Ho comprato, dopo molte indecisioni, una sedia da ufficio all’Hipercor, e Bra l’ha montata. Io sono incapace di montare qualunque cosa. Non capisco mai le istruzioni. M’incazzo, m’infurio e finisco per buttare tutto dalla finestra. Ho tentato di fare conversazione con il gran Vivaldi. Gli ho parlato del futuro, del fatto che dovrà prendere delle decisioni. Lui ha un futuro, e io no.
Ho ricordato quando io ce l’avevo, quando avevo un futuro.
È la sensazione più preziosa della vita, quando nulla è ancora iniziato. Quando il sipario non si è ancora sollevato, quel momento lì.
So che ci sono persone che non vedrò mai più, persone che sono state importanti nella mia vita, e che non rivedrò non perché siano morte ma perché la vita ha leggi sociali, culturali, non so, in realtà sono leggi politiche, sono leggi ataviche, leggi che hanno aiutato a mettere su questa cosa che chiamiamo civiltà.
Funzioniamo così, noi esseri umani: ci sono persone che, pur essendo vive, non frequenteremo mai più, e raggiungono così lo stesso statuto dei morti.
C’è ancora un ulteriore grado di dolore: sapere che stai già pensando a un vivo come se fosse morto. Mi è successo con mia zia Reme: non andavo mai a trovarla. Non riuscivo ad andare a trovarla; mi sentivo in colpa. Se fossi andato a trovarla, mi sarei sentito in colpa; se non fossi andato a trovarla, lo stesso; però era più comodo non andare a trovarla. Quando morì, io ero agli inizi di un’avventura con una donna a Madrid. Sarei potuto andare al funerale, avevo tempo. Avrei potuto prendere un treno. Però quel giorno avevo un appuntamento con quella donna, e quella donna mi piaceva molto, ero scatenato, e quella sera sarebbe stata cruciale. Mentalmente lo dissi a mia zia Reme. Le dissi che non sarei andato al suo funerale per erotismo, e che un morto doveva rispettare l’erotismo. Credo che lei lo abbia capito. Non mi appare di notte e non mi rimprovera per non essere andato al suo funerale. Credo che abbia capito cosa mi stava succedendo. Credo che abbia capito che mi ero infilato in un buco e che ci avrei messo del tempo a uscirne, e ci misi del tempo a uscirne.
Oggi sì che andrei al suo funerale.
Gli esseri umani evolvono; ciò che era importante ieri, oggi non lo è più. Non andai a quel funerale, e mentre stavo con quella donna pensavo al funerale di mia zia Reme, così forzai la relazione e la serata in modo che finissimo a letto; perché se finivamo a letto avrebbe avuto senso che non fossi andato al funerale di mia zia. Tutti questi pensieri fluivano nella mia testa con realismo, come ragionamenti impeccabili, dalla logica inconfutabile. Erano un errore, ora lo so, e una mancanza di carità. Allora non mi sembrò così.
Sì, ero pazzo, anche se, a ben guardare, può darsi che non fossi così pazzo. Allora bevevo, certo. Bevevo molto e passavo le ore a camminare sulle dune scintillanti del paradiso di quelli che bevono. Per il bevitore il sesso è solo un complemento, un ornamento dell’alcol, forse il suo migliore ornamento, ma soltanto un ornamento. Viaggiare, guardare il mare, ridere, mangiare, entrare in corpi nudi di donna, sono articoli di complemento. Il tema principale è l’alcol, la dimensione perfetta, la mano d’oro che prende un bicchiere.
E adesso, semplicemente, non mi serve ciò che facevo allora.
Quando stavo con quella donna, pensavo al cadavere di mia zia; era spaventoso, perché dovevo dissimulare, e quindi mi sentivo in colpa, mi sanguinava il cervello. Se quella donna avesse conosciuto mia zia, non mi sarei sentito tanto in colpa. Il senso di colpa nasce dall’estraneità. La mia amante era una sconosciuta per la mia famiglia, il problema era quello. Questo tipo di preoccupazioni mi ha accompagnato molte volte nella vita. Ho avuto bisogno dell’approvazione di mia madre per tutto. Poi ho trasferito quella responsabilità alla mia ex moglie. Ormai sarebbe stato il colmo chiamare mia madre o la mia ex moglie per chiedere il permesso. Ma se mi avessero dato il permesso, sarei stato tranquillo.
Stavo cercando dovunque la presenza di mia madre; non ero uscito dall’infanzia: avevo molta paura. La presenza di chi? Chiamo madre il mistero generale della vita. Madre è la morte viva. Chiamo madre l’Essere. Sono un animo primitivo. Se mia madre non c’era, il mondo era ostile. Perciò bevevo tanto e ho finito per avere un comportamento sessuale errante e promiscuo. Ancora oggi non so cosa cercassi. Ci vorrebbe un concilio di psicoterapeuti per sapere cosa volevo.
Fatto sta che non andai al funerale di mia zia, un’altra mancata comparizione da segnare nella lista di assenze o diserzioni dai funerali della mia famiglia. Se non vai al funerale di qualcuno che è stato importante nella tua infanzia, il bambino che sei stato graffia le vene cerebrali dell’adulto che sei e ti si piazza di fronte con la faccia sconvolta e ti chiede una spiegazione; ti dice che non riesce a dormire, che non riesce a chiudere il maledetto cerchio dell’esperienza umana.
Speriamo che stiano tutti bene.