IV.

Ma a Dover nessuno li aspettava. Fritzing avrebbe potuto risparmiarsi tutti i tormenti. Si diressero alla stazione ferroviaria fendendo inosservati la folla; Fritzing, dopo avere fatto salire sul treno Priscilla e la cameriera, si precipitò dal più vicino strillone e gli strappò di mano una mazzetta di giornali che prese a divorare ancora prima che lo sbalordito ragazzo potesse intimargli di star fermo. Lo strillone, cresciuto con la semplice convinzione che bisognasse prima sborsare i centesimi e poi leggere il giornale, fece qualche commento sottovoce sui tedeschi – parole brevi e volgari che non vale la pena di ripetere – e indicando con il pollice Fritzing concentrato sulla lettura ammiccò alla volta di un detective che si trovava lì nei pressi. Ma il detective non aveva bisogno di ammiccamenti. I suoi occhi solo in apparenza distratti avevano già individuato Fritzing, e stavano prendendo rapidamente nota degli occhialoni, della sciarpa e del berretto tirato fin sopra le orecchie. Quella della fuga è un’arte difficile, e richiede una lunga pratica.

Sui giornali, alla fine, non c’era neppure una parola sulla principessa. Traboccavano d’indignazione, come i due inglesi sulla turbonave, per qualcosa che i russi avevano appena combinato, scatenando un tumulto da un capo all’altro dell’Inghilterra; ma questo non ha nulla a che fare con la mia storia. Fritzing lasciò cadere a terra la mazzetta dei giornali, ed era così poco uomo di mondo che si lasciò sfuggire un rumoroso sospiro di sollievo.

«Uno scellino e un penny e mezzo prego signore. Westminster Gazette, signore, Daily Mail, Sporting and Dramatic, una copia di Lady e due di Standard» snocciolò lo strillone. Dal che si evince come Fritzing avesse afferrato i giornali assolutamente a caso.

Pagò il ragazzo senza dare ascolto agli accorati consigli di provare Tit-Bits, Saturday Review e Mother per completare, a sua detta, nella sostanza anche se non con le stesse identiche parole, la rassegna del tipico giornalismo inglese, e tornò dalla principessa col cuore più leggero di quanto non avesse da mesi. Il detective, dai modi di un gentiluomo, raccolse i giornali sparsi a terra e dopo avere seguito Fritzing glieli porse nel modo più cortese immaginabile, proprio mentre Priscilla stava dicendo di voler vedere com’erano fatti i cestini da picnic.

«Signore» disse l’investigatore togliendosi il cappello, «credo che questi siano vostri».

«Signore» disse Fritzing togliendosi il cappello con tutta la cerimoniosità dello straniero, «vi sono obbligato».

«Non ditelo nemmeno, signore» rispose il detective, nel cui cervello si impresse all’istante l’immagine fotografica dei tre: Priscilla avvolta nel velo, la cameriera seduta in punta di sedile, come se non osasse mettersi più comoda, e Fritzing con la bella testa dalla chioma grigia.

Nell’incrociarne lo sguardo prima che si congedasse, Priscilla accennò un inchino e gli sorrise con grazia. Lui si allontanò di qualche passo, e si perse a riflettere: dove aveva già visto quell’inchino così aggraziato, quel sorriso? Non gli erano nuovi, ne era sicuro.

Mentre il treno usciva dalla stazione rivide la donna velata. Sedeva sola con la cameriera e guardava fuori dal finestrino senza fissare nulla in particolare, e il capostazione che osservava il treno in partenza si imbatté nel suo sguardo. Di nuovo vi fu lo stesso sorriso e lo stesso inchino, gesti meccanici, distratti, nobilmente eleganti. Il capostazione fissò meravigliato la carrozza che si allontanava. L’investigatore smise di inseguire i propri pensieri e salì sul vagone vigilanza: non avendo niente che lo teneva a Dover aveva deciso di andare a Londra.

