Dissoluti, drogati e semi-folli
Due giovani americane, di cui una imparentata con una famiglia reale europea, vennero un giorno da Maxim’s; l’atmosfera piacque loro tanto che non mancarono di venire ogni sera. Molto belle, molto distinte bevevano forte, ma senza mai perdere la testa. I clienti correvano loro dietro, ci chiedevano di presentarli. Fatica sprecata, le giovani, benché molto amabili, non accettavano inviti. Se qualcuno insisteva, si scusavano molto cortesemente, ma con fermezza. Due giovani ebbero un giorno l’audacia di salire sulla loro vettura e loro minacciarono di chiamare un agente; i due giovani, mortificati, scesero in gran fretta.
Queste due persone mi erano molto simpatiche a anche loro mi avevano preso a confidente.
– Veniamo a visitare l’Europa e vogliamo vedere tutto, anche le cose proibite.
– Soprattutto le cose proibite, – pensai.
Delle due la maggiore d’età, alta, sottile e bruna, con occhi smisurati e scintillanti, mi domandava sempre informazioni sui luoghi più strani e più loschi. Se esitavo a risponderle, mi diceva:
– Sono una ragazza, ma voglio conoscere tutto. Non temete di scioccarmi.
Per farle piacere m’informai di ciò che di più anticonformista esisteva a Parigi, e quando le informavo di qualcosa di veramente nuovo, i loro occhi brillavano ed erano pronte a mettersi in moto...
Una sera che si ostinavano a chiedermi di accompagnarle nel loro giro notturno, mi scusai portando a pretesto che mia moglie mi attendeva.
– Andremo a prenderla...
– Signorine, non è possibile.
Si irritarono e per tre giorni non si fecero più vedere. Al quarto giorno mi sollecitarono ancora ad accompagnarle.
Rifiutai per la seconda volta.
Mi confidarono allora che avevano bisogno di un uomo discreto per far loro da guida. Raccomandai caldamente il nostro interprete, il signor Kahn, che fu accettato.
Per una quindicina di giorni visitarono tutte le case chiuse di Parigi, anche le più abiette. Le due giovani salivano in camera con le prostitute e non riscendevano prima dell’alba. Il signor Kahn, che le accompagnò tutte le notti, e che fu per questo regalmente remunerato, mi raccontò che a rue de Liège, esse si chiusero in camera con una prostituta molto giovane... Le grida e i rantoli che emettevano furono tali che si fu costretti a forzare la porta per farle tacere, perché le si udiva dalla strada.
* * *
Uno dei casi più strani di doppia personalità che conosco, è quello del signor Théophile. Quest’uomo, sottoposto a trapanazione del cranio durante la guerra, faceva periodicamente fughe di diversi giorni e in quei lassi di tempo diveniva completamente irresponsabile. Alcune donne, al corrente della situazione, cercavano di approfittarne: specialmente una bruna, madame Suzanne, che insieme a un’amica sequestrava letteralmente il disgraziato Théophile.
Ordinavano per telefono colazioni e pranzi, senza contare pacchetti di sigarette, che rivendevano poi a metà prezzo. Gli facevano firmare assegni fino all’esaurimento del deposito bancario. Quando non avevano più altro da spillare alla propria vittima, lo forzavano a vestirsi e lo mettevano fuori di casa, del tutto dimentico di ciò ch’era avvenuto. Alla fuga successiva lui tornava.
Potrei citare ancora altri casi analoghi: il signor B., nei suoi momenti d’assenza, intestava assegni di 40.000 franchi a donne di strada.
Il figlio d’un generale a tratti perdeva del tutto la ragione. Un giorno suo padre, avvisato non so da chi né come, venne a cercarlo da Maxim’s. Lo si condusse al salotto che il figlio aveva riservato. Appena in tempo: il giovane stava per impiccarsi col cordone d’una tenda e s’apprestava a far cadere la sedia sulla quale era montato. Si mostrò alquanto contrariato dall’arrivo del padre.
Il vecchio generale piangeva come un bambino.
In seguito lo fece sposare con un’inglese che, disgraziatamente era più tocca di lui.
* * *
Il signor Candelario Serra, messicano, faceva la bella vita a Parigi. Era un uomo assai vigoroso, dalla carnagione più che abbronzata, quasi nera.
Molto ricco, vecchio celibe e... vizioso, fece una scommessa originale con degli amici americani.
Sosteneva di avere su di sé un controllo assoluto.
La scommessa fu dunque la seguente: dopo un pasto abbondante, innaffiato da vino e seguito da alcol vario, il messicano doveva sottoporsi a una prova. Se ne usciva vincitore vinceva 1.000 franchi, altrimenti doveva darli lui alla donna, o alle donne, che avevano provocato la sua disfatta.
La prova doveva svolgersi a porta semichiusa, perché gli amici conservavano il diritto di controllare che non ci fosse alcun trucco. Non ebbero difficoltà a trovare due donne, volontarie, che tentassero la fortuna. Una di esse veniva chiamata «la sorda» e aveva una certa reputazione nel suo campo.
