24
Un segno dei tempi
«Sono sicuro che tu abbia una ragione validissima per avermi fatto portare il culo qui, in questo posto dimenticato da Dio.»
C’erano davvero pochissime persone al mondo in grado di prenderlo alla sprovvista e, anche se di stretta misura, Dominic Arnaud non era una di quelle.
Alistair si avvicinò al mannaro in attesa sotto la luce gialla dell’unico lampione. L’uomo lo stava fissando, ma non c’era segno di sfida nel suo sguardo. Lo vide allargare le narici e immaginò che stesse fiutando i superstiti dello sfortunato branco della valle. «Quando mi hanno riferito che avevi sterminato questa gente, non pensavo ti fossi preso la briga di lasciarne qualcuno tutto intero. Hai risparmiato donne e bambini? Ammirevole, St. Clare,» disse ancora, probabilmente con la speranza di strappargli una qualche reazione.
La smorfia sulla faccia del mannaro poteva essere scambiata per un sorriso ma Alistair non rispose. «Ti sei lasciato scappare qualcuno dei tuoi negli ultimi tempi, Arnaud?» domandò invece.
Dominic si staccò dal muro a cui era appoggiato, abbandonando la posa rilassata, e lo fronteggiò con la solita tranquilla sicurezza.
«Dritto alla giugulare, eh, St. Clare?»
«Ho un problema di mannari e vorrei risolverlo in fretta.»
«Tu? Tu hai un problema di mannari? Dovresti prendere il mio posto di tanto in tanto, Al. Possono essere una vera rogna, te l’assicuro.»
«Dubito che potrei mai fare il tuo lavoro.»
«Già, i tempi sono cambiati e ci si aspetta che un Alpha protegga la sua gente, non che la faccia a pezzi se è di cattivo umore…»
«Dominic, non sono qui per parlare dell’evoluzione sociale dei branchi, né del mio pessimo carattere, dimmi cosa cazzo sta succedendo.»
Il mannaro si passò la mano tra i capelli arruffati. «Che diamine, non mi offri neppure una birra?»
«Non ho tutta la notte. Devo tornare… in un posto.»
«Certo, dalla tua fata,» ghignò l’altro.
«Cazzo di mannari, siete più pettegoli di un branco di comari.»
«Sai che mi piace tenermi informato. Specie se un vampiro con cui sono in rapporti amichevoli decide di fare fuori tre quarti di un branco di perdenti spediti a marcire in un posto sperduto.»
«Quei quattro idioti non erano tuoi amici. Non ti ho offeso, spedendoli all’inferno.»
«No, non mi hai offeso. Incuriosito, però, sì.»
«È una lunga storia.»
«Sono potenzialmente immortale, ho un sacco di tempo.»
Alistair si spazientì. «Potenzialmente è la parola chiave, lupo.»
Dominic Arnaud sollevò le braccia e latrò una specie di risata, che terminò in uno sbuffo esasperato. «Pare che tu abbia trovato l’amore, St. Clare, ma il senso dell’umorismo ancora no, eh?»
Alistair non si curò di rispondere, si limitò a un’occhiataccia e a voltare le spalle al mannaro, incamminandosi verso la parte occidentale del paese.
Come si aspettava, Dominic lo affiancò dopo qualche passo. «Stiamo andando a prendere quella birra?»
«No.»
La giovane dovette fiutarli, anche se si erano tenuti sottovento, perché iniziò a correre non appena la videro, dopo aver girato l’angolo. Di sicuro sapeva che la sua fuga non l’avrebbe portata da nessuna parte, ma la paura le aveva messo le ali ai piedi. Ciononostante, Dominic Arnaud non fece alcuna fatica ad acciuffarla e a immobilizzarla. La ragazza si tranquillizzò subito sotto lo sguardo dell’Alpha. Non importava che non fosse il suo capobranco, un mannaro col potere di Dominic avrebbe potuto sottomettere decine di lupi senza fare quasi nulla. Alistair non era certo di invidiargli quella caratteristica.
«Un tentativo sprecato, ragazzina.»
