Anche Händel se ne andò, credo a meno di settantatré anni, mi pare a sessantanove, e così la vita continua a cercare la commedia come forma di espressione. Credo di aver ripetuto a voce alta qualche parola che Händel aveva sussurrato su Monteverdi. Avevo sentito dire da Händel che Monteverdi era una sciagura, una cosa del genere, e lo dissi. Non sapevo cosa stesse succedendo. Non capivo niente. Ero il tipico bambino che invece di tenere la bocca chiusa diceva in pubblico una cosa vergognosa o un segreto di famiglia. Un uomo disperato voleva piantarmi un coltello in corpo.
Monteverdi e Händel non si parlavano.
Avevano pessimi rapporti.
Monte pensava che Händel avrebbe dovuto dargli una mano nella vita, non per nulla era il suo fratello maggiore. Anche Händel soffrì molto in questa vita, credo che si portasse addosso una solitudine terribile. Mi ricordo dei suoi baffi e della sua testa enorme, retta da un corpo estremamente magro. Ricordo che fumava molto, fumava tre pacchetti al giorno. Tabacco scuro. Non so da dove fosse uscito fuori. Penso che eravamo e siamo una razza vicina all’anello mancante, ma anche in questo c’è un trionfo della vita.
Händel sembrava un demonio, con i capelli cortissimi, come un soldato, e divenne un uomo stravagante. La cosa che più gli piaceva era ammazzare cinghiali. Era un cacciatore consumato. Una volta andai a caccia con lui. Era una caccia «alla posta». Bisognava aspettare che comparisse il cinghiale. Ne arrivò uno e gli fece schizzare via gli occhi con una cartuccia a pallettoni. Lo colpì alla testa. Fumava mentre lo guardava agonizzare. Lo lasciò lì morto, perché se lo mangiassero i topi, perché i topi facessero un bel banchetto, perché era vecchio, era un cinghiale vecchio e malato, dalla carne dura e scabbiosa, e ce ne andammo via in macchina, per stradine piene di vento e asperità e freddo, nella notte di novembre.
E la luna in alto illuminava il cadavere del cinghiale e Händel cadde in un mutismo arido, e si mise a fumare e guardava in lontananza, quella lontananza delle terre del Somontano, un misto di vuoto e di presagio dell’oscurità e della bruttezza della notte che tutti saremo.
Voleva accendere la radio della macchina, ma era impossibile prendere qualunque emittente. Si sentivano soltanto rumori.