Il signor Candelario Serra, le due donne e gli amici si sistemarono in un salottino. Il signor Candelario, seduto su una poltrona, tenendo in ciascuna mano un foglio da cinquecento franchi, incitò le donne a fare il loro dovere. La prova doveva durare un’ora.
Al termine dei cinquantacinque minuti uno dei sudamericani fece salire Gérard per mostrargli lo spettacolo; Gérard sistemò il suo monocolo, contemplò la scena e, preso da compassione per le due donne, disse al signor Candelario con tono supplichevole:
– Andiamo, signore, fate uno sforzo e lasciatevi sconfiggere.
Ma l’altro con una risata gioviale consultando l’orologio:
– Tra cinque minuti, mi rimetto i mille franchi in tasca!
E in effetti, essendo passata un’ora, vinse la sua non banale scommessa.
* * *
Per anni, tre o quattro volte a settimana, un personaggio assai noto della società parigina veniva da Maxim’s intorno a mezzanotte e ci domandava invariabilmente se l’avevano chiamato al telefono. Se sì, richiamava la persona; se no si sedeva e cenava attendendo le chiamate. Erano sempre le medesime tre persone che lo chiamavano: madame L., madame C. e madame de B., tre signore di età molto diversa.
Per lungo tempo fui molto incuriosito da queste telefonate. Non si trattava d’intrighi amorosi, mi pareva evidente. Mi chiedevo qual era allora il movente che spingeva le tre signore a telefonare a mezzanotte, l’una indipendentemente dall’altra, nei medesimi giorni, alla stessa ora e, cosa bizzarra, molto spesso quando la persona era appena tornata da un viaggio. Chi le avvisava dunque del suo ritorno?
Esse avevano la stessa voce dolciastra e strascicata, indecisa e un po’ rauca. Le s’immaginava a letto, nervose, ansiose, impazienti; se il personaggio in questione era in ritardo, telefonavano molte volte di seguito e s’indovinava la loro delusione quando si rispondeva:
– Non è qui.
– Sta per venire. Ditegli di telefonarmi appena arriva.
Una di esse, madame de B. venne una volta da Maxim’s verso le quattro. Mi trovavo nel corridoio, si precipita verso di me e mi dice:
– Presto, presto. Un salotto! Aspetto il signor Doumergue.
Mentre lei sale al piano di sopra vado a cercare Cornuché e gli dico:
– Madame de B. è qui. Vuole un salotto. Attende il Presidente della Repubblica.
Il padrone le manda un ragazzo di nome Joseph, che apre il salottino. Madame de B. entra, ma riesce subito dal salotto gridando:
– Roman! Roman!
Salgo correndo:
– Che succede?
– Non voglio quest’uomo! Ha cercato di assassinarmi. È pagato per uccidermi.
– Ma no, madame, è Joseph. Lo conoscete bene...
– No, no, vuole uccidermi. Che vada via!
Ma non ebbi il tempo di raggiungerla. Trovandosi sola al piano di sopra fu presa dalla paura e ridiscese in gran fretta.
– Un tassì, presto un tassì, me ne vado.
Feci avanzare un tassì, lei mi prende per un braccio:
– Vi supplico, accompagnatemi. No, non a fianco dell’autista, qui vicino a me...
L’autista prende la rue Boissy-d’Anglas.
– Perché questa strada? Dite, perché fa questo percorso? Guardate, a destra, avete visto quell’uomo? Mi aspetta, è pagato per trucidarmi.
Il tassì percorre il boulevard Malesherbes, a un incrocio sfiora un’altra vettura:
– Avete visto? Hanno voluto provocare un incidente...
Finalmente arriviamo alla sua abitazione. Lei mi dà la borsetta per pagare. La apro e al fondo c’è una polvere bianca sparsa...
Passiamo davanti al portiere che solleva il berretto a visiera.
– Siete testimone? Avete visto come me che quell’uomo ha tirato fuori l’orologio per vedere a che ora rientro. Se mi capita un malore, promettete di vendicarmi. Andate a trovare il signor B.V. Lui farà giustizia per me...
Suono alla porta del suo appartamento. Mi aprì una signora dai capelli bianchi. Madame de B. entrò di corsa e disparve. La signora mi ringraziò solo con uno sguardo, ma eloquente.
Salutai senza dire parola e me ne andai.
Qualche tempo dopo madame de B. fu ricoverata e la sua disintossicazione durò più di un anno.
La sera successiva a questa scena, il signore delle telefonate venne da Maxim’s. Cornuché gli raccontò cos’era successo e terminò con queste parole:
– E Roman ha notato che c’era della cocaina in fondo alla sua borsetta.
– In effetti, – rispose l’altro placidamente – ho visto madame de B. alle due e lei ne aveva una grande quantità nella borsetta. Sono riuscito a togliergliela.
Le telefonate non sono il solo enigma nella vita di questo personaggio. Una sera si batté con un artista molto conosciuto, un pittore decoratore. Costui le prese, ma andando via gli urlò:
– Bandito! Tu sei un bandito! Ti ricordi del Messico? Io conosco la vita, tu sei un bandito!