«Sei lontano dalle tue terre. Non c’è nulla qui per cui valga la pena scomodarsi.» L’affanno nella voce della mannara tradiva, insieme al pallore della sua pelle, l’apprensione che provava. Fin troppa per una che non avesse nulla da nascondere.
Una paura che si tramutò in terrore quando il vampiro lasciò che lo scorgesse, mentre si avvicinava alle spalle dell’Alpha di Le Luc.
«Cosa volete?» guaì, tremando leggermente. Alistair era abbastanza disincantato da sapere che, anche se era una femmina impaurita, non significava che fosse innocente. Ciò nonostante si sentiva sempre a disagio di fronte a una donna terrorizzata.
Dominic gli scoccò un’occhiata sardonica. «Già, cosa vogliamo?»
«Risposte, prima di tutto,» affermò il vampiro. Per una volta era perfettamente tranquillo e non stava cercando di terrorizzare la donna. Immaginava che un lupo mannaro avrebbe saputo gestire meglio di lui quella particolare situazione. Si avvicinò mettendo le mani in tasca e mantenendo un’espressione che, se non esattamente conciliante, almeno poteva essere definita neutra.
«Sappiamo in quali condizioni è la tua gente, sappiamo anche che hai preso contatti con un branco abbastanza potente, per ottenere di venire accolti.»
«Era l’unico modo.» La mannara respirava in modo affannato e continuava a spostare lo sguardo dal vampiro all’Alpha, che la tratteneva con una presa ferrea ma non troppo dolorosa.
«No che non era l’unico modo. In ogni caso sono stanco di tirare a indovinare. Voglio i dettagli, adesso.»
«Altrimenti sterminerai il mio branco?» domandò la giovane, ritrovando improvvisamente una manciata di orgoglio.
In un altro momento avrebbe apprezzato il carattere della ragazza, ma Alistair voleva concludere la faccenda e tornare da Alice. La sua fatina aveva un’allarmante propensione a cacciarsi nei guai. Con Nair disperso, chissà cosa avrebbe potuto escogitare. Non si fidava per niente di Mojheardean per tenerla a bada, era più pazzo e sconsiderato di lei.
Dominic le diede una scrollata poi la sollevò per la collottola in modo che lo guardasse dritto in faccia. «Parla! Cosa hai fatto per guadagnarti un posto in quel branco?»
«Volevano qualcuno, alla corte del Sidhe Grigio. Per trovare qualcosa. Io avevo l’uomo giusto. Un fae che ci era stato dato tanto tempo fa per non so quale contratto col vecchio sovrano, quello pazzo. Abbiamo chiesto a Mojheardean di Pietrabuia di riscattarlo e lui l’ha ripreso con sé,» disse lei senza incontrare lo sguardo di nessuno dei due.
«Sai cosa cercavano?»
«No. Tutto quello che dovevo fare era fornire qualcuno in grado di infiltrarsi a corte. Il più vicino possibile al re.» La donna teneva lo sguardo fisso sulle scarpe di Dominic. «Hanno istruito loro l’uomo. Da quando se ne è andato non ho più avuto nessuna notizia, speravo solo si fosse reso utile abbastanza da pagarmi il pedaggio.»
«Solo a te?»
«No, non erano questi i patti. Ho cercato asilo per tutti noi. Li porterò via da questa fogna infame.»
L’Alpha di Le Luc lasciò andare la donna, che fece subito un passo indietro. «Avresti potuto rivolgerti a uno dei Grandi Branchi. Vista la situazione, avrei prestato ascolto alla tua richiesta.»
«Davvero? Avrei potuto interpellare gli stessi che ci avevano confinato qui a marcire?»
«La situazione è molto diversa adesso.»
La mannara sembrò trattenere qualsiasi replica, non esisteva coraggio o testardaggine sufficiente che potessero convincerla a contraddire un lupo potente come Dominic Arnaud.
«Adesso voglio sapere qual è il branco che ti ha promesso protezione in cambio della tua spia.»
