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C’è una frase che mi aspetto di ascoltare dalle labbra dei fantasmi dei miei genitori quando andrò verso di loro. Mi diranno: «Non ti ricordiamo quasi».

È la stessa frase che è suggerita nei pensieri di Valdi e Bra quando mi guardano, «non ti ricordiamo quasi».

Un paio di anni prima della sua morte, mia madre era gonfia; e un paio di anni prima della sua morte, mio padre era ridotto a una sfera e un palo, come una testa rituale degli indios Shuar.

Mi sono appena alzato a Ranillas. Oggi non ho nulla da fare in tutto il santo giorno. Le persone che vivono da sole trascurano la pulizia personale. Non ho ereditato dai miei genitori l’abitudine alla pulizia personale; come diavolo potevamo farci la doccia in quella minivasca? Ci fu un’altra catastrofe, che arrivò per durare: dai tubi usciva sempre meno acqua, appena un esile filo d’acqua. I tubi erano pieni di calcare. Bisognava cambiarli. Siccome mia madre era in affitto (per tutta la vita è stata in affitto), quel lavoro e il suo costo spettavano alla padrona di casa. La padrona di casa si rifiutò categoricamente; voleva soltanto che mia madre se ne andasse, perché aveva un vecchio contratto, pagava pochissimo per l’affitto di quell’appartamento.

Ci stava dal 1960.

Voleva guadagnare più soldi. Era la figlia del proprietario della casa, perché il proprietario era morto giovane, per un attacco di cuore. Mia madre vide morire quasi tutta quella famiglia di proprietari. Vide morire quello che aveva costruito la casa e si era messo ad affittare gli appartamenti, con il quale andava d’accordo e che stimava. Vide morire la sua vedova, che aveva ereditato l’attività. E peccato che non abbia visto morire la figlia. La figlia vide morire mia madre.

O vedi morire o ti vedono morire.

Mia madre tratteneva i liquidi e non mangiava nulla. Non capiva perché ingrassasse se non mangiava nulla.

Il bambino diabolico non mangiava. L’uomo in cui si è trasformato il bambino diabolico mangia e mangia per non sentire il rumore del mondo, il rumore delle cose vive. Le cose vive fanno rumore mentre imputridiscono.

Mio padre mangiava in fretta, molto in fretta, era un desiderio di mangiare atavico, ereditato, patrimoniale, in memoria di quando la fame regnava sul pianeta, in memoria della guerra civile spagnola, in memoria di un principio di ansia universale, di un principio morale ed esistenziale; mangiava in fretta, e il bambino diabolico non mangiava perché non voleva diventare un altro uomo che mangia in fretta, un altro uomo con un brutto rapporto con il cibo, il tipo d’uomo che estrae da altri organismi una sazietà che non sazia.