Il mio frigorifero è piccolo, ma è meglio così. Non getto via nulla. Non getto via il cibo. Bach mi ha insegnato a non buttare via il cibo. Insisteva sempre di non buttare via il cibo. Era la sua più fervida convinzione politica: non buttare via il cibo. E ho ereditato quell’attenzione. Bach parlava di una guerra, perciò non bisognava buttare via il cibo. Bach è stato in quella guerra, era bambino in quella guerra, aveva sei anni appena compiuti quando cominciò. A volte raccontava delle cose, pochissime, forse non gli interessava quella guerra come evento storico, ma come qualcosa che era successo e basta.
Stendo gli indumenti puliti e poi non li ritiro, non li metto negli armadi. Li lascio sullo stenditoio per settimane, dentro casa. Mi piace vederli lì appesi, come quei prigionieri giustiziati, impiccati, che lasciavano alle intemperie nel Medioevo.
Pulisco e metto in ordine il mio appartamento, con un’emozione adolescenziale che rinuncio a capire, soprattutto avendo più di cinquant’anni. Riordino la cucina e faccio partire la lavastoviglie, che si chiama OK. È questa la marca.
È un buon nome: OK.
Ieri in un centro commerciale ho visto altri elettrodomestici di questa marca sconosciuta. Sono i più economici sul mercato, e fanno le stesse cose dei più cari sul mercato, questo dovrebbe intrigare la gente. Una OK da duecentocinquanta euro fa le stesse cose di una AEG da milleduecento. Quasi ogni giorno mi peso, ho una buona bilancia, molto precisa. Per venti euro puoi comprarti una bilancia eccellente.
Una bilancia misura l’accumulo di grasso nel ventre, nell’addome, nel volto, nelle mani, nelle vene.
Il cancro al colon ridusse mio padre a un uomo magrissimo, così vedemmo la sua essenza.
Lui stesso era spaventato dalla sua essenza.
Bach finì per pesare settanta chili. Ed era alto un metro e ottanta centimetri. Nei tempi buoni, era arrivato a pesare novanta chili.
Nelle ultime settimane, pesava meno di settanta chili.
Scese a sessantaquattro.
Io volevo pesarlo, ma non sapevo a chi chiederlo. Ero disposto a portare la mia bilancia in ospedale per pesarlo.
Il cancro lo fece tornare al suo peso di quando aveva sedici anni. Stava retrocedendo nel tempo.
Tornava al 1946. Io guardavo la sua magrezza e pregavo il destino che anche i suoi pensieri e la sua speranza e il suo desiderio fossero quelli del 1946.
La devastazione della malattia ti conduce alle origini, ti fa viaggiare verso l’adolescenza.