«Triglav,» sputò la mannara. «Alcuni di loro commerciano da queste parti e…»
«Quel miserabile pezzo di merda di Milec!» Dominic fulminò la ragazza con uno sguardo furente, lei impallidì e cercò senza risultato di rendersi invisibile.
Alistair prese l’Alpha per un braccio e lo tirò verso di sé. «Chi è?»
«Dragan Milec. Sta facendo un bel po’ di casino ultimamente, era il secondo del branco di Triglav, poi ha fatto secco il suo Alpha e ha preso il potere. Un’esecuzione in piena regola, qualcosa che non avveniva da più di un secolo in Europa. Ha attirato un sacco di attenzioni indesiderate, lo stronzo.»
«Credi che potrebbe prendere in considerazione di allearsi con i Sidhe Luminosi?»
«Credo che venderebbe sua madre per un buon prezzo. Gli piacciono gli eccessi e ha gusti… particolari,» confermò il lupo, soppesandolo con uno sguardo fin troppo acuto.
Alistair sapeva che adesso l’Alpha di Le Luc sarebbe andato in fondo alla questione, a qualunque costo. «Con gusti particolari intendi carne di fata?» domandò. Avrebbe trovato il tempo più tardi per aggiornarlo su quello che avevano scoperto.
«Tra le altre cose. Se trovasse il modo per favorire i suoi commerci illeciti, non ci penserebbe due volte a contrattare con chicchessia, ma i Luminosi…»
«Sembra proprio il nostro uomo.» Il vampiro voltò le spalle ai mannari e s’incamminò verso la via che portava fuori dal paese.
«Te ne vai, St. Clare? E la mia birra?» gli urlò dietro Arnaud, all’apparenza per nulla stupito di vederlo sparire dalla sua visuale. Alistair lo sentì brontolare qualcosa al suo indirizzo e poi intimare alla ragazza lupo di portarlo a bere la sua dannata birra. Era certo che l’Alpha avrebbe trovato il modo per convincere la giovane a spiattellare ancora qualcosa di utile.
Camminando a fianco di Alistair St. Clare, Mojheardean doveva sforzarsi per stare al passo con le sue ampie falcate. Il vampiro era tornato a Pietrabuia per aggiornarlo sull’incontro con l’Alpha di Le Luc e, soprattutto, sull’ancora infruttuosa ricerca di Nairnering. Probabilmente sarebbe ripartito subito per raggiungere Rain, che stava seguendo una pista da qualche parte a ovest, ma era chiaro che prima volesse accertarsi di persona che la sua piccola fata fosse al sicuro.
Alice li stava raggiungendo a passo di carica, neppure quel giorno aveva attinto dal guardaroba che le aveva fornito, anzi, se possibile i suoi indumenti erano ancora più bizzarri del solito. Poteva immaginare che non possedesse i mezzi per acquistare stoffe pregiate, ma che vestisse di stracci non l’avrebbe ritenuto possibile. Il sire di Pietrabuia fissò costernato i pantaloni consunti e gli squarci all’altezza delle ginocchia, quindi raggelò con un’occhiataccia il vampiro accanto a sé. Osservò disgustato la sua camicia di seta e i pantaloni dal taglio impeccabile. Possibile che lasciasse la sua compagna in tali miserevoli condizioni? 
«Se non sei in grado di provvedere a lei…» cominciò, stentando a dissimulare la rabbia crescente.
«Di cosa parli, fata?» 
«I suoi vestiti,» precisò Mo a bassa voce, non voleva che Alice si sentisse in imbarazzo. L’altro uomo lo guardò inespressivo per alcuni istanti, poi accadde una cosa che mai si sarebbe aspettato: St. Clare rise. Non una risata piena o spassionata, ma pur sempre una risata. Mojheardean lo fissò interdetto.
«Cazzo di fate!» brontolò il vampiro, senza per altro sentirsi in dovere di dare ulteriori spiegazioni.
«Cosa state confabulando voi due?» domandò Alice, puntando l’indice prima verso di lui e poi contro il petto del vampiro.