Nell’enfasi del racconto credo di non avere detto che i fuggitivi erano diretti nel Somersetshire. Negli anni in cui aveva vissuto in Inghilterra, Fritzing era stato un appassionato escursionista, e oltre ad altri luoghi aveva esplorato il Somersetshire. È una bella regione: fertile, verdeggiante e temperata. Giù nelle vallate, mirti e rododendri sono notoriamente in fiore per tutto l’inverno. La giuncata e il sidro vi vengono prodotti con la stessa identica perizia che nel Devonshire; e le zone attorno a Exmoor sono molto apprezzate dai cacciatori.

Fritzing ben ricordava alcuni villaggi nascosti tra le colline, a miglia e miglia dalla più vicina stazione ferroviaria, e le fattorie sparse attorno ai villaggi ove aveva soggiornato. Aveva chiesto a un amico di Londra di scrivere a una di queste per prenotare le camere per lui e la nipote: era sua intenzione farvi base durante la ricerca del cottage che la principessa tanto desiderava.

A giudicare dalle vaghe istruzioni di lei, il cottage non sarebbe stato facile da trovare. E temeva che sarebbe stato un luogo infestato dagli insetti, e che le loro tranquille occupazioni sarebbero state spesso interrotte dalle bestiole più disparate. Doveva essere antico, con il tetto di paglia e le finestre legate a piombo, e rivestito di rose rampicanti. Doveva anche essere piccolo, un minuscolo cottage per braccianti agricoli. Ma, seppur piccolo e antico, avrebbe dovuto avere più stanze da bagno, una per ciascuno di loro, così aveva inteso Fritzing. «Perché» aveva detto la principessa, «se Annalise non avrà una stanza da bagno per sé come potrà farsi il bagno? E se non potrà farsi il bagno come potrò lasciarmi toccare da lei?»

«Forse» aveva risposto Fritzing, forte della sua ignoranza sulla vera natura di Annalise, «potrebbe lavarsi alla pompa dell’acqua. Mi sembra di capire che in campagna la gente lo faccia. Mi ricordo che tutte le case ne avevano una».

«Ma a una pompa ci si può lavare decentemente?» si informò la principessa con il dubbio nella voce.

«Potremmo chiederle di provare. Ho l’impressione, vostra altezza, che sarà meno problematico trovare un cottage con due bagni che uno con tre. E so per certo che le pompe non mancano mai».

Rovistando nella memoria non riusciva a ricordare nemmeno l’esistenza di un’unica stanza da bagno, ma se lo tenne per sé, sperando silenziosamente nel meglio.

Partirono da Dover, e senza neppure una sosta si diressero a Symford, un villaggio del Somerset, in una fattoria a circa due chilometri dal centro abitato nota col nome di Baker’s Farm, per quanto ora non più proprietà di Baker ma presa in affitto da un certo Mr Pearce. Durante il tragitto non si verificarono eventi allarmanti.

Alle cinque giunsero a Victoria Station, dove la principessa restò felicemente a tu per tu con gli interni di una carrozza a quattro ruote per una ventina di minuti, mentre Fritzing e Annalise sottoponevano i bagagli ai controlli doganali. Gli occhialoni e gli altri accessori da aviatore di Fritzing suscitarono nei doganieri un interesse tale da renderli riluttanti a lasciarlo andare; sembravano anche non averne mai abbastanza di perquisire le inoffensive profondità del semplice baule di Priscilla. Ma alla fine dovettero per forza separarsi da Fritzing, poiché mai si era visto bagaglio più innocente del loro; e nel superare sferragliando Buckingham Palace diretti a Paddington, Priscilla lanciò allegra all’edificio un bacio in punta di dita, simbolo di una felicità troppo grande per serbare rancore. Anche Windsor Castle, più tardi, ne avrebbe ricevuto uno, se non fosse stato così buio da non riuscire a scorgerlo.

L’investigatore, anch’egli attratto dal trio misterioso, si recò nel Somersetshire a bordo dello stesso treno, ma si separò da loro a Ullerton, la stazione per chi è diretto a Symford. Non ritenne necessario proseguire oltre; e presa una camera a Ullerton, nello stesso alberghetto dove Fritzing aveva ordinato il trasporto per coprire l’ultima decina di chilometri, andò a letto, essendo ormai quasi mezzanotte, con l’indirizzo di Mr Pearce scritto in bella calligrafia sul taccuino.

