre scappavo.

Scappavo dal salone del biliardo in cui mi ero rifugiato; scappavo lungo la riva destra della Senna inseguito da quattro sicari di Tintenfisch. Qualcuno mi ha tradito, ci sono occhi ovunque a Parigi.

Il pericolo lo senti; arriva con un rumore che tende i muscoli del viso; il respiro sale e cambia il ritmo del mondo. Una toccata di timpani ed ecco che giunge Nostra Signora, la dominatrice del mondo: la Paura, quella che tutto può e ogni cosa muove.

L’ho sentita arrivare come sempre impetuosa, insieme ai quattro cavalli nel silenzio della notte; lo stomaco urlava di dolore.

Quattro assassini.

Quattro come le note della chaconne, venuti per uccidermi, perché ho tradito la Luce quanto le Tenebre: il patto lo feci con il barone von Tintenfisch, la musica, mi disse, voglio la musica del piccolo Mozart, tutta, anche quella segreta.

Tutto pur di riavere Marie-Rose, tutto. Mi faceva sentire Orfeo, procedevo disperato ma determinato verso la profondità dell’Ade.

Ma prima di uscire di casa non riuscii a vincere la tentazione di rileggere la partitura e così, ancora una volta, realizzai come tutti gli uomini avessero il diritto di conoscere la sinfonia scritta da un bambino di sei anni morente posseduto da angeli luminosissimi che l’avevano ispirato. Al luogo della consegna non andai, come avrei potuto?

Così firmai la mia condanna a morte.

Morire bisogna morire, ma non ora, non stanotte.

Ed ecco l’idea.

Lungo la Senna addossato a un bastione procedevo lento, strisciando, appoggiato alla muraglia, ed è lì che vidi il vecchio: mi sorrideva con occhi sereni.

Dalla strada giunsero rumori di cavalli, quattro cavalli.

Ebbi paura.

Così mi avvicinai per tappargli la bocca.

Ma non respirava, e dal naso gli usciva un fiotto denso di sangue.

Ritrassi di scatto la mano.

Morto, era già morto, ma con quel dolcissimo sorriso, come se fosse visitato da anime care.

Si muore in compagnia degli angeli che abbiamo meritato e dei demoni che abbiamo creato. Questo povero uomo sulla Senna ha meritato cherubini.

I quattro cavalli passarono, li sentii lontani, poi solo la notte, così presi quel corpo con me.

Ora è qui vestito dei miei vestiti, della mia parrucca, potrebbe somigliarmi, gli manca il violino, il mio Stradivari; nessuno conosce questa casa, e prima che trovino il cadavere potrebbe essere autunno.

Che la stoltezza del mio azzardo possa mutarsi nel suo opposto, nel coraggio della saggezza.

Io sono stato investito dalla Luce della consapevolezza dell’Io Sono, eppure questa luce fulgida e sfacciata ha reso ancora più nette le ombre dentro cui mi sono nascosto; io, fragile artista innamorato dell’illusione, dell’estasi provocata dal pensiero di Marie-Rose, io codardo, ora mi nascondo nelle mie stesse tenebre, per sempre.

Cadenza piccarda.

L’unico modo possibile con cui si chiude la chaconne si chiama cadenza piccarda: l’accordo di la minore diventa maggiore, ed è questo che devo fare, mutare le mie azioni da minore a maggiore. Sono stato illuso e codardo e così come un vero teatrante creo un’illusione e compio azioni di virtuosistica codardia.

Giro di schiena il cadavere del vecchio.

Mi alzo, cerco un coltello, lo trovo.

Colpisco.

Lo colpisco nella schiena.

Mi stai salvando la vita.

Lo colpisco.

Mi stai salvando la vita.

Avevi la testa poggiata al bastione, mi sorridevi, ti credevo vivo. Forse non erano i tuoi angeli a farti sorridere ma il mio a mostrarmi una possibilità di fuga e di nuova vita.

Il mio angelo sorrideva.

Ho riconosciuto quel sorriso, ho riconosciuto Marie-Rose, mi indicava una possibilità per scappare, per vivere ancora oltre la sua morte e oltre la mia.

La mia morte appunto.

Riprendo a colpire.

Lo colpisco ancora, poi respiro affannato, penso veloce.

Il mio violino; nessuno avrà dubbi sull’identità di questo corpo se sarà tra le sue braccia.

Comincia a uscire il sangue dalla schiena, è nero.

Gli metto lo Stradivari sotto il corpo, come se lo proteggesse.

Senza esitare, nessun ripensamento.

Lo colpisco, l’ultima volta.

Muoio.

Mi esplodono le tempie, mi alzo, chiudo casa, sono rapido, silenzioso, mi muovo per la prima volta nella vita senza il mio violino. Non troveranno presto il corpo e poi il mio Stradivari è solo un violino, l’arte, quella vera, è nel cuore, nella testa, nella tecnica, non nel possedere un violino.

Vedo il futuro ora: vivere ancora qualche anno e proteggere la musica di Mozart.

A sud, fuggo a sud per trovare la pace, trovare un guscio ai miei segreti.

Non ho tempo per i ripensamenti.

L’accordo minore si muta in maggiore.

È il tempo dell’azione.

Cadenza piccarda, si rompe la chaconne.

È morto Jean-Marie Leclair.

Immagine cui segue didascalia.

La mia morte appunto.