«Stavamo parlando di… moda,» biascicò St. Clare con una luce ironica nello sguardo scuro rivolto verso di lui. Mojheardean gli restituì l’occhiata cercando di non mostrare disagio, era certo che ci fosse qualcosa che gli sfuggiva. Una sensazione che provava fin troppo spesso.
«Naaa, non me la bevo,» rispose Alice con una smorfia sul visetto. Il suo sguardo attento si spostò da uno all’altro mentre batteva il piede con impazienza. «Voi due vi credete dei bei furbetti, vero?» li accusò.
«Alice…»
Mo osservò il vampiro sfregarsi un punto in mezzo alle sopracciglia e sospirare. Il suo corpo enorme emanava tensione e si ritrovò a soffocare la tentazione di allontanarsi da lui. Usare i suoi poteri lo stava rendendo molto più sensibile a quello che aveva attorno, era una sensazione opprimente a cui non aveva ancora fatto l’abitudine.
«Allora, qual è il piano?» chiese la Principessa della Foglia lasciando cadere il discorso. Dopo li superò di qualche passo per raggiungere il terrazzo e sedersi su una delle panche di pietra. Subito ogni cosa viva intorno sembrò animarsi, persino il muschio annidato tra le fenditure di roccia parve splendere di un verde più vivido.
Il vampiro la raggiunse macinando lo spazio con le sue lunghe gambe, poi si piegò su di lei per sussurrarle qualcosa all’orecchio, parole che la fecero arrossire fino alla radice dei capelli. Alice lo fulminò con un’occhiata indignata poi lo baciò velocemente sulle labbra. Quando rivolse di nuovo lo sguardo su di lui, Mo dovette trattenere un sorriso alla vista del suo visetto imbronciato.
«Il piano è che voi due ve ne state qui buoni buoni mentre io vado a riprendere Nairnering. Rain è già sulle sue tracce. Lo troveremo,» disse il vampiro.
«Vengo con te,» dichiarò Alice.
St. Clare rivolse a Mo uno sguardo di pietra e il peso di quegli occhi cominciò subito a gravare sul suo cuore: aveva fatto una promessa e l’altro glielo stava ricordando. Subito dopo il vampiro puntò gli occhi in quelli della sua fata.
«No. Ho bisogno che tu stia qui, con lui, a tenere a bada la corte di Pietrabuia.»
«Ma…»
«Il succhiavita ha ragione,» intervenne Mo. «Sei una Principessa della Foglia. Sei un’alleata preziosa per molti versi, saresti più utile al mio fianco in questa circostanza.»
«Vi siete messi d’accordo per fregarmi, non è così?» Alice incrociò le braccia sul petto e li studiò con un’espressione cocciuta. «Sono perfettamente in grado di seguirti e…»
«Quindi vorresti lasciare qui Mo da solo? In questo nido di serpi dove non aspettano altro che farlo a pezzi?»
«Certo che no, io non …»
«Allora rimani qui e aiutalo. Se te ne vai anche tu, i suoi detrattori avranno un pretesto di più per attaccarlo. C’è già chi dice che Nair non tornerà e il suo cazzo di albero rinsecchirà. Mab se n’è andata senza presentarsi in pubblico e qualche maligno sostiene che l’alleanza coi Luminosi sia spezzata.»
«Dice il vero, Alisee. Alice…» Mojheardean di Pietrabuia si avvicinò alla ragazza poi si piegò sulle ginocchia per allineare lo sguardo al suo, dorato e liquido. «Credi che io non desideri andare con lui? Che non faccia fatica a respirare ogni istante che passo a fare nulla?» sussurrò, prendendole le mani nelle sue.
«No, lo so. Io lo so come ti senti. Mi dispiace.» La sua dolce Principessa della Foglia appoggiò la fronte alla sua. Aveva davvero bisogno di lei, se non altro per non impazzire, ora che i dubbi erano diventati una dolorosa, lancinante certezza.
«Lo troveranno, Mo. Alistair lo troverà,» gli promise.
Mojheardean annuì senza dire una parola.