Per il momento, non racconterò altro riguardo all’investigatore. Lo lascerò dormire col sorriso stampato in faccia, e seguirò il calesse lungo la bella strada che si snoda tra i colli boscosi e collega Ullerton a Symford, diretto a Baker’s Farm.

A costo di sfinire Priscilla, Fritzing aveva insistito per proseguire senza soste, e lei non aveva opposto obiezioni. Ed era per questo che lo stalliere in servizio all’Ullerton Arms si ritrovava in corsa verso Symford nel cuore della notte. Non rammentava di avere mai fatto una cosa del genere, e il ricordo di quel viaggio gli sarebbe rimasto impresso nella mente per tutta la vita. Fritzing era un fuggitivo alquanto appariscente.

Era una notte bella e limpida, e le stelle brillavano luminose sopra le cime nere degli alberi. Giù, nella stretta gola in cui correva la strada, il calesse era protetto dal forte vento che soffiava in alto, su Exmoor. Le acque del Sym, il cui corso serpeggiante il mezzo seguiva, gorgogliavano tra le pietre, placide quasi come in estate. L’odore di fresco e bagnato, di pozzanghere, fango di campagna e foglie umide era delizioso e ristoratore, dopo il treno. Fritzing sedeva accanto alla principessa sul sedile posteriore; badava a che stesse ben avvolta nella coperta da viaggio, e intanto rendeva grazie tra sé che il viaggio alla fine si fosse svolto senza intoppi.

Era stremato nel fisico, ma la mente esultava. La principessa era così stremata nel fisico da non avere più una mente; quando si appisolava lasciava ciondolare la testa, rischiando di cascare a terra; e sarebbe effettivamente caduta almeno una decina di volte se non fosse stato per la costante vigilanza di Fritzing. Quanto ad Annalise, chi poteva dire quali pensieri le frullassero in testa mentre procedevano tra i sobbalzi in direzione di Baker’s Farm? Che fossero oscuri non ho dubbi. Nessuno le aveva detto trattarsi di un viaggio nell’Ideale; nessuno le aveva detto nulla, se non che era stata promossa ad accompagnare la principessa in un viaggio e che se avesse tenuto la bocca chiusa sarebbe stata ben pagata. Non aveva mai viaggiato prima, eppure alcune circostanze di quel viaggio avrebbero colpito anche i più inesperti.

Quella corsa tra i sobbalzi nel cuore della notte, per esempio. Era la seconda notte che passava fuori dal letto, e per tutto il giorno si era aspettata che da un momento all’altro il viaggio avesse fine, una fine, aveva dato per scontato, all’interno di un palazzo. Un palazzo, e calore, e luci, e cibo, e un benvenuto, e onori, e lacchè ammirati con bei polpacci inguainati in seta bianca. Sfortunatamente l’ideale di Annalise, l’unico suo ideale, era restare per sempre dove c’erano bei polpacci inguainati in seta bianca. La strada tra Ullerton e Symford non le dava la minima rassicurazione sull’approssimarsi di simili cose; quanto al calesse... “Himmel” esclamava tra sé, ogni volta che pensava al calesse.

Il viaggio terminò alle due del mattino. Mancava poco allo scoccare delle due, infatti, quando si fermarono davanti al cancello che si apriva sul giardino di Baker’s Farm; ne uscì una donna con una lanterna, che illuminò per loro il sentiero fino al portico. La principessa, che non riusciva a tenere gli occhi aperti, come in una sorta di sogno confuso salì un’angusta scala dall’aria straordinariamente ripida e contorta sostenendosi al braccio di Fritzing, e si addormentò su un letto traballante ancor prima che Annalise realizzasse di essere stata messa nel sacco. Priscilla era dimentica dell’Ideale, di tutti i suoi entusiasmi e aspirazioni. Il Sonno, amorevole madre dalle mani fresche, aveva scacciato quel mucchio di sciocchezze, trastullo per le ore di luce; e per le successive dodici ore restò teneramente seduta presso il letto di Priscilla, con un dito posato sulle labbra.