La casa di Ranillas è piena di polvere. La sporcizia è incessante. Valdi si lamenta perché non ha un lampadario al soffitto. Valdi viene quando gli gira. Non sorride. Non sorridono i grandi compositori della storia della musica. Questa è una catastrofe. Però la catastrofe avviene soltanto in me. Valdi non la vede, perché gli adolescenti non vedono nessuno, non vedono neanche sé stessi. Hanno, in realtà, un buon accordo con la vita. Non sanno nemmeno di essere vivi; semplicemente, si lasciano portare.
Un paio di giorni fa ho saputo che il Comune ha cambiato il nome della mia strada, non si chiama più avenida de Ranillas.
Sei tu, Johann Sebastian, che mi stai mandando un messaggio dalla morte? Il cambio del nome della via significa che devo andarmene da Saragozza per sempre? Il tuo secondo cognome era Arnillas. Perciò sono venuto ad abitare in questa via, perché era il tuo nome con due lettere scambiate di posto. Credo che tu voglia dirmi qualcosa.
Quando ho saputo che le autorità municipali avevano cambiato il nome della mia via mi sono sentito impotente. Ho maledetto chi aveva preso quella decisione. L’avrei ucciso a mazzate, era un insulto contro mio padre. Mi sono steso sul letto di Ranillas e volevo piangere di rabbia, ma non mi usciva nemmeno una triste lacrima; quell’impossibilità di piangere che devasta gli uomini che hanno compiuto cinquant’anni; non ci è più permesso piangere, manchiamo di potassio e di manganese, il sacco lacrimale è asciutto. Invece di piangere, sprofondiamo nell’angoscia. Avevano cambiato il nome della mia via, e il tuo cognome e la tua persona svanivano ancora una volta.
Non mi stavi mandando nessun messaggio. Semplicemente, cambiavano il nome di una strada, come cambiano i marciapiedi, i lampioni, gli autobus, le banche, le statue, i terreni.
Non c’è mai stato alcun messaggio.
Tutto succedeva nella mia testa.
Soltanto nella mia testa.