Un biglietto che egli trovò in camera, ritirandosi per la notte, un secondo messaggio del Duca giuntogli per chissà quali strade negromantiche, lasciò il principe indifferente. Era serio e breve:
Non scoraggiarti per i fenomeni cui assisti, figlio mio – c’est la vie –, e tu hai abbastanza coraggio. Piuttosto, domattina alle otto, sali nella carrozza che si fermerà davanti a casa tua – pardon, del tuo amico – con un mio domestico, e recati dove essa ti porterà. Non domandare nulla durante il tragitto, non chiedere al domestico dove ti condurrà, e confida nel tuo amico devoto.
Benjamin
Per Neville non c’era altro da fare che obbedire. Ma non andò a letto subito; rimase al balcone che corrispondeva, sul lato sinistro – diviso solo da una sporgenza del muro –, a quello del salotto, e dov’era ancora affacciato Nodier; e per un’ora buona (come già nei beati tempi passati, quando erano scesi al Cappello d’Oro) restò in ascolto dei suoni della dolce-azzurra, nuvolosa e tuttavia azzurra notte napoletana. E soprattutto lo pungeva un odore di cedrina, e poi il canticchiare felice di Nodier, dietro il muro, fissando i Gradoni: «Zompa e vola... Nenna mia...». Il giovanotto aveva la mente a Teresella! Ingmar, da parte sua, non osava criticare più nulla. Si affidava soltanto, nella sua nuova condizione di viaggiatore solitario e smarrito, alla bontà fedele dell’amico di sua madre.
E rientrò e si addormentò, alla fine, sognando di un certo Poussin che veniva a chiedere di lui per «un prestito», e al quale egli faceva rispondere, crudelmente, di «ripassare più tardi, perché non aveva tempo da perdere, ora». Così, senza rimorsi, o tema della Polizia del Regno! Ma tali sono i sogni, a volte: che si perde o dimentica una lunga preziosa educazione, improntata alla benevolenza verso questo mondo; mondo che, d’altra parte, benevolo non è affatto, ma – soprattutto verso prìncipi e fanciulli – piuttosto persecutorio e incline al cattivo scherzo, comunque al motteggio: come ben sappiamo dalle parole del giovane Watteau indirizzate a H.K.; quel ben chiaro:
Arraggiati, Canaglia,
che stai dentro al Serraglio!
motteggio, o monito, rivolto certo dalla Plebe universale a tutti i prigionieri politici dell’epoca, ma anche, e più atrocemente, a tutti i prigionieri – di quell’epoca e altre future – cosiddetti del Sogno. Quali li vediamo all’alba, dopo una notte insonne, camminare davanti a noi, gli occhi all’Aurora ancora lontana – nel vuoto delle strade risuonano i loro passi –, ammanettati, appunto, dal Sogno.
Fine di «Principe e